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sabato 27 ottobre 2018

Problemi di base onirici - 453

spock


“Sogno cerca sogno” (Jean Paul)?

O sogno scaccia sogno?

O sonno scaccia sogno?

“Da Giove anche il sogno procede” (Omero)?

“Che cosa so” (Montaigne), che cosa sogno?

“Il sogno è l’infinita ombra del Vero” (Pascoli)?

I sogni sono veri finché durano (Tennyson)?

Segno sogno?

Sono sogno?


spock@antiit.eu

La guerra è col mondo


C’è stata la terza guerra mondiale. E non c’è più niente.  Si sopravvive nelle caverne, sotto il Tibet, l’Himalaya, il Karakorum. Uccidendosi l’un l’altro fra mercenari, quelli che, non avendo un nemico proprio, hanno tutto nemico – “un mercenario deve evitare di chiedersi se esiste o meno il nemico”, tutti lo sono.
Un day after però confuso, compresa la memoria che il mercenario, ridotto a protesi meccaniche, va incidendo sulle pareti delle caverne. Un intreccio di varie storie. Una alla Bud Spencer e Terence Hill, sul versante truce, mitragliate invece che pugni. Uno di riviste porno, merce apprezzatissima, bordelli, e copule a ogni angolo, che oggi fa sorridere. E uno o più di filosofia. Il governo – il governo svizzero, ma poi la “forma governo”. La natura e il destino dell’uomo – “A che pro l’essere umano? Domanda senza risposta”.. E una cosmogonia originale, questa apprezzabile. In general le parti filosofiche, di cui infine si dà la bibliografia, “un collage di Platone (La Repubblica, Il mito della caverna) e Nietzsche (Genealogia della morale, Schopenahauer come educatore)”. Al suono di “Quando bionda aurora il mattino c’indora”, l’inno nazionale svizzero.
Un testo però preveggente, del 1980. A un certo punto non solo la “gigante blu”, l’Unione Sovietica, implode, “anche gli Stati «liberali» cominciarono a esercitare pressione verso l’interno, emanando decreti contro i dissidenti. Il processo divenne irreversibile. Cominciò la corsa agli armamenti. Ogni Stato produceva più energia di quanta ne cedesse”. O altrimenti, in chiave europea, “la politica, costretta a svolgere la sua attività unicamente sulla superficie del sole, senza poter influire sui processi del nucleo, divenne vuota retorica”. A p. 45, a metà percorso, c’è tutto il quarantennio che veniamo di vivere: “Sempre più spesso la zona convettiva fu perforate dall’interno, sorsero e crollarono potentissimi imperi economici, si scatenarono crisi, inflazione, incredibili brogli, atti terroristici folli, la criminalità e le catastrofi aumentarono in modo esponenziale, gli Stati divennero instabili”.
Un testo che è troppe cose. Forse la conglomerazione di due o tre narrative diverse e incompiute. A tratti è il vero saggio del nichilismo – non quello boomerang nel nichilista che si afferma mentre si nega: “Ci siamo, ma sappiamo che non ci saremo, nei prossimi 18 milioni di anni” – la terra continuerà a girare, “per miliardi di anni”, ma inerte, come la luna. E, come in futuro il mondo, già oggi gli Stati.
Ma è arrampicarsi sugli specchi. Sbalza l’inconcludenza di molta narrativa tedesca del secondo Novecento, postespressionista e postmetafisica. 
Friedrich Dürrenmatt, La guerra invernale nel Tibet, Adelphi, pp. 108 € 12

venerdì 26 ottobre 2018

Il rating spazzatura

L’Italia è affidabile come Panama. Come le Filippine. Meno del Botswana. O del Messico, del Perù, della Malesia. Molto meno del Giappone, che invece è raccomandato, pur avendo un debito pari al 250 per cento del pil, e in crescita. Stiamo parlando della valutazione – rating – dei debiti nazionali. Questa è quella di Standard & Poor’s, di cui si attende stasera la retrocessione ulteriore dell’Italia. Un paese, detto per inciso, che ha anche le terze riserve monetarie in oro al mondo, dopo gli Usa e la Germania.
Fitch ricalca le valutazioni di Standard & Poor’s. Moody’s mette l’Italia, in fatto di affidabilità, alla pari con Ungheria e Romania, e con il Kazakistan. Ma un po’ peggio di Panama e le Filippine. E molto peggio del Botswana. Sempre valutando ottimamente, meglio di S & P’s, il Giappone – oltre che il Botswana.
I rating delle agenzie non si basano su criteri standard e su metodologie chiare. Sono valutazioni politiche. Che prescindono però anche dalla politica – il Kazakistan è una dittatura – se la committenza paga. Il criterio base è l’affare, quanto l’agenzia ci guadagna. Nel caso di banche e gruppi economici dichiaratamente, per contratto. Nelle valutazioni-paese per criteri oscuri.

Non ci sono vite inutili


“The last world” nel titolo originale, è quello di Shirley McLaine, non adorabile vecchia: ricca,  capricciosa, scorbutica, ubriacona. Che a un certo punto decide di passare il tempo facendosi fare il necrologio, visto che i necrologi sono tutti lusinghieri. Facendoselo preparare mentre è in vita, dal giornale di cui il suo babbo è stato patrono. L’esito è scontato, la burbera benefica. Ma ha una morale: non ci sono vite inutili. Ripercorrendo la vita di ognuno, ci sono sempre I lati buoni accanto a quelli perverse o incattivite.
Mark Pellington, Adorabile nemica

