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sabato 9 novembre 2024

Secondi pensieri - 547

zeulig


Concezione
– È femminile, nell’excursus semiologico del corpo umano che E.Jünger fa in “Anatomia e linguaggio” (il saggio è ripreso nella raccolta  “Il contemplatore solitario”): “Nel campo in cui si sfiorano il tatto e lo spirito, la parola conceptio  merita una menzione particolare: designa l’impossessamento passivo, femminile, delle idee. L’organo femminile è comparato alla mano: cunno-captio. Ma bisogna ugualmente pensare al contatto rapido come il fulmine che feconda l’uovo.
Virile, al contrario, è «intuizione»”.


Heidegger
– I “quaderni neri” saranno stati i suoi “Parerga e Paralipomena”? Altrettanto pronti per la citazione - per la discussione, le contestazioni, le polemiche. Anche se non da lui stesso preparati per la pubblicazione (questo però non si sa, curatore e editori non lo spiegano). Digressioni e divagazioni, libere (non autocensurate), più spesso in forma di frammento, ma come piume dello stesso corpo.

Diritto - Vico contrappone il diritto, jus, alla aequitas. Lo jus è di diritto divino, viene da Jous, Giove, perché anticamene concepito come divino. Così come l’arte, che si riteneva decisiva, della divinazione. L’aequitas è invece il rapporto del giusto e dell’equo, nelle questioni penali e in quelle civili. Fondata sull’intelligenza dei fatti – mentre lo jus su una rivelazione. La bilancia di Temis, la personificazione della giustizia, è l’aequitas.
Aequitas è anche simmetria. Aequis è uguale, e anche amico. La giustizia non si vuole nemica.
 
Linguaggio
– Non è la forma del pensiero. Il pensiero non ordina (comanda) il linguaggio. Non necessariamente, non direttamente. Orwell immagina nel saggio “Newspeak”, in appendice a “1984”, un linguaggio nuovo, che elimina il pensiero. Su questa elementare simmetria: “Se il pensiero corrompe il linguaggio, il linguaggio anche può corrompere il pensiero”.
Internet, la “rete”, invera l’analisi di Orwell anche in assenza di una tirannia stile “1984”, della dittatura politica. La possibilità istantanea e aperta, incontrollata, ai social, alle fake news, ai falsi deliberati imposti come veri per ragioni surrettizie, pubblicitarie (di promozione commerciale), politiche,  e anche criminali. L’intelligenza artificiale moltiplica questa potenzialità del falso-vero,  all’infinito. Allentando ulteriormente la vigilanza critica. La capacità critica che si lega alla riflessione. Una forma di “azione” orwelliana autonoma, spontanea, non imposta (eterodiretta), e quindi incontrollabilmente “vera”.

Politica – Si dice che la politica non soffre il vuoto. Invece la politica è il vuoto. Un recipiente che va riempito di senso. E se non ha questi contenuti, l’indulgenza, il coraggio, la forza, la stima di se stessi, risuona spaventoso. È molto tempo ormai che la politica non è più la libertà, come vorrebbe la vecchia trattatistica della polis greca. Già tra i romani era maneggio dichiarato, attorno al potere. Platone ha portato l’agorà, il luogo in cui la libertà si fa politica, nell’accademia. Senza esito dopo duemila anni, solo chiacchiere - la logica è sterile in politica, che forse non è materia di possibile ricerca. La politica strumento di un fine elevato è del cristianesimo romano, che non la realizza ma ne ha creato le istituzioni, che oggi si chiamano democrazia. Anche di recente: la Svizzera ha avuto una intensa stagione democratica contro lo statalismo, salvata dai cattolici. La differenza nelle Alpi è stata salvata in Italia dopo l’unità dai cattolici. Funzione materiale democratica, se non ideologica, ha avuto il cattolicesimo nella Vandea. Ripetuta coi massisti in Calabria, che erano sanfedisti, per Dio e il re, ma erano eserciti a massa, di volontari veri, il popolo.
Si può preferire di vivere tra i nemici che nell’indifferenza, tanto la solitudine è desolante. Ma il potere, senza leggi e buone azioni, è tirannide. Il problema non è la politica, a quella ci pensano Arendt e Hobbes. Benché la filosofia soprattutto vi inciampi, Aristotele incluso, per non dire di Platone, che vi balbetta. L’incognita è il potere, che la politica non sa risolvere. E questo Nietzsche lo spiega. L’uomo è apolitico anche se compattato nell’umanità. La quale è tutto e quindi è niente. O è perversione, in quanto fonda la storia, la necessità storica che invece è gratuita. Ora il superuomo Nietzsche Gramsci e Eco dicono roba d’appendice, di romanzo popolare a puntate. Ma Bismarck era un Räuber per il giudice supremo Ernst Ludwig von Gerlach, fondatore del partito conservatore prussiano, un predone. Hans Frank, che comandava i lager, è il Re tedesco di Polonia in Kaputt, il viaggio nella guerra di Malaparte. Un re cattolico della cattolica Polonia, con austriaci pii per cortigiani, che il Rinascimento voleva impiantare a Cracovia, la sua capitale. Aveva per questo studiato a Roma e meditato a Firenze e Venezia, parlava un italiano perfetto, “con un lieve accento romano discesogli da Goethe e da Gregorovius”, suonava “divinamente” il piano, Schumann, Brahms, e Chopin che lo inteneriva.
 
