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martedì 1 ottobre 2013

Il superuomo era socialista

Wilde superuomo, o il socialismo egoista - Per un socialismo egoista - Con l’originale inglese.
La proprietà, “nell’interesse dei ricchi, dobbiamo sbarazzarcene”. Potrebbe essere il manifesto del socialismo (“o comunismo, poco importa come si sceglie di chiamarlo”) “dopo la caduta”, del Muro.
Del vero socialismo che è egoismo, seppure sano. Di Oscar Wilde superomista. Contro lo Spencer, non citato, dell’evoluzionismo sociale – contro cui nello stesso tempo Nietzsche si batteva nella “Gaia scienza”, § 373, del “disgusto” alla tardiva riconciliazione tra «l’egoismo e l’altruismo»”. 
Wilde si conferma anche qui il superuomo vivente, che Nietzsche ipotizzava e non seppe essere, prude  e imbranato. Della pietà e la compassione vivendo, prima ancora di teorizzarla, la falsità: “È immorale usare la proprietà privata per alleviare i mali terribili che derivano dall’istituzione della proprietà. È immorale e disonesto”. Rifacendo senza saperlo il Nietzsche del superuomo - a meno della sottovalutazione dell’opinione (ma comune è il disprezzo): il suo socialismo è ben il superomismo. Senza offesa: la realizzazione piena, libera, dell’individuo.
Il vantaggio principale del socialismo è all’esordio: “Sarebbe indubbiamente di liberarci della miserabile necessità di vivere per gli altri”. Con la subordinata: “La maggioranza degli uomini si rovina la vita con un altruismo malsano e esagerato”. La seconda pagina sembra mirata alla  correzione politica che i belli-e-buoni della Repubblica ci infliggono: “È molto più facile avere simpatia per la sofferenza che simpatia per il pensiero”. Senza scherzo: “La carità crea una moltitudine di vizi”. E senza timori, per l’epoca autoritaria, vittoriana, guglielmina (che durerà ancora un secolo): “Molte teorie socialiste sono inficiate da idee di autorità, se non di vera e propria costrizione”.
Un’edizione preziosa – con l’inglese a fronte – di un testo filosofico. Molto, più di molte filosofie dichiarate. Uno Spinoza libero come Nietzsche, ma col sorriso, sornione. Un testo molto utilizzato dall’accusa al processo, immorale  quindi. A partire dall’interesse ben considerato, con l’Imu e anche senza – Carlo Emilio Gadda ci scriverà sopra il suo doloroso capolavoro: “Se la proprietà comportasse semplicemente dei piaceri, potremmo conservarla; ma i doveri che essa implica la rendono insopportabile”. Da qui il nostro incipit. I doveri sociali? Non se giustificano la proprietà. La mutua riconoscenza? “I poveri migliori non sono mai riconoscenti: sono ingrati, malcontenti, insubordinati e rivoltati. E hanno tutte le ragioni di esserlo”. Lo Stato? “Lo Stato deve occuparsi dell’utile, l’individuo del Bello”. I poveri? “C’è una sola classe della società che si preoccupa del denaro più dei ricchi, e sono i poveri”. Bene argomentando anche l’impossibile: “Meno castighi, meno crimini”. Con qualche dubbio: “Ogni simpatia è bella, ma la simpatia per la sofferenza ne è la forma meno bella”? O la poesia affrancata dalla povertà. Questo anzi non è vero. Anche se, è vero, “Byron, Shelley, Browning, Victor Hugo e Baudelaire non hanno mai effettuato un solo giorno di lavoro salariato”. Ma com’è remoto il rifiuto del lavoro. 
Oscar Wilde, L’anima dell’uomo nella società socialista, Gwynplaine, pp. 134 € 12

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