giovedì 25 ottobre 2018

Siamo poveri al 10 per cento


La rilevazione Istat della povertà assoluta si muove su un trend ancora in aumento, più vicino ai 6 che ai 5 milioni di fine 2017, e al 10 per cento della popolazione, invece dell’8,4 della rilevazione di metà anno. Dall’inizio della rilevazione, nel 2005, il dato non ha fatto che crescere, ma più dopo il secondo shock dell’economia, nel 2011, dopo quello del 2008: l’Italia non ha assorbito la crisi, i cui effetti anzi perdurano.
Corollario alla crescita della povertà assoluta sono il disagio sempre maggiore dei redditi medio-bassi – il nucleo centrale dei redditi - e il gap generazionale. Qui vale ancora la diagnosi della Relazione annuale della Banca d’Italia di fine maggio, che non ha avuto eco, benché molto allarmata – la perdita di reddito, in termini reali, è valutata sul 25 per cento. Inoltre, stanno relativamente meglio i pensionati dei salariati in attività
Meglio pensionati che in attività
Vale la pena rileggere la Relazione annuale su questo punto:
La crisi economica ha lasciato un’eredità pesante alle famiglie italiane, ma assai differenziata tra le diverse generazioni. Tra il 2006 e il 2016 il reddito equivalente reale si è ridotto del 20,9 per cento per le persone che vivono in nuclei “giovani”, ossia quelli con capofamiglia con meno di 40 anni; è invece aumentato dell’1,6 per cento per le persone appartenenti a famiglie “anziane” (quelle il cui capofamiglia ha più di 65 anni. Queste ultime nel 2006 percepivano il reddito equivalente più basso nel confronto fra generazioni, mentre nel 2016 sono state tra quelle con il reddito più alto. Anche il rischio di povertà, che nel 2006 era su livelli
simili per i due tipi di famiglie, negli ultimi dieci anni è cresciuto per le persone appartenenti ai nuclei giovani, risultando nel 2016 circa il doppio del rischio in cui incorrono coloro che vivono in famiglie anziane (al 32,5 e al 15,7 per cento, rispettivamente.
“Tali sviluppi riflettono la maggiore ciclicità dei redditi da lavoro rispetto a quelli da pensione, nonché il tendenziale aumento tra le famiglie giovani del peso degli stranieri, mediamente connotati da livelli reddituali inferiori. Vi avrebbero contribuito inoltre le caratteristiche del welfare italiano, storicamente più generoso sul piano previdenziale e meno nel sostegno alle famiglie in difficoltà economica. Solo di recente si è iniziato a discutere circa l’introduzione di strumenti di integrazione al reddito delle famiglie povere: una prima misura, denominata Reddito di inclusione (REI), è stata prevista dal D.lgs. 147/2017 ed è divenuta
operativa dal gennaio 2018.
Più disuguaglianza
“All’interno delle singole generazioni è aumentata la dispersione dei redditi equivalenti, soprattutto tra le famiglie giovani. È possibile valutare come le diverse dinamiche tra classi di età, in termini di reddito medio e di dispersione, abbiano influito sull’andamento complessivo della disuguaglianza. A tal fine si può scomporre la deviazione logaritmica media dei redditi in due parti: una attribuibile alla differenza nella dispersione dei redditi medi tra famiglie giovani e anziane, l’altra legata alla varianza interna a ciascun gruppo. Quest’ultima componente spiega gran parte dell’incremento della disuguaglianza complessiva, che nel decennio 2006-2016 è cresciuta del 22,0 per cento.
“L’aumento della disuguaglianza è stato parzialmente attenuato dai mutamenti intervenuti nella struttura per età della popolazione. Nel decennio sopra considerato infatti la quota di individui che vivevano in nuclei giovani si è ridotta di dieci punti percentuali, mentre è aumentata di circa cinque punti quella di coloro che facevano parte di famiglie anziane. Tali andamenti hanno risentito sia dell’invecchiamento della popolazione, sia del rinvio, probabilmente influenzato dalla crisi economica, nella formazione di nuovi nuclei familiari da parte dei più giovani. Annullando tali variazioni – ossia tenendo fissa al 2006 l’incidenza delle diverse classi di età rispetto al totale della popolazione – l’aumento della disuguaglianza sarebbe stato superiore (pari al 25,0 per cento)”.

Polonia e Ungheria a caccia di immigrati


Ha bisogno di lavoro immigrato soprattutto l’Est europeo, che pure presenta il fronte sovranista originario e più duro, Ungheria e Polonia in testa. La Polonia, che è anche il paese col maggiore tasso di emigrati negli ultimi trent’anni, verso la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, è il paese probabilmente con più per messi di lavoro per immigrati, un milione 700 mila a fine agosto. Ha sopperito finora alla carenza di manodopera con immigrazione dall’Ucraina e da altri paesi, ma progetta un’apertura verso il Sud-Est asiatico, Filippine e Vietnam, in chiave “filiera cattolica”. Una nuova legge sull’immigrazione sta per essere licenziata, che consente gli arrivi extra-Ue, e a lungo termine – la legge vigente consente permessi di soggiorno di tre-sei mesi, che l’industria critica.
Anche Slovacchia e Repubblica ceca, benché in prima linea sul fronte del no agli immigrati, hanno bisogno di manodopera straniera. Ma più di tutti ne ha bisogno l’Ungheria di Orbàn, il “primo sovranista”. Nove imprese su dieci si calcola che limitano l’attività per carenza di manodopera. Con un doppio danno: i salari, in un mercato del lavoro così teso, sono in crescita, di un 10 per cento nel solo ultimo anno.

Contro i cristiani, un delirio


Il cristianesimo non si afferma con l’amore e lo spirito di comunità ma con la paura – la delazione, la persecuzione. Agitando il diavolo. Esso stesso diabolico.
Una controstoria del cristianesimo. Non nuova, ma centrata sul fondamentalismo, dei cristiani dal IV al VI secolo, distruttori di templi, biblioteche, statue, i talebani e il califfato dell’epoca, la stessa violenza e la stessa voglia di martirio. Sempre nel nome del Dio unico. Una polemica anch’essa non nuova, ma fissata su questo Dio, pur in quest’epoca di agnosticismo o fede ateista. Partendo da Celso, quello che fa di Gesù il figlio di un Pantera, soldato romano, e le Scritture “pura spazzatura”. Un rigurgito di Ottocento, dell’anticlericalismo peggiore.
“La distruzione cristiana del mondo classico” è il tema. Non una novità, se non nel senso che la distruzione vuole totale, al modo delle Guardie Rosse di Mao o dei fondamentalisti islamici. E i primi cristiani, giudeo-cristiani, dice bugiardi (s’inventarono i martiri), crudeli (Costantino bollì sua moglie nel bagno), ignoranti, dogmatici. Un libro di giornalista, quale l’editore onesto la presenta, storica dilettante, benché produca una bibliografia sterminata, che si basa sul’autorità di “accademici” oscuri, preti anglicani per lo più. La prosa “serrata e incalzante” dell’editore appesantendo di ripetizioni, o estenuazioni dell’aneddoto. L’assassinio di Ipazia, la distruzione del Partenone, un san Scenuto in quantià (è un santo copto), la distruzione della Biblioteca e del Museo di Alessandria,  attribuita chissà perché ai cristiani.
Con punte assurde di anticlericalismo Ottocento. Sant’Antonio eremita, il fondatore del monachesimo, confina a vent’anni in un porcile - anche se, spiega, non era un porcile: “Chitty (1966) lo chiama un porcile, ma questo può non essere del tutto accurato: il Greco riferisce di lui che si sposta «appena fuori casa» – presumibilmente in qualche specie di struttura semplice lì accanto. Tuttavia l’idea di un porcile dà bene l’idea di semplicità – anche squallore – che sarebbe senza dubbio stata appropriata”. Questo alla prima pagina. Il Greco non si sa chi sia, probabilmente la vita in greco dell’eremita. Derwas Chitty era un prete anglicano, coetaneo dei genitori di Nixey, archeologo dilettante di ortodossia greca – un ammiratore di sant’Antonio eremita. 
Si va avanti così, fra strappi e botti. Costantino si fece cristiano per farsi perdonare, avendo fatto bollire nel bagno sua moglie – rea di incesto con suo figlio, col figlio di Costantino. “I martiri cristiani furono «furono centinaia non migliaia», se condo lo studioso W.H.C.Frend” – Frend è un altro prete anglicano archeologo dilettante. I procuratori romani furono sempre giusti con loro – questo Nixey lo sa per scienza propria. Mentre le persecuzioni dei pagani a opera dei cristiani furono totali e senza legge né pietà. I copisti naturalmente hanno distrutto più che copiare - Nixey va diretta anche a costo di dire sciocchezze: l’1 per cento delle letteratura classiche ci è stato tramandato.
Il fatto c’è. La sovversione dell’impero romano, e del politeismo, da parte del cristianesimo è straordinaria. Forse bizzarra – magica? divina? – ma non  si spiega con la violenza. Nixey non si pone nemmeno il quesito, o la verosimiglianza, ha solo dei conti da regolare, con la fede di mamma e papà, un ex monaco e una ex monaca, “24 anni di convento in due”, e una infanzia a suo dire infelice, tra sacrestie e prime comunioni, dei conti cioè con se stessa. A  un certo punto, nel 313, un imperatore, Costantino, decide che con la croce ha più potere (ma non doveva farsi perdonare la bollitura della moglie?) e la impone. Di che rimanere stupefatti, ma non di Costantino. O degli abusi cristiani. “Pagano”, “paganesimo” sono un abuso, un pretesto per colpire – come dire oggi “burino”.  Ma, poi, “la religione romana era moribonda già da molto tempo prima che la croce apparisse in cielo”.
Molto si fa il caso di Costantino, che non perseguitò nessuno, e niente di Teodosio, che è quello che ordinò la distruzione dei templi, o la loro conversione in chiese. Mentre roghi di libri, purtroppo, se ne facevano dal tempo di Augusto. E perché Costantino, così opportunista, avrebbe scelto la croce a sua insegna di potere? I cristiani non erano soldati. Erano moralisti, in fatto di sesso e di ricchezze. Erano lagnosi – lamentavano di essere stati martirizzati in massa e non a decine. Non amavano le arti. Il cristianesimo “è una storia di conversioni forzate e di persecuzioni governative”.
Si fa molto caso dell’attualità. Di Palmira – che però non fu distrutta da cristiani. E di Atene, il Partenone, l’Accademia. L’arco di tempo della trattazione, 385-532, va da Palmira all’Accademia ateniese, due riferimenti attualizzanti. Ma il racconto va avanti e indietro per un millennio.È scritto come piace in Inghilterra, con piglio scandalistico. Ma il pettegolezzo è noto. 
Catherine Nixey, Nel nome della croce, Bollati Boringhieri, pp. 
348, ill., ril. € 24

