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martedì 27 maggio 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (207)

Giuseppe Leuzzi

D.H.Lawrence, “Mare e Sardegna”, ha un attacco lirico, col “soleggiato mare Ionio, il gioiello mutevole della Calabria, come un opale di fuoco mosso alla luce”. Sotto l’Etna, che declina al femminile, “che a tutti diede la loro ora ispirata e commosse gli animi”. E così è per lui. Che qui e in molti altri testi ama girovagare per il Sud, liricizzandone i luoghi. Salvo deprecarne a ogni pagina, a ogni riga, le persone, salvo rari casi dinfatuazione gay, labbigliamento, l’aspetto, i loro modi di dire, i modi di fare. Che esse siano belle o brutte, affabili o scortesi, precise o vaghe, sintetiche o prolisse. La letteratura di viaggio è sempre “di più”, nell’elogio e nella critica, e una copia sfocata della realtà. Meno approssimata a volte, ma spesso irrelata, come la pubblicità. A cui però non ci si può sottrarre. E di cui non si può fare a meno.

La Lega, che vent’anni fa, anche quindici, voleva il marco come moneta, abiurando la lira, ora abiura l’euro, il due volte marco tedesco. È che nel frattempo la Lega, quale espressione del Lombardo-Veneto, oggi Nord-Est alla moda carioca, è stata declassata dal Nord transalpino con tutta l’Italia che andava affossata. C’è sempre un Nord più Nord dell’altro.


“Ci metto la faccia”, va dicendo Renzi a ogni promessa. È la sua debolezza – potrebbe costargli. Lo disse Passera quando gli fecero vedere dall’elicottero pezzi scelti della Salerno-Reggio e lui disse la frase famosa: “L’opera sarà completata entro il 2013, ci metto la faccia”. È dovuto scomparire.

Mafia
“L’associazione a delinquere è cambiata. Adesso la formano un banchiere, un commissario o presidente di ente pubblico, due o tre politici, un commercialista, un avvocato, un magistrato, e molto speso manca il delinquente” – Beppe Grillo a “Porta a Porta”.

In Sicilia invece, in contemporanea con Grillo a Porta a Porta, il Pd siciliano si è diviso se considerare il suo candidato alle Europee un mafioso. Il candidato è il professor Fiandaca, eminente giurista, anche della legislazione antimafia. Ma Fiandaca è contro l’inchiesta palermitana che dice mafia lo Stato.
Alla fine il Pd siciliano si è stancato, in gran parte non è andato a votare, e il professore non è stato eletto. Ora, dov’è qui lo “Stato” e dov’è la “mafia”?

Scajola è a un certo punto il referente della ‘ndrangheta. Cioè: la ‘ndrangheta è un parlamentino, che si riunisce, e nomina Scajola suo referente. Il giorno dopo, però, Scajola non  lo è più: non è stato candidato alle Europee, la ‘ndrangheta si è riunita di nuovo e gli ha tolto la delega.
Questo noi sappiamo attraverso i giudici e i loro giornali. Lo sappiamo giorno per giorno, così per farcene un’idea, anche se la materia poi non confluirà in un processo. È la tecnica dei dossier: fornire ogni giorni ai media una pagina, e noi non c’entriamo.

Ma come mai Scajola? Perché è il politico d’Imperia-Ventimiglia. Dove, benché vecchi ormai di tre generazioni, molti sono calabresi – coltivavano i fiori. E allora calabresi, seppure bisnipoti, uguale ‘ndrangheta. La ‘ndrangheta dei fiori.

