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lunedì 21 dicembre 2009

Letture - 22

letterautore

Arbasino - Grande ingegno, immenso, di forte capacità affabulatoria, fottuto dalle cattive amicizie (le frequentazioni della solitudine, la solitudine dello snob è implacabile) e dalla politica. Passione divorante, che lo insegue da Mannheim a San Francisco, all’“Alcesti” e all’Opéra-Bastille. La politica, non la filosofia: passione unica e stranissima, talmente è assorbente, da analizzare. Altri Kulturkritiker, da Diderot a Karl Kraus, si sono lasciati degli spazi per fantasticare. Arbasino è intossicato dalla sociologia politica, il genere più anguillesco, e forse inconsistente – strana nemesi, per chi odia l’approssimazione.

Classico - È quello che è sempre vivo. Ma vivo in base a una lettura: è sempre filologia.

Critica - È la malattia della letteratura, il “killer”, il virus – raramente la vitamina. Quando non è allegra, cioè libera – raramente. Per tutti gli altri “prodotti” in circolazione l’atteggiamento è aperto, vediamo, assaggiamo, consumiamo: se piace bene, se non piace pace, solo per casi di pericolosità sociale dichiarata c’è la critica. La letteratura invece non esiste senza la critica. Che a ogni libro nuovo la sua funzione interpreta caricando i fucili a pallettoni – l’onestà del critico. Poi, se resta qualcosa, si gusta.
Perché siamo più scrittori che lettori? O perché con l’umanesimo, civiltà del libro, si è creato un mandarinato geloso dell’esclusiva, per cui non c’è nemmeno un’area d’indifferenza, ma tutto quanto è pubblicato dev’essere messo con le spalle al muro e misurato con Dante, Petrarca, Platone, Omero, e adesso anche Leopardi.

Dante - L’allegoria che celebra non è un residuo (fardello) stilistico del tempo? Schiaccia le “Petrose”, nelle quali è tutto, scalfisce poco la “Commedia”.

“Il poeta più savio e più triste” di Baudelaire (in Nadar, “Baudelaire intime”, p.70)

Elisabettiani – Curiosa riscrittura della storia, per la questione religiosa: gli elisabettiani erano soprattutto stuartiani. La fioritura letteraria e artistica che va sotto il nome di periodo elisabettiano si produsse in realtà con gli Stuart. Il Cinquecento fu in Inghilterra, con i re macellai Enrico, Maria, Elisabetta, poverissimo. Thomas More scrisse in latino, in inglese c’è un po’ di manierismo (Lily e l’eufuismo, Sydney, che peraltro molto viaggiava in terra non riformata), Spenser e Marlowe. Sotto gli Stuart si espresse al meglio lo stesso Shakespeare, che parteggiò per la congiura del conte di Essex, protetto finalmente dal re. Il teatro era stato confinato da Elisabetta fuori città, mentre Giacomo I lo sostenne e lo protesse – e i ruoli femminili tornarono alle donne, anche se si facevano venire di Francia. Poterono liberamente esprimersi Francis Bacon, Donne, Robert Burton. E poi Milton, etc. Si dice che Shakespeare a un certo punto tacque per dispetto contro Giacomo I. Ma non sarà una cattiveria protestante? Nel 1602, un anno prima della morte di Elisabetta, non riusciva a pubblicare l’“Amleto”, e questo è un fatto.

Flaubertiano – Si dice della “parola giusta”, ma senza molto senso. La parola giusta non può essere anestetica, insignificante, e Flaubert lo sapeva, non è uno della École du regard. A lui piacevano le persone di carne e sangue, e le passioni. Sarebbero piaciute, ma non ha trovato la parola giusta – flaubertiano equivale poi a noioso, non lo diceva lui stesso che i grandi narratori si possono permettere di scrivere male, uno mediocre ha l'obbligo di scrivere bene.

Freud – È logicamente insufficiente: la sua fonte conoscitiva, Edipo e altri miti, è abborracciata e contraddittoria. È terapeuticamente, e anche esteticamente, pericoloso: umilia l’infanzia, la fase più segreta, poiché fisiologicamente si rimuove, ma più appassionante e vera della vita umana, rimodellandola sulla vita adulta, e impone la denuncia delle rimozioni. Impone cioè di giocare di furbizia con se stessi e con gli altri, o di accettarsi senza entusiasmo, o addirittura (ai più) di ferirsi. Meglio un bambino senza madre di uno con la madre? Che insensatezza!
È un ideologo (Thomas Szasz, Bachtin)? Ma non materialista, non critico.è un confusionario, che scrisse buoni racconti, ancorché autobiografici, visionari, un vero “pazzo”. Una specie di paleontologo del sesso vivente, dopo aver scoperto, nel 1900, che la donna ha una sessualità. Ha successo culturale perdurante perché avrebbe approfondito la psicologia. Ma è più articolata la psicologia nel mito greco, o nel romanzo-poema prefreudiano, che in Freud o in Jung. Che hanno sistematizzato la psicologia, ci hanno tentato. Non per primi e non da ultimi. Da accademici. Che però non erano – erano sostanzialmente autodidatti.

Genesi – Quante incongruenze non si risolverebbero se fosse derubricato da libro sacro! Che lo si prenda in senso letterale, allegorico, anagogico, eccetera, fa sorgere una serie di problemi insolubili: la creazione, il peccato, la donna. la famiglia.

Libri – Sono la cosa che con più fretta viene liquidata dagli eredi – queste eredità sono il mercato dell’usato-antiquario, molto vasto. Non è un fatto d’ingombro. Vengono tenuti mobili, che occupano più spazio, e perfino capi d’abbigliamento del tutto inutilizzabili. Si dice che fanno polvere. Ma tutto in casa fa polvere se non è accudito. Se conservato, anzi, il libro acquista col tempo anche valore, unitariamente più dei mobili e dell’arredamento, più dei francobolli. Ci se ne disfa perché sono l’anima del defunto, una sua presenza vivente? .

Media – Il linguaggio dei media, pubblicità e televisione, è conciso e esatto. È però grandiloquente: persuasivo e non argomentativo. Perché non è verbale.
La forza di questo linguaggio non è la parola, ma l’immagine (la scena, la posa, le luci, il montaggio) e la magisterialità (assertiveness, ripetitività, e autocompiacimento, o star system). Un linguaggio cioè che si vuole dichiaratamente falso.

Sciascia – Se ne celebra sempre il razionalismo. E lo si celebra come un dato siciliano, di una certa Sicilia, illuminista. Ma quello dei siciliani, soprattutto dei palermitani-agrigentini, della vecchia matrice fenicia, semita, non è razionalismo, è allucinazione razionalistica. Una cosa il cui connotato non è di essere produttiva, convincente, patrizia, ma una fuga senza limiti nell’analisi. Che è un mezzo di difesa, ma rende la coabitazione e la costruzione impossibile, avvelenata.

Scrivere – Scrivere per accumulo secondo Lessing, che critica Costantino Manasse e l’Ariosto, quando descrivono la bellezza di Alcinoo e di Elena, è come portare in coma alla montagna i materiali per una casa, che poi franeranno dall’altro lato.

letterautore@antiit.eu

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