sabato 31 maggio 2025
Ombre - 776
Volendo
spartire il diritto e il torto fra pro-Palestina e pro-Israele, Adriano Sofri
mette in guardia contro “la sete di sangue
dei guerrieri pseudoislamisti”. Insegnare all’islam come è l’islam – la religione
fra tutte forse la più totalitaria – è tentazione ricorrente: sono parenti fastidiosi?
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Il sogno di Flaubert
Una biografia di
Flaubert, della persona e dello scrittore, in forma di intervista postuma-apocrifa.
Oppure onirica, di una lettrice col suo genio. Da “innamorata, ma di un romanzo,
di una donna che no esiste” – e invece “quanto esiste, Emma Bovary”. Piena di
spunti sensibili. Sulla scrittura e sullo scrittore. “Mi sono sempre innamorato
delle parole”. “Scrivere ti distrugge, ma è l’unica cosa che conta”. “La realtà
non esiste. Esiste solo la letteratura”. “Le mie povere frasi…”.
Notevoli anche i tratti
dell’uomo, di riflesso. “In questa casa a Croisset, immersa nel verde, che
guarda il fiume, mi fa un po’ paura tutto questo isolamento. Credo che viva con
sua madre… Vive con sue familiari, donne”. Con “cascate nere che gli passano in
testa”. Fisicamente “è molto alto, ha
spalle larghe, baffoni folti, e capelli (che sta perdendo) tirati indietro,
occhi verde mare con le ciglia lunghe, è longilineo…”, non ancora pingue. “Ho spalle da facchino”, cosi lui si diceva - era il
“colosso”, 1,83, che faceva tremare i fratelli Goncourt per le loro
cristallerie – “e un’irritabilità nervosa da signorina”.
Antonella Lattanzi,
Sono stato travolto da un torrente in fiamme, “Review” € 0,50
venerdì 30 maggio 2025
Il Consiglio Nazionale del Ridicolo
E se il cattivone Trump caccerà gli studiosi
stranieri, l’Italia se li prenderà. E come no, ha esche buone? Perché è difficile
che abbocchino – un ricercatore che per qualche motivo abbia scelto l’Italia
impiega in genere un anno buono solo per il permesso di soggiorno (se ha qualche
“amicizia”, qualche “spinta”). Alla “cacciata” di Trump ora si presenta con un
Consiglio Nazionale delle Ricerche, che dovrebbe coordinare rientri e nuovi
arrivi, senza più organi direttivi, e con i fondi – le voci di spesa – bloccati,
circa 225 milioni.
Il Consiglio è scaduto e il governo non lo ha
rinnovato. Senza nemmeno dire perché. Come esca ai giornalisti mormorano di un
possibile commissariamento, ma non ci sono i presupposti. E poi non si vede perché
punire la ricerca scientifica col commissariamento, invece di un atto dovuto,
la nomina degli organi direttivi, presidente e consiglio.
Si vuole che il Cnr rientri nello spoil system, che le nomine siano politiche. Ma nemmeno a
questo il governo ha provveduto. È diviso tra Forza Italia, che ha il ministero
di sorveglianza, il Mur, e Noi Moderati, che avrebbero voluto confermare la
presidente uscente, Carrozza, e Salvini, che non la vuole. Ma non sanno trovare
un sostituto.
Non hanno nemmeno attivato la procedura prevista
dallo statuto del 2009: aprire le candidature e nominare il Comitato di esperti
che le valuti e consegni al governo una rosa di cinque - il Comitato lo hanno nominato, ma per non fare nessuna cinquina. Meloni e Salvini non ne
hanno una buona? Sarebbe da ridere se non fosse una cosa seria.
Tra padre e figlia, un poker al buio
Un padre
amorosissimo che si fa sparire è un’ottima idea. La figlia che eredita dal
padre giocatore la passione delle carte, specialista internazionale del poker,
anche. Gli interpreti, Mastronardi, Liberati, Tortora, sempre in tono. Con un
ritmo senza cadute. In una vicenda tra aeroporti, grandi alberghi e interni anonimi
ad alta sorveglianza, mafie, soldi, molti, e servizi segreti.
In rete senza
promozione, la prima puntata, piena di sorprese, di ambientazione gradevole, sempre
in tono, è stata perduta da molti. Peccato per loro.
Andrea Molaioli, Doppio
gioco, Canale 5, Infinity
giovedì 29 maggio 2025
Cronache dell’altro mondo – trumpiano-progressiste (342)
“L’amministrazione
Trump è puro progressismo in azione”, George F. Will, “The Washington
Post”.
“Queste le nove componenti centrali del progressismo. Trump le usa
tutte, come altri presidenti prima”:
1.Politicizzazione di tutto. 2. Ingerenze
nella politica internazionale. 3. Politica industriale. 4.Pianificazione centrale.
5. Mescolanza di governo e affari, anche con coalizioni di varia natura politica
– come fu fatto in quantità negli anni di F.D.Roosevelt. 6. Rigetto della semplificazione
fiscale propria dei conservatori. 7.Finanziamento illimitato sulle risorse dei futuri
cittadini (indebitamento, n.d.r.). 8.Governo per decreto - executive order
- per by-passare il Congresso. 9. Maggioritarismo esclusivo – io e i miei.
George
F. Will, oggi 84nne, premio Pulitzer per il giornalismo 1977, è l’unico
commentatore conservatore ammesso fra gli opinionisti dei grandi giornali.
Cronache dell’altro mondo – studentesche (341)
Gli studenti stranieri hanno contribuito all’economia americana con una
spesa di 44 miliardi di dollari nell’anno accademico
2023-20324. Il calcolo è della Nafsa, l’asssociazione americana degli educatori
internazionali. Con una spesa suddivisa variamente fra gli Stati, dai 10
milioni spesi in Alaska agli oltre 6 miliardi in California.
Oltre 1,1 milioni di giovani stranieri ha frequentato scuole americane.
La spesa calcolata è per tasse scolastiche, alloggio e alimentazione, viaggi e
tempo libro.
Il Texas ha contato 90 mila studenti stranieri, per una spesa di 2,5 miliardi. Il Massachussetts 82 mila studenti, e una spesa di 3,9 miliardi, la California 141 mili iscritti stranieri hanno speso 6,4 miliardi.
Che ci fanno vedere
Di rara indigenza.
Questo come la
serie. Che è la nona o decima. Partendo da Marleau-Marlowe….
Josée Dayan, Capitaine
Marleau – Il frutto del tradimento, Sky Investigation, Rai 1, Raiplay
mercoledì 28 maggio 2025
Problemi di base storici - 861
spock
Perché non si
fa la storia del partito Comunista italiano?
Anche solo del
sequestro Moro?
E
dell’occupazione Fiat?
Perché non si
fa la storia di Mani Pulite?
La Repubblica
è piena di scheletri nell’armadio?
La democrazia
è una conquista sempre futura?
spock@antiit.eu
La buona scuola fatta dai bambini
“L’insegnante
meccanico, già in funzione, la stava aspettando….
“Lo schermo era
illuminato e stava dicendo – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione
delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita
fessura. Margie obbedì con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che
c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di
tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in
classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse
cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che
avevano da studiare. E i maestri erano persone...
“L’insegnante
meccanico stava facendo lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le
frazioni 1/2 + 1/4...
