skip to main |
skip to sidebar
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (605)
Giuseppe Leuzzi
Negli ultimi cinquant’anni, calcolava Libera nel 2015,
ci sono state 291 vittime della ‘ndrangheta. Di queste, almeno 200 negli ultimi
25 anni. Il crimine si è moltiplicato con la moltiplicazione dell’antimafia.
Nel 90 per cento dei casi,
continua l’indagine di Libera, gli assassini non hanno avuto un nome. Mafia in
franchigia.
Sullo speciale “Le parole di Camilleri” che
la redazione palermitana di “la Repubblica” ha confezionato giovedì 4 settembre
in omaggio allo scrittore per i cento anni dalla nascita, Emanuele Lauria nota
che Camilleri “ha ridato luce all’isola, dopo gli anni del lutto”. La Sicilia
di Sciascia è monocroma e triste, quella di Camilleri, senza mancare d’impegno
civico, è colorata e piena di sé – guarda al futuro.
Il Sud tutto, non soltanto la Sicilia, è attanagliato
in una (auto)narrazione distruttiva.
“Dal portone uscirono il
prete, un chierico che reggeva il Crocfisso, due chierichetti”, così Giovanni
Russo racconta il funerale di Corrado Avaro in “Nella terra estrema, p. 123. La
bara viene caricata “su un semlice carro”, che si avvia lento, “dietro al quale
si allineano, vestiti di nero, i parenti venuti da San Luca…. Il corteo si avviò verso la chiesa di Sant’Andrea
delle Fratte. Il tratto è lungo quanto il corso di un piccolo paese calabrese.
Passava per piazza di Spagna un funerale meridionale”.
“L’invidia è il peccato mortale
delle regioni povere”, annotava Corrado Alvaro nel 1942 ne “Il mare”, la raccolta
di scritti vari in cui riflette anche sul rapporto col padre, il ruolo del padre nella
famiglia, l’astio che la sua volontà ferrea di fare crescere socialmente i figli
gli procurò: “Di questa lotta continua non dirò molto; basti che quando un mio fratello,
il secondo di noi, morì, i nostri nemici fecero festa perché uno era caduto”.
“Nei migliori” l’invidia
“diventa emulazione, ambizione, sprone alla conquista”, al Sud no.
Meridionale, anche se Alvaro
non lo dice, la figura del padre, tirate le somme: “Compiuta l’opera (i figli
agli studi, n.d.r.), mio padre fu come disoccupato, non avendo altro scopo per
sacrificarsi, e avendo preso, del sacrificio, i modi più commoventi, la sua
dignità”. Il padre che “esiste” solo per i figli.
Dopo tanti clamori sull’assegnazione
dei fondi europei Pnrr (“ce li danno, non ce li danno”), “Il Sole 24 Ore” scopre che cinque ministeri non hanno
speso quasi niente - fra il 10 e il 20 per cento dei fondi assegnati. La
burocrazia è in Italia del tutto inefficiente, si sa, e improduttiva, o
anti-produttiva. Ma l’inerzia è più rilevante in capitoli di spesa che presumono
il Sud come destinatario principale. Le politiche sociali (specialmente “i
progetti centrali sul lavoro come il programma Gol, Garanzia occupabilità lavoratori”,
ancora “al decollo”) al primo posto, impegnato il 10 per cento, poco più. Ma
anche la salute, l’agricoltura, il turismo, la cultura. Questa volta non
mancano i capitali, manca la volontà – o l’intelligenza.
Si profilano alle Regionali,
come a ogni elezione, liti aspre fra concorrenti della stessa area dello stesso
partito per le candidature. È
fisologico. Ma al Sud – in questo caso in Puglia e in Campania – le liti si
segnalano per lo squallore. In Puglia litigano i tre leader della sinistra, e a destra “i fedelissimi di
Gemmato e quelli di Fitto” - che saranno chi? In Campania non c’è offesa che si
risparmi tra il candidato di sinistra Fico e il competitor De Luca jr.. La politica non è il forte del Sud. Che di politica, bassa, vive.
Si litiga anche in Toscana, a
destra, nella Lega, tra l’ex generale Vannacci e i vecchi del partito. Ma il
linguaggio, se non altro, è colorito - si
litiga all’aperto.
L’anima di Milano
Istintivamente,
si è portati a considerare Milano, il centro degli affari, come una città imprenditoriale,
attenta al suo, contraria a ingerenze e intromissioni, soprattutto, in epoca
contemporanea, statali, politiche, di bottega, e schierata per la libertà, per
il mercato quale migliore regolatore degli affari – più produttivo e anche più
giusto. Invece no, è la città di san Carlo Borromeo (il “lavorerio”) e di Manzoni
(la Provvidenza). Curiosamente passiva più che attiva: nella coscienza di sé, nella
difesa di sé, e nel progetto del mondo, anche se ogni mattina si alza presto e
non manca al lavoro.
