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Essere un autore non è essere un genio
È
un “romanzo” per dire che l’autore “non avrebbe scritto un romanzo” – e “in
fondo non voleva scriverlo”, non voleva dargli quell’importanza. In effetti
svagato, molto, a parte l’antipatia, si direbbe niente – divagazioni.
Elkann
vuole scrivere di Pound, poeta e antisemita, e non gli bastano le due donne, la
moglie Dorothy, madre del figlio Omar, e la compagna di una vita (Elkann dice
“l’amante”), madre della figlia Mary, che ne è la traduttrice in italiano e l’erede
sentimentale e letteraria, gliene inventa una terza, Vera – e forse una
quarta, Marcella. Vera è una cinquantenne dai capelli lunghi, ricca, avventurosa,
ebrea. Dopo aver simpatizzato, il muto Pound del tardo esilio a Venezia, con un
“amico siciliano”, Alfio, che si reca a Venezia a parlare lungamente col poeta,
poi se ne torna in Sicilia, e si uccide. Ma anche qui senza drammi: Pound si è
servito di Alfio a Venezia come “uomo dello schermo”, per sfuggire al controllo ferreo dell’“amante”
Olga, e ritrovare in albergo Vera.
Il
silenzio, dunque? Ci sono anche Beckett e la moglie al ristorante, “in albergo
in valle d’Aosta”, in silenzio. Ma nemmeno questo è. Il fulcro è un dialogo,
anzi due dialoghi. Uno con l’“amico siciliano”: E uno con l’amante giovane
“Vera”. Il primo è un dialogo tra un padre e un figlio. Il secondo tra un
amante attempato e l’amante giovane - quello che uno vorrebbe sentirsi dire in
tarda età, o solo si sogna.
Senza
simpatia per Pound, acculato all’antisemitismo. Ma senza capo né coda. Elkann
fa
i conti col proprio essere ebreo, come una rivendicazione di identità. E di
Pound muto non ha timore: “Il silenzio di Pound a Venezia non voleva dire che
si fosse pentito o che non avesse più niente da esprimere. Era l’ultimo capitolo
di un narcisismo sfrenato”. Può darsi, ma non vediamo come.
Di
fatto non è vero: Pound, semplicemente, non aveva più nulla da dire - non la
lasciato nemmeno un appuntino volante. E il silenzio, perché no, potrebbe anche
essere una maniera di proteggersi, dalla vergogna.
Il
silenzio è del genio. Tra esseri speciali che non parlano. È il silenzio, in realtà,
di Elkann, dell’autore. Dell’esilio a Londa. Al tempo del Covid. Con tre amici,
lontani. Sul tema del perché (non) si è un genio. Pound non è e non è stato
poeta di chiara fama: “Pound era invece l’artefice e la vittima della sua
storia”.
Pound
come una proiezione di sé, di quello che l’autore è, buon giocatore di tennis e
di scacchi?
Alain
Elkann, Il silenzio di Pound, Bompiani, pp. 158 € 15
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