Scienza – “La fede nella scienza è una contraddizione in termini”, E. Jünger, “Linguaggio e anatomia” (in “Il contemplatore solitario”). “Ma è fondata sulla natura umana”, continua Jünger.
E aggiunge: “È alla base dell’intolleranza della scienza”.
 
Sinossi – È metodologia di ricerca oggi in disuso. Curiosamente assente in particolare, e in maggiore misura, nella scienza, alla quale dovrebbe invece essere consustanziale, la veduta d’insieme. La scienza contemporanea si caratterizza anzi proprio per l’assenza di capacità o intenzioni sintetiche. Pregiando la specializzazione, l’atomizzazione.
Nella storiografia in particolare ciò è evidente. Nel discredito sopravvenuto “scientificamente” per le opere di sintesi totalizzanti, come Spengler, “Il tramonto dell’Occidente”, o le opere già classiche di Jakob Burckhardt che facevano testo sul “classico”, “La storia della civiltà greca”, “La civiltà del Rinascimento in Italia”.  

zeulig@antiit.eu

La terra vista dalla luna

Tradotta dal tedesco e postfata da Quirino Principe, è l’antologia di saggi che nel 1975, quando Jünger era ancora in piena forma, appena ottantenne, fu compilata dal germanista jungeriano francese Henri Plard. Con la prefazione (una nota sulla compilazione) dello stesso Pilard. Senza la nota sugli “Ottant’anni” con cui Jünger chiudeva la raccolta.
Jünger al suo meglio, narratore dell’inenarrabile, e pensatore – più profondo che curioso. La “Lettera dalla Sicilia all’uomo nella luna” e “Linguaggio e anatomia”, due testi che da soli fanno un denso libro, argomenta il mondo come (possibilmente) visto da fuori, con ovvietà incongrue, e incongruità invece rispettabilissime. Soprattutto sulla realtà (durezza, naturalezza) dell’intelligenza e della fantasia il primo. Una semiologia appassionante degli organi umani il secondo, lunga, distesa, densa di connessioni linguistiche (mens-mentula, etc., quante cose spiega il latino! o conceptio, cunno-captio, impossessamento passivo, femminile, delle idee).
Una raccolta di infinite scoperte. Speciale, esilarante, quella delle mani: delle dita, di destra e sinistra, del contatto (la stretta), della distanza, del saluto romano, dell’abbraccio invece della stretta. Fino alla mano (destra) del re taumaturgo (fino a Luigi XVIII), che guariva le scrofole toccandole. O del pugno. Della testa e del piede, un romanzo. Il serpente, l’essere “più lontano dall’attitudine umana”, per essere tutto piede “in rapporto alla sua superficie totale”, ma il più venerato, dalla Bibbia e da Esculapio a Pergamo, dalla medicina. E non si dice “Come sta?” – in italiano nel testo – la salute ponendo nei piedi? E i sensi? “I sensi sono parti del senso inerente a ogni vita” – sono nel sentimento, nella sensazione, nella sensualità.   
Riflessioni sistematiche anche ne “Lo scarabeo spagnolo”. Racconti per qualche verso affascinanti gli altri, benché non siano storie d’amore e morte, né di amicizia e tradimenti, né di avventure – non nel senso dell’esotico: “Presso la torre saracena”, “Terra sarda”, “Tre ciottoli”, “Una mattina ad Antibes”, “Balcone sull'Atlantico”, “I demoni della polvere”.
 