mercoledì 24 ottobre 2018

La Germania a caccia di immigrati

La Germania fa il conto di quanti immigrati ha bisogno. Continumente, rifà il conto in continuazione, come di un’emergenza. Ma non al modo dell’Italia, che nell’immigrato vede uno spacciatore e un violentatore e li vorrebbe tutti fuori. La Germania ha, aveva a settembre, ora saranno di più, un milione di posti di lavoro non coperti, e quindi si affanna a cercare e regolarizzare il più possibile immigrati.
Non è semplice, benché gli uffici del lavoro in Germania siano organizzatissimi. Molto rafforzati dopo la liberalizzazione del mercato del lavoro nel 2006 – l’Italia, invece, dopo il 1992, la liberalizzazione di fatto del 1992, li ha smobilitati, dopo il Grande Licenziamento Collettivo che in due anni portò al taglio di un milione 700 mila posti di lavoro. L’ultima trovata legale – in Germania tutto deve esere legale – è lo Spurwechesl, un cambio di corsia.  Di fare l’inverso di quello che comunemente si richiede più opportuno: trasformare il profugo, il richiedente asilo politico, in migrante economico, per poterlo occupare subito e con più flessibilità. E anche più stabilmente – il profugo deve esere rimandato indietro qualora le condizioni di rischio nel paese d’origine , guerra, guerra civile, persecuzione religiosa, tribale, etc., venisse a cessare.
I respingimenti tedeschi verso l’Italia, paese di prima accoglienza degli immigrati africani, sono burocratici, perché la pratica di primo riconoscimento è stata fatta male, e isolati. La nuova legge che si discute sull’immigrazione, proposta dal ministro dell’Interno Seehofer, capo della Csu bavarese, che in Italia si presenta come sodale di Salvini, si introduce così: “La mancanza di lavoro qualificato è emersa come un rischio sostanziale per l’economia”. 
Il problema tedesco è di lavoro qualificato. Mentre l’immigrato è prevalentemente non qualificato, se non altro per la lingua. Ma l’innesto di nuova forza lavoro comunque  avrebbe anche l’effetto di far lievitare l’occupazione indigena, di migliorare mansioni (previa addestramento sul lavoro) e reddito. I pariti al governo a Berlino e in Baviera hanno pagato e pagano elettoralmente la riduzione del livello di reddito reale dei lavoratori, non limmigrazione - di questo si legge e si sente solo sui media italiani.

Il velo è delle donne


Il Comitato dei diritti umani dell’Onu “condanna” la Francia per la legge sul divieto del niqab, la copertura totale della donna. Lo stesso giorno, per caso, da Haifa la filosofa Fania Oz-Salzberger si pronuncia non richiesta sullo stesso tema, sulla stessa linea. Israele che spinge un aspetto odioso dell’islam non è male – la Commissione dell’Onu , diciotto membri, poco presenti, accademici senza giurisdizione, è presieduta dal professor Yuval Shany, dell’università di Gerusalemme, he è quello che stila i pareri.
“Il problema sono gli uomini”, dice la professoressa Oz a Davide Frattini sul “Corriere dela sera”, il problema della cancellazione della donna: “i padri, i mariti, i fratelli”. Ma prima del khomeinismo si girava per i mondo arabo, per l’Iran, per la Turchia, fra poche donne velate, poco e vezzosamente, e molte non velate, liberamente: erano donne senza padri, mariti, fratelli?
La “rivoluzione pacifica” che impose Khomeini era composta più dalle donne che dagli uomini, nell’occupazione delle piazze e, il venerdì, delle città. Dunque, un segno di progresso e di libertà. Ma di donne improvvisamente coperte di nero. Le masse femminili sempre coperte di nero, col drappo portato davanti alla bocca, furono le masse d’urto anche nei primi tempi del khomeinismo, al lungo processo al Majlis, il parlamento, sugli ostaggi americani, e nei processi politici agli oppositori e ai critici che si concludevano con la condanna alla forca. Si potrebbe arguire che manifestavano per liberarsi degli uomini, ma erano al guinzaglio di uomini, gli ayatollah, in uno stato di servitù volontaria e anzi entusiasta.
Questo per la verità storica, non per assolvere i padri, i mariti e i fratelli. Anche se pone problemi, certo, al femminismo - non sempre, all’evidenza, libertario o progressivo. La copertura integrale della donna non è un fatto di legge islamica, è un fatto di mentalità femminile. Politica, se si vuole: la cancellazione della donna avviene in pubblico, tramite l’abbigliamento, non in famiglia, sempre all’evidenza, né a letto. È la cancellazione del mondo in cui la stessa si trova a vivere, la modernità. In patria, dalla Persia a Casablanca, e fuori, in Europa e altrove.

