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sabato 1 novembre 2025

Ma la cosa peggiore è la giustizia

Fatta la riforma della giustizia, che come tutte le leggi è imperfetta, c’è chi la critica. E avrà pure ragione, di fatto, su questo o quel punto o anche sull’insieme. Ma: è possibile che la giustizia non necessiti di un riassetto, una riforma? E come è possibile, se di tutte le disfunzioni dello Stato quella peggiore – anche volgare, perfino maleolente – è della giustizia? Che pure è pubblica, quotidiana, una cosa con cui un po’ tutti di confrontano, e quindi sfrontata nella sua pochezza – quando non è (ma è molto diffusa) ingiusta: di parte o pregiudicata, cioè corrotta.
Alla Corte dei Conti giudica le procedure per la Grande Opera del governo Meloni una giudice che a tempo perso lavora per la sinistra: per Teresa Bellanova, la ministra renziana, ora vice-capo del Partito Democratico Europeo, e per il ministro 5 Stelle Patuanelli. Matteo Renzi, che per un decennio ha attaccato i giudici che inquisivano, anche abusivamente, i suoi genitori, e lo spiavano in autostrada, ora dice la riforma “non necessaria”. Perché anche lui ha i su
oi giudici, p.es. il Procuratore Capo e i due sostituti di Cosenza, quelli che avevano aperto un’inchiesta sul presidente della Regione Calabria giusto per farlo decadere – non ci sono riusciti, ma non vuol dire.

La giustizia è un apparato vasto e diversificato? Sì, ma il malcostume è la sua regola: i pm in rete per insultare Berlusconi e sbizzarrirsi come incriminarlo, la lottizzazione del Csm (il “metodo Palamara”), il continuo travaso con la politica, nella gestione dei ministeri, molto peggiore di quello tra Procure e Tribunali, l’irresponsabilità totale, anche nelle valutazioni per la carriera. E la lentezza. Dai dieci a vent’anni per un’assoluzione, o una condanna (di truffatori, ladri, evasori, concussori, gli stessi mafiosi).

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