Ernst Jünger,
Il contemplatore solitario, Guanda, pp. 352 € 19

venerdì 8 novembre 2024

Ombre - 745

Spiacevole impressione, sfogliando la stampa americana di prestigio, della colpa addossata a Biden per la sconfitta di K. Harris. Come di un vecchio narciso, e stupido. Mentre ha governato l’economia meglio di Trump, e senza danni per gli europei – non quelli minacciati da Trump. Scaricare su Biden il dispetto per non avere vinto le elezioni, anzi per averle perse malamente, uno penserebbe la sinistra la coscienza critica, e invece è solo vanitosa – presume di sé.
Stupida? Sarebbe peggio se non lo fosse.
 
Trump ha vinto nel voto popolare anche in stati e in città che il partito Democratico tradizionalmente ha controllato. Ma il perché non si cerca. Si dice per colpa di Tim Walz, il candidato vice presidente di Harris, dell’influenza di Putin, dell’influenza di Putin?, dei media di destra, e di Biden. È possibile ma non può essere solo questo – i media sono quasi tutti per i Democratici. Si penserebbe la scienza politica negli Stati Uniti, la democrazia elettorale più stagionata dopo quella inglese, di due secoli e mezzo, più articolata. Ma non c’è, c’è solo pregiudizio – povertà di giudizio.
 
Fare la rassegna stampa della campagna elettorale americana è inutile – e pericoloso: si dovrebbe concludere all’inutilità del giornalismo. Ma è curiosa la concordia dei media nell’inaccuratezza – incapacità non può essere, così generale, quasi totalitaria. Della Confindustria (“Sole 24 Ore”) e dei Berlusconi (Tg 5), oltre che degli editori Elkann e Caico, che occupano il mercato di sinistra.
 
O forse, più che inutile, il giornalismo è dannoso. A seguire gi speciali tv sul voto in America. Più spesso condotti da ragazze che visibilmente ne sanno poco, e non gli interessa saperne – il vecchio genere “presentatrici”. Che hanno votato per Trump gli uomini, per Harris le donne (ma le donne non sono più degli uomini?). Che gli afro e i latinos hanno votato Trump perché machos (è politicamente scorretto ma è stato detto). Che hanno votato per Trump le campagne - la popolazione Usa è all’80 per cento urbanizzata… Senza disporre della sia pur minima analisi dei flussi elettorali, che richiede giorni e settimane.
 
Si vogliono i risultati del voto in Georgia, filo russo, e Moldavia, filo-Ue ma risicato, come manomessi da Putin – diavolo di un uomo. È possibile, anche se non è vero – entrambe le votazioni sono state indette e governate da persone (personagge?) filo-occidentali. Ma si glissa sul fatto che,  zero virgola in più o in meno, questi mondi sono egualmente europei e russi. Poi si scopre che vuole la Moldavia nella UE il filoputiniano Orban. Come la mettiamo?  L’Europa vanta lo spirito critico, ma sembra averlo smarrito.
 
Bianca Carretto, una vita nella confidenza Fiat, non ne può più: ne elenca su “L’Economia” una serie di turpitudini da levare il fiato. In calo in Italia nei primi nove mesi, quando tutti gli altri sono cresciuti. Per mancanza di modelli: “Dove sono finite le Fiat, le Lancia, le Alfa Romeo”, si chiede retoricamente. “In tre anni”, da quando Elkann si è venduta la Fiat, “Stellantis non ha proposto alcuna auto su nuove piattaforme, più tecnologiche”. Alfa Romeo non ha modelli, la Junior è “solo una Peugeot ricarrozzata”. Lancia idem: i nuovi modelli sono stati rinviati dal 2026 al 2028, e ripiegati su una piattaforma Opel. E Fiat va verso la chiusura: nessun modello nuovo, nel 2024 vendite ridotte di un terzo, 3 mila licenziati a giugno, 3.800 in uscita.
 
Do fronte allo sfacelo Fiat si capisce che Elkann eviti di riferire in Parlamento. Ma che faccia la voce grossa con il governo, da economista sopraffino, moralista, antifascista e quasi compagno – possibile che il Pd non riesca ad evitare simili compagnie?
 
“Bianca Berlinguer faceva pesare il cognome?” chiede Giovanna Cavalli a Maurizio Mannoni, “Telekabul” e “Linea Notte”. “No” è la risposta: “E poi ne abbiamo avuti tanti di nomi di Botteghe Oscure”. Di quelli che non avevano le figlie al tg 5 berlusconiano - il telegiornale “delle figlie”. Un giornalismo da patronato.
 
