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La Russia è una questione europea - o la fine dell’Europa
Non c’è solo l’Ucraina, con la guerra in corso e la divisione impendente
del Donbass. Che vuol dire da sola una
crisi sempre aperta con la Russia. C’è anche la Moldavia, dove i russi e i
filorussi sono raccolti in Transnistria. C’è la Serbia, che all’interno della Ue
manterrà ha un ponte inscindibile con Mosca. Ci sono l’Ungheria e la Romania,
che non vogliono inimicarsi Mosca per il contenzioso reciproco (solo per comodità nascosto)
sulla Transilvania. E sull’altro versante del Mar Nero c’è la Georgia.
Sono innumeri, e interminati-abili i fronti con la Russia che la Ue ha aperto,
dacché ha scelto di farsela nemica, se non addirittura escluderla dalla
Europa, fisicamente, geograficamente. Armandosi contro di essa con spese insostenibili – e probabilmente
inefficaci, essendo l’Unione in realtà (giuridicamente) una disunione.
Una scelta evitabilissima. Bastava mediare seriamente tra Ucraina e
Russia, come si era cominciato a fare dieci anni fa con gli accordi di Minsk.
Di cui poi la Ue non si è curata. Salvo scoprirsi in prima fila sul fronte
antirusso, al guinzaglio della presidenza Biden, legata a partita doppia con l’Ucraina
più antirussa.
Come dire un futuro di instabilità. Anche insolubile. Con esiti politici
ed economici in perdita, tutti.
La Ue dovrà armarsi pesantemente,
al limite dell’insostenibile, per “non” fare la guerra, cioè per mantenersi sempre
in stato di allarme. È il suo primo imperativo adesso, e anzi unico.
Questo impegno - insostenibile, non s ripete mai abbastanza - la terrà ai margini dell’evoluzione mondiale. Commerciale, industriale,
perfino tecnologica, oltre che finanziaria – è pur sempre una Ue divisa in vari
mercatini.
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