lunedì 17 febbraio 2025
Letture - 570
Se tutto è sette
Tutti i possibili
significati, le proprietà, i ricorsi (non tutti, questi: in appendice un repertorio
lungo quattro o cinque pagine, costruito trent’anni fa per il romanzo “In virtù
della follia”), del numero forse più ricorrente di questa curiosa serie, dall’1
al 12, ideata da Umberto Bottazzini, “Storie di numeri” (“alfabeto di ogni
civiltà, i numeri esprimono la misura del cammino umano). Un numero debordante
nella numerologia ovviamente, ma di più nel linguaggio profetico, ebraico, e
nel calendario. O nelle geografie mentali: la natura “sette bellezze” del poema
omonimo di Nezāmī, la “Settimana di bontà” di Max Ernst, il Teatro dela Memoria
di Giulio Camillo. Con le sette età della vita, per esempio di Shakespeare, “Così
è se vi pare”. Un numero ubiquo
Un volumetto denso
- Ebgi, storico della filosofia, è versato in molte discipline. Che alla fine
pone il problema invece di risolverlo. Perché sette è un problema: perché tanta
“popolarità” del sette e non di un altro numero? Si, indivisibile, etc., “il numero della
totalità (dell’unione di cielo, il 3, e terra, il 4); … il numero dell’intelligenza
(assieme maschile, il 3, e femminile, 4) che vuole contenere in sé tutto l’universo”,
si, ma poi?
Raphael Ebgi, Sette, Il Mulino, pp. 185 € 13
Appendice
Un
repertorio ampio del numero sette, nemmeno esaustivo, avevamo potuto compilare
nel romanzo “In virtù della follia”:
Il
pellegrinaggio delle Sette Chiese era stato da poco restaurato da Filippo Neri,
scrive l’oratoriano Carlo Gasbarri nella Visita filippina
delle Sette Chiese. La tradizione prevedeva un “giro
simbolicamente sintetico dell’Orbe cristiano”, San Pietro rappresentando il
patriarcato di Costantinopoli, San Paolo quello di Alessandria, San Lorenzo
quello di Gerusalemme, Santa Maria Maggiore Antiochia, “cioè i capi del mondo
fedele, cui sovrastava il Laterano, sede del Sommo Pastore, che tutti in sè
riassumeva”. Alle cinque soste originarie Filippo aggiunse due intermedie, a
San Sebastiano — fra San Paolo e San Giovanni in Laterano — e a Santa Croce,
anch’essa in Gerusalemme — fra San Giovanni e San Lorenzo. Per un certo periodo
si arrivò a nove ma poi, spiega Gasbarri, “ci si polarizzò sulle sette
basiliche, che nel numero altamente simbolico e nel percorso di oltre sedici
miglia costituivano una discreta penitenza”.
San
Sebastiano era il punto centrale del pellegrinaggio. Paesaggio all’epoca
“georgico e riposante”, secondo un memorialista, “di armoniose linee
classiche”, era ancora campagna aperta, ma non estranea alle vicende umane.
“Non vi è palmo di terra”, ha scritto l’abate Carlo Bartolomeo Piazza negli Hyeroxenia, “sotto il quale non sia stata abitazione tra
quegli Antri, Grotte, Tombe, Arenari], e Cimiteri]', quasi Steccato di Cristiana
Fortezza, e Pazienza. Da queste sotterranee Caverne, e nascondigli d’anime
grandi, a guisa di Fornaci di Paradiso, uscirono beati incendij di Amore, e di
Carità”.
Della
pia pratica e del numero sette scrisse il pontefice Sisto Peretti (1585-1590)
nella bolla Egregia Populi Romani Pietas: “E
sono esse (le chiese) veramente celeberrime per l’antichità, per il culto, per
le venerande reliquie dei Martiri, per le sacre indulgenze, e infine per il
mistico senso del numero settenario. Come l’apostolo Giovanni, scrivendo la
mirabile sua Apocalisse alle sette Chiese dell’Asia, volle adombrare la Chiesa
universale, che Dio adorna con i sette doni celesti dello Spirito Santo, e
nella quale soltanto dimora e riposa, così sette Chiese in Roma si
stabilirono, con grande arcano del numero stesso, affinché più chiaramente
apparisse l’unione e la perfezione nel capo stesso da cui promana l’unità della
Chiesa tutta”.
L’arcano, volendolo, si poteva dire
sciolto da una lunga tradizione, di cui era stato sistematore nel primo secolo
il dotto ebreo Filone d’Alessandria. Sul solco probabilmente dei “Proverbi”,
9,1: “La saggezza ha
fabbricato la sua casa, ha lavorato le sue colonne, in numero di sette”. Filone,
il conciliatore della fede e della filosofia, attribuiva al numero sette
“valore divino”. La potenza del numero, scrisse diffusamente, si esplicava in
aritmetica, geometria, biologia, astronomia, cosmologia, musica, moto, cicli
della luna (i numeri da 1 a 7, sommati, danno 28). E ancora: sette sono i
cerchi del cielo e le schiere dei pianeti, le età dell’uomo (secondo Ippocrate;
secondo Solone, invece, le età dell’uomo sono dieci, ma di sette anni ciascuna)
e i sensi (ai cinque canonici vanno aggiunti il sesso e la lingua), le
secrezioni del corpo (lacrime, muco, saliva, sudore, sperma, cacca, urina) e le
sue parti, quelle visibili (testa, tette, braccia, gambe), quelle invisibili
(stomaco, cuore, polmone, milza, fegato, reni) e quelle della testa (occhi,
orecchie, narici, bocca). E l’unico numero che “non genera e non è generato”,
assimilato dai filosofi a Vittoria-Atena, “che è vergine, non ha madre, e si
racconta essere nata dalla testa di Zeus”, e dai pitagorici alla Guida dell’universo.