A Roma la Roma ha un bellissimo stadio, molto invidiato, l’Olimpico, in città, di accesso agevole, di parcheggio (abbastanza) facile. La Lazio pure, ha un bellissimo stadio, di architetto, Pierluigi Nervi, il Flaminio, anch’esso progettato e costruito per l’Olimpiade del 1960, anchp0esso di accesso e archeggio agevolissimo. Ma vogliono stadi nuovi, in aree fuori porta. Per il business immobiliare. Finalmente si capisce a che serve il calcio.
 
L’Italia è sempre stata un paese di emigrazione. Da alcuni anni, nel Millennio, di emigrazione qualificata. In questi 2020 di laureati: la Fondazione Nord Est calcola che la quota di laureati, sul totale degli emigrati fra i 18 e i 34 anni, che era di uno su sette nel 2001, è ora di due su cinque - nel 2022 la percentuale dei laureati fra gli emigrati giovani è stata del 43,1 per cento, e in crescita costante sugli anni precedenti.

L’America illiberale - ma è quella anti-Trump

Si leggono con raccapriccio i commenti della stampa impegnata americana al trionfo elettorale di Trump – ottenuto con mezzi e investimenti minori che la concorrente democratica. Browning e la “New York Review of Books”, solitamente palestra intelligente delle cose del mondo, fanno eccezione, per la stupidità, sotto forma di superiore intelligenza.
Di Browning, storico della Germania tra le due guerre, quindi di Weimar, del nazismo e dell’Olocausto, ripropone a commento del voto, volendo spiegare il successo di Trump, un saggio del 2018, “The Suffocation of Democracy”, nel quale egli nota “varie preoccupanti similarità e una importante differenza”, Più preoccupante questa delle “similarità”, poiché è la “forma” della democrazia a copertura dell’illiberalismo – non ci sono i manganelli, ci sono i giudici, le imposture e la tracotanza. Ma non quelle di Trump.
Per quanto il vanitoso personaggio possa essere sgradevole, non si ricordano atti d’illiberalismo della presidenza Trump. Non ha fatto condannare nessuno. Non ha nemmeno perseguitato nessuno. Mentre ci sono stati invece il Russiagate, tre anni di (costose, e ridicole, vennero pure a Roma…) indagini promosse su un “documento” redatto da una ex spia inglese su commissione di Hillary Clinton nella campagna elettorale contro Trump. E i tanti processi di giudici democratici, in attività politica, i procuratori di New York Alvin Bragg e Jack Smith, e il giudice Juan Merchan, facendo strame e ludibrio della legge, per condannare Trump per cinquanta, settanta, ottanta capi d’accusa. Roba da Ridolini più che squallida (i processi politici sono di squallore indicibile, avendoli vissuti di persona). Ma senza senso del ridicolo evidentemente, nella storiografia e nella stampa impegnata, oltre che nei (piccoli politicanti nominati) giudici.  
Trump è stato eletto, anche a New York per la prima volta, la prima volta di un repubblicano, per altri motivi, ma per chi fa la storia, o anche solo la legge, sono raccapriccianti, sì, ma in senso inverso. Dov’è l’illiberalismo?
Christopher R. Browning, The Suffocation of Democracy”, “The New York Review of Books”

giovedì 7 novembre 2024

Problemi di base - 831

spock


Chi è stupido non diventa intelligente?
 
Ci vuole applicazione per essere semplici?
 
Le parole non costano, anche se sono un’arma pericolosa?
 
La democrazia è pacifica?
 
La democrazia è violenta – nel nome della libertà, certo?
 
La madre, perché si colpevolizza?