Se
ne trovano esempi a ogni giro di storia. In quella recente:
la deindustrializzazione, la finanziarizzazione,
l’indusria leggera – fashion,
design, marketing, e ogni forma di promozione, dalla tradizione fieristica all’informazione e ai social (influencer
etc.), e perfino la Nuova Urbanistica. Una città che fa, ma come spettatrice. È
fatta più che fare, bizzarro modo di essere una capitale di impresa.
È così
che ora accetta passiva, senza nemeno una domanda, l’intrusione dello Stato
nel suo risparmio – che è poi, si può dire, la “ricchezza della nazione”:
Generali e Mediobanca. Che Roma si è presa senza generare un solo mugugno.
Anche se a opera di un ministro leghista.
È il
leghismo a Milano più forte dei soldi? Non può essere - troppo stupido. Ma qualche pensierino va fatto. Perché non c’è
solo Roma alla conquista di Milano. Un presidio di milanesità come Bpm, l’ex
Popolare Milano, è destinato con la stessa operazione a essere fagocitato da
Roma – se non, altro esito bizzarro, regalato ai francesi del Crédit Agricole.
In questo caso, Milano aveva l’opportunità di creare, tra Bpm e Unicredit, un’altra
superbanca ambrosiana, in grado di competere con le major europee e anche americane (per risparmio, gestione, investimenti,
profitti etc., e anche, perché no, potere economico), e non ha reagito al niet di Roma.
Oppure
c’è Roma e non c’è Milano – in fondo, di ambrosiano è rimasto solo il rito, che
per di più non si esercita.
Ma le radici fanno bene o male
Il leghismo
l’ha diffuso al Nord, specie nel Veneto e in Lombardia. Ma il culto delle radici
nasce al Sud, come sicilitudine e napoletanità – con l’aggiunta ora, per mimetismo\parassitismo,
della calabresità (ancora più vaga). Non necessariamente. I pugliesi, p.es. ne
fanno a meno – anche nel Salento, che pure ha una sua diversità.
Il
culto nasce per la verità col bestseller americano “Radici” cinquant’anni
fa – come “moda”, anche se non senza radici…. Se non che non si capisce se è un
bene oppure un male. Anche perché, alla fine, è sempre una invenzione delle
radici – quando la storia non si è fatta via via, si inventa.
In
qualche caso sono un fatto storico. La Sardegna,
p.es., si può giustificare, ha una storia a sé, lunga anche e complicata. Ma gli
altri, che ne hano viste tante, di dominazioni e invasioni, a quali radici si
aggrappano, che siano più vere o sincere di altre?
Capita di leggere, su “La
Lettura”, a proposito della scrittrice cingalese Nedeesha Uyngoda, che “le
radici perdute non si ritrovano ma si reinventano” (Marzia Fontana). O “le radici
si salvano se si ferma la strada che sale fra i monti”, a proposito del secondo
libro di Alice Zanotti, su “una comunità isolata del Friuli (che) teme l’irrompere
della modernità” – una comunità vera, che è Montefosca, una frazione al confine tra Friuli
e Slovenia.
Più spesso il culto delle radici
è connesso al nostos, al ritorno o alla nostalgia del ritorno. Non quindi
alla stanzialità che si vuole immutabile, ma a un incrocio o a una comparazione
di esperienze. Un ritorno che non può che essere una delusione, a meno di non chiudere
gli occhi sulla realtà. Che dopo una generazione o due non può essere la stessa
di prima - nemmeno nel linguaggio, che pure è la componente più resistente o
duratura.
Cronache della differenza: Milano
Il risparmio gestito, la fonte
ormai della ricchezza della città, che va per accumulo più che per inziativa, viene
nazionalizzato, benché dalla lombardisssima Lega, e la città non solo non protesta,
ma nemmeno se ne accorge. È ricca ormai contro ogni merito – giusto perché il
denaro genera denaro?
Non prendere partito fra Bpm e Unicredit ci può stare,
sono gruppi milanesi, anche di mondi è parti diverse - e anche se insieme
avrebbero potuto fare un Campione Nazionale, alla pari con le grandi banche
europee e americane. Ma abbandonare Mediobanca (con Generali), con cui avevano
cominciato a fare congrui investimenti, per uno scassato Mps, questo è curioso.
Per un’operazione, poi, politica, dichiaramente. Il mercato made in Milano ha altre filosofie?
Un bambino di sei anni vaga
per i marciapiedi. Sale su un autobus o tram, scende, vaga ancora per i marciapiedi,
entra in una stazione, sale su un treno, scende a Desio, la prima fermata?, è
investito da un’auto, e allora è soccorso. Perché era peruviano? Il Grande Cuore
di Milano è distratto.