Non si può proporre, non è corretta, l’ipotesi che il fondamentalismo islamico abbia madri più che padri, le madri naturali dei terroristi. Ma non si può scartarla: la bardatura totale della donna è una scelta e non un vincolo, ed è un rifiuto. 


Gadda maestro del porgere


Un Gadda manageriale, sintetico. Con piglio didattico svelto, da funzionario efficiente – il testo è dei cinque anni che fu alla Rai, bisognoso di uno stipendio, giornalista professionista redattore ordinario. Non c’era da dubitarne, era un ingegnere. Pratico anche, da bravo aziendalista: recupera le norme che Piccone Stella aveva redatto qualche anno prima per il giornale radio che dirigeva, sui tempi, i linguaggi, i modi di porgere. Con innesti da analisi matematica alla stilistica del mezzo: una litote va bene, “è gentile e civilissima figura” (“questa lirica non è malvagia”), “una doppia litote è, le più volte, un problema di second grado”, che è “difficile risolvere mentalmente” – “impossibile risolvere un problema di terzo grado”, la “catena dele litoti” è “ferale”.
Spigliato anche, senza le formule apotropaiche di cui abbondava, detet comunemente scongiuri: “Resosi defunto anche Gabriele D’Annunzio, la «orazione» è alquanto decaduta nei gusti del pubblico”.
La storica della lingua Maria Rosa Bricchi inquadra le “Norte” nelle mansioni che Gadda svolse alla Rai a Roma, assunto da Angioletti, quale redattore al Terzo Programma. Un’attività grigia, che non lo incupisce, ma si drammatizza nelle confidenze e la corrispondenza – che mi tocca fa’.
Più colpisce, di questi paratesti con cui si irrobustisce il ripescaggio delle minutiae  d’autore, la qualità degli interlocutori, Contini, Devoto, etc., e la qualità dei temi che si discutevano, in anni, 1930, che pure sarebbero infausti. Oggi Gadda in Rai dovrebbe seguire, al meglio, qualche talk-show.
Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico, Adelphi, pp. 56 € 6

martedì 23 ottobre 2018

Dopo Kashoggi come prima

Tre gruppi americani di lobbying,  BGR, Harbour Group, Glover Park Group, annunciano che non lavorano più per Mohammed bin Salman, il principe ereditario saudita. È la conseguenza della eliminazione del giornalista Kashoggi dal consolato saudita di Istanbul. Un’altra società di lobbying invece annuncia di essere subentrata nella trattazione degli interessi del principe, la Southfive Strategies – a un prezzo presumibilmente più elevato dei contratti in essere con i recedenti. E la foto è subito diffusa di Mohammed bin Salman col figlio e il fratello della vittima. Tanto per il teatro. E per consentire all’amministrazione americana di continuare la relazione privilegiata. Con lo stesso uomo forte a Riad.
Le società di lobbying hanno svolto e svolgono un ottimo lavoro per il principe. Non si fa che parlare del rinnovamento in Arabia Saudita. La patente alle donne – poche, giusto per le foto. Il film di una regista – una principessa. Perfino qualche donna con gli occhi visibili. Il tutto targhettabile MbS, una celebrity. Uno Stato patrimoniale, della famiglia al Saud, senza costituzione e senza rappresentanza politica, prospettando come una sorta di California. Anzi, una Svizzera: hanno organizzato al principe una Davos nel deserto. Perfino Woodward, il giornalista anti-Trump, nel volumone con cui assedia il presidente, “Paura”, fa un’eccezione per MbS, benché amico di Trump.

Non  sembra esserci un dopo-Kashoggi nelle relazioni Usa-Arabia Saudita. Le società di lobbying, e altre di pr e media, hanno creato il personaggio ora discusso, con la visita alla Casa Bianca, interviste in tutti i network, pranzo con le celebrità, Oprah Winfrey, Morgan Freeman eccetera. Le tre società che rinunciano al contratto, sugli 80 mila dollari al mese ognuna, sono una parte piccola dello schieramento dì immagine del principe ereditario: nei soli Stati Uniti contava dieci società che ne rappresentavano gli interessi. Ora si riducono a otto, ma è sempre un grosso esercito.

Saremo africani

Un po’ in tutto il mondo non si fanno più figli. Non abbastanza per tenere il passo delle morti, benché queste si diradino, per l’effetto prolungamento della vita. Eccetto che in Africa.
È la rilevazione statistica dalla Population Division dell’Onu: nei primi due decenni del millennio ovunque le nascite sono diminuite . Eccetto che in gran parte dell’Africa. L’incremento demografico medio annuo mondiale è sceso poco sopra l’1 per ceto. Le previsioni, che in demografia sono già statistiche, danno il tasso inferiore all’1 già nel quinquennio 2020-2025.
In Giappone la popolazione è in calo. L’Europa ha una popolazione stagnante, malgrado le immigrazioni. In Nord America il tasso demografico è sceso dallo 0,9 del primo decennio a 0,7 nel secondo. E questo solo per la grande ondata immigratoria nei primi quindici anni del millennio.
Solo l’Asia occidentale, dal Pakistan al Medio Oriente, Iran compreso, e l’Africa mantengono tassi demografici elevati. Ma l’Asia occidentale va in rallentamento: l’incremento medio annuo è stato del 2,3 nel primo decennio del millennio, sarà dell’1,9 nel secondo decennio. L’Africa ha il record della crescita demografica nei primi due decenni: 2,5 nel primo, 2,6 nel secondo. E le previsioni sono in crescita: alle tendenze attuali, nel 2100 la maggior parte dei giovani nle mondo sotto i venti anni saranno africani.

Berlusconi si restringe

Ha cominciato col ridurre gli stipendi nei periodici - del 40 per cento, non di poco. E sede dei rami di azienda, che è quanto dire che li chiude – i periodici. E prima o poi licenzierà – ma di fatto le cessioni e le riduzioni sono licenziamenti.
Berlusconi si restringe non soltanto nel calcio, dal Milan al Monza. E in politica, dove molti dei suoi, troppi, gli preferiscono Salvini. La sua buona stella volge al tramonto anche in affari. Oppure ha deciso di liquidare, in vista della successione – troppi figli, poco capaci, non in armonia?
I periodici sono poca cosa, rispetto a Mediaset, alle case editrici, e alle partecipazioni finanziarie. Ma anche su Mediaset tira ria di restringimento. Passare la Premium a Sky, come si sta facendo, che per questo sposta a Milano il suo centro direzionale, è una cessione già più consistente dei periodici.

Ombre - 437

A strettissimo giro di posta la commissione di Bruxelles rigetta il progetto di bilancio italiano: Senza nemmeno il tempo di leggerlo: il rigetto era evidentemente pronto prima ancora che il testo arrivasse a Bruxelles. Poi si dice l’inefficienza della Ue.

