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lunedì 26 dicembre 2022

La Russia deve morire

Putin perpetua la tradizione plurisecolare imperiale della Russia, nel mondo slavo e nel Caucaso, in Armenia, Georgia e Azerbaigian. Rinvigorita dal sovietismo. La Russia non si acconcia a un ruolo al passo con i tempi, non più dominante, dittatoriale, su questa o quella parte dell’Europa orientale che in qualche modo, in qualche periodo storico, è stata impero russo. È il fondamento della persistente autocrazia russa: autocrazia (illibertà) e impero si alimentano vicendevolmente.
È questa “la” Russia, l’anima russa? Applebaum vi accenna. Ma non bisognerebbe sottovalutare che da un secolo e mezzo almeno un vasto fronte russo di tendenze liberali e democratiche è esistito, seppure con scarsa fortuna politica, e quasi sempre finito in esilio - quando non in Siberia. Questo Applebaum sottolinea anche: che dal secondo Ottocento una diaspora russa si è creata, di intellettuali e anche di gente semplice, che non sopporta quella che si potrebbe definire alla Marx “ideologia russa”, dell’autocrazia imperiale. In frotte, in massa. A fine Ottocento. Dopo l’abortito costituzionalismo del primo Novcecento. Dopo la presa del potere bolscevica. Con gli accordi per l’emigrazione Kissinger-Breznev. Dopo il crollo del sovietismo. E perfino ora, con la guerra in corso.
Un’ideologia russa perseverante, si potrebbe aggiungere, secondo la triarchia dominante negli studi sul potere sovietico in auge negli anni 1950-1960: partito-esercito-polizia, il ruolo del partito bolscevico sostituito da un patriarcalismo tradizionalista a base ortodossa, chiesastica. Il tutto però sempre, è ancora da aggiungere, nell’Ottocento, nel Novecento, e in questo primo Millennio, nel quadro di una “questione slava” irrisolta. Tra gli slavi, e nell’ottica europea. Da intendersi dell’Europa occidentale, quella che ha seguito un diverso percorso storico, derivato da Roma e dalla chiesa di Roma.
Nell’immediato, alla radice di questa guerra, Applebaum trascura – come tutti, peraltro - che si è arrivati all’occupazione della Crimea, e ora all’“Operazione speciale”, dopo una annuale querelle invernale sui transiti del gas russo, due colpi di Stato di piazza contro presidenze elette che non volevano fare la guerra economica alla Russia, e il tentativo insistito di portare la Nato alla frontiera con la Russia. Ribaltando il principio di diritto internazionale stabilito nella crisi dei missili a Cuba nel 1962: che una potenza non può sovvertire unilateralmente gli equilibri nucleari, non – specificamente - portando gli arsenali nucleari alle sue frontiere geografiche – la guerra missilistica non ha cancellato il territorio, la geografia. Dice però che l’Ucraina non combatte l’imperialismo russo: combatte la Russia. “L’idea che ci possa essere una Russia differente, una Russia che sia una nazione-stato e non un impero, non ha molto peso in Ucraina in questo momento. Al contrario, molti Ucraini considerano l’opposizione democratica russa altrettanto colpevole, altrettanto imperialista, e altrettanto responsabile della guerra quanto i non-dissidenti”. Questa è lidea del presidente ucraino Zelensky, che ha promosso la chiusura dell’Occidnte agli espatri dalla Russia

Russia – “non ci sono russi buoni”. Applebaum cita anche la giornalista Olga Tokariuk, nota in Italia dagli schermi Rai e Mediaset: “Perfino i russi ‘liberali’ hanno ripetutamente espresso idee imperialistiche in materia di politica estera e di Ucraina. C’è tolleranza alla guerra e avversione alla democrazia”.

Pubblicato col doppio titolo, sulla rivista e online.
Anne Applebaum, The Russian empire must die (Putin must loose), “The Atlantic”, free online

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