“Margie stava
pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà
come si divertivano!, pensò” (Isaac Asimov, “Chissà come si divertivano!”, in “Tutti
i racconti”, Milano, 1991 - Titolo originale “The Fun They Had!”, in “Magazine
of Fantasy and S.F.”, 1954)
La scuola come un
laboratorio meccanico? Automatico? L’insegnamento e l’apprendimento come una partita
doppia, di dare e avere? È l’incubo del momento, con l’avvento dell’intelligenza
artificiale. Ma ci sono già degli antidoti.
Per i bambini
della scuola materna il primo è in questo libro, superbamente edito e
opportunamente illustrato. Sottotitolo “How to deep Learning through Inquiry
and Play”, come migliorare l’apprendimento con la curiosità e il gioco.
L’insegnamento come una sorta di autoapprendimento, di sviluppo della personalità
e delle doti naturali o inclinazioni particolari.
Renée Dinnerstein,
educatrice d’infanzia di lunga esperienza, con numerosi workshop anche a
Reggio Emilia, del Reggio Emilia Approach, riflette e amplia
la metodologia pedagogica elaborata nella città emiliana negli anni 1970. Dal
pedagogista Loris Malaguzzi. Con una lunga esperienza pratica, che si è condensata
negli anni 1990 in “Reggio Children” e il Centro Internazionale a lui
stesso intitolato. Diffusa ormai come metodologia principe, più che pilota, in
molti contesti. Una filosofia educativa che guarda al bambino come a un
soggetto di diritti, con forti potenzialità di sviluppo. Da favorire aprendolo
ai “cento” linguaggi dell’umanità, in una relazione a fecondità moltiplicata.
Renée Dinnerstein
rielabora il metodo innovativo del Reggio Emilia Approach applicandolo al
“Choice Time”, il doposcuola libero in cui i bambini della materna possono organizzarsi
autonomamente, per un gioco, un lavoro pratico, una ricerca, un’avventura. E lo
rielabora con la proposta di creare degli spazi autonomi, per ogni tipo di “comunità”
infantile, di condivisione di curiosità e interessi. Con l’obiettivo di ampliare
le conoscenze, o comunque di stimolare con la curiosità l’intelligenza, le
propensioni, le passioni, attraverso gli scambi reciproci. O anche soltanto di
divagare con la fantasia, nella creazione di mondi immaginari-reali. Mini-centri
d’interesse, creati o disposti sulle domande dei bambini, che promuovano il
libero esercizio della curiosità (l’inquiry-based play) o delle fantasie.
Per radicarli in questo modo in se stessi, nella loro “natura” e nelle pulsioni,
ancora inavvertite ma presenti. E comunque aprendoli al maggiore sviluppo
possibile delle proprie potenzialità, caratteriali, consociative e di
adattamento. Alla buona cittadinanza.
Renée Dinnerstein,
Choice Time, Heinemann, pp. 164, ill. $ 35
martedì 27 maggio 2025
Che fare con Putin – o il tesoro russo in America
Pensava
di stringere le reti d’un colpo, e invece tutti scappano. Tutti no, con Londra
ha già preso accordi. Lo stesso farà col Giappone e la Ue (lo yen e l’euro si
sono già rivalutati a sufficienza), il Canada e il Messico. Ma il pesce grosso,
Putin, non abbocca. E un inatteso Netanyahu potrebbe aprirgli un fronte con gli
arabi già fedelissimi, principi e rais. Il Blitzkrieg diplomatico
di Trump rischia l’arresto: Putin
è la pedina fondamentale per isolare la Cina, il Grande Disegno di Trump. In
questa presidenza come nella prima – quando arrivò a corteggiare perfino Kim
Jong-un, il leader bombarolo nordcoreano.
Dietro il
linguaggio apparentemente umorale e sempre esornativo di Trump, alla Farnesina,
come altrove nelle diplomazie europee, le sue mosse in politica estera, dazi a
tutti, aiuti ridotti o cancellati a tutti, militari e civili, e perfino le
minacciate restrizioni agli studenti stranieri in America, appaiono camuffare l’obiettivo
principale, la Cina. Lo sfidante in ascesa dell’egemonia americana, economica e
politica - non militare, una sfida militare non si ritiene più all’orizzonte,
come ritenevano Nancy Pelosi e Biden. Ci ha provato anche in Europa, e si rafforza in Asia, con i dieci Paesi Asean, e perfino nella penisola arabica - cui Trump ha riservato il primo viaggio diplomatico fuori dagli Usa - con i sei del Gulf Cooperation Council.
La Cina per tre motivi: ha rubato e ruba
la proprietà intellettuale; sa fare tutto e lo fa a costi da dumping,
col controllo dei salari e forniture agevolate, di tecnologie, minerali e
semilavorati; tiene artificialmente basso il cambio (la trattativa con la Cina
è specialmente seguita dal segretario al Tesoro Scott Bessent).
L’isolamento
della Cina sembra riuscire con la Ue. E anche con l’Iran, malgrado Netanyahu.
Con Putin sembrava perfino più facile: Trump gli offriva il riconoscimento della
sovranità su parte dei territori ucraini occupati, e di un interesse alla
protezione di altre aree – scontata la non ammissione dell’Ucraina alla Nato.
Putin ha scartato. Il motivo non si sa – le decisioni sono imperscrutabili nei regimi
personali. Ora Trump deve decidere se attaccarlo. Non militarmente, sugli enormi
depositi russi, oro, dollari, e Treasury in America. Che giuridicamente sono inattaccabili.
Non almeno finora - il diritto internazionale non ha leggi: si adegua, ai
fatti. Ma più che il diritto Trump deve valutare l’interesse americano, l’affidabilità
– gli Usa sono il caveau del mondo.
Santo Berlinguer
Berlinguer da
Allende all’assassinio di Moro: il Grande Disegno del titolo è portare il Pci al governo con la Dc. Un improbabile Pci-Dc uniti nella lotta. Fatto bene ma un santino - il quarto o quinto
docufilm su Berlinguer in due anni, in chiave celebrativa. Anche nella
promozione, da “compagni di merende”: questo di S egre effettivamente è andato nei
cinema, con 4 milioni d’incasso, ma dopo il lancio alla Festa del Cinema, con recensioni
entusiaste copia e incolla, e il rilancio col premio miglior attore a Elio Germano-Berlinguer
- a scapito di altri personaggi maschili l’anno scorso sulo schermo, più drammatici,
più convincenti.
Nella melensaggine
alcuni incisi di cinema-verità da levare il fiato. Gianni Agnelli, vantato capitalista
progressista, apprezzatore dell’eurocomunismo, che alla tv americana dice
esplicito: “Un Paese a governo Pci non è il mio Paese”. La “folla oceanica” a
un comizio, forse creata digitalmente ma ricordo vero: c’erano, ieri, e si sono
squagliate. La lite col bulgaro Živkov. Lo sbrigativo Ponomariov, addetto ai
contatti Pcus (Partito comunista sovietico)-Pci, che a Mosca dà ordini a
Berlinguer. Il quale ancora nel 1975 andava a Mosca ai congressi del Pcus, a
sorbirsi lo spento, ciancicante, Breznev. E si trattava – questo lo spettatore
non lo sa, ma il fatto è memorabile – del XXVmo congresso, fine febbraio, dove “mercoledì,
per venti minuti”, secondo l’ingiunzione di Ponomariov, a un anno e mezzo dal
varo del “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana, difeso tra mille
polemiche, Berlinguer ribadì la primazia “etica” dei regimi sovietici. Per l’esattezza:
“Un clima morale superiore. Mentre le società capitalistiche sono sempre più colpite
dal decadimento di idealità e valori etici”. Un clima morale con Breznev, con la Nomenklatura.
