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Io - Da
solo non dà stimoli, in esso nulla si trova.
In questa insufficienza probabilmente l’origine della religione:
si crede in Dio, cioè si nega l’io – comunque lo si cela, lo si trascura.
Sicurezza-Sorveglianza – Siamo sicuri perché siamo sorvegliati?
L’età della sorveglianza è l’età della massima insicurezza. Satelliti spia,
droni, telecamere, furti online di ogni tipo (affetti, progetti, segreti, conti,
carte, identità, normalità – spostamenti, incontri, perfino le conversazioni e
gli interlocutori). Nella vita quotidiana, in tempo di pace.
In tempo di guerra praticamente non c’è più difesa possibile.
Israele ha eliminato (quasi) tutti i nemici Hezbollah, alcune migliaia, in
un colpo solo, entrando nei cellulari di ognuno e facendoli esplodere.
Orwell è riferimento obbligato, “1984”, con l’occhiuto Amore che presiede alla
sicurezza, poiché tutto sa. Ma c’è di più: la pluralità “democratica” dei ladri
come dei controllori, da cui l’impossibilità pratica di difendersi, nonché il
sospetto o il peso di attività sanzionabile, qualora si potesse.
C’è anche da rifare le nozioni – le tante nozioni orma classiche – di
potere.
Storia - La storia vera è un serpentone pieno di
nodi, ognuno dei quali è un altro serpente. O è fatta di lampi, razzi sparati
nel cielo, frecce scoccate in ogni direzione. Al modo di Prometeo, di un
dibattersi contro catene invisibili quanto solide.
La storia delle cose è zero, e il contesto è contestabile. L’umanità
è un affollato battaglione in surplace,
testa eretta, tendini tesi, che non si stacca da terra. Lancia messaggi,
organizza tiri, apre squarci, ma sempre fermo dove e com’era, spingendo,
minacciando, brontolando.
La storia – il progresso - è aerea, l’umanità è terrena, di materia
greve. Ma non si può dire inerte.
Dei re e imperatori, che sono stati in gran numero, quando uno è
intelligente trova un posto nella storia. Per il che pare che la storia sia
fatta da principi, re e imperatori, e tutti intelligenti. I quali invece in più
gran numero e per il maggior tempo vivono di caccia, malevolenze, tirannie. I
pochi se ne appropriano perché la scrivono.
Fa la storia chi la scrive. La storia è opera letteraria, per
questo trae in inganno.
Non è utile. La storia – il tempo - non è maestra di verità, è una
fiera, un teatro. Solo serve, se serve, a far sognare.
Non ha neppure spessore, spazio. È un infinitesimo della
fantasmagoria dell’universo. Il tempo è statico, il tempo mentale e biologico,
della specie umana. A meno di non ricorrere ai miti, alle genesi, che poi si
ripetono uguali: Dante, Origene, Platone, Pitagora, la Bibbia, il Libro dei
Morti, il Libro di Veda, e l’analogo che ci sarà in Cina, o Giappone.
La storia non ha senso, né può averne. L’uomo è agli inizi della
conoscenza, il linguaggio comincia ad articolarsi. Nuovi linguaggi daranno
conto di nuove realtà. L’astrofisica, benché agli inizi, elabora realtà già al
di là dell’esperienza concettuale, della capacità di espressione. La biologia bisogna
fermarla, già più non si padroneggia. La matematica, pur limitata e limitante
come ogni linguaggio, ha capacità d’arricchimento inesauste, perché linguaggio
a impianto non storicizzato, meno condizionabile.
Ma nell’attesa si segna il passo.
La storia non si può dire
immobile. Per la potenza della grazia nel battito di ciglia. O nelle pieghe e gli sbuffi che fa il torrente
di montagna quando incontra una roccia alta un metro nella visione di Ruskin.
Ma non è del tutto mutevole. E ha delle costanti, anche dopo periodi lunghi,
che fanno i popoli, l’anima del popolo: la storia sempre varia e sempre si connette per
invarianti.
Forse non varia neppure la periodicità. È la fisicità della storia
– per riflesso condizionato, per destino?
Gli elementi periodici sono rilevanti nella storia e non gli
eventi, annota Jünger nel ‘39, averne smarrito la consapevolezza è una delle
cause della rovina incombente. Che non vuol dire che ciò che è avvenuto avverrà,
ma che bisogna vigilare. O la verità è che non abbiamo storia, non abbiamo
passato? Ce l’abbiamo ma possiamo cambiarlo, questa è la verità della storia. Ci
viene più spesso cambiato, da un terremoto, uno tsunami, ma si può cambiare.
Verità –
Per Marx in particolare, ma per tutti i filosofi con ambizioni pratiche, in tutti
i rapporti, anche familiari, il criterio della verità diventa distacco critico:
io e gli altri. È la forma più esasperata di egotismo, limitare alla misantropia,
il fastidio dell’umana imperfezione.
La verità è la condanna dello spirito laico. È per i santi e i
ciabattini, un tempo si diceva. Chi ha il senso tragico, oppure religioso, del
mondo, sa che Dio è la maschera d’ogni cosa. La verità, se si vuole, è nella
maschera. Il Figlio di Dio visse nascosto, tra un padre e dei fratelli
putativi, poi mise in scena se stesso. Dio si nasconde, nella Trinità, le
Dominazioni, i Profeti. È una lunga serie di suoi doppi ha ispirato, dal
califfo delle ‘Mille e una notte’
a Shakespeare. Ci sono desideri e paure, buone intenzioni, fantasie, progetti,
e il tutto si rimescola in casuali figurazioni all’impronta. Non c’è decoro, o
rigore che tenga.
zeulig@antiit.eu

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