L'Europa (non) finisce con i tecnocrati. La condanna di una legge di cui nulla sanno, la condanna preventiva. Da parte di un esecutivo di finti tecnocrati, di fatto rappresentanti di due gruppi politici minoritari da troppi anni, Dc - Tajani compreso - e socialisti. Per il resto obbedienti alla politica di Berlino.

Un passo senza precedenti, con modalità senza precedenti. Di nessuna saggezza: i partiti anti-Bruxelles non potranno che beneficiarne. La violenza suicidaria è la riprova della pochezza di Bruxelles e dei suoi colori politici: l’antieuropeismo non viene per caso.
Paradossalmente danno ragione a Salvini: che ci sarà l
’Europa, di nuovo, quando questi cadaveri saranno interrati. 

I mercati già non ci credono. Milano, che solitamente amplia le oscillazioni, per la ristrettezza del listino, perde la metà di quanto Londra e Francoforte perdono per la crisi di Wall Street.

Grillo esagera alla manifestazione romana dei 5 Stelle, contro il presidente della Repubblica e contro le vittime di autismo, e i giornali sono in pensiero: Grillo vuole riprendersi i 5 Stelle? Grillo abbandona i 5 Stelle? Ma Grillo è sempre stato Grillo, non si nascondeva – sono mutati gli ex Pci che lo votano (quando non votano Lega).

“Responsabili verso il paese, non solo verso i social”. Dice bene il presidente del consiglio Conte. Il governo di Casaleggio ha dell’incredibile. Il suo governo, di Conte. Conte chi?
Ma non è una farsa: li abbiamo visti al Quirinale, hanno giurato, vanno e vengono con le auto blu.

Ipertassare le pensioni di chi se le è pagate con i contributi, chiamandole per gli scemi “pensioni d’oro”, come se fossero regalate da Grillo, nel mentre che si condonano le tasse e le multe agli evasori, come ritratto del nuovo non c’è male. Ma qui si va sul delittuoso impunemente, e anzi accrescendo i consensi.

Il “Corriere della sera” che si affida alle penna “scientifica” del fisico Rovelli per avallare l’uso libero della marijuana era de vedere. La borghesia milanese vuole essere libera di fumare e di tirare. Non c’è più religione, i soldi stanno per tutto, si capisce la Lega, l’affarismo, il radicamento dell’affarismo.

La diossina non c’è a Milano. Neanche la truffa agli enti locali per lo smaltimento dei rifiuti. Le imprese appaltatrici che bruciano i rifiuti invece di trattarli o riciclarli come da contratto fanno parte del “tessuto connettivo” della società. Facile dire una società dei rifiuti.

Non si trova la diossina a Milano, malgrado i tanti roghi di rifiuti, perché non si trova un appaltatore o subappaltatore mafioso. Si cerca da settimane e mesi e niente. Bisogna essere con Milano: forza Milano: fuori il mafioso

La guerra americana in Iraq, che secondo il governo doveva costare nel 2002 “non più di 50 miliardi” di dollari, è costata “oltre” mille miliardi. Quanto aveva calcolato nello stesso 2002 William Nordhaus, ora Nobel per l’Economia – il giornale gli fa dire “un trilione”, cioè un miliardo di miliardi, ma è ma è trillion, americano per mille miliardi. .

La sporcizia è a Roma incredibile. Non quella fotografata e postata da artisti delle fake, col maialino a ruzzolare. Quella quotidiana, in tutte le strade, attorno a tutti i cassonetti. Di sacchi dell’indifferenziata, e di carta e cartoni. Ma nessuno protesta: aspettano i 780 euro a gratis, al mese. Per che altro avranno votato la sindaca?

Non protestano nemmeno le cronache locali, che a Roma sono controversiste. Si aspetta l'assegno anche nelle redazioni? Diavolo di un Grillo.

Il massimo del progresso è, in Islanda, paese delle donne, le classi separate a scuola, maschili e femminili. Per proteggere le femminucce. Che, come si sa, fra loro non non sono aggressive. E gli altri generi?

Sì comprano squadre di calcio per lucrare sui debiti – per prestare loro soldi a un buon rendimento. Era il caso del famoso Thohir, che non sapeva cosa fosse l’Inter, ma si faceva pagare dal club un comodo 8 per cento. E il caso del cinese Suning, che presta 230 milioni. Anche i Suning colgono l’opportunità con l’Inter.
Pi c’è un altro cinese, Lizhang, che “investe” sul Parma, che non sa cosa sia e dove.

I cronisti esaltano il comodo investimento, come impegno sportivo e anzi mecenatismo. Non solo quelli dell’Inter. Al Milan è la stessa cosa, anche se la proprietà, prima un cinese ora un fondo americano, è più sofisticata. Ma al’insaputa dei milanesi?

Ora ci prova Berlusconi? Che si è affezionato al Monza. Che è solo perdite. Berlusconi si è illusrato per le plusvalenze, su ogni bene su cui ha messo gli occhi, dal Milan alle assicurazioni – una sorta di portafortuna. Ma ora anche lui giocherà alla crisi. Per la prima volta ristruttura: riduce gli stipendi, taglia.

Tre ore di come vorremmo essere


Un film parlato, su poche scene, una dozzina. Per tre ore. Ma simpatico.
Un giovane scrittore torna a casa, a Čanakkale, sul mar di Marmara, dopo la laurea in Formazione, a caccia di qualche sussidio (fondi pubblici, promozione) per pubblicare un libro, il suo primo, “Il peso selvatico”. Farà il maestro, come il padre? Magari nella Turchia profonda, a Nord-Est? Probabilmente sì, anche in Turchia “non c’è lavoro”, il discorso è sempre quello. Magari dopo aver fatto il servizio militare, una fugace inquadratura nella neve del Curdistan. Il concorso comunque lo fa.
Insomma, un film di niente. Il padre ha due problemi: gioca, ha perso tutto, lo stipendio non basta per pagare i creditori al mercato né la luce elettrica; e scava un pozzo dove non c’è acqua. Ma non è quest il tema, non c’è dramma, il il ritorno è un’occasione per lunghe conversazioni, inquadrature quasi fisse. Col padre, e con la madre, i nonni, gli amici, chi passa il tempo giocando a carte al bar, chi fa studi religiosi, un’amica di liceo, che sposerà uno che non ama ma ha una professione, il sindaco, l’imprenditore. Tutti ben caratterizzati.
Lo charme è forse questo, dei caratteristi di cui si è perduta la traccia, gli attori “non-attori” - cioè attori al quadrato – dalla recitazione “non-recitazione”. Compreso il protagonista, che qui campeggia in tutte le scene, quindi per tre ore e passa, senza stancare, di cui basta l’andatura, da cavallo stanco. Tre ore di come vorremmo essere.
Nuri Bilge Ceylan, L’albero dei frutti selvatici

lunedì 22 ottobre 2018

Secondi pensieri - 364

zeulig


Dio Plinio il Giovane ne ha idea non peregrina, per quando incidentale – “Storia naturale”, 2,14: “Ritengo un segno di stupidità umana cercare di scoprire la forma e la fisionomia di Dio. Checché Dio sia – ammesso che Dio ci sia – consiste solo di senso, vista e udito, solo di spirito, solo di mente, solo di sé”. Estrapolazione (assolutizzazione) di ogni forma umana, i sensi, lo spirito, l’essere.  
Ermeneutica – È molte cose strane. Il dottissimo san Tommaso d’Aquino. O l’aquila sant’Agostino che deve discettare su cosa ha voluto significare una parola di san Matteo, il quale era un semianalfabeta – se era un discepolo, doveva esserlo. O il Grande Critico che costruisce l’Autore , anche inesistente.  
È un’arte per sé, l’interpretazione. Un esercizio di verità come esercizio sulla verità - l’arte è dell’esercizio, la verità la materia bruta, o campo di esercitazione.