spock@antiit.eu

Quello che il partito Democratico non ha anticipato

Quello che Orwell non ha anticipato, nel saggio sul Newspeak (la nuova parlata o neolingua, “parlanuovo”, “nuovalingua”), che chiude “1984”, il racconto di una la dittatura che si impone attraverso il linguaggio (e il silenziamento), è naturalmente il linguaggio incontrollato – quello dei social. Controllato da padroni occulti oppure no, vagante, spontaneo, superficiale. Che “forma” la realtà nei modi più eversivi: avventurosi, nella migliore delle ipotesi (non eterodiretti) e aggressivi.  Il che è vero e non è vero.
Non è vero, Garber stessa spiega, nel senso che Orwell dà del Newspeak. Il saggio che chiude “1984” è un’evoluzione dell’argomento da lui già affrontato nel più famoso saggio “Politica e inglese” (“Politics and the English Language”): una guida al linguaggio onesto, che dice quello che intende, e intende quello che dice. “Newspeak” argomenta “la più elementare intuizione: «Se il pensiero corrompe il linguaggio, il linguaggio anche può corrompere il pensiero»”.
Se non che poi la stessa Garber, collaboratrice di “The Atkantic”, una rivista fieramente anti-Trump, si diffonde lungamente sulle accuse a Trump di nazismo, fascismo, doppiogiochismo (doppelgänger) e altre perversioni politiche. E chiede: “Perché le mettiamo sul ridere?” Spiegando che le parole, anche quando sono battute, sciocchezzuole, slogan pubblicitari, “sono retorica”, hanno un senso e mirano a (comunque producono) un effetto. E qui bizzarramente il saggio, letto dopo il voto su Trump, assume un significato opposto a quello dell’autrice e della rivista: il newspeak di Orwell ha funzionato eccome, autoingannatore. È, è stato, quello di “The Atlantic” e del “pensiero” Democratico, il modo dei Democratici di presentarsi la realtà degli elettori – “il linguaggio può anche corrompere il pensiero”: il linguaggio (democratico) attorno a Trump ha corrotto il pensiero (democratico), che si è immaginato un paese che non c’è.     
Megan Garber,
What Orwell didn’t Ancipate
, “The Atlantic”

mercoledì 6 novembre 2024

Interrogazioni sull’immigrazione

I quesiti che giudici e francescani non (si) pongono:
 
Perché il calciatore Musah, terzino ventenne del Milan e ottimo italianista, è nazionale americano e non italiano, benché abbia vissuto in Veneto fino ai dodici anni?
 
Chi e come organizza da cinquant’anni la prostituzione nigeriana in Italia?
 
Chi e come oganizza da trent’anni l’immigrazione di africani giovani mendicanti – una dozzina, a turni e con cellulare, nella sola via Carini\Barrili a Monteverde a Roma?
 
Chi e come organizza il traffico di nordafricani del ricco mercato della droga nel Lombard Veneto, cuore leghista, e in Toscana, cuore dem?
 
Il mercato della droga non è illegale se gestito da nordafricani sans papiers?
 

Il perfido ebreo che traviò Trump

Curioso film, senza nerbo – tanto più per essere un film politico, su Trump giovane. Il presidente dell’America futura, contro venti e tempeste, superautocelebratore dell’americanissimo self-made man, è qui un burattino docile e incapace, animato dal suo avvocato come il titolo sugerisce, “l’apprendista”.
A meno che non sia in filigrana antisemita, del complotto giudaico-massonico: l’avvocato, un Mefistofele e criminale, si chiama Cohn – il “tycoon”, dolicocefalo biondo, è la sua vittima, faccendiere ma inesperto.
Ali Abbasi,
The Apprentice

Problemi di base elettorali (di stupidità) bis - 830

spock


E i 284 milioni di Taylor Swift – di followers non di guadagni, quelli sono miliardi?
 
E l’inno “Flowers”, veleno – “non incolparmi, ero veleno…”?
 
La candidata yé-yé?
 
Come si fa a perdere contro Trump, per distacco?
 
E le donne? E gli aborti? E le case agli occupanti?
 
Anche il fascismo: possibile che vince, al voto, nel 2024, in America?

spock@antiit.eu

Problemi di base di stupidità (elettorale) - 829

spock


Sono gli americani stupidi (e fascisti) oppure noi?
 
Siamo stupidi o ci prendono in giro?
 
Cosa vogliono gli Elkann, i Cairo, i Berlusconi – aizzarci nel canile?
 
I sondaggi, di chi, di che?
 
O è l’Europa che ha disimparato anche a leggere?
 
