skip to main |
skip to sidebar
Ma la cosa peggiore è la giustizia
Fatta la riforma della giustizia, che
come tutte le leggi è imperfetta, c’è chi la critica. E avrà pure ragione, di fatto,
su questo o quel punto o anche sull’insieme. Ma: è possibile che la giustizia
non necessiti di un riassetto, una riforma? E come è possibile, se di tutte le
disfunzioni dello Stato quella peggiore – anche volgare, perfino maleolente –
è della giustizia? Che pure è pubblica, quotidiana, una cosa con cui un po’
tutti di confrontano, e quindi sfrontata nella sua pochezza – quando non è (ma
è molto diffusa) ingiusta: di parte o pregiudicata, cioè corrotta.
Alla Corte dei Conti giudica le procedure
per la Grande Opera del governo Meloni una giudice che a tempo perso lavora per
la sinistra: per Teresa Bellanova, la ministra renziana, ora vice-capo del Partito
Democratico Europeo, e per il ministro 5 Stelle Patuanelli. Matteo Renzi, che
per un decennio ha attaccato i giudici che inquisivano, anche abusivamente, i
suoi genitori, e lo spiavano in autostrada, ora dice la riforma “non necessaria”.
Perché anche lui ha i suoi giudici, p.es. il Procuratore Capo e i due sostituti
di Cosenza, quelli che avevano aperto un’inchiesta sul presidente della Regione
Calabria giusto per farlo decadere – non ci sono riusciti, ma non vuol dire.
La giustizia è un apparato vasto e
diversificato? Sì, ma il malcostume è la sua regola: i pm in rete per insultare
Berlusconi e sbizzarrirsi come incriminarlo, la lottizzazione del Csm (il “metodo
Palamara”), il continuo travaso con la politica, nella gestione dei ministeri, molto
peggiore di quello tra Procure e Tribunali, l’irresponsabilità totale, anche
nelle valutazioni per la carriera. E la lentezza. Dai dieci a vent’anni per un’assoluzione,
o una condanna (di truffatori, ladri, evasori, concussori, gli stessi mafiosi).
Nessun commento:
Posta un commento