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venerdì 1 febbraio 2013

I dolori della giovane Susanna

Inaugurò il genere agonie, e deiezioni: cinque racconti di morte, sangue, sperma, vomito, orchi, sfruttamento, abbandoni, persecuzioni. Fellini, dice Tamaro, ci ritrovava le emozioni di Dickens. Ma allora senza luce. Riproposti oggi, a quasi un quarto di secolo, non sono invecchiati, ma nel senso che hanno aperto un filone, il disgraziere. Si prenda “Un’infanzia”: è solo cinquanta pagine ma è interminabile - più monomaniacale degli altri, un bignami del Krafft-Ebing. Anche a costo di errori di fatto: bambini che s’improsano a otto anni (gli si rizza?). E di credibilità, se non di etica: le infermiere sono puttane di chiunque e soprattutto dei medici, e i medici, ospedalieri, sono ubriaconi e maneschi (e come fanno la mattina in ospedale?).“Per voce sola” invece (“I dolori della nonna”) è meglio costruito – la prova generale di “Va’ dove ti porta il cuore”?
Nella nota a questa riedizione, in una collezione a lei dedicata, la scrittrice più amata dai lettori lamenta lo scarso favore critico. Non è un caso unico – Baricco se ne è lamentato, Ammaniti potrebbe, che la seguono nelle vendite. Ma qui si capisce perché. Sono racconti puntati sul dolore, fisico (salute, benessere) e morale (sfruttamento, abbandoni, solitudine, violenza), degli indifesi, per età (bambini, vecchi), genere (donne), condizione (lavoro, bisogno). Un po’ come “I dolori del giovane Werther”, che allora mandarono i giovani al suicidio. Forse perché allora la letteratura era (considerata) una cosa seria – perlomeno in Germania. Un dolorismo che evidentemente è anche nelle corde di questa Italia – è la cifra per esempio della Rai, di cui la scrittrice è stata regista. Ma più nel solco di Mastriani, “La muta di Portici” – anche di “Incompreso”.
Susanna Tamaro, Per voce sola, Bompiani, pp. 191 € 9

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