Un
numero ubiquo, insomma. Centrale nella numerologia semitica.
Che lo trasmise alla cultura greca, secondo Nietzsche, “Il servizio divino
degli dei”, che ne fa minuto elenco per un paio di pagine. In relazione con i
pianeti, con la scala dei suoni, dei colori, dei giorni della settimana. È
numero primo privilegiato dalla Bibbia, nonché dall’“Apocalisse”, la Cabala e
la Massoneria, ma anche da Auguste Comte, il re dei positivisti. È la base
della sua “Synthèse subjective”, il finale “poema dell’Umanità” in ottocento
pagine. Il poema Comte lasciò suddiviso in sette capitoli. Ogni capitolo si
compone di tre parti, ognuna delle quali è però suddivisa in sette sezioni.
Formate a loro volta ognuna da sette gruppi di frasi.
La
tradizione religiosa ricorda le sette stanze di Moloch, le sette porte o gradi
di iniziazione di Mitra, le sette vacche belle e grasse, e le sette brune e
molto magre, le sette spighe piene e rilucenti, e le sette vuote e arse, i
sette anni di abbandono, e i sette di carestia, che salvarono Giuseppe nella
Bibbia, repertorio massimo del numero (sette è “la semitica totalità”, afferma
Ceronetti — e lo conferma la Cabbala, con i sette santuari e i sette sentieri,
le sette dimore impure, i sette bracci della menorah, i
sette cieli del Talmud, e il Dio dello Zohar, Libro dello Splendore,
il quale non procede che per sette: “Il Santo benedetto Egli sia, si trova nel
settimo di tutto” — mentre per il commentatore delle Edizioni Paoline il sette
“nelle Scritture indica un numero grande, e moltiplicato indica un numero
indefinito”), i sette altari, i sette giovenchi e i sette montoni di Balaam, i
sette mariti che lasciarono infelice Sara, morendo la notte stessa in cui si
proponevano di accostarsi a lei, i sette fratelli, mariti sterili di una sola
moglie, della casuistica sadducea, i sette santi, i sette dormienti di Efeso
(che secondo Louis Massignon sono gli stessi di prima), le sette piaghe, i
sette re d’Egitto, i sette diavoli di Maddalena, le sette parole di Cristo in
croce, oggetto di appassionata trattazione di san Roberto Bellarmino. O, più
antiche, le sette sorelle e le sette stelle del sogno di Kassi, più moderne,
le litanie settiformi, la settemplice fraternità rosacroce, i sette gradini
della scala di sant’Agostino per valutare la capacità di comprensione
dell’anima, i sette capi del dragone purpureo seduttore del mondo, che è
Satana, dell’apocalittico Innocenzo III. Sette gli Inni dei “Mattutini”, che
scandivano la vita monastica, sette quelli delle “Laudi”, e Sette dei “Vespri”,
che avevano come tema i sette giorni della creazione.
Tutto
è sette in Gilgamesh, romanzo dell’amore
uranico, e nell’Apocalisse (Sigilli,
Angeli, Trombe, Segni, Lampade, Chiese, Coppe versate), opera di san Giovanni
di Patmos patrono della massoneria, che il pio Renan definì “libello radicale
contro l’impero romano” e l’erotologo inglese D.H. Lawrence, figlio di
minatore, “un’orgia di mistificazione al lavoro da quasi duemila anni” per
minare l’aristocrazia del Cristo, o il carattere individuale della salvezza,
mediante la sobillazione delle masse (è “metafora del crollo del capitalismo”,
dirà H.M. Enzensberger).
I cigni girarono sette volte attorno a Delo,
sottolinea Anaerobio, al momento della nascita di Apollo, il dio della lira,
strumento a sette corde. Sette le esistenze di Tiresia. Sette anche i figli e
le figlie di Niobe, i re di Roma e i colli, i pilastri della saggezza, le
meraviglie del mondo, le porte di Tebe, i santi patroni di Marrakesh, sette i
giorni della luna, i raggi del sole, i colori dell’arcobaleno, i sacramenti, i
vizi capitali, stranamente monchi, le virtù (tre più quattro), le arti liberali,
che secondo Marziano Capella conducono l’uomo in cielo, gli anni della Montagna incantata.