E ora che facciamo, la guerra all’America?

spock@antiit.eu

martedì 5 novembre 2024

I respingimenti erano di Napolitano e Prodi

Il giorno in cui il solito giudice di Catania, in odio al governo Meloni, dichiara l’Egitto un paese insicuro, nel quale cioè non si possono deportare gli immigrati “indesiderabili”, il diritto internazionale li protegge, uu giovane egiziano accoltella senza motivo a Genova un capotreno.  ferroviere. È così che viene percepita l’immigrazione, come un fatto incontrollato. Per il quale Meloni ha l’approccio giusto, programmarlo all’origine, con visto, visita medica, e possibilmente con contratto o richiesta di lavoro.
I preti che blaterano di un diritto all’emigrazione ne sono i peggiori nemici, perché essi sanno in che condizioni questo “diritto” è gestito in Africa e in Asia. È gente che nella migliore delle ipotesi è il vecchio prete, peggio se frate, sulla cui tonaca tutto scivola. Oppure sono dietro il business, per quanto miserabile. dell’immigrazione stessa, delle ong che si fanno un diritto di gestire i 35 euro a testa di diaria che lo Stato paga per immigrato.
Dei giudici non si può dire. Conoscono sicuramente il diritto, ma lo torcono per pregiudiziali  politiche – oggi si applica, ieri no, domani chissà, etc. In questa stagione politica contro il governo di destra. Non sono buoni giurisperiti, come si legge sotto. E politicamente sono confusi, come è confuso il Pd - i respingimenti li ha inventati Napolitano, quando era ministro dell’Interno, e da Prodi, nel governo del 1996-1998 (e proprio con l’Albania, paese allora insicurissimo).
 

Diritto e mercato dell’immigazione

Per paese insicuro s’intende uno dove non vige la legalità né la democrazia. Per cui ogni suo cittadino riparato all’estero è automaticamente coperto dalle norme internazionali a protezione dei rifugiati politici. Se non che applicare questo principio del diritto internazionale all’Africa e all’Asia, anche all’America latina, dove pure si vota, è arduo: alcuni miliardi di persone sono potenziali rifugiati politici. Il mondo della democrazia costituzionale è ristretto, protegge un miliardo di persone al più - due volendo aggiungere volenterosamente l’India all’“Occidente” (comprensivo di Corea del Sud, Giappone, Australia e Nuova Zelanda). Su otto.
A valle del diritto politico c’è anche quello economico, l’aspirazione a una vita migliore: uscire dalla povertà, o comunque la voglia di cambiare, sono ambizioni anch’esse rispettabili, seppure non protette dal diritto. Ma non come avviene nel Mediterraneo, per un traffico di esseri umani. Assoggettati a taglie mostruose, per un viaggio della speranza fatto di campi di lavoro forzato libici e tunisini, e trasbordi su gommoni e barchette. Proteggere un immigrato irregolare, anche se delinquente, non può che alimentare questo mercato degli schiavi. A danno di chi? Degli immigrati spellati e abbandonati per primi.  

Quando il maestro era un padre, attento

C’era una volta il maestro, o la maestra, qualcuno con cui si passavano i cinque anni più formativi, dai 6 ai 10. Camus lo ricorda con affetto, il suo vecchio maestro in Algeri, in questa corrispondenza degli anni dopo la guerra. A partire da una lettera che il maestro, volontario in via di smobilitazione, temporaneamente a Parigi, gli indirizza a fine 1944. Una corrispondenza sempre affettuosa ne segue, intervallata da qualche incontro. Che la figlia di Camus, Catherine, ha parzialmente ritrovato e pubblica.
“Figlio spirituale” Monsieur Germain può chiamare Camus. Che sempre, in ogni lettera, in ogni riga, gli scrive come a un padre, il padre che non ha avuto, orfano di guerra. Un padre amato e rispettato - a Louis Germain dedicherà nel 1957 la raccolta “Discours de Suède”, i due discorsi tenuti quando fu premiato con il Nobel nel 1957, il 10 dicembre al banchetto ufficiale, e il 14 all’università di Uppsala, corredati da una postfazione.
Il maestro è, in una lettera, “colui al quale devo di essere ciò che sono, e che amo e rispetto come il padre che non ho mai conosciuto”. Della condizione da cui il maestro, attento e premuroso, lo ha salvato bambino si sa da una casuale “la mamma, che non sa scrivere…”. “La mano affettuosa tesa al bambino povero” è il tema del rapporto. Una mano decisiva al momento di convincere la madre, vedova e povera, che Albert poteva fare la scuola media, le borse di studio glielo avrebbero consentito, tanto era applicato e capace.  
Le lettere fra Camus sono infoltite dal lungo capitolo “La scuola” del romanzo incompiuto di Camus, “Il primo uomo”, recuperato anch’esso da Catherine esattamente trent’anni fa.

