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martedì 4 novembre 2025

Liberi tutti ai referendum

Si sa che al voto politico decide il 5 per cento.  Il cosiddetto “voto di opinione”, così si chiamava quando c’era ancora un’opinione pubblica, prima dei social, che si formava nella campagna elettorale. Il grosso degli elettori vota per orientamenti radicati, a destra, da moderato a estremista, come a sinistra, da moderato a estremista, e sono due schieramenti che numericamente si valgono: decide il voto sciolto, di opinione. Un volume di voti he un tempo, quando la partecipazione era al 75 per cento, si calcolava sui 2 milioni e mezzo di elettori. E oggi, col voto al 50 per cento, potrebbe essersi ridotta a un milione e mezzo.
Nei referendum il voto è invece inverso: sia in quelli che non attraggono che in quelli a partecipazione stratosferica, gli spostamenti possono essere larghi.  Il referendum sul divorzio nel 1974 ha visto una partecipazione record dell’88 per cento degli aventi diritto (si disse per la mobilitazione, autonoma, nel profondo del cuore, delle donne al Sud), 33 milioni, e si concluse con un deciso 6-4. Un 6-4 si è avuto anche contro la riforma parlamentare Renzi, a fine 2016 – ma la partecipazione fu ridotta, il 65,5 per cento. Lo scostamento maggiore, 8-2, si è avuto al referendum contro il nucleare, quando però votò solo il 65 per centro – perché, si disse, si dava il risultato per scontato. 

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