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Se la forza è in Israele un diritto
“La forza è un diritto”, si fa dire dai coloni israeliani l’inviato del “Corriere della sera” in uno dei rari articoli sulla Cisgiordania. Di cui poco si sa, ma tutto orrido. Terreni tolti dall’esercito israeliano alle famiglie palestinesi, legittime proprietarie, e regalati ai coloni. Che un giorno sì e uno possono assassinare impuniti qualche palestinese per costringerli a lasciare. La superstrada che si costruisce per tagliare in due la Cisgiordania, in particolare per separare Hebron da Betlemme, di cui il transito è proibito ai palestinesi.
Un orrore, che si vorrebbe fosse solo propaganda. In fondo, palestinesi e israeliani sono in guerra. Ma non lo è. Mentre di Gaza non è possibile dubitare, occupata per tre quarti stabilmente dall’esercito israeliano, dopo la rottura a marzo, da parte di Netanyahu, del primo accordo di cessate il fuoco, e per il restante quarto mitragliata giornalmente, con 30-40 morti, tutti palestinesi (non c’è scontro armato, ci sono solo plotoni di esecuzione alla cieca, contro chi capita).
“La forza è un diritto” è la divisa dei coloni ebrei sotto il manto di Israele. Protetti cioè da molti governi israeliani, e da alcuni anni anche dall’esercito in funzione di polizia – l’assalto di Hamas al lato Sud di Israele il 7 ottobre fu possibile perché era sguarnito, l’esercito era era stato spostato a presidiare gli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a scacciarne i palestinesi, con le ruspe e altri strumenti “d’assalto”. Anche questo non si dice. Ma l’ipocrisia non è un buon deterrente.
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