Albert Camus, Caro signor Germain, Bompiani, pp. 128 € 15
“Cher Monsieur Germain…, 
, Folio, pp. 119 € 3

 

lunedì 4 novembre 2024

Germania – la caccia al voto si fa a destra

Manca ancora un anno al voto politico, poco meno, ma lo smarcamento del liberale Lindner, il ministro delle Finanze della coalizione che regge il cancelliere Scholz, apre una sorta di “qualificazioni”, in termini sportivi, al voto: il partito liberale, minacciato di estinzione, sempre sotto il 5 per cento nelle ultime elezioni locali, si riposiziona a destra, dove è sempre stato. E dove l’opinine prevalente in Germania oggi si colloca - sui temi sensibili: energia (transizione verde), immigrati, guerra.
In Germania non c’è la possibilità di un governo di centro-destra: dovrebbe includere Alternative für Deutschland e questo non è possibile. Vige in Germania, benché non detta, una preclusione “democratica” contro Afd, analoga a quella “repubblicana” in Francia in atto da un quarantennio contro il lepenismo, ora Rassemblement National. La gara è però aperta per impedire che Afd diventi un partito maggioritario, a spese della Cdu\Csu.
A metà ottobre, quindi a poco meno di un anno dalle elezioni politiche, previste per fine settembre 2025, le intenzioni di voto davano un elettorato orientato verso il centro-destra: a destra della Cdu\Csu, la forza politica centrale, stabile attorno al 30 per cento dei suffragi, Afd col 17-18 per cento e Sahra Wagenknecht col 6-7 per cento vedevano il centro-destra al 53-56 per cento - senza contare i liberali, ormai al 3-4 per cento.

Germania - la guerra costa cara

Con un costo medio, quest’anno, di 1.200 euro, la Germania cs conferma per il terzo anno il Paese europeo col più alto coso della bolletta elettrica. Avendo scalzato Belgio e Irlanda, tradizionalmente i paesi dove l’elettricità è più cara. L’Italia viene quinta in questa graduatria, con una spesa media che si prevede si attesterà sui 1.000 euro. L’Ungheria viene ultima, con un costo medio annuo in bolletta di appena 310-320 euro.
Il basso costo dell’energia in Ungheria spiega probabilmente molto della politica più filo-Russia che filo-Ucraina di Orbàn, il leader ungherese. In Germania il costo eccesivo dell’energia è uno dei fattori dell’accentuato scivolamento a destra dell’opinione – la destra è in Germania, come l’estrema sinistra, contraria allo schieramento contro la Russia nella guerra in Ucraina.

Burlesque lesbo

Bambole in viaggio. Un (primo?) pornosoft lesbo, con tanti bar-disco per il rimorchio, salivazioni e vibratori. Alternati a un po’ di horror. Prossimo ai settanta, Ethan Coen si è staccato dal fratello Joel e con la moglie Tricia Cooke si è divertito, sempre nella vena burlesque.  
Ethan Coen, Drive away dolls
, Sky Cinema, Nw

domenica 3 novembre 2024

La Germania guarda a destra

La Germania discute se mettere fuorilegge Alternative für Deutschland, il partito mezzo liberale-mezzo nazionalista fondato appena dodici anni fa, una fazione democristiana (della Cdu\Csu), che virando ultimamente verso l’estrema destra, con personaggi al vertice dichiaratamene neonazisti, è diventato il primo partito nei Länder orientali dell’ex Germania comunista dove si è votato, in Sassonia, Turingia e Brandeburgo. Sono Länder non di peso demografico, tre Calabrie, poco di più, ma di grande tradizione, culturalmente non arretrati.
La richiesta è partita da varie sezioni dell’Agenzia federale di spionaggio interno, il Bundesamt für Verfassungschutz (BfV), Ufficio Federale per la protezione della Costituzione - soprattutto dalla sede di Amburgo. Il BfV ha aperto varie istruttorie contro per detti o fatti illegali, ma nel quadro di una caccia programmata all’Afd. Con l’avallo ultimamente dall’ex presidente della Repubblica Gauck, il pastore protestante di Rostock che era stato molto attivo per i diritti umani e civili contro il regime comunista di Berlino Est nella Germania divisa.
La cancellazione di Afd per legge naturalmente non è possibile – andrebbe decisa comunque e motivata dalla Corte Costituzionale. La questione si agita politicamente, un tentativo di acculare Afd al nazismo. Ma resta che Afd condiziona la politica e la Germania. Il successo della destra è peraltro doppiato da una costola dell’estrema sinistra, il movimento creato da Sahra Wagenknecht, già animatrice di Linke, il partito scissionista a sinistra dei Socialdemocratici. In comune questa sinistra e Afd hanno l’immigrazione e la difesa – la “questione Russia”: niente guerra alla Russia.