Sette i Dolori di Maria il venerdì
successivo alla prima domenica di Quaresima, oppure il 15 settembre,. le opere
di misericordia corporale e quelle di misericordia corporale. Sette i
personaggi dei compianti, attorno al Cristo morto. Con il setticlavio. I Sette
di Chicago – che erano otto, ma uno fu dimenticato dal giudice che doveva
condannarli. E i sette del Franck Report, che prima di Hiroshima ne provò le
devastazioni. Sette i nani di
Biancaneve dei fratelli Grimm, “E lo specchio magico le rispose : «Al di là dei sette monti, al di là
delle sette valli c'è la casa dei sette nani, in cui vive Biancaneve che è
ancora più bella di te»”. i
viaggi di Sinbad il marinaio, le sorelle del petrolio, le cinta del castello
dell’anima, i gradi della perfezione, le note musicali, le vocali del greco
antico, i petali della rosa, le stelle dell’Orsa e le Pleiadi, le colline del
Reno, i savi di Roma, dell’Ellade e d’altrove, le vite dei gatti, le
donne di Barbablù, i sette anni di riflessione e gli altri sette di disgrazia,
che fa quattordici, un buon titolo.
Arrivando a
noi, vanno ricordati II settimo sigillo,
Sette spose per sette fratelli, I sette fratelli, Sette storie gotiche, I
sette tipi d'ambiguità,
i settennati presidenziali, passando ovviamente per Kafka (“chiesi se dietro i
sette mari ci fossero i sette deserti e dietro a quelli le sette montagne,
sulla settima montagna il castello e...”). Il numero è ricorrente anche al
gioco delle carte, con primiera, settebello e sette e mezzo, e dell’occulto,
sotto il segno di Pietro d’Abano. J.Roth ricorda, celebrando “La quercia di
Goethe a Buchenwald”, il “böse Sieben”, il sette cattivo, del Kaiserspiel,
antico gioco di carte tedesco Il sette che anche nelle carte tedesche è
migliore di tutte le altre, il sette pigliatutto, ma è raffigurato nelle
sembianze di una strega:
Ha
tradizione in Francia (il Colloquium
Heptaplomeres di Jean
Bodin, il teorico dello Stato moderno, della tolleranza, e della caccia alle
streghe, l’Heptameron di Margherita, energica sorella e
compagna di svaghi del re Francesco I) e senso universale. E la chiave del
segreto di Dante per Renè Guenon.
“Al
tre, numero dello spirito e della germinazione di ogni forma, si aggiunga il
quattro, numero della materia, e si avrà la completezza, il sette, proprio dei
nani costruttori”: così Elémire Zolla presenta II signore degli anelli.
Ma il quattro, aggiunge, è meglio, è la triade benefica, calore luce e aria,
corpo anima e spirito, Padre Figlio e Spirito, più il demonio, significato che
una data storica confermerebbe, il 16 aprile 1616, scelta da Shakespeare e
Cervantes insieme per riunirsi nell’aldilà - contro il parere di Jonathan
Swift, il quale, apologeta del numero tre, riteneva il quattro “cabbalistico e
superstizioso”. Quattro le stagioni, i punti cardinali, gli elementi, i
fluidi vitali (bile nera, bile gialla, flegma, sangue – e lo sperma?), le parti
del giorno, le età della vita. La tetraktys
di Pitagora. E Schopenahuer pitagorico Sulla
quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Il Geviert di Heidegger, il quadripartito,
la quadratura, il quadrato, la “raccolta dei quattro”, la terra, il cielo, i
divini, gli umani. Quattro le virtù cardinali, e i peccati che gridano vendetta
al cospetto di Dio.
Il
tre viene prima – “omne trium est perfectum”, da Proclo a Binswanger. Ma il
sette ha più mistero – a parite dal “bau-sette-te infantile. Sette i santi di
Firenze, i sette santi fondatori, dal 1888 – di che, dell’Italia massonica? Il
Settenario simboleggia per Guénon, Il
Demiurgo”, i sette Elohim, i quali rappresentano l’insieme delle forze
naturali”, o le sette sfere planetarie
Fu il numero di Hitler. Che vanterà la tessera numero sette della
Deutsche Arbeitspartei di Anton Drexler, i laburisti tedeschi, alla quale si
iscrisse da neofita in politica nel 1920, mentre invece era
cinquantacinquesimo. Sette è l’eletto?
Paolo Legrenzi, Non occorre essere stupidi per non fare sciocchezze”: “La specie
umana ha una memoria di lavoro che può contenere 7 “+ o – 2” informazioni, cioè
normalmente 7, ma comunque non più di 9.Quest vuol dire che, da giovani,
possiamo ricordarci, fino a quando non lo trascriviamo, un numero telefonico di
7 cifre (alcuni si fermano a 5 ed altri arrivano a 9, ma non si va al di là di
questi limiti). E analogamente: sette mosse se giochiamo a scacchi, sette
cambiamenti di direzione se ci muoviamo in una città sconosciuta, sette
sequenze di mosse se pratichiamo uno sport, sette persona appena conosciute a
un ricevimento, sette oggetti se diamo un’occhiata a un tavolo su cui ce ne
sono tanti”.
