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La bolla intelligente
Gita Gopinah, prima Vice Direttore del Fondo Monetario
Internazionale, calcola che una “correzione del mercato”
analoga a quella che a fine anni 1990 fu provocata dalle dot.com, le nuove
entranti nei mercati finanziari che avevano portato i listini ai massimi, cancellerebbe
una “ricchezza” pari al 70 per cento del pil americano, 20 trilioni di dollari –
venti miliardi di miliardi. Negli Usa. E al di fuori degli Usa poco meno, 15
trilioni.
La “correzione” oggi è vista come
improbable, per le mutate condizioni del mercato. I listini sono ai massimi,
indipendentemente dalle guerre, militari e commerciali. Ma i titoli tecnologici
oggi sono i più solidi, oltre che più ricchi, del mercato.
Secondo il Fondo Monetario i mercati sono
oggi meno sopravvalutati che a fine Novecento. E il capitale coinvolto è molto più
concentrato, e quindi gestibile – il 33 per cento del totale è delle
“magnifiche sette” dell’alta tecnologia, e tutte fanno capitalizzazioni trilionarie.
Le stesse che contano sempre per un terzo e più, il 35 per cento, della capitalizzazione
delle prime 500 società quotate. E anche la natura della “bolla” è diversa:
quella di oggi sarebbe “industriale”. Sorretta cioè dagli investimenti enormi
attorno all’Intelligenza Artificiale.
I titoli tecnologici hanno assicurato il
boom di Borsa, del 100 e anche (Oracle) del 200 per cento nell’anno. Ma a novembre
sono quelli che hanno appesantito il listino, con perdite consistenti, dal 6,2
di Amazon e Microsoft al 22 di Oracle, e qualche scricchiolio di OpenAI – il listino è stato tenuto su, a nuovi massimi,
dai titoli old economy, Walmart, Johnsn&Johnson, Eli Lilly, e perfino
Coca Cola.
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