La prende a partito Casanova, senza naturalmente nominarla, era scienza ancora non istituzionalizzata, nel libello “Lana caprina”, a Bologna nel 1772. A proposito di un “famoso signore di Saint Hyacinthe”, che “con il suo «Chef d’oeuvre d’un inconnu» fece inarcare le ciglia a tutta la repubblica letteraria”. Hyacinthe Cordonnier, cavaliere di Themiseuil o di Saint Hyacinte, pubblicò lo “Chef d’oeuvre” nel 1714, sotto lo pseudonimo di Chrisostomus Mathanasius: molte pagine a commento di una canzone francese. In cui, scrive Casanova, “egli difendendola fa pompa, ma gentilmente, di un sapere esterminato, e finissimamente critica i Casauboni,  i Menagi, i Vossi, i Scioppi, i Salmasi, i Sorbieri, i Scaligeri, ed infiniti altri”. Cioè Casaubon, Gilles Ménage, Gerhard Johannes Voss, forse Johann Schop, Claude Saumaise, Samuel Sorbière, Giuseppe Giusto Scaligero – quasi tutti francesi, Scaligero compreso, eccetto Voss e forse Schop.  
Casanova non ne aveva buona opinione: l’opera di Saint Hyacinthe diceva che “non può essere letta che ridendo poiché è piena di spropositi”. . 

Giustizia – Se ne misura il grado di giustizia da una semplice osservazione che la scrittrice canadese Mavis Gallant faceva nel 1971 per i lettori americani del “New Yorker”, presentando un caso celebre in Francia, Rossi-Russier, di una donna innamorata di una ragazzo giovane, che viene per questo imprigionata e si uccide: “Immaginate che l’habeas corpus non esista nella legge americana e la detenzione preventiva sì: chiunque può essere messo in prigione senza un giudizio  per il tempo che il giudice che conduce l’indagine preliminare giudica giusto. Il giudice è sovrano”. La giustizia dei giudici: una forma di potere, l’antìtesi quindi della giustizia.

Opinione pubblica – Si riduce al voto, la cui portata viene sconfessata, ora che il voto va a destra. L’opinione pubblica è di sinistra? È l’esito o lo specchio di una cultura politica progressista? Non può essere - sarebbe dire la cultura di sinistra o progressista vuota, se porta la politica a destra, oppure opportunista, scontata, conformista, qusle oggi si vuole.
Ma il pubblico non conta nell’opinione pubblica – quando si rifarà la storia dell’opinione pubblica bisognerà tenerlo presente.

Pagano – Il Battaglia lo rintraccia nel XIImo secolo. E lo definisce “abitante di paese”, “borghese”, lezione recepita dalla Treccani, in opposizione al miles, guerriero, bellicoso, e quindi al cristiano, che invece è un “combattente”. Ma non sarà il romanesco “burino” – pagus era il villaggio, l’agglomerato di campagna? Cioè uno ignorante. Comunque non recenziore: l’opera maggiore di sant’Agostino s’intitolava, nel V secolo, “De civitate Dei contra paganos”, ventidue libri di contestazione di ogni civiltà che non sia cristiana.

Parodia – È – può essere – solo scherzo. Altrimenti è infelice ripetizione. Kierkegaard: “Il quadrato è la parodia del circolo: la vita e il pensiero sono un circolo, mentre la pietrificazione della vita prende la forma della cristallizzazione. L’angolare è la tendenza a restare statici: a morire”.

L’ironia (Swift, Voltaire, anche Sterne) è un impianto - una posizione nella vita, una rigidità: per questo dissecca.
La satira tiene due ore e mezzo – la lunghezza di Aristofane.
Anche Rabelais si legge a pezzi – e perché è Rabelais.
L’ironia non regge una narrativa, solo l’aneddotica. Se non lievitata - alleviata – al modo dell’Ariosto, per una lettura multiforme, più immaginativa che critica, esagerata, e diventa patrimonio popolare.
Si può pensare tutta la “Ricerca” una colossale forma d’ironia, altrimenti tutto rasenta il ridicolo: la gelosia in mille pagine (mille! di uno, il narratore, che non è  mai stato innamorato, si sa, si sente), i froci, le lesbiche, le puttanelle, i borghesi pieni di sé, il padre-Cottard, la madre-Verdurin (o madame Straus e le altre madri alternative), gli stessi duchi, a loro volta snob. Anche se non senza compassione, che ne è la chiave: l’autoconsolazione.

Pudore – Sarebbe tema filosofico ma è trascurato, mentre  è tema casanoviano ricorrente. Con riferimento a Socrate in Platone, che Casanova cita in latino (“Lana caprina”, 41): “Dovunque c’è il pudore c’è anche il timore, mentre non è vero il contrario. Cioè che dove c’è il timore c’è anche il pudore. Poiché mi pare che la natura del timore sia più estesa di quella del pudore”. Il casanovista Renato Giordano attesta che “il problema del pudore ha sempre interessato Casanova e a Dux vi sono vari trattati su questo argomento. Ricordo per tutti un curioso e lungo trattato in italiano dal titolo «La vergogna»”, a tutt’oggi inedito.
Nello stesso trattatello, “Lana caprina”, Casanova cita in precedenza Erodoto, sempre in latino,  e san Cipriano, ma invertendo le citazioni. A Erodoto attribuisce san Cipriano: “La divina provvidenza ci ha dato il pudore e la nobiltà d’animo; così che chi ci dirige può frenare le nostre passioni con il pudore come si trattengono i cavalli col freno, ed evitarci vergognosi eccessi: ugualmente può servirsi della nostra nobiltà d’animo come d’un paio di speroni per spingerci al bene, lungo una strada difficile”. E: “È infatti il pudore ingenito il fondamento della temperanza”. A san Cipriano attribuisce Erodoto, “Gige e Candaule”: “Spogliandosi delle vesti, il corpo si spoglia di ogni pudore” 

Razzismo – È nozione conflittuale, tra le razze: a ognuno il suo razzismo. Ogni teorico razzista deve contestare il razzismo altrui, delle altre razze o nazioni, tribù, comunità. I razzisti italiani, Niceforo, Sergi, lo stesso Evola erano soprattutto applicati a contestare il razzismo tedesco, forte nel tempo di Hitler ma anche prima, o filotedesco (di Chamberlain et al.).