Quattro
e sette in realtà sono concorrenti nelle perfezioni, e la controversia resterà
viva a lungo: quando Galileo annunciò i quattro satelliti di Giove, le accuse
di sacrilegio vennero dai fautori del numero sette quale metro divino per la
regolazione del sistema planetario — li conforterà la cosmologia di Hegel —,
mentre gli entusiasti furono coloro che avevano elevato il quattro a cifra
metafisica.
Sette,
secondo la Constitutio criminalis
dell’imperatrice progressista Maria Teresa, le fiaccole per le peinliche Fragen, la tortura mediante “quesiti penosi”,
ovvero scottatura dei fianchi, dei seni e delle ascelle. Malcolm X dirà nell’Autobiografia: “U sette è sempre stato il mio numero
preferito”. Fino a Beast in view, il capolavoro
di Margaret Millar: “Aspettando la risposta fece la somma dei numeri, 15115.
Tredici. Aggiungendo uno e dividendo per due ebbe sette. Tutto fa sette. Anche
se la gente non lo sa”. Millar riecheggiava sant’Agostino, il quale ha visto il
numero sette, “simbolo ordinario di universalità”, anche nel dodici, il numero
dei patriarchi e degli apostoli, come prodotto di tre per quattro, o di quattro
per tre, e nei dieci comandamenti, che sono tre più sette, ma ha ammonito: “Ci
sarebbe molto da dire, sulla perfezione del numero sette. Ma questo libro {La città dì Dio) è già abbastanza prolisso, e potrebbe
sembrare che voglia prendere l’occasione per esibire finezze culturali a scopi
di nessun interesse invece che a vantaggio delle lettere”.
L’astronomia e la Cabala, secondo la
scuola di Gerona, danno al mondo sette cicli di settemila anni, 49 mila anni in
tutto. Dopo sette millenni il mondo va in sabbatico e si distrugge. Distrugge
gli esseri, mantenendo il cielo e la terra. Ma dopo i sette cicli il caos è
totale. Tutto ha una fine.
domenica 16 febbraio 2025
Ombre - 761
Interpellato sulle acquisizioni
bancarie in corso, Unicredit-Bpm, Mps-Mediobanca, il governatore della Banca d’Italia
Panetta si schermisce: “È difficile ipotizzare che la Banca d’Italia possa commentare
come se si fosse in un talk-show”. Ma poi spiega e documenta, con istogrammi
raccapriccianti, che il valore medio dell’attivo delle prime cinque banche
italiane è “quattro volte inferiore rispetto a quello delle banche francesi” e “una
volta e mezza più basso” di quello degli istituti spagnoli e tedeschi. Giganti
nani - impressionano solo una stampa
mediocre.
Chissà
perché il Pd si fa prendere periodicamente dalla chimera patrimoniale – ora anche
Conte, ma di lui non si meraviglia, pur di “uscire in televisione” dice di
tutto. Che non si farà – non si può fare, la Costituzione comunque non lo consente,
a meno di una controriforma fiscale. Ma soleva nell’ottanta per cento degli italiani,
che la patrimoniale minacciata non toccherebbe, le patrimonialine che devono
ogni mese, le addizionali, l’Imu, la Tarsi, le bollette elettriche a consumo
zero. Sulle seconde case, certo, ma alzi la mano un italiano che non abbia la
casa dei genitori, dei nonni - un fardello da Monti in poi, dal centro-sinistra,
gravoso e gravosissimo.
“Il pugno di Vance all’Occidente”,
titola a tutta pagina il Corriere della sera” dopo la sfuriata del vice-presidente
Usa contro l’Europa. Sotto un fascione: “Draghi. «Ci siamo imposti i dazi da
soli»”. Un inizio di resipiscenza? Cerchiobottismo?
“Salvaguardare la sicurezza
europea deve essere un imperativo per i membri europei della Nato”, spiega mercoledì
a Bruxelles Pete Hegeseth, neo ministro Usa della Difesa: “Devono spendere il 5
per cento del loro pil nella difesa”, e dire “con franchezza ai loro popoli che
le minacce possono essere affrontare solo spendendo di più nella difesa”. Gli Stati
Unti ci spendono il 3,5 per cento del pil. E coprono da soli due quinti della
spesa militare mondiale – tre volte quella della Cina, dieci volte quella della
Russia.
Ma sono gli Stati Uniti
arroganti, o è l’Europa incapace - anche solo di leggere le cifre?
Ogni anno Sanremo è record,
“l’edizione più seguita da un quarto di secolo”. Ed è un cabaret (stand-up comedy) anti-governo,
Cucciari, Benigni, eccetera, quando il governo è di destra. Da Crozza in poi –
che però s’impuntò a fronte di un contestatore. Sembrerebbe un festival anticonformista,
e invece è corrivo, sa di saputo.
È curioso questo Sanremo sempre de
sinistra – come a Roma è festa sempre de noantri: Cristicchi non ha vinto perché fascio. Con
due terzi della audience ogni anno, milioni e milioni di spettatori. Per
cinque giorni di fila, per cinque lunghe notti, giovani e vecchi insieme, sinceri
appassionati? Tutti gli elettori del Pd vedono Sanremo? E gli altri - Sanremo raccoglie tra11 e 17 milioni di spettatori, il doppio dei voti alle sinistre nel 2022? Saranno gli astenuti.