Un ritratto tutto
lieve di Berlinguer, senza le durezze che lo caratterizzavano. Specie il
settarismo: contro i socialisti (di De Martino come di Nenni-Craxi), i radicali,
i “gruppuscoli” indistintamente – unica apertura ai repubblico-comunisti, i massoni.
Berlinguer in politica non c’è, grigio, rude, c’è solo in famiglia, attento, affabile,
e coi funzionari di partito, giovane tra i vecchi. In politica parla solo con Andreotti
e con Moro. Affabile solo con Moro. Che non era affabile. Qui, imbellito, Moro è ciarliero,
esplicito, diretto, mentre non guardava negli occhi, si guardava dentro mentre parlava
– a volte assente visibilmente, come tirasse le tendine sugli occhi. Di Andreotti
la solita macchietta – Sorrentino docet, mentre, se non altro per il
cinismo, sarebbe ottimo figurante al cinema.
Andrea Segre, Berlinguer
– La grande ambizione, Sky Cinema
lunedì 26 maggio 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (594)
Giuseppe Leuzzi
L’Italia è, dopo la Polonia, il maggior percettore dei
“fondi di coesione” europei: 43 miliardi nel piano in atto, 2021-2017- contro i
76 della Polonia. Per 30 miliardi destinati al Sud, Abruzzo escluso. Inutile
andare a vedere come sono spesi, e come sono stati spesi in passato, con che
effetti. Dalla Polonia in 25 anni, dall’entrata nella Ue, dall’Italia in
cinquanta, da quando fu varato il Fesr, il Fondo europeo di sviluppo regionale,
antento dei fondi di coesione. Sempre più, a ogni inciampo, si manifesta che il
problema del Sud è l’Italia, Roma.
“Racconto la mafia nascosta
fra le pieghe dell’inconscio”, spiega Davide Enia, che al teatro India di Roma mette
in scena un “Autoritratto”, palermitano, con queste parole: “La mafia non è un’organizzazione
criminale e basta: è una struttura linguistica, sono istinti del corpo,
desideri da branco, è questo che dobbiamo sconfiggere”. Non solo desolidarizzare.
Solidarizzare con la mafia?
“Gli ultrà di Inter e Milan
come milizie private. Chiesti 100 anni di carcere”. Grave sì, e anche di interesse, ma non poi tanto:
in pagina interna al “Corriere della sera” - e per la scrittura indecifrabile
di Ferrarella. Si può fare finta di nulla per mesi e anni, ma poi, certo, del processo
va data notizia.
Per l’anniversario della
strage di Capaci quest’anno non ci sono i parenti a seminare dubbi e accuse, ci
sono i due cronisti principe della giudiziaria, Abbate e Bianconi. Abbate fa
tesoro dei “qui lo dico, e qui non lo dico” tipicamente mafioso di Messina
Denaro con i giudici. E si può capirlo, Abbate è per lo Stato-mafia. Bianconi,
che pure è cronista “di peso” – di cose pesate – fa però di peggio: per
scagionare i neo-indagati per le stragi e per gli appalti di mafia, Natoli, Pignatone
e Scarpinato, giudici emeriti di Palermo, accusa i testimoni d’accusa, Mori e De
Donno, ufficiali superiori dei Carabinieri. Che del “dossier” mafia-appalti da
loro compilato sono stati vittime per decenni, in un processo istruito dai
giudici dello Stato-Mafia, di cui si è potuto dire che era “una boiata
pazzesca”, e nel quale infine non si è potuto non assolverli. Questa è un’aggravante,
inficia la testimonianza?
Il
brigantaggio era anteriore all’unità
Nella
raccolta di saggi storici cui ha messo il titolo di “Calabria, paese e gente
difficile”, Giuseppe Galasso dà una lettura diversa del brigantaggio. Lo fa
sotto il titolo “Al tempo dell’unificazione italiana”, probabilmente l’ultimo scritto
in ordine di tempo della raccolta, che pubblicava nel 2015 – con molteplici
riferimenti a Michele Fatica, “La Calabria nell’età del Risorgimento”, un testo
confluito nella “Storia della Calabria Antica e Moderna”, a cura di Augusto
Placanica. Diversa da quella postunitaria, di un “sanfedismo reazionario
sobillato dai borbonici e dai clericali”. E da quella post-bellica, post 1945,
“di una guerra sociale, dei poveri contro i ricchi”. Da storico rileva che “si
trattava di alcune delle più vecchie manifestazioni di disagio e di devianza
sociale, antica di secoli, che si produceva nelle due forme tradizionali della
“crassazione da passo” nei luoghi più favorevoli ad essa (da Campotenese al
passo delle Crocelle, dalla Cupa di Tiriolo al Passo del Mercante, a tanti
luoghi dell’Aspromonte, ma in effetti un po’ dovunque) e del sequestro di
persona, o del biglietto a scopo di estorsione”.
Tutte
forme che si possono testimoniare attive nel secondo Noveento – compresa la
“crassazione da passo” nell’immediato dopoguerra, passati gli Alleati, tra il 1945
e il 1946.
Solo
ultimamente tutte queste forme sono state sostituite dal traffico delle droghe.
La teoria
del regresso
Non si fa
molto caso nelle storie del concetto di regresso, in opposizione al progresso –
di cui invece molti si discute. Ci sono le civiltà scomparse. Ci sone le
“cadenze”. Non c’è il regresso, che invece concettualmente molte esperienze può
provocare, e soprattutto spiegare. Con applicazioni anche pratiche, specie per
le dottrine dello sviluppo, socioeconomiche.
Un
concetto che sarebbe utile, p.es., a spiegare come alcune regioni dell’Italia,
in particolare la Calabria e la Sicilia, pur facendo parte della sesta o
settima economia più ricca del mondo, siano agli ultimi posti fra le quaranta
“regioni” socio-economiche censite dalle statistiche europee. Si farebbe un
grosso passa avanti nella teoria dello sviluppo introducendo, prendendo in
considerazione, le resistenze emergenti dal “regresso”. E cioè dalla perdita di
status e di condizione rispetto al passato, alle mentalità, alle
abitudini sociali e di consumo. Che sono forme interiorizzate, quasi
inestirpabili, di resistenza al “progresso”. Alla crescita economica, che è
quanto di più contemporaneo e anzi avveniristico si dia, e quindi alla
“crescita” (adeguamento, aggiornamento, spirito d’impresa, d’innovazione,
d’avventura) sociale e culturale. E si danno, per le stesse regioni, ma nelle
forme dello sradicamento, fuori di esse e lontane dai loro modi di essere,
pensarsi, portarsi, proporsi.
