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venerdì 3 agosto 2018

Fca in Cina per disarmare Trump

Può beneficiare Fca in Cina del semi-blocco imposto da Trump alle importazioni da quel paese? Sì e no, ma le aspettative per la prossima mossa del gruppo orfano di Marchionne, fra gli operatori finanziari e del mercato automotive, sono per il sì.
La prossima mossa sarà la Cina, il nuovo ad vi era già impegnato. Sperimentando l’ambivalenza della natura duale del suo gruppo. Fca è un gruppo italiano e, di più, americano. L’entrata nel mercato cinese ha un’importanza tecnica, oltre che commerciale, per il gruppo, in quanto si situerebbe nel deciso passo verso l’elettrico che sia Pechino sia Fca hanno in programma. Un’apertura cinese a Fca, dopo aver favorito VW e General Motors (che producono in Cina quattro milioni di autovetture a testa, poco meno di tutto il mercato europeo per VW e una produzione apri per Gm al totale di Usa, Canada, Messico e Brasile), sarebbe un segnale che Trump non sottovaluterebbe. Questo nell’ipotesi che si fa più probabile, che la Cina non voglia andare a una guerra fredda commerciale. Anzi sul presupposto che la Cina ha bisogno di riaprire il dialogo con gli Usa. 
Pechino tenta da tempo, dal secondo Obama, di aggirare gli Usa in Asia occidentale e in Europa. Dove però l’economia non funziona come in Cina, non trascina la politica. La politica in queste aree - compreso, in Asia occidentale, l’Iran - è puntata sull’Occidente, sugli Usa. Su questo orizzonte gli Usa anzi stanno seduti comodi, con una nuova serie di investimenti in corso di elaborazione, annunciati dal segretario di Stato Pompeo. Mentre la politica delle rappresaglie anti-Trump non ha funzionato: tutti gli indici cinesi sono in calo.

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