Sanremo è uno spettacolo Rai, di un’azienda pubblica cioè, che si suppone gestita dalla destra, se è al governo. E questo è il suo segreto, che tutti sanno ma non si dice: è sempre impertubabilmente “democristiana”, da Bernabei in poi.
Si almanacca sul perché
Maria Zakharova abbia attaccato il presidente Mattarella, a dieci giorni dalla
sua critica - peraltro non lieve: assimilare la guerra all’Ucraina, dopo la
svolta violenta in quel paese antirussa, alle guerre di Hitler. Mentre il motivo
è palese: bullizzare l’Europa dopo l’accordo di massima Trump-Putin. Puntando
sull’unico Paese Ue con l’esecutivo stabile, fra quelli di qualche peso – indirettamente
sancendo l’irrilevanza di Francia e Germania, dei governi in carica. Ma, poi,
della Ue nel suo insieme: si critica una critica storica, non la guerra per l’Ucraina.
Si fa strame curiosamente
della Russia anche sotto questo aspetto: che sia grossolana e non sottile. Mentre
perfino la scelta di Zakharova per la protesta, invece del ministro degli
Esteri Lavrov, o del suo ministero, come si sarebbe dovuto da procedura
diplomatica, ha un senso: delegare la protesta a una giornalista, peraltro “italianeggiante”
– una protesta giornalistica, da chiacchiera.
Valentino sul “Corriere
della sera” spiega Zakharova, che pure conosce di persona, come una belloccia
Roma Nord, che “sempre supergriffata, lo shopping va a farlo a Dubai”. Facile per
lei lo smash: “Non ho ma fatto shopping in vita mia, né in Italia né in
nessun altro Paese. Ho altri interessi. Musei…. etc.”. O è la Russia sempre incognita?
Come ai tempi del bolscevismo, quando non si accettava che le mogli dei prominent,
di Gromyko p.es., parlassero inglese e conoscessero i dossier.
Il debito scende sotto i 3.000
miliardi, silenzio. Scende anche in rapporto al pil. Silenzio. Era sopra i
3.000 miliardi un mese prima, armageddon. L’“aria di crisi” dev’essere generale,
totale. Ma questa crisi estenuata, politica, finanziaria, economica, ora anche
militare (chi ci fa la guerra, la Russia?), a chi giova? È solo giornalismo per non saper
fare altro?
A un certo punto, nel
lungo ritratto che Mara Gergolet abbozza di Alice Weidel, fondatrice e leader
della destra tedesca, Alternative für Deutschland, fa parlare il suo ex capo a
Allianz e a Goldman Sachs, “l’americano Jin Dilworth”, che tra le tante cose
dice, quando Weidel decise di lasciare la finanza per Afd: “Una scelta che mi
stupì, la cosa più radicale allora nelle sue opinioni era lo scettiscismo verso
l’euro”, Lei si spiegò così: “Nella Cdu ci vorrebbero vent’anni”. Furba, no.
Ma il sottinteso è che Afd
si pone come una Dc di destra – il nazismo non c’entra, in Germania non
porterebbe un deputato.
È corsa a Generali. Unicredit
ammucchia un 5,2 per cento del capitale, Delfin (i Del Vecchio) forse un 20 per
cento, partendo dal 9 che già detiene. Pro o contro la scalata di Mps, via
Mediobanca? I Del Vecchio sono grandi azionisti anche di Mps, e di Mediobanca.
Unicredit si dichiara neutrale, ma è chiaro che è solleva un macigno contro il
disegno politico che sta dietro la scalata Mps a Mediobanca-Generali – che è un
po’ Davide all’assalto di Golia, ma molto è politica in affari. Unicredit punta
al “non facciamo scherzi”, ma sul presupposto che i Del Vecchio, dopotutto, puntino
al dividendo e alla rivalutazione.
Mps-Mediobanca (con
Generali): ci vorrebbe una golden rule che valuti l’interesse “nazionale” contro
quello di un governo, o di un partito, di un ministro. Questa, fra la tante norme,
ci è mancata, che invece è indispensabile – il sottogoverno è vivo e combatte
insieme a noi.
Curiosamente, nel suo
piano di difesa dalla scalata Unicredit, sventolando la bandiera patriottica Commerzbank
licenzia in Germania e assume in Polonia. In Germania ne licenzia non pochi,
3,.900, in Polonia ne assume anche di più. Per ragioni di buona gestione,
certo. Il che però vuol dire che finora non era tanto buona. E che Commerzbank
non è l’avamposto di nessuna Linea Sigfrido. È curioso che la difesa di
Commerzbank si faccia in Germania su basi nazionalistiche,
“Volontario a 25 anni, in
Vietnam guidavo marines che mi volevano morto!”: William Broyles Jr. ci ha
scritto su un libro, cinquant’anni dopo la sconfitta, e vuole propagandarlo, forse
esagera. Ma poi precisa, con un dato ufficiale: “Trecento ufficiali furono
uccisi dai loro soldati”.