Old Calabria
Oggi vittima della neo nomea
mafiosa, che scoraggia le migliori intenzioni, la Calabria lo è stata a lungo
dell’esotismo, del “viaggio” mentale più che pratico. Denunciato dagli scrittori
calabresi che approdavano alla scena nazionale un secolo fa. Propensi invece
all’opposto. “Calabria, paese e gente difficile”, il titolo del suo ultimo
lavoro, Giuseppe Galasso, lo storico che più di tutti ha indagato negli archivi
sulla egione, ha tratto dalla conferenza “La Calabria”, che Corrado Alvaro
tenne al “Lyceum” di Firenze nel 1931. Con la conclusione, desolata più che fattuale:
“La Calabria fa parte d’una geografia romantica”, del Romanticismo – faceva parte.
Ad Alvaro Galasso aggiunge un
altro titolo di scrittore calabrese, Leonida Répaci, “Calabria amara”. Mentre
per converso il romanticismo richiama “l’eccellenza, che si dava per scontata,
cioè per indubbia e risaputa”, dell’ultimo e più lusinghiero “viaggio in
Calabria”, quello famoso di Norman Douglas, 1914, “Old Calabria”. Dove “old”
sta per “una terra affascinante, ammaliatrice, evocatrice di suggestioni irreprimibili”.
Cui “si aggiungeva che la sua eccellenza era ritenuta antichissima e
convalidata dalle vicende di secoli e secoli di una storia, a sua volta, generativa
e costituiva del fascino, della malia, della suggestione irresistibile di quel
paese, la Calabria”.
“La Calabria è un mistero?”
L’interrogativo è l’esordio di Galasso, l’introduzione alla raccolta. Che
giustifica: “L’interrogativo ricorre più volte nelle pagine dei viaggiatori e
visitatori”. Vivendoci non si direbbe. Ma il disorientamento c’è, si vede, si
sente. Alimentato se non provocato da una serie di “terremoti” socio-politici
subiti da quando esiste come regione amministrativa. Da ultimo, ma è già un
quarto di secolo, l’etichetta mafiosa che i servizi segreti le hanno appiccicato
l’ha segnata. La funzione pubblica, che altrove si rafforza col tempo, per
inevitavbile mutazione – “selezione naturale”- della politica, vi s’indebolisce sempre più. Nell’amministrazione,
nella sanità, nelle opere pubbliche, e quindi nella promozione, o l’immagine. Come
si può toccare con mano incontrandone i politici. Un degrado palpabile.
Un’eccezione, anche, nel corso
“naturale” della storia, che in regime democratico è sicuramente per il progresso,
lo sviluppo, la creazione e non la distruzione.
Cronache della
differenza: Napoli
Dunque, spiega Mauro
Bellinazzo sul “Sole 24 Ore”, il Napoli calcio non soltanto ha vinto lo scudetto,
è anche “un unicum nel panorama sportivo italiano ed europeo per la gestione
dei conti, quasi 4 miliardi di ricavi e 150 milioni di utili”. Dunque, il
meglio si può fare anche a Napoli.
“Si potrebbe citare”, aggiunge
Bellinazzo, “per l’equilibrio dei conti e la redditività l’inarrivabile Bayern Monaco, che però tra i soci annovera colossi
come Audi, Allianz e Adidas”. Si può fare, anche al Sud, per un capitale d’ingegno.
L’eroe del
Napoli calcio è quest’anno un finora sconosciuto ragazzo scozzese, McTominay. In
passato lo sono stati
Kvaraskelia e Osimhen, il trio dei “piccoletti, Mertens, Insigne, Callejon, il
centravanti argentino
Gonzalo Higuaìn – senza contare naturalmente Maradona. Tutti atleti che fuori di
Napoli sono praticamente
“scomparsi”. Il calcio è sport popolare, cioè di popolo.
Uno di quasi due metri, questo
McTominay, svelto come una lepre, rigenerato, moltiplicato, a 26 o 28 anni. Un
miracolo, un altro. Perché non sarebbe Napoli la città dei miracoli – ci crede
ma se ne vergogna?
È anche
vero che la città si è dati per lo scudetto tre giorni di festa – senza contare
gli anticipi: sabato,
domenica, e anche lunedì, quando altrove si lavora. Martedì non
più, perché la festa si trasferisce a Roma, in udienza speciale dal papa – papa,
san Gennaro…Manca
sempre qualcosa a Napoli, per il decollo.
Uno di quasi due metri, questo
McTominay, svelto come una lepre, rigenerato, moltiplicato, a 26 o 28 anni. Un
miracolo, un altro. Perché non sarebbe Napoli la città dei miracoli – ci crede
ma se ne vergogna?
È anche vero che la città si è dati per lo scudetto tre giorni di festa – senza contare gli anticipi: sabato, domenica, e anche lunedì, quando altrove si lavora. Martedì non più, perché la festa si trasferisce a Roma, in udienza speciale dal papa – papa, san Gennaro…Manca sempre qualcosa a Napoli, per il decollo.
Dunque Creuzé
de Lasser, 1806: “L’Europa finisce a Napoli, e vi finisce anche assai
male. La Calabria,
la Sicilia, tutto il resto è Africa”.
Ora, chi era Creuzé de Lasser?
Un “amabile scrittore”, contemporaneo minore di Stendhal e, al contrario di Stendhal,
un “napoleonico” rifiutato, proprio per questo suo “Viaggio in Italia” - all’Imperatore
non era piaciuto. Ma è come per Gladstone, la frasetta è una pietra tombale.
Si dice Napoleone, Murat, il Regno
come una meteora illustre, una pratica virtuosa, una promessa, ma poi la leva e
i dazi non li levava nessuno. Specie dopo l’incameramento della manomorta, con
la quale, quando era in mano agli ecclesiastici, si provvedeva all’assistenza
ai poveri e ai malati indigenti. Gioacchino ebbe subito la ricetta, un Trump d’antan:
nuovi dazi sui generi di consumo in entrata a Napoli.
Muore il maestro De Simone, un
gigante, alto anche di statura, quello che, tra le altre cose, rivoluzionò la
commedia musicale con “La Gatta cenerentola”, il maggiore successo teatrale
(insieme con Eduardo e con Dario Fo) del dopoguerra, napoletano verace che per
Napoli “non esisteva”. In vita, figurarsi in morte: niente lutti cittadini, commemorazioni,
celebrazioni.
Nell’occasione Valerio Cappelli fa
rivivere sul “Corriere della sera” una confidenza dello stesso De Simone: “Ma
si sa che la Gatta Cenerentola fu finanziata dalla Regione Emilia Romagna e non
dalla Campania?”. Anzi, due confessioni: “Sono stato cacciato, messo
nell’angolo, dalla sinistra e dalla destra”.
È musicale ma,
ricorda Peppe Barra in morte di De Simone: “‘La Gatta Cenerentola’ è stata una rivoluzione. Gli spettatori non
avevano visto fino allora allegorie e culture popolari rese in quel modo, ma
negli anni Settanta non si erano nemmeno mai ascoltate villanelle, strambotti,
tammurriate”.
