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sabato 19 luglio 2025

Quando Roma era la capitale

Richiesto di una “auto-cronologia”  - commissionata “per un uso editoriale postumo” – Arbasino scrisse venti anni fa un ricordo milanese, romano e fortemarmimo degli anni 1950 e 1960, con un excursus da Einaudi - da Calvino che lo tenne a battesimo, con consigli editoriali preziosi, per il suo primo libro, “Le piccole vacanze”, e anche per il secondo, l’“Anonimo lombardo”. Ribollente.  Di nomi, occasioni, incontri, pubblicazioni, che scorrono con una forte dose di rimpianto. 
Anche il teatro è un must continuo, e la Scala. Stagioni artistiche anche memorabili. Compresa la grande musica a Roma. Basta “Cesaretto”, la table d’hôte in via della Croce a fare gruppo e differenza, semplice e raffinata, di conversazioni e di servizio.
A  Roma dove Arbasino lavorava alla Sioi, da studioso di diritto internazionale, col “professor Ago, cognato di Bobbio”, “uscendo dal Palazzetto di Venezia e dalle note e schede per ‘La Comunità internazionale’ e il Diritto del Mare, verso le sette, passavo al ’Mondo’, sulla piazza Montecitorio, dove sui divani redazionali e davanti agli scaffali dei periodici stranieri si conversava con Sandro De Feo, Nicola Chiaromonte, Nina Ruffini, Gabriele Baldini, Vittorio Gorresio, Vittorlo De  Caprariis”, e un’altra dozzina, o ventina, di nomi. “Inventando il Kitsch e il Camp”…
Roma soprattutto è incredibile, per la immensa platea di possibili incontri, in vari luoghi e a tutte le ore, di nomi belli-e-buoni: una compagnia “di formazione” per un giovane curioso che a scorrerla oggi ha dell’incredibile.
Alberto Arbasino, Memorie quasi indiscrete, Feltrinelli, free online
 

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