Scrittura – Ha vita autonoma. C’è nella scrittura, nella buona scrittura, dotata, qualcosa di più grande del percepito e dell’espresso, o del vissuto. Freud e Heidegger (e Nietzsche, eccetera), o Stendhal e Schopenhauer (ma anche Platone, Rousseau, eccetera), scrittori dotati, sono molto più grandi delle loro teorizzazioni, o del loro misero vissuto. Di una grandezza incomparabile, poiché la misura un fascino sterminato.
Ciò può essere fonte di meraviglia, entusiasmo o paura. Ma è esaltante: da solo dà la misura del potenziale umano, della realtà dell’uomo. 

Il montaggio è il segreto della narrazione (W.Benjamin)? L’enchaînement è obbligatorio, è la chiave del piacere di leggere. Ma può essere buona narrazione (buona lettura) una “scrittura delle scritture”, di citazioni, calchi, rinvii, echi. E la scrittura (lettura) frammentata. I salmi sono un’altra lettura – anche non devozionale: salmodia, inno, preghiera.


zeulig@antiit.eu

Il mondo va in città


L’urbanizzazione è in forte sviluppo nell’ex Terzo mondo, in Africa, Asia e Amerrica Latina. Ma è attiva anche in Europa e negli Stati Uniti, dove la popolazione si sarebbe detta stabilizzata già da decenni.
La Divisione Popolazione dell’Onu registra un aumento di un miliardo della popolazione urbana in Asia negli ultimi venti anni a fine 2017, in media di 50 milioni di persone l’anno. In Africa l’aumento registrato è di 280 milioni,  14 l’anno in media. In America Latina di 140 milioni.
Prosegue l’inurbamento anche in Europa, con 38 milioni di residenti nelle città in più nei venti anni al 2017. E più massiccio in Nord America (Stati Uniti e Canada), con un incremento di 60 milioni.
Attorno al’anno 2019 la popolazione urbana ha superato la metà della popolazione mondiale. Nel decennio successivo si calcola che arriverà al 56 per cento, pari a 4,3 miliardi di persone. In totale, le città sono cresciute nei vent’anni di un miliardo e mezzo di residenti, a un ritmo esattamente doppio di quello della crescita demografica.

Il mondo si muove


L’urbanizzazione è parte del movimento migratorio che la globalizzazione ha scatenato. Aprendo all’economia (produzione) mondiale le grandi aree del pianeta, dove i quattro-quinti, o cinque-sesti, della popolazione mondiale si trova.
È migrazione interna, verso i centri produttivi, le città. E migrazione internazionale e anche intercontinentale, alla ricerca di una qulache forma di reddito, in risposta a una domanda, benché generica e confusa.
La domanda è ora evoluta su posizioni di contrasto all’immigrazione, ma di fatto sempre bisognosa di nuova forza lavoro. In Europa, dove il tasso di sviluppo demografico nei primi vent’anni del Millennio si riduce allo 0,1 per cento, gli occupati aumentano dello 0,4 per cento – 0,5 nella Unione Europea, a 27. Negli Stati Uniti invece il tasso di sviluppo demografico è più alto, seppure inferiore all’unità, allo 0,8 per cento. E questo spiega le restrizioni all’immigrazione dell’ultimo decennio delle amministrazioni Obama e Trump.  

Morire d’amore, prima di Macron

Non è un racconto, della scrittrice canadese, è una cronaca. Nemmeno una cronaca raccontata, sulla scia di Capote cinque anni prima, “A sangue freddo”: Mavis Gallant non parla con i protagonisti dell’affaire: si limita a ricostruire la ricostruzione che ne hanno fatto i media francesi, che non hanno fatto che parlarne. È un racconto doppio, di una vicenda, e di come essa è raccontata – Gallant interviene a tre anni dai fatti, dopo il film che Cayatte ne ha tratto nel 1971, “Morire d’amore”.
L’interesse è della vicenda: Gabrielle Russier (nel film Annie Girardot), trentunanni, separata con due gemelli, che accudisce severa, insegnante, s’innamora di Christian Rossi, sedici anni, a una manifestazione di piazza. La brutta copia di quella che avrebbero vissuto venticinque anni più tardi Brigitte Trogneaux e Emmanuel Macron. Analoga in tutto, eccetto che nella differenza di età, quindici nel caso in questione, ventiquattro in quella di Macron. E nella conclusione, felice per Macron, traumatica in quella che qui si racconta - i frutti del Sessantotto maturano in ritardo, nel 1993 si potrà fare quelo che non si poté nel 1968-1969.  
Analoghi anche i comportamenti dei coprotagonisti. I mariti delle due donne, solidali. I genitori dei due ragazzi, comprensivi: cambio di scuola e di città, dissuasione morbida. Fino a un certo punto: i genitori del ragazzo, entrambi professori all’università di Aix, lui piemontese, dopo qualche mese ritengono l’equilibrio del figlio minacciato da Gabrielle e la denunciano per circonvenzione d’incapace. Sarà processata, il governo vuole una condanna – è presidente Pompidou, un banchiere letterato. La condanna sarà lieve, un anno con la condizionale. Ma dopo un processo spettacolo, e Gabrielle finisce suicida.
Mezzora dopo la sentenza lieve il Pubblico Ministero, obbedendo a un richiamo del ministero dell’Istruzione, ha presentato appello. Allo scopo di ottenere una condanna da iscrivere nel casellario giudiziario, e impedire così che Gabrielle Russier possa avere uno statuto di dipendente pubblico.
Mavis Gallant ne trae la morale all’inizio, presentando il caso al pubblico americano: “Don Giovanni esercita un ruolo normale in società, mentre le donne sono state portatrici di guai fin dalla Genesi”. Ma poi ne fa un racconto di estremo interesse. I genitori del ragazzo sono comunisti. Il ragazzo è maoista. Dopo la morte di Gabrielle il presidente cita in tv una poesia di Paul Éluard, patriota, comunista, su una ragazza martirizzata dalla società perché innamorata della persona sbagliata… “Il tema del ragazzo e della donna matura è ripetuto nella narrativa e il teatro in Francia. Gabrielle lo sapeva poiché insegnava Racine e Stendhal, Colette e Radiguet”.
Gabrielle era protestante, figlia di un noto avvocato parigino, e di un’americana dell’Utah, nipote di un religioso, ma girava su una Dyane rossa, si firmava anche “Dyana Rossa”, all’italiana (scrive anche a Christian in italiano, un telegramma in particolare, che la porterà in prigione e in tribunale), e regalava agli studenti libri di Sartre e Vian. Non abbastanza per scandalizzare i genitori di Christian marsigliesi – la scena è Marsiglia – ma sì per i media. Piccola e minuta, aveva trent’anni ma ne dimostrava diciotto. “una hippie androgina”, per dire che aveva poco seno e pochi fianchi, “non era bella”, non rideva e nemmeno sorrideva, “i suoi studenti l’adoravano, la chiamavano Gatito, che in spagnolo è gattino, e le davano il tu, che in Francia è inconsueto, anche ai bambini si dà il voi…” Una storia struggente, senza essere sentimentale.
Mavis Gallant, Immortal Gatito, “The New Yorker”, free online