Un
metropolita “vescovo di strada” di papa Francesco, che impone biglietti d’ingresso
alle chiese, anche al Duomo, che dirne? Forse è solo un incapace, inadatto al
ruolo. Ma chi decide è la Curia, che resta ben milanese.
.
Gianni Mura elenca così, il
23 maggio 2013, l’Inter del “triplete”: “Moratti, Mourinho e Milito, le tre M
come Milano”. Una città che si ama – faceva quattro M con Mussolini.
Berlusconi “se n’è andato due anni fa in una città di
cui non è mai stato veramente cittadino, essendo in essenza più brianzolo, più romano,
perfino più napoletano” – Michele Masneri, “Uomini, miti e cose. Il decennio che sconvolse
Milano” (“il Foglio”).
Federico
Monzino, piccolo ricattatore di Bova, è sempre rispettosamente definito “un
imprenditore”. E dopo una settimana si dice anche il perché: è “noto negli
ambienti vip, è l’utimo erede di una delle famiglie più influenti di Miano, fondatrice
del colosso Standa”, etc. etc. Altrove sarebbe stata un’aggravante – sai che
risate - a Milano una (forte) attenuante.
Nel
capoluogo lombardo e lombardista “il 40 per cento delle case sopra il milione”.
Come dire: case inaccessibili ai oomuni mortali. Basta questo, questa
“urbanistica” schiacciata sull’immobiliare, a giustificare il processo aperto
dalla Procura. I prezzi massimi a mq erano elevatissimi già nel 2020, a 18 mila euro, ma ora sono a 27 mila – non quelli del “Quadrilatero”, quelli ora sono a
40 mila. Roba da Dubai, da sceiccato.
Dettaglio
non irrilevante nella nuova “urbanistica” ambrosiana, dell’intemerato Sala –
che voleva fare il suo personale partito a sinistra, per il popolo ovviamente. Lo incenerisce
Fubini sul “Corriere della sera”: “Tasse ai minimi per i milionari e case a prezzi record: il 40 per cento
delle vendite sopra il milione”.
“Milano sott’odio”, può prontamene
titolare “Il Foglio”, a cappello di un’inchiesta condotta da Masneri sulla
nuova “urbanistica”: “Le fasi dell’odio contro Milano sono molteplici e cambiano
velocemente": dell’io percepito, della corazza che il milanese si costituisce a
riparo. Questa è proprio milanese: passare per assediato (vittima, martire),
mente assedia (colpisce, distrugge).
Troppi miliardari domiciliati,
lamenta Milano dopo l’inchiesta giudiziaria sull’urbanistica. Ma sono solo 182,
il numero più piccolo fra le 15 città dell’“Occidente” che si sono elette
paradiso fiscale dei ricchi – solo Osaka ne ha meno, 128. Milano è penultima anche
per i “superricchi”, con soli 17 sopra il bilione di dollari – Osaka ne ha 12.
Ma è vero che ne ha approfittato per alzare i prezzi delle case a livelli stratosferici.
“Nella globalizzazione vincono
i poli urbani che attraggono” conoscenze e capitali, spiega Fubini, per l’“effetto
agglomerazione” studiato dal Nobel Krugman: “Succede quando una città assorbe
cervelli e risorse dal resto del Paese o del mondo: San Francisco per il
digitale, Londra per la finanza o il biotech, Milano per l’Italia”. Ecco dov’è
il problema: un polo che attrae senza una cosa da fare.
Il lombardo Arbasino trent’anni fa, pur
vivendo a Roma, sconsolato ne parlava – “trasecolato per l’ammirazione” nei
giardini in Iran, “curatissimi e affollatissimi”: “Non sa cosa dice, chi parla
di ‘Terzo Mondo’ a proposito di giardini pubblici pieni di spacciatori e di
vandali, fenomeno soprattutto italiano e spiccatamente lombardo” (“Passeggiando
tre i draghi addormentati”, p. 122).
“Striscia la notizia” si fa un
dovere da tempo di documentare questa e quella piazza di spaccio, nei parchi,
nei sottoscala, e nei giardinetti all’incrocio. A Milano e dintorni.
Si
estrada
dagli Emirati un albanese, Fatjon Gjonai, che l’Italia accusa di traffico di
stupefacenti, legato alla curva del Milan, ed è questo è tutto quello che il
“Corriere della sera” scrive: “Ritenuto socio di Luca Lucci, capo ultra della curva
sud del Milan”, sospettato di tentato omicidio nel 2019. Niente di più, la
città si protegge: soprattutto niente scandalo, come nelle migliori famiglie, quando usavano.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento