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martedì 22 settembre 2009

L'Inpgi non basta più, bisogna intaccare i coefficienti

Hanno passato quota 500 (sono a 503) i prepensionamenti di giornalisti alla ripresa dopo le vacanze. Al mega pensionamento del gruppo l’Espresso-Repubblica si sono aggiunti quelli del “Messaggero”, cinquanta, dell’Ansa e dell’agenzia Italia. Non è finita, poiché anche la Rai sta mettendo a posto un programma di liquidazione annunciata. Per cui le quiescenze anticipate potrebbero ammontare quest’anno per l’Inpgi, la previdenza dei giornalisti, a mille o poco meno. Una cifra abnorme – gli iscritti all’Istituto sono poco più di dieci volte tanto. Che solo in parte la nuova 416, la legge delle provvidenze all’editoria, ammortizza.
Il conferimento dello Stato all’Inpgi, in conto prepensionamenti che la stessa legge autorizza, e finanzia fiscalmente per la parte editoriale, è di venti milioni. A un onere aggiuntivo medio per l’Inpgi di 200 mila euro a prepensionato, lo Stato copre appena un quinto dei prepensionamenti già autorizzati. Un’altra parte è stata posta a carico degli editori, nell’ultimo contratto dei giornalisti. Ma lo scossone per l’Inpgi non potrà essere colmato.
Al fondo riemerge così l’ipotesi di ridurre i coefficienti delle future pensioni. Se nera parlato in passato solo per escludere ogni riduzione, stante la florida gestione dell’Istituto. Ma dopo questo assalto alla diligenza è certo che questo sarà il nodo centrale del prossimo contratto. Il ministero del Lavoro, autorità di vigilanza sulle casse autonome, è già in allarme. In passato, una sana gestione autonoma della previdenza era considerata il primo baluardo della libertà di stampa.

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