Molto ancora non si sa
delle guerre americane – ancora, cioè in
piena era dell’open source, del giornalismo investigativo, della
desecretazione dei documenti, del furto dei documenti.
Non è più visibile, Sky
Tg24 l’ha cancellata, ed è un peccato, l’intervista che Renato Coen a Bruxelles
ha azzardato col presidente di una “Associazione rifugiati dalla Libia”, di nome
David Yambio. Un sud-sudanese a suo dire fuggito dalla guerra endemica a 16
anni, per approdare, dopo deserti e frontiere (frontiere nel deserto), nella
Libia di Almasri: “Io, torturato da Almasri, vi racconto l’inferno della
prigione di Mitiga”. Un eloquio inarrestabile che lasciato Coen senza parole,
in inglese fluente, da vero politico, che ora professa 24 anni, e vuole
processare, anche lui, il governo italiano, L’Africa bisognerebbe conoscerla, anche
solo un pochino.
Perché gli Yambio? Intanto
serve andare in tv. Poi, ci sono avvocati che non si fanno pagare. E alla Corte
dell’Aja sa che troverà giudici africani che daranno corda. E questo è un
problema, vero: perché la Corte era e doveva essere un organismo giuridico, non
dele inarrestabili chiacchiere africane.
Ogni settimana Renzi ha
un’intervista sul “Corriere della sera”, qualche volta anche su “la Repubblica”,
e non perché abbia qualcosa di nuovo da dire, ma per profetizzare la fine del
governo, ora di Meloni. Da rottamatore a guastatore? E al “Corriere della sera”
che gliene viene – giusto riempire una pagina senza faticare?
C’è stato terrorismo e terrorismo,
Cazzullo giustamente ricorda nella posta del “Corriere della sera”: “Anni 1970,
stragi senza pentiti”. Da piazza Fontana ai treni, a Bologna, a Brescia. E quello
che era un dubbio è a questo punto certezza: le stragi sono opera di terroristi
fascisti, ma “protetti”. Dai servizi segreti? Da quali? E perché i vari servizi,
che si sono accusati delle peggiori cose, su questo hanno taciuto e tacciono?
Roma è invasa da minicantieri,
soprattutto di rifacimenti di marciapiedi, che durano mesi, ingombrano, e si concludono
con “basaltine” che poi si rompono subito. Questo succedeva anche col vecchio
Giubileo, quello di Rutelli, del Millennio, le “basaltine” si rompevano subito.
Sono una fornitura obbligata? Il curioso è che il Pd romano, malgrado tanta
impopolarità, è sempre al comando: gli appalti portano più voti dell’opinione.
Morire di media
Un incidente stradale, non grave, sgretola
granitiche certezze. Basta poco: la malevolenza dei social, l’invidia
dei colleghi. O semplicemente il loro modo di essere e lavorare, la
superficialità, a fronte della benevolenza dell’incidentato, la cui madre, immigrata
e povera, si bea delle attenzioni della vedette. E il tranquillo modo di
essere e di vivere, il tran-tran quotidiano, si rivela inerte o inetto, o ingeneroso
– cambia l’occhio, la veduta, la ricezione del reale.
Una vedette del giornalismo televisivo,
molto capace, molto famosa, soprattutto per la sua rubrica di interviste, provoca
per l’eccesso di cose che deve fare a ogni istante un incidente con un motociclo.
Niente di grave. Ma l’incidente diventa materia di scandalismo, tra social
per natura pettegoli e stampa di genere. La giornalista, per quanto famosa e
straoccupata, si prende cura dell’incidentato, e della famiglia dell’incidentato,
e tutto il suo modo di essere e di vivere, compreso il suo status di vedette
tv, compresa la famiglia, amorevole e ordinata, le crolla addosso.
Un film classificato del genere romantico-sentimentale.
E presentato come la storia di una depressione, tra alti e bassi, bene e male. Ma
di fatto questa storia non è speciale - solo Léa Seydoux, sulla cui interpretazione
tutto il film è basato, dalla prima scena all’ultima, riesce a mantenerle
questo spessore. È piuttosto un caso di cronaca. Il film è un pamphlet, duro
benché sottile, contro la superficialità dei media, emittenti, rete, e
giornalisti messi assieme.
Bruno Dumont, France, Rai 3
sabato 15 febbraio 2025
Commerzbank, un affare
Il piano di efficientamento di Commerzbank si fonda sulla riduzione del personale.
Di un 12-13 per cento, non di poco, quasi quattromila unità. Con l’accordo del
sindacato. In un paese già in recessione da due anni - e avviato ancora peggio in questo 2025. Una stranezza, ma non in Germania: il muro va consolidato
contro una scalata, questa l’esigenza primaria - una scalata italiana, poi, figurarsi.