Meloni al centro a Berlino – e a Bruxelles

La paura della deriva elettorale a destra spiega lo spostamento dell’asse politico in Germania, all’interno dello stesso centro-sinistra dell’attuale Grande Colazione (liberali, democristiani, socialdemocratici, verdi) dai temi e le politiche di sinistra di Angela Merkel (su nucleare, immigrati, transizione verde accelerata, difesa) a posizioni di destra (immigrati, energia, transizione verde, difesa). In particolare spiega la ricerca di contatti con la destra di Meloni, in Italia e in Europa. Di Friedrich Merz, ora a capo della Cdu\Csu. Di Manfred Weber, che al Parlamento europeo presiede i Popolari (democristiani) europei. E della stessa presidente della Commissione di Bruxelles, Ursula von der Leyen. Sempre sui temi immigrazione, difesa (difesa dell’Ucraina ma niente guerra alla Russia), transizione verde. Da rivedere in senso restrittivo.     

 

Al Gran Circo Gadda

Umanista e ingegnere, milanese a Roma, ma soprattutto passatista e innovatore, nei primi anni 1930 Gadda approfitta del lavoro ben remunerato del papa a Roma per le consulenze sull’Acqua Marcia, l’acquedotto che arriva al Fontanone del Gianicolo, per farsi pubblicare nel 1934 da “Solaria” questa seconda raccolta di racconti. La prima, sempre affidata alle edizioni della rivista fiorentina, era uscita tre anni prima, nel 1931, “La Madonna dei filosofi” – senza echi, malgrado la mobilitazione della rivista. Con questa seconda raccolta, invece, Gadda sarà premio Bagutta 1935, e autore riconosciuto. Dopo averla farcita di note (semiserie), seguendo il consiglio di De Robertis, recensore unico, fra i pochi lettori, della prima raccolta.
Dire di che si tratta in questa miscellanea è non dire nulla. Una crociera nel Mediterraneo – ironia? I musicanti girovaghi – un’invettiva. La festa dell’uva a Marino. Il medaglione di un papa Innocenzo. Monotematici invece i primi cinque testi, cinque “articoli di guerra”, sulla delusione e anzi la vergogna del reduce. Lo sconforto, da ufficiale (di artiglieria) in trincea e da prigioniero di guerra, di una conduzione all’insegna dell’incapacità e della furberia. Era la guerra, per il giovane ingegnere interventista, un esercizio etico rigeneratore, per il sogno di “una vivente patria, come nei libri di Livio e di Cesare” – “tutto, tutto sto cinema, nel mio cuore disumano, si trasfigurò in desiderio, diventò viva e profonda poesia, inguaribile amore”. Di cui non poteva non disilludersi. Sopraffatto dalla mitizzazione della furberia, “ignobile e turpe”, abbandonato “verso la riva dell’inutilità”.
Tutto qui: Gadda è linguaggio. Sì, la critica della (piccola) borghesia milanese. Sì, l’irredentismo e l’interventismo. Sì, ma poi – piaccia o non - è tutto nei borborigmi del brontosauro. Clownesco, volteggiatore, prestigiatore, e illusionista della parola: un “augusto” che è anche tutto un circo - solo gli mancano le tette. Dotato di grandi conoscenze letterarie, giù per i secoli, forme, figure, fonemi, mitologemi, che non lo sopraffanno come succede ai più, sa addomesticarli e rilanciarli, un addestratore maestro.
Un'edizione “quasi critica”, come è ora delle riedizioni Adelphi di scrittori del Novecento, Malaparte, Sciascia, Landolfi, ricca di molteplici apparati. Claudio Vela, che con Paola Italia e Giorgio Pinotti cura il tutto Gadda di Adelphi, arricchisce la pubblicazione di un paratesto che quasi doppia i testi gaddiani.  Recuperando la prima edizione, quella del 1934, e i tagli -  soprattutto nelle note, politicamente compromettenti -  della riedizione voluta da Garzanti venti anni dopo, nel 1955, segnalando tra parentesi quadre. Segnalando, in questi tagli riesumati, o altrimenti documentando, condiscendenze e omaggi di Gadda al regime, al fascismo - ma non era un antemarcia, tesserato nel 1921, in chiave di reducismo-patriottismo?
Carlo Emilio Gadda, Il castello di Udine, Adelphi, pp. 339 € 22