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mercoledì 25 maggio 2011

Gli affari non chiari di Unicredit

Potrebbe essere il vecchio stile confessionale, delle banche “bianche”. Oppure incompetenza. Il giudizio è diviso tra gli azionisti Unicredit esterni alle Fondazioni (ex) bancarie (ex) confessionali, ma solo critico. Nella ricapitalizzazione Fonsai come nella vendita dell’As Roma, le due operazioni che hanno occupato le cronache. Un giudizio tanto più riservato in vista dell’ennesimo aumento di capitale, dopo quello di appena sedici mesi fa. Sarebbero questi sospetti all’origine del rinvio della ricapitalizzazione.
Non si sono sciolte evidentemente le riserve degli azionisti indipendenti per la cacciata di Alessandro Profumo a opera della vecchia guardia confessionale “padrona” della banca. Con un management che in un anno è riuscito a peggiorare sensibilmente sia i ratios che la perfomance di Borsa, e ha praticamente azzerato la redditività - il giorno dell'annuncio di un dividendo ancora per il 2010il pay-out, benché irrisorio, è apparso forzato.
Basta del resto vedere i nuovi padroni della Roma, per capire il tipo di affari di cui l’ad Federico Ghizzoni, il sostituto di Profumo, si compiace: un James Pallotta che si dice avvocato, e forse lo è, ma non si sa cosa faccia, a parte che rappresentare il nuovo patron Di Benedetto, il quale invece non parla ma “dice” molto lo stesso. Che promettono mari e monti ma non mettono un dollaro vero. Avendo avuto l’As Roma a credito, per la metà del vecchio credito, l’altra metà Ghizzoni l’ha cancellata – e non è finita, se il vero padrone fosse, come si dice, Franco Baldini, che dopo aver provato con vari prestanome ci sarebbe riuscito con questi italo-americani, molto stile paisà.

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