E se Unicredit dovesse o volesse rinunciare all’acquisizione, specie dopo
il voto del 23 febbraio, che sancirà il successo del leghismo d’oltralpe? Farebbe
un affarone. Sarebbe come ha annunciato a settembre: “Esplorare le opportunità
di creazione di valore per gli azionisti di entrambe le banche”. Un gran regalo, impensato, ha già fatto al Tesoro tedesco, cui fa capo ancora un 10 per cento di Commerzbank - abbastanza per ammorbidirne lo sciovinismo?
La quota Unicredit, il 28 o 29 per cento, si avvia a raddoppiare di valore:
è stata acquisita a 12,50-13 euro. E ora vale il doppio – si avvia a valere il doppio.
Commerzbank quota sui 20 euro. In un trend in continua crescita,
che il piano di rilancio annunciato dovrebbe consolidare. Unicredit ha rilevato
in agosto una quota del 4,49 per cento dal Tesoro tedesco (infangato in
Commerzbank dal 2008, un po’ come il Tesoro italiano con Mps) per 702 milioni, valutando
il titolo 13,20 euro, contro una quotazione di mercato di 12,50. Ma il build-up
della posizione complessiva Unicredit, 9-28 per cento, è stato realizzato presumibilmente
a valori inferiori. Commerzbank era reduce da un secondo trimestre in netto peggioramento,
meno 7 per cento di fatturato e utili, e prospettive in corso pessimistiche. La
sferzata Unicredit ha ribaltato la prospettiva.
Oggi Commerzbank è sui 20 euro, con una capitalizzazione di 23,5
miliardi. Con aspettative ancora molto positive. Il titolo quotava 17,07 il 14
gennaio, 19,59 il 14 febbraio. Il gruppo ha chiuso il 2024 con attivi alla fine
in crescita del 20 per cento e una cedola quasi raddoppiata. E in questo 2025 dovrà-vuole
fare “molto di più”.
Commerzbank più difficile con la Germania a destra
Avrà vita difficile Orcel in Germania dopo il 23, col presumibile nuovo governo,
nella scalata di Commerzbank. Il governo che si prospetta, seppure probabilmente
di Grande Coalizione con i socialdemocratici, vedrà comunque i popolari, la Cdu-Csu,
spostati a destra. In chiave nazionalista, per fronteggiare l’ascesa della
destra dichiarata, Alternative für Deutschland. Sugli “interessi nazionali”, in
tema di immigrazione, transizione verde, difesa, e naturalmente economia.
Le maggiori possibilità Unicredit le ha avute col governo dimissionario,
di centro-sinistra si direbbe in Italia, benché il Tesoro fosse gestito da un
Liberale, un politico di centro-destra. Da lui, grato, Orcel rilevò una quota
del fardello che il Tesoro deteneva dal 2008. Da qui forse l’idea che il
governo tedesco non avrebbe sgradito un’acquisizione.
Se Unicredit ha avuto problemi con il centro-sinistra, figurarsi col centro-destra
che si prospetta. Tanto più che i suoi contatti politici, quelli del presidente
Padoan, sono anche in Germania con gli ambienti politici di centro-sinistra. Compreso
il suo amico e interlocutore Joachim Nagel, il presidente della Bundesbank - che
ora, come la Banca d’Italia, decide poco, ma in Germania mantiene un ruolo di
alto profilo.
P.S. Un Nagel in Bundesbank, un Nagel in Mediobanca, quanti intrecci in
questa doppia acquisizione, Unicredit-Commerzbank, Mps-Mediobanca. Anche per
questo caratterizzata politicamente – Mps-Mediobanca evidentemente più di
Unicredit -Commerzbank.
L’esame del golden power si fa su Padoan
A che punto è la disamina del Dica, il dipartimento coordìnamento amministrativo
di palazzo Chigi, dell’ops Unicredit su Bpm? A nessun punto, la valutazione del
Dica viene ex post. La decisione è politica, e anche i tempi sono dettati
dalle convenienze politiche.
Nella fattispecie l’avocazione del golden power sulla ops è ridicola: Unicredit
è ben italiana, e opera nell’interesse di tutti gli stakeholder, di chi
ci ha un interesse, azionisti, dipendenti, clienti. Poiché vanta bilanci
ottimi, e una proprietà diffusa, non soggetta a controlli. Lo è di fatto, e di
statuto. Una “public company” come proclama il sito, “controllata per oltre l’85
per cento da investitori professionali”. Investitori “di cui la maggioranza è
ubicata fuori dall’Italia”, è vero, ma come titolo di merito, di soggetti cioè
non politici, non di sottogoverno – “la banca non ha un azionista o un gruppo
di Azionisti di maggioranza, così come non è presente un patto di sindacato o
qualsiasi forma di patto di consultazione”.
E allora, perché il ministro del Tesoro Giorgetti, che ha ambizioni di
statista ma è lì come esponente della Lega, non è contento? Perché il presidente
di Unicredit è pur sempre Padoan, l’ex ministro del Tesoro degli ultimi governi
Pd, Renzi e Gentiloni, dal 2014 al 2018.
Se l’Europa ha dimenticato la democrazia
Un discorso violento contro il modo di essere
“politicamemte corretto” dell’Europa. Partendo dall’annullamento dell’elezione
politica in Romania per decreto - per decisione della Corte costituzionale che Vance
dice immotivata.
