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martedì 1 settembre 2015

Viaggi tristi dell’emigrato, uno che vive per addizioni

Viaggi di emigrazione, del genere dolorista. “Momenti di vita «vera»”, li chiama l’autore. Sorpreso egli stesso dalla “loro compattezza tematica”.L’emigrazione è molto meglio: non è – non è solo – ingiustizia e sfruttamento, è anche sfida, e spirito di avventura. La forma più diffusa e semplice di imprenditoria, dovendo usare il linguaggio dell’epoca, dell’umile lavoratore che mette in gioco se stesso – anche Abate ne ha un lampo, l’”appassionante intreccio delle identità”, ma all’ultima pagina.Poi c’è dell’altro. In “Vita da supplente” s’illustra in abbondanza come occupazione unica dei supplenti e incaricati in Valtellina e dintorni fossero quarant’anni fa le procedure per tornarsene a casa – quella dell’insegnante è un’emigrazione a tutti gli effetti forzata: la ministra Giannini non poteva non sapere. C’è la Schmuckmadonna che imbrillanta il Duomo di Colonia, così chiamata per i gioielli che la impreziosiscono, voto o ex voto. L’immigrato dall’Est sperduto nel suo paese di emigrati, il paese dello scrittore - non un secolo dopo, avrebbe potuto aggiungere, une genetrazione dopo. La festa in paese e la processione – ma con un dubbio: Abate non sarebbe stato col vescovo che le ha proibite? E c’è lo spaesamento: fra Nord e Sud, fra lingue diverse, straniero in Germania, meridionale o terrone in Italia, per i calabresi un albanese o “ghiegghiu”, come li indicano spregiativamente, per i suoi arbëreshë un “germanese”, uno che se n’è andato in Germania, o un trentino. Da qui il “vivere per addizione”: italiano e tedesco, calabrese e trentino, e un poco albanese. E perché no, chi lo impoediva? Per innesti si è sempre fatto con le piante, per incroci si fa normalmente con gli animali. Il leghismo, che evidenemente non abita nel Trentino, non si può e non si deve fare, ma quello è un innesto e un incrocio mal riuscito. 
Carmine Abate, Vivere per addizione e altri viaggi, Oscar, pp. 156 € 9,50

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