L’albergo di Capua – “nell’antico palazzo dei Fieramosca, anzi, come qui
dicono, e il nome suona più tremendo, Ferramosca” – Antonio Baldini trova nel
1930 (“L’Italia di Bonincontro”, 115) “gran casone con gran protone, gran
scalone con gran finestrone. Meridionalone”.
leuzzi@antiit.eu
Ph. Roth sconsacrato
Una riedizione che
si segnala per l’apparato, ritraduzione, copertina, titolo, primo volume di
un’opera omnia. Soprattutto per la nota finale del curatore, e nuovo
traduttore, Matteo Codignola. Che spiega le tanti varianti di traduzione. Il titolo
soprattutto, senza il complaint dell’originale, o il lamento. Una traduzione,
sia aggiunto, che sveltisce l’originale, lo attualizza, lo velocizza,
adattandolo p.es. al gergo attuale dei postadolescenti – l’io narratore ne è
uno. Ma non per questo si segnala la nota di Codignola: si segnala per il fastidio,
dell’autore, e anche dell’opera. Tanto più considerando che, con “Portnoy”,
Adelphi annuncia la riedizione di tutto Philip Roth.
L’uscita del
racconto, gennaio1969, organizzata come un pandemonio – sfruttando anche
l’incontinenza di Nixon, il presidente in carica: “Philip Roth è una brutta
persona”. La critica ovviamente divisa, ma fronteggiata da un “Team Roth più compatto,
più vocale, e anche più persuasivo del solito, mentre le minoranze, nessuna
esclusa, erano ciascuna oltraggiata a suo modo. Di nuovo, quanto di meglio il
marketing potesse desiderare”. Di nuovo? “Portnoy” era il terzo o quarto
romanzo pubblicato da Ph. Roth, fino ad allora senza echi.
L’attenzione
spasmodica al marketing non è il solo rilievo. Il “successo” che si moltiplica
e si velocizza per ogni aspetto. Le critiche non tollerate – guai ai critici
recalcitranti. Gli incassi subito stratosferici, a fini promozionali. E le precisazioni: la
famiglia non è quella, la psicoanalisi sì, c’è stata, divertente, il personaggio
non è l’autore, è un vicino, è immaginario. Ma, ricorda Codignola, due anni
prima “American Imago”, la rivista scientifica fondata da Freud, aveva
pubblicato “un denso saggio sul nesso fra personalità narcisistica e
aggressività, The Angry Act, del dottor
Kleinschmidt” (Hans J. Kleinschmidt, “The Angry Act: The Role of
Aggression in Creativity”, “American Imago”, Vol. 24, Spring 1967), che divaga
sul ruolo del narcisismo fra personalità artistiche, “Kandinskij, Sylvia Plath,
e naturalmente Thomas Mann”, e poi fa un caso: “Quello di un paziente abbastanza
giovane, … che, schiacciato fra una madre fallica e un padre inesistente, aveva
finito per rinchiudersi in un narcisismo parossistico, e sfogare la propria
aggressività sulle donne, trasformandole in oggetti masturbatori”.
Riserve riflesse –
in sintesi, ma con più violenza - già nel risvolto. “«Questo libro rischia di
provocare un secondo Olocausto» scrisse all’uscita di Portnoy uno studioso
generalmente posato come Gershom Scholem. La profezia fortunatamente non era
fatta per avverarsi, ma è difficile negare che da allora il monologo di Alexander
Portnoy abbia investito, e travolto, tutto quanto ha incontrato sul suo cammino”.
Si parte dall’alto, per poi consigliarne la lettura come di una confessione psicoanalitica.
Attraente? O allora come di una standup – anche se la “più divertente e
irrefrenabile mai messa sulla pagina. A cominciare dalle abitudini dei lettori”. Senza trascurare la psico-filosofia - ma allora alla W. Allen?
E perché una nuova
traduzione? “Dopo molti anni, e infinite repliche, lo spettacolo aveva bisogno
di un nuovo allestimento”. E non è finita: “Prima di assumere la sua forma
attuale, il materiale di Portnoy è stato varie altre cose – fra cui un commento
parlato alle diapositive di zone erogene illustri, che Kenneth Tynan avrebbe
voluto inserire nel suo celeberrimo e allora sacrilego musical Oh, Calcutta!
Solo dopo lunghi ripensamenti il monologo ha finito per diventare, nel 1969, il
quarto libro di Philip Roth (1933- 2018)”. Quello della sua consacrazione (o
sconsacrazione). E anche quello da cui Adelphi avvia la riedizione di tutte le
sue opere.
Philip Roth, Portnoy,
Adelphi, pp. 283 € 19
domenica 25 maggio 2025
Meloni al mercato
Non cè solo l’intrusione a piedi uniti negli assetti bancari, con Mps, l’ama
de casa, a caccia di Mediobanca, nientedimeno, e Generali-cum-Natixis, e le
barriere erette a difesa del fido Bpm dalle insidie dell’infida Unicredit. Non
c’è solo la moltiplicazione dei “salvataggi” industriali – l’industria pubblica,
di nuovo, dopo le acclamate privatizzazioni – e a che costo. C’è perfino l’ingerenza
illegale nelle Autorità di controllo del mercato. Per ora nella Consob. Che solo
un’opposizione alla Conte-Schlein, di sprovveduti capipopolo, demiurgi improvvisati, può
non vedere.
Meloni caratterizza l’avvio della seconda metà del suo governo con l’interventismo
– il dirigismo, si sarebbe detto a sinistra – negli assetti economici. Non la
defunta programmazione socialista, che
pure tanti lutti portò, dalla chimica dei pareri di conformità all’Efim.
Ma proprio l’interventismo mussoliniano: ci penso io.
È una strada sui cui Meloni sembra avere impegnato il governo all’improvviso
a fondo, benché abbia alleati due partiti in teoria liberali. Forse con occhio
alla rielezione, anche se mancano ancora molti mesi, per la vecchia teoria e pratica
del potere-che-porta-voti. O forse per istinto. Ma poi tassa tutti, poco ma in
ogni piega, in ogni risvolto. E questo sicuramente non paga.
Lo fa – le microtasse – per tenere in ordine i conti? Obiettivo meritevole.
Ma alla sommatoria non farà troppi scontenti, potenti e non? Anche se l’opposizione nemmeno questo sembra capire. Le Autorità
sono state create per proteggere il mercato da scorrettezze e abusi, per primo della
politica.
Matilda travolgente, dentro e fuori del carcere
Una storia di amicizia
fra donne, detenute, dentro e fuori dal carcere. Fra una scrittrice, capitata in
carcere per caso, e carcerate vere, dal passato imperscrutabile. Specie le più
giovani, due sgallettate romane, Roberta e Barbara. Che ritroverà fuori. Ma sempre
“carcerate”, spiega Goliarda Sapienza, l’autrice del racconto (“L’università di
Rebibbia”) su cui Martone ha costruito il film - insieme con Ippolita Di Majo -
in una vecchia intervista che s’intravede alla fine, con Enzo Biagi: “Vivono
dentro quando stanno fuori, e stanno fuori quando vivono dentro”.
Un racconto che si
regge sull’espressività, cangiante, mutevole, sorprendente di Elodie (“Barbara”)
e, soprattutto, di Matilda de Angelis (“Roberta”), presenza costante nel film –
che il personaggio curiosamente costruisce col romanesco nasale, un po’
Garbatella, quello di Meloni. Valeria Golino fa la scrittrice in età, con i suoi
anni e riflessiva, molto misurata.
Martone racconta la
storia al modo suo, rapsodicamente, per scene giustapposte – un film di montaggio.
