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mercoledì 2 luglio 2014

Marino, un barbaro a Roma

Roma, che aveva inventato il divieto al traffico a piazza Navona nel 1965, o 1966, ma ha resistito cinquant’anni alla chiusura del centro storico, deve ora soccombere alla fantasia bizzarra di un sindaco venuto dal nulla. Forse siciliano, forse piemontese, forse americano, forse medico, forse solo politicante. Bizzarro e fantasioso giusto per l’apparenza, un barbaro in realtà con la maschera dell’esteta. Quella consolidata della lobby ricchissima e cieca dei padroni dei fondaci, la miniera della rendita urbana.
La pedonalizzazione, ormai è acclarato, non è la fruizione delle città da parte delle periferie. Non è la protezione dell’aria e dell’ambiente. Non è la protezione dei centri storici. È l’abbrutimento dei mercatini: s’intende per isola pedonale il mondo cupo delle jeanserie, pizze al taglio, gelati al fluoro, bancarelle. Roma, città unica al mondo in quanto a otto dimensioni, religiosa, politica, burocratica, commerciale, artigianale, industriale, di studi & ricerche, urbanistica, ha resistito per mezzo secolo. Per vedersi ora cancellata da un sindaco ignoto. Non ci sono partiti a Roma, solo affiliati della lobby degli affitti?
Non ci sono, il sindaco Marino non ha che plausi. Dei molti nemici della città camuffati da ecologisti, cui la lobby della rendita urbana dà fiato. Ha già chiuso e degradato l’Esquilino, ora si allarga a Monti, e presto si prenderà il Tridente, il Corso e tutto il centro storico. Via ogni punto di riferimento storico: artigiani, negozi, caffè, trattorie. Dentro il nulla. Magari insolvente, ma bisogna “far girare il grano”.  

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