domenica 21 ottobre 2018

Il papa torna in Cina all’anno Mille


Il presidente Xi non nominerà i vescovi, come pretendeva, ma si riserva il benestare. Cambia molto nell’accordo del 22 settembre tra il cardinale Parolin e il governo cinese, rispetto ai lunghi decenni di non-compromesso tra il Vaticano e il governo comunista in Cina? Cambia perché non ci sarà più nessuna ragione legale per la persecuzione della chiesa in Cina. Ma per la chiesa è un ritorno
L’uso, dopo Costantino, e fino a Gregorio Magno, anzi fino all’anno Mille inoltrato, l’imperatore ratificava l’elezione dei papi. È solo con Greforio VII, a fine XImo secolo, che i vescovi vengono nominati dal papa, e non eletti dal popolo o dai principi. Si può dire la Cina migliore conoscitrice della storia della chiesa e del diritto canonico. O la chiesa immutabile.

L’industria dell’Aids – cronache dell’altro mondo 13


Al culmine della crisi dell’Aids, negli anni 1980-1990, molti che ne furono affetti vendettero le polizze vita nominando un beneficiario a loro sconosciuto, spesso una società, scommettendo in pratica sulla propria morte. Tra gli anni 1980 e 1990 un nuovo settore finanziario si sviluppò. Dei “regolamenti viatici”, molto attivi nella promozione e la pubblicità, specie nella stampa Lgbtq.
Un regolamento viatico”, spiega la Treccani, “è la vendita di una polizza assicurativa vita esistente da un terzo a un terzo per più del suo valore di rendimento in contanti, ma inferiore alla sua prestazione di morte netta. Tale vendita fornisce al proprietario della polizza una somma forfettaria. Il terzo diventa il nuovo proprietario della polizza, paga i premi mensili e riceve il pieno vantaggio della polizza quando l'assicurato muore”.
Senonché nel frattempo si realizzavano i farmaci inibitori e anti-virus e molti sono sopravvissuti.
Uno di essi, Sean Strub, oggi sindaco di Milford in Pennsylvania,  che col ricavato ha poi creato il periodico POZ, spiega che “viaticò” tre polizze vite, realizzando il 93 per cento del “caso morte” su una polizza da 150 mila dollari, il 70 per cento su una polizza da 300 mila, e circa il 50 per cento su una da 20 mila.

Che noia, i segreti della Casa Bianca

“Il vero potere è paura” è di Trump. In un’intervista con Woodward da candidato presidente. Nemmeno minaccioso: “Il vero potee è - non voglio nemmeno usare la parola – paura”. Ma la paura viene solo alla prima pagina: Gary Cohn, il presidente-direttore generale della banca d’affari Goldman Sachs che Trump ha nominato a capo dei suoi consiglieri economici sottrae dalla scrivania del presidente una bozza che, se firmata, avrebbe interrotto l’alleanza con la Corea del Sud, innescando una possibile terza guerra mondiale… Non una buona suspense, Cohn essendo un democratico che si è proposto a capo economista di Trump, dimettendosi dopo qualche tempo perché non condivideva la politica dei dazi doganali.
Il resto è altrettanto freddo, uno dei tanti articoli che si scrivono contro Trump. Visto dal di dentro, dai suoi collaboratori, o presunti – “Trump alla Casa Bianca” è il tema. Ma senza novità, né di notizie né di analisi. Tutti belli-e-buoni alla Casa Bianca. Eccetto Trump, che li ha nominati. Meglio ancora sono quelli che ci ambivano ma Trump non li ha nominati. Il libro è fatto sulle loro testimonianze. Controllate naturalmente, è il metodo Woodward, un giornalista del fact-cheking, del controllo delle notizie, più che investigativo. Ma a nessun effetto – non ne esce fuori nulla. Un articolo lungo 500 pagine.
Lo stesso Trump è Trump, non ne sappiamo altro. Un uomo d’affari catapultato al potere, e della specie più vieta, un immobiliarista. Che però ha vinto un’elezione estremamente difficile, già vinta dalla sua oppositrice, da estraneo al suo stesso partito, e dunque sarebbe un uomo politico. Anche i dazi non sarebbero male – Michael Spence, il Nobel “milanese” dell’Economia 2001, dice oggi sul “Sole 24 Ore” che fa la politica estera giusta, quella dei dazi  e della deglobalizzazione - ma questo è irrilevante, si vedrà. Qui non se ne dice nulla, nulla di più delle critiche note.
Woodward ri-racconta le indiscrezioni che affliggono la presidenza Trump – come ogni altra presidenza, bisogna dire, i media americani ne sono ghiotti – senza mordere. Forse per l’aura di obiettività di cui li soffonde. Il metodo Woodard è che Tizio dice che Caio ha detto o fatto quello, Caio nega o conferma, con circostanze, attenuanti o aggravati, e il tutto lascia il tempo che trova. Anche dove si racconta una cosa importante in questa settimana in cui il libro è uscito in Italia. Che l’accordo militare con l’Arabia Saudita, mediato dal genero di Trump Kushner insieme con Mohammed bin Salman, è stato il grimaldello con cui il giovane principe, oggi in disgrazia per l’assassinio Kashoggi, è riuscito a scalzare gli altri pretendenti alla successione al trono saudita: le date sono quelle, una settimana dopo l’accordo il re Salman, suo padre, poteva nominarlo principe ereditario, senza obiezioni in famiglia.
Il resto è noia. Sceneggiando personaggi e storie di poco spessore, e indifferenti ai più, anche se “interni alla Casa Bianca”, come il vieto schema scandalistico impone. Tra chi parla, chi ascolta, e magari tace, dissentendo (questo di solito è l’informatore), chi consente, chi si oppone apertamente,  all’accordo con l’Arabia Saudita come su ogni altro aspetto. Burocrati per lo più, comunque personaggi senza spessore – lo cercano “uscendo” con Woodward.
Il tono è antitrumpiano, naturalmente, ma questo non esime – la metà delle pagine sarebbe bastata, anche un quarto: un libello “obiettivo” per 500 pagine è troppo. Woodward è rimasto un cronista, con la passione per i fatti. Ma non per l’analisi, quindi per il loro racconto, per la loro messa in prospettiva.  Si è fatto anche conoscere per non tradire le fonti, e quindi molti parlano con lui. Ma, nell’anonimato, possono usarlo, e lo usano. Il rapporto fra cronista e fonti è sempre stato delicato, e Woodward non estende il fact-cheking - i riscontri - alle fonti.
Ma, poi, non sta al lettore spiegarsi perché un libro è noioso.

Bob Woodward,  Paura, Solferino, pp.490, ill., ril. € 22