E quasi tutto in “piani”, i personaggi in rilievo sull’ambientazione, in medium
closeup e closeup. Da qui l’apporto al racconto di “Roberta”,
Matilda De Angelis, delle due giovani ex carcerate quella che segue la scrittrice,
la insegue, la diverte, la malmena, la travolge. Sola, solitaria, e piani di “amici”,
impecuniosa e piena di soldi. Fantasiosa, esuberante, e triste, ansiosa,
depressa. Travolge la scrittrice come lo spettatore. Non candidata a Cannes, dove
il film è stato presentato, in concorso, ma senza demerito al confronto con la protagonista
vincitrice, Nadia Melliti (favorita dalla storia, una lesbica buona mussulmana –
bisogna essere gay e mussulmani?).
Mario Martone, Fuori
sabato 24 maggio 2025
Letture - 579
letterautore
Brexit – È anche
linguistica – di nuovo, come è stata nei secoli? Ritorna oltremanica l’incapacità
secolare di compitare i nomi latini, per es. italiani, i Giuseppi, i Lucca,
etc. La Cambridge University Press manda al macero una copertina in cui il
Nobel per la Fisica Giorgio Parisi era diventato Giogioa.
Claques - Un classico del teatro, gli applausi organizzato,
decidono ora anche dei successi al cinema, nei festival? Mariarosa Mancuso sul “Foglio”,
recensendo “Fuori”, il film di Martone al festival di Cannes, precisa che è
stato tra i meno applauditi – “insistiamo perché sui giornali itaiani sta
scritto che il film di Mario Martone «è stato
accolto benissimo»”. Insinuando peraltro il dubbio che chi ne scrive “sui
giornali”, in Italia perlomeno, non vada a vedere il film, si fida dell’ufficio
stampa. Dev’essere vero. Gli inguardabili film premiati a Cannes ultimamente, “Titane”,
“Emilia Perez”, annoverano tra i riconoscimenti - registra wikipedia – il favore
del pubblico. Non tanto agli incassi, che non si dicono ma si sanno magri, no,
del pubblico al festival, nella standing ovation – di dieci minuti il
primo, di otto il secondo (forse perché troppo lungo, le claques si
erano stancate di attendere).
E le giurie, oltre
ai critici, anche loro seguono il “pubblico”. Evidentemente. Ma si sa che gli
organizzatori raccomandano alle giurie di “seguire il pubblico”.
Confessione - Come genere
narrativo, come racconto, prima che come sacramento o testimonianza, nasce da
sant’Agostino – il santo tanto celebrato e tanto dimenticato, che ora col papa
torna in voga. Ma ultimamene dilaga nel
racconto romanzesco – uno su due editi, si calcola. E quasi sempre nella forma
psicoanalitica, della confessione laica.
Un genere di cui si
considera precursore Philip Roth, per “Portnoy” - che si rilancia oggi con grande
enfasi - e non Berto, “Il male oscuro”. Di una psicoanalisi cioè non presa sul serio.
Ma anche di questo
genere di confessione, senza l’analista ma pratiche morbose comprese, l’inventore
è sempre sant’Agostino.
Egemonia – La categoria gramsciana
che tanto inquieta il governo Meloni non esiste, argomenta Pierluigi Battista –
senza citare Gramsci. E fa un lungo elenco di scrittori, più Fellini, non graditi
alla “sinistra” – cioè al Pci, buonanima (che però non si nomina). Praticamente
tutti i buoni scrittori del dopoguerra. Eccetto Calvino, Pasolini e Moravia. Lo
scrive sul “Foglio”. Poi uno va al cinema, oppure legge il “Corriere della sear”,
“la Repubblica”, “la Stampa”, o guarda La 7, o Sky Tg 24, e l’egemonia la
sente, eccome.
Fiction-Reality – A proposito
di teatro-verità (la simulazione di un rapporto prolungato d’incesto) Annie
Ernaux annota il 28 maggio 1993, in “La vie extérieure”: “Sensazione strana che
questa «realtà», a causa della sua messa in scena, non era vera, cioè che la
verità delle persone coinvolte, della storia, non era vera”. Poi l’ipotesi: “Ci
fossero sempre più reality-show la fiction sparirebbe, poi non si sopporterebbe
più questa realtà fatta spettacolo e la fiction ritornerebbe”.
Maranza – Specie già diffusa
a Parigi trent’anni fa? In un’annotazione del 13 gennaio 1995 Annie Ernaux (“La
vie extériuere”) ne fa la descrizione precisa – manca solo il “maranza”: “Quegli
adolescenti
che non obbediscono che alle loro voglie, che alzano bruscamente il pugno o un
coltello su uno sconosciuto di cui «la faccia non piace»”.
Matriarcato – Impera al
cinema (ma anche nella narrativa, si direbbe)? “Finalmente, c’è da dire, c’è qualche maschio ribelle”, sbotta
Mariarosa Mancuso sul “Foglio” alla rassegna di Cannes, stufa dei tropi film al
femminile: “L’obiettivo parità dei sessi ha riempito il programma con storie di
madri e figlie. Lontane, troppo lontane. Vicine o abbandonate. Litigiose ma poi
in pace. Attaccatissime ma poi separate. Solo quando la mamma muore, le sorelle
vanno poi d’accordo”. Con una chiusa cattiva: “In Norvegia il film s’intitola
«Sentimental Values», e di questa materia è fatto (più la casa di famiglia da
vendere, ma la rivuole il papà narciso che ha lasciato la mamma)”.
Curiosamente, anche il film di Martone, “Fuori”, che sarebbe su Goliarda
Sapienza, la scrittrice, è virato su un personaggio, quello principale, di
ragazza che imputa i suoi eccessi i maltrattamenti in famiglia, a opera della
madre.
Russia - “L’impunità della Russia tiene oscuramente
al suo mito di popolo ai confini dello spazio, della ragione, dell’umanità”. Concludendo le sue note sparse di “cose viste”,
“La vie extérieure”, quando Eltsin ordinava il contrattacco sui Ceceni, Annie Ernaux,
che di Russia ha fatto conoscenza di prima mano, per visite, celebrazioni, amori, ne fa questa
sintesi: “Si è presa l’abitudine di considerare la Russia come una fiction
sanguinosa con steppe ghiacciate, vodka, mostri e mummie o buffoni per personaggi
principali. Che Yeltsin sia le tre cose insieme (oggi si direbbe Putin, nd.r. –
senza la vodka) non è che il topos portato alla perfezione e il capitolo
dei Ceceni è nella vena dei precedenti. L’impunità….”
Scrittura-Scrivere – Una
“strategia di immunizzazione” – dagli “eventi irrimediabili” della vita. Così
la ipotizza il filosofo Ferraris presentando l’opera di Giancristiano
Desiderio, “Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce”. La vita non può
essere “immediatamente scritta”, argomenta Ferraris di Croce, a proposito del
“dissenso, perplesso, che Corce ebbe con l’esistenzialismo di Enzo Paci”. A
meno che. “A meno che, come Croce, come Proust, autore che Croce non amava ma
che ebbe strategie di immunizzazione analoghe, non ci si chiuda in casa e si
eriga, con la vita e contro la vita, un’enorme muraglia di parole, che si
tratti delle 3 mila pagine della Recherche, dei 70 libri di Croce,
dei cento e passa di Derrida, delle 25 mila pagine di Simenon”.
