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giovedì 15 maggio 2014

L’Italia era modello virtuoso di bilancio

L’Italia era “paragone della virtù di bilancio” a inizio 2011, a giudizio dell’Ocse. Che nel 2007-2010 ne rilevava un deficit di bilancio più basso rispetto agli altri paesi industriali. E migliorato nel quadriennio di 0,2 punti, dal-l’1,3 all’1,1 del pil, una volta “corretto dagli effetti del ciclo” (cioè dall’aumento dei tassi), rispetto agli Usa (- 4,9), all’Eurozona (- 1,9) e al Giappone (- 1,4).
“Il debito in realtà non condiziona le economie: il Paese che più s’è indebitato nella crisi è quello che ne esce meglio, gli Usa, seguiti dalla Gran Bretagna, entrambi con la politica generosa, benché accorta, di quantitative easing. Il governo italiano aveva scelto la prudenza per non suscitare sospetti nei mercati. Ma ogni virtù fu inutile di fronte all’agguato tedesco. Con le vendite della Deutsche Bank, il blocco delle istituzioni europee, Bce e Consiglio, le periodiche dichiarazioni ostili del presidente della Bundesbank e del ministro del Tesoro. Col sostegno di un’opinione ben oleata dalla stessa Germania, soprattutto i giornali, e poi con la crisi politica che portò al governo succube di Monti. La contabilità non conta, la verità ha sempre un padrone. La cosa è documentabile” (“Gentile Germania”, pp. 101-102).

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