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martedì 22 luglio 2025

La montagna Th. Mann

Il settimanale elegge Thomas Mann, di cui “non ricorre” niente, “la coscienza dell’Europa” -  “Thomas Mann la coscienza dell’Europa” è il titolo del contributo di Manguel, che dà il tono alla celebrazione. Incongruo, dato che Thomas Mann ha fatto “la coscienza dell’Europa” tardi e malvolentieri, dalla Svizzera dove si era “rifugiato”.
Non una novità, è ormai un modo di dire. Solo che stona nella nuova Germania, quella post-unificazione, che all’Europa pensa poco o niente, giusto al bisogno – era diverso quando stava a Bonn, e aveva i russi a Berlino. E riporta semmai al vero Thomas Mann. Che era, e rimase anche dopo il Nobel e nel secondo dopoguerra, un nazionalista convinto, solo deluso. Della Germania prima della classe. Anche – anche – con Hitler, “fratello Hitler”, ben tedesco cioè, benché austriaco. Di antipatia feroce contro la cosiddetta “latinità”, il fratello Heinrich e la Francia a lungo, anche nel dopoguerra, e l’Italia – dove pure passava le vacanze in famiglia, finché ne ha avuta una, e scriveva senza sforzo (quanta fatica nella sua prosa più caratteristica, che si finge sia aerea e perfino idilliaca, ed è limacciosa, una caricatura del tedesco).
Lo spunto alla celebrazione è una mostra che il Buddenbrookhaus di Lubecca, la casa museo della (presunta) famiglia Mann, dedica allo scrittore al St. Annen Museum della stessa città, per i 150 anni della nascita, che Mastrobuoni presenta entusiasta. Benché piena delle foto solite, a quel che si vede, dello scrittore accigliato, in posa, con i figli, con i quali non ha mai parlato - i figli della madre.
Figli numerosi, di cui si è poco curato. E con distacco se non disprezzo. Perché mezzo ebrei, essendo la moglie ebrea? Il tipo è anche su questo riservato, ma nei racconti, e ne “L’eletto” (dell’incesto faceva “regalo” ala famiglia della moglie, mentre l’omosessualità aveva finto autoreferente in “Morte a Venezia”, sempre attento alle “ragioni del mercato”), ha molto ridicolizzato, senza simpatia, i cognati e l’ebraismo.
Recalcati spiega della “Montagna incantata” (ma ora non è “magica”?) che “usciva lo stesso anno della «Psicologia delle masse» di Freud", per una sorta di diagnosi congiunta, “il crollo dell’Occidente”. Che un po’ è vero, ma è molto teutonico. E prima non c’era Spengler, che Th.Mann e Freud non possono non avere letto, che il diluvio aveva annunciato alla sconfitta della Germania, a fine 1918 – il tramonto è della Germania?
Manguel rende la lettura accattivante repertoriando antifrasticamente Th. Mnn qual era. Della cerchia intelletuale conservatrice in tutti gli anni 1920, frondisti contro la repubblica di Weimar, e anche un po’ di più. Di Balzac annotando nel diario, dopo un “tentativo di lettura”: “Troppe chiachiere inutili sulla società” – Balzac è ben francese. Il “New Yorker” nel 1950 ne parlava come di “un grade scrittore, ma non forse così tanto grande”. Peggio Borges: lo lesse “in età avanzata e disse a Bioy Casares che …. era «un perfetto idiota»”. Italo Calvino “sostenne che era davvesro «un autore del diciannovesnmo secolo»”, dell’Ottocento,. E “Bertolt Brecht definì Mann «un colletto inamidato»”.
Alberto Manguel-Tonia Mastrobuoni-Massimo Recalcati, L’Europa incantata, “Robinson” € 1,50

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