“Semplice abitudine di mettere in parole il mondo” è la scrittura per
Annie Ernaux, annotando (“La vie extérieure”, 30) il riflesso condizionato di figurarsi
i rumori della strada – la circolazione di ogni giorno, sulla strada bagnata,
come spesso è. Che diventa per lei : “Si sentiva il rumore regolare delle vetture,
lo stridio più lungo dei pneumatici a causa del suolo bagnato”.
Tatuaggi – La voga viene
dalla Marina inglese – dai bucanieri? “Nella Marina inglese”, spiega un
personaggio di un romanzo di Simenon del 1955, “Il grande Bob”, “tutti gli
ufficiali sono tatuati”.
Transfert – Libri letti,
invece che sfogliati, probabilmente meditati, e critiche elaborate, circostanziate,
sostanziose di libri non di narrativa, non di poesia, non di saggistica, di
Joan Didion e di Vivian Lamarque, che raccontano o rappresentano lunghe terapie
psicoanalitiche. Lamarque che in varie raccolte ritorna su un suo perdurante transfert
– si suppone con lo stesso analista – è devotamente anticipata, anche di un
paio di mesi, da estese critiche, per quanto poco informate dei versi, per creare
l’attesa. Si direbbe il risveglio della critica, seppure in forma di transfert.
letterautore@antiit.eu
Nanni della Garbatella, anche lui
L’omaggio a Roma
iniziale, il vagabondaggio in Vespina, giù per via delle Fornaci, fino a
Spinaceto, e al quartiere-non quartiere, l’esoromano Casalpalocco, è
specialmente entusiasta alla Garbatella. Di cui gli piace tutto: il taglio delle
strade, la tipologia delle case, il sole, l’ombra, le aiuole fiorite. L’edilizia
popolare degli anni 1930, sottolinea. Gustata negli anni in cui Meloni ci girava
signorina – il film sembra antico, come i classici, ma è di trent’anni fa.
E non è il solo
accenno rétro. Gli amici rivoluzionari moltiplica instupiditi: coppie
agli ordini del bambino, “un figlio solo”, singoli anti-tv che “Beautiful”
affata. Moretti non è nato trinariciuto, come da quando è “sceso” in politica,
anche lui: l’humour tagliente che lo segnava, da “splendido quarantenne”,
lo sparge(va) ovunque.
Nanni Moretti, Caro
diario, Sky Cinema, Now
venerdì 23 maggio 2025
Ombre - 775
Grandi spazi ogni giorno alla revisione del processo Poggi, ma nessun cronista giudiziario, che pure sa di che si tratta, ricorda che l’imbroglio è opera della Cassazione. Che non ha poteri d’indagine - solo formali, sul processo - ma se li è presi. Finendo per dire Stasi “colpevole oltre ogni ragionevole dubbio” di sua iniziativa, contro le sentenze delle corti d’assise d’appello – e contro il parere della sua stessa Procura.
Colpevoli del papocchio? Sì, qualche maresciallo. I giudici non si toccano, non si sa mai – sono vendicativi?
La vicenda – della condanna di Stasi oltre ogni ragionevole ragionevolezza (senza la Cassazione si sarebbero fatte indagini serie, a suo tempo) - la dettaglia solo Adriano Sofri sul “Foglio”. La dettaglia sabato ma le iper-redazioni giudiziarie di tg e giornali fanno finta di nulla. Solo, qualcuno si ricorda che Vittorio Feltri ha sempre detto la condanna una baggianata, e glielo fa ripetere – tragico per una volta e non esilarante.
Destra e sinistra unite nella lotta? Ma sempre perdenti?
Volendo vedere una fiction Mediaset fino in fondo, “Maria Corleone”, di mafiose belle e feroci, si sono contate per 97 minuti di film sette interruzioni pubblicitarie, per 26-27 minuti. Ci vuole un pubblico di grande attenzione – o semplicemente addormentato?
“L’Ue rivede le norme sui «paesi terzi sicuri». Stretta alle richieste di asilo. Più facile trasferire i migranti in Stati extraeuropei”. Poche righe, taglio basso, per la questione che un anno fa, sei mesi fa, faceva paginate fluviali. Se non c’è un giudice di mezzo, che dà torto al governo, non interessa ai lettori. Degli immigrati, della questione immigrazione di massa, del mercato dell’immigrazione, non frega nulla a nessuno.
Ci si chiede perché Macron privilegi la Polonia, nei suoi colloqui a tre o a quattro per il riarmo, e trascuri l’Italia. Una delle ragioni è che la Polonia è il Paese europeo che più spende per gli armamenti, rispetto al pil, in Europa. Il 4,12 per cento (secondo l’annuario Nato) nel 2024. E quest’anno va verso il 6 per cento. Ma soprattutto spende per gli armamenti, più che per il personale o il commissariato: il 51 per cento del totale ( l’Italia è al 22 per cento, Germania e Francia al 28).
L’emozione domenica per il calcio minuto per minuto, tutto il campionato in contemporanea, la sera, invece di due ore di noia insofferente, che i commentatori sono obbligati a riempire di scemenze, con un linguaggio assurdamente “tecnico”. In ogni momento di ogni giornata – il calcio è per pensionati.
Nel contesto spicca l’assurdità del
o della Var. A cui evidentemente l’arbitro ha ceduto ogni potere di visione – e
di decisione decisiva. L’arbitro Chiffi, che pure dicono bravo, non vede il
gomito di Bisseck che si muove verso il pallone, come si vedeva a occhio nudo e
a velocità. E non vede l’abissale, doppio, fuorigioco interista nel goal
dell’ultimo minuto poi annullato.
Resta sempre inedito il romanzo
degli oneri di sistema, impropria “imposta di scopo” (di fatto non sappiamo a
chi vanno i soldi) con cui il governo grava da un paio danni i consumi di
energia. Mentre si fanno grandi titoli per la “riduzione delle accise sulla
benzina”. Di un centesimo al litro – peraltro passato sul gasolio. Del governo
che “non mette le mani in tasca agli italiani”. In aggiunta a un’incredibile
serie di “patrimonialine”. Poi si dice che non è vero che destra e sinistra non
sono unite nella lotta – e perché gli italiani non vanno a votare? boh!
Una pagina e molte stelle per il
film “La petite dernière” di Hafsia Herzi sul “Manifesto”, Poche righe e una
striminzita stella di Mereghetti – critico di molto giudizio – sul “Corriere
della sera”. Basta il lesbismo (e di una ragazza mussulmana) per fare un buon
film? Rivoluzionario? Nelle “Mille e una notte” e nella letteratura esotica
(Potocki, Pierre Loti, etc.), la donna “libera” s’incontrava nei paesi
mussulmani, Il Cairo, la Persia, Algeri, Tunisi, Casablanca.
Guardando gli inguardabili film
premiati a Cannes ultimamente, “Titane”, “Emilia Perez”, uno si meraviglia,
salvo poi scoprire che sono stati premiati sull’onda di una “standing ovation”,
debitamente registrata da wikipedia tra i “riconoscimenti”. È il termine
critico oggi a Cannes: standing ovation di nove minuti (“Titane”), di sei
minuti (“Emilia Perez”). E si capisce: ci sono le claques anche alla Croisette,
più facili anche da montare che al teatro, e le giurie seguono le claques – gli
organizzatori si raccomandano alle giurie di “seguire il pubblico”. Dalla
mediocrità del cinema oggi non ci-si salvano nemmeno le giurie.