La decimazione che non si celebra
È negli annali della Grande Guerra che ora si celebra, e anzi si celebra con la guerra, il film di Stanley Kubrik “Orizzonti di gloria”. Un film sulla guerra come male. Di orrore bello semplice, “normale”, come in una tragedia greca. Un episodio di decimazione, sul fronte francese, di un battaglione che i generali giudicano non essersi impegnato a sufficienza al fronte. Che in quella guerra di trincea voleva spesso dire assalto all’arma bianca, in duelli ravvicinati a colpi d baionetta, roba da piccoli gladiatori per la gloria dei generali.
Nessun film invece è stato mai fatto, e nessun libro si pubblica, nelle “celebrazioni” in atto della guerra, su una decimazione realmente avvenuta e documentata, della Brigata Catanzaro. Che ebbe nel 1917 la stessa sorte del battaglione francese, pur avendo combattuto in prima linea per due anni e due mesi senza mai un turno di riposo, per tredici campagne di seguito. Rimettendoci, secondo l’Ussme, l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, 162 ufficiali morti e 281 feriti gravemente, 4.540 soldati morti, 12.500 feriti. Malgrado le tante onorificenze, di reparto e singole, che la Brigata aveva accumulato nella guerra. E senza mai un giudizio successivo di riabilitazione. Malgrado l’ottimo comportamento della Brigata dopo Caporetto e fino alla vittoria.
È il nome che induce alla trascuratezza? È l’onore dei Carabinieri, di cui vanno taciute le efferatezze - i “carabinieri fucilatori” di una vigile coscienza collettiva? È il Sud che ha stufato il Nord, anche andando a combattere per liberare il Nord? È la stanchezza degli studi storici?
Naturalmente non ci sono storici nemmeno in Calabria per occuparsene. L’unica ricerca è di due storici friulani, l’unico ricorso è nei racconti di Corrado Tumiati, “Zaino di sanità”, con un acenno, commosso, nei “Taccuini” di D’Annunzio. Sulle cui tracce la vicenda della “Catanzaro” questo sito ha rievocato più volte, da ultimo un anno fa

Mafia + populismo = Italia
L’Italia, l’opinione che l’Italia ha dell’Italia, che all’Italia si fa avere di se stessa, è due prigioni. A Nord il populismo. Della Lega prima, poi di Berlusconi, ora probabilmente di Grillo – o sarà Renzi?
La mafia è nota – è il Sud. Anche il populismo è noto. Cioè non si sa che cos’è ma si sa che labella tutto ciò che non si conforma.
Detto così, e non c’è altro populismo, non è una bella cosa. Che non si conforma a che cosa? Questo non va bene, non sapere esattamente a chi o a che cosa dobbiamo obbedire. I depositari della verità della politica vogliono tenerci al guinzaglio. Ma non ha senso dire tutta la politica populista, eccetto il partito Democratico, o giornali di proprietà di banche e affaristi.
Su questa traccia, anche l’equivalenza Sud-mafia va rivista. Anche se qui è sostanziosa e univoca. Chiunque lo vede, che spenda anche pochi giorni al Sud, anche in piccole realtà, magari protette.
Di un capitale che non sa e non può manifestarsi. Umano, imprenditoriale, finanziario, seppure piccolo. Per paura della mafia, ma più del tutto è mafia. Introiettato, suicida. Il “discorso sulla mafia” porta perfino i piccoli a nascondere il poco che hanno: rimodernare un laboratorio, una bottega, una casupola. Anche se non c’è una minaccia mafiosa.
Il Sud-mafia è “in buona sostanza”, direbbe il Bonacelli comprimario di Benigni in “Johnny Stecchino”, che non c’è in realtà un’antimafia, un’opera di repressione. La garanzia di un diritto. C’è per i fatti politici, a partire dal caffè degli impiegati comunali in orario di ufficio, ma non per le grassazioni e i taglieggiamenti. Che non sempre né ovunque ci sono, ma è come se ci fossero, ingenerano la paura comunque.
Non c’è abitudine o prassi della repressione. Per decenni, a partire dal 1960 circa, e tuttora, i Carabinieri non considerano le minacce e gli attentati alla proprietà fatto realmente penale, semmai da perseguire su querela, e ancora, con le prove a carico del querelante. La giustizia si occupa solo dei fatti di sangue, che normalmente ricorrono tra mafiosi. E quando la vittima è un incensurato onesto gli trovano un concorso esterno in associazione.

leuzzi@antiit.eu

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