“Trump, insulti al Boss dopo le critiche: «È una prugna secca». Springsteen aveva detto: «Inadatto, governo canaglia»”. Chi ha criticato e chi ha insultato?
Forse la colpa è di Trump, che ruba la scena con i suoi annunci ogni giorno, ma gli Stati Uniti sono stati governati a lungo (mesi? anni?) da un presidente in confusione mentale. Come non detto – giusto qualche recriminazione, per imputare a Biden la sconfitta del partito Democratico a novembre. Chi governava in sua vece? Come? E cosa diceva al G 7?
A nessuno degli ex collaboratori di Biden si chiede niente. A differenza di quelli di Trump, che ora si possono godere nei media l’anti-trumpismo dopo aver esercitato il potere con lui - come i pentiti di mafia. E gli psichiatri? Anni fa se ne trovarono dozzine per denunciare la pazzia di Trump, clinica, organica. Ora nemmeno uno?
“Ho fatto coming out quando ancora
non si usava nemmeno l’espressione”, Ivan Cattaneo: “Prima di Pasolini, di
Testori e di Tiziano Ferro…Debuttai al festival di «Re Nudo» (il “festival del
proletariato giovanile”, organizzato dalla rivista “Re Nudo” tra il 1971 e il
1878; quello qui ricordato è del 1975, al Parco Lambro, “il meglio riuscito”
della serie, 100 mila partecipanti, n.d.r.)…. Mi presentai dicendo che ero
omosessuale. Venne giù il modo, un putiferio, gente che fischiava…. La
lapidazione. Mi spiegarono poi che per i comunisti di Lotta continua o Servire
il popolo l’omosessualità non era che un vizio piccoloborghese”.
Il festival di Cannes impone un
dress code. Alle donne, alle attrici. Ma non un lamento. La pubblicità val bene
un patriarcato – non sappiamo bene di che cosa parliamo quando parliamo.
Contro la separazione delle
carriere il presidente del sindacato dei giudici (Anm) Parodi afferma che “in
tutti i paesi in cui c’è la separazione delle carriere c’è il controllo dei
pubblici ministeri da parte del governo”. Cioè in Gran Bretagna? Svezia? Spagna
e Portogallo? Il Portogallo in particolare Parodi ha nel mirino. Dove però il
primo ministro Costa (ora presidente Ue) fu aggredito due anni fa con
un’incolpazione resa subito pubblica che poi si manifestò artefatta, con
omonimie e falsi testimoni.
Sembra incredibile che nella
“battaglia” per i referendum ci sia anche Renzi. A cui si deve, contro venti e
maree, l’abolizione dell’art. 18 – l’illicenziabilità - di cui ora un
referendum chiede l’abrogazione. Ma come si fa?
Dei due volontari italiani morti in guerra in Ucraina si lascia intendere che fossero combattenti per un ideale, rinviando indirettamente alla epopea internazionalista della guerra di Spagna. Mentre sono assoldati - mercenari - con soldo elevato, da 3 a 4 mila euro mensili. Perché non dirlo?
Trump dice che il downgrading del debito americano da parte di Moody’s è dovuto a un analista noto militante Democratico. Può darsi che non sia vero – nelle agenzie di rating non decide un analista, per quanto importante. Più probabile è che l’annuncio di Moody’s sia servito a una speculazione – la sbandata del debito in conseguenza del rating è stata di breve durata. Padroni (soci, azionisti) delle agenzie di rating sono i maggiori fondi d’investimento, anche hedge, cioè speculativi. E questo è considerato normale.
Ma è vero che il giudizio delle agenzie di rating risponde agli interessi dei fondi – il downgrading fa lievitare gli interessi. Basta vedere l’equiparazione del debito italiano a quello del Paraguay. Peggio di quello di Bulgaria, Cipro, Perù, Filippine, Indonesia, Kazakistan. Molto peggio di Perù e Uruguay. Pagatori molto più attendibili dell’Italia sono valutati Malesia e Botswana – si investe nel debito del Botswana?
Si fa scandalo del Boeing 747 “superlusso” regalato dall’emiro del Qatar a Trump. Ma solo in Italia. In America il regalo è stato semplicemente preso in carico dal Pentagono per la manutenzione. È uno di due vecchi aerei – l’altro è state regalato a Erdogan - di cui l’emiro si sbarazza perché la manutenzione costa troppo rispetto all’uso che può farne. Anche perché il modello è fuori produzione da tempo. Questa sarebbe stata una storia più saporita, ma il giornalismo italiano non ha più gusto – si è anti-Trump come si è antifascisti. anche se la noia è grande.
Tra immigrati e supermercati, mentre gli slavi si sterminano
Note sparse, prese
occasionalmente tra il 1993 e il 1999. Di “cose viste”, alla Victor Hugo, e
anche sentite.
Il mondo della
metro prevalentemente. E dei supermercati e centri commerciali, Auchan, Leclerc,
dove “la vita si svolge sempre più”. Scene di vita ordinaria che si direbbe
sorda, sordida. Che Ernaux trova non più stupida di quando si svolgeva “tra i
campi e il funerale o il bistrot”.
Note più variate
sulla metro, da pendolare con Parigi sulla Rer, la rete extraurbana. Ma qui prevalentemente
dei mendicanti, e dei “senza fissa dimora” - Ernaux usa sempre il linguaggio
rispettosamente burocratico (con una sola eccezione, riusa “zigani”). Incuriosita
dai tanti che provano a vendere giornali che nessuno compra – erano gli anni dei
“giornali di strada”: “giornali della carità, che nessuno considera «veri»
giornali, né la loro vendita come un «vero» lavoro”.
Sullo sfondo cupo
degli eccidi in Bosnia, che non irritano più di tanto. E poi delle bombe sulla
Serbia.
All’ultima pagina,
dei Russi che “sterminano tranquillamente i Ceceni”, un soprassalto. Veridico a
ogni riflessione – tanto più che Ernaux ha buona conoscenza della Russia, tra
visite, frequentazioni e amanti. “Si è presa l’abitudine
di considerare la Russia come una fiction sanguinosa con steppe
ghiacciate, vodka, mostri e mummie o buffoni per personaggi principali. Che
Yeltsin sia le tre cose insieme (oggi si direbbe Putin, nd.r. – senza la vodka)
non è che il topos portato alla perfezione e il capitolo dei Ceceni è nella
vena dei precedenti”.
Con un paio di
sviste, imperdonabili per una italianofila - e per una casa editrice che avrà dei
redattori. A p. 19, il 29 maggio 1993, dopo l’attentato ai Georgofili, la
Maestà di Giotto agli Uffizi diventa una tela, del XVmo secolo. Anche il noto
ristorante “Da Mimmo” (poi chiuso), boulevard Magenta, è maltrattato: è “Da
Mimo” alla p. 74.
Annie Ernaux, La
vie extérieure, Gallimard, pp. 131 € 15
giovedì 22 maggio 2025
Problemi di base storici - 860
spock
La storia
prepara il futuro?
Il passato
scrive il futuro?
Il passato
riscrive il futuro?
La storia è fatta
dalla preistoria?
La storia non è
mai cambiata nei suoi 5.500 anni?
La sola rottura
con la preistoria è il Cristo?
spock@antiit.eu
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