La solita facezia che deve aprire in
America il discorso pubblico. Un tributo alla città di Monaco e alle vittime dell’attentato
contro il corteo sindacale. E subito l’affondo: “La minaccia che più mi
preoccupa nei confronti dell’Europa non è la Russia, non è la Cina, non è
nessun altro attore esterno. Ciò che mi preoccupa è la minaccia dall’interno.
La ritirata dell’Europa da alcuni dei suoi valori più fondamentali, valori
condivisi con gli Stati Uniti d’America. Ora, mi ha colpito che un ex
commissario europeo sia andato in televisione di recente e si sia mostrato
compiaciuto del fatto che il governo rumeno avesse appena annullato un’intera
elezione. Ha avvertito che se le cose non andranno secondo i piani, la stessa
cosa potrebbe accadere anche in Germania. Queste dichiarazioni sprezzanti sono
scioccanti per le orecchie americane….. Quando vediamo i tribunali europei
annullare le elezioni e alti funzionari minacciare di annullarne altre,
dovremmo chiederci se ci stiamo attenendo a uno standard adeguatamente elevato”,
in termini di democrazia.
Segue una digressione sulla storia recente
dell’Europa. Non sul nazismo, sul bolscevismo: “La Guerra Fredda ha schierato i
difensori della democrazia contro forze molto più tiranniche in questo
continente. E considerate la parte in quella lotta che censurava i dissidenti,
che chiudeva le chiese, che annullava le elezioni. Erano i buoni? Certamente
no. E grazie a Dio hanno perso la Guerra Fredda. Hanno perso perché non hanno
valorizzato né rispettato tutte le straordinarie benedizioni della libertà. La
libertà di sorprendere, di sbagliare, di inventare, di costruire, poiché a
quanto pare non si può imporre l’innovazione o la creatività”.
Porta poi esempi di persecuzione pubblica,
statale, di persone che protestano pacificamente, in Germania, Svezia, Gran
Bretagna – “il governo britannico ha accusato Adam Smith Connor, un
fisioterapista di 51 anni e veterano dell’esercito, dell’atroce crimine di
essersi fermato a 50 metri da una clinica per aborti e di aver pregato in
silenzio per tre minuti. Senza ostacolare nessuno, senza interagire con
nessuno, semplicemente pregando in silenzio da solo”: colpevole di avere pregato
contro un aborto, che lui e la sua fidanzata
da giovani avevano praticato , “è stato condannato a pagare migliaia di
sterline di spese legali alla pubblica accusa”.
Poi l’affondo, la democrazia in Europa è a
rischio: “Ora siamo al punto in cui la situazione è diventata così grave che lo
scorso dicembre la Romania ha annullato i risultati delle elezioni
presidenziali sulla base dei fragili sospetti di un’agenzia di intelligence e
delle enormi pressioni dei suoi vicini continentali”. E a Monaco, “gli
organizzatori di questa stessa conferenza hanno vietato ai legislatori che
rappresentano i partiti populisti sia di sinistra che di destra di partecipare
a queste conversazioni…. Per molti di noi dall’altra parte dell’Atlantico,
sembra sempre più che si tratti di vecchi interessi radicati che si nascondono
dietro brutte parole dell’era sovietica come disinformazione e misinformazione,
a cui semplicemente non piace l’idea che qualcuno con un punto di vista
alternativo possa esprimere un’opinione diversa o, Dio non voglia, votare in
modo diverso o, peggio ancora, vincere un’elezione”.
Infine la sicurezza, tema della
conferenza: “Credo profondamente che non ci sia sicurezza se si ha paura delle
voci, delle opinioni e della coscienza che guidano il proprio popolo… Se avete
paura dei vostri stessi elettori, non c’è niente che l’America possa fare per
voi… Avete bisogno di mandati democratici per realizzare qualcosa di valore nei
prossimi anni…
“Se volete godere di economie competitive,
se volete godere di energia a prezzi accessibili e catene di approvvigionamento
sicure, allora avete bisogno di mandati per governare perché dovete fare scelte
difficili per godere di tutte queste cose e, ovviamente, lo sappiamo molto bene
in America. Non si può ottenere un mandato democratico censurando gli avversari
o mettendoli in prigione, che si tratti del leader dell’opposizione, di
un’umile cristiana che prega nella propria casa o di un giornalista che cerca di
riportare la notizia. Né si può ottenerlo ignorando il proprio elettorato di
base su questioni come chi può far parte della nostra società….”
Evoca alcuni motivi del voto di destra: la
Brexit, l’immigrazione, l’insicurezza sociale, economica. E commenta: “Ora, mi
capita di essere d’accordo con molte di queste preoccupazioni, ma non è
necessario che voi siate d’accordo con me. Penso solo che le persone abbiano a
cuore le loro case. Hanno a cuore i loro sogni, hanno a cuore la loro sicurezza
e la loro capacità di provvedere a se stessi e ai loro figli. E sono
intelligenti”. Irride a Davos, l’internazionale del capitale. E conclude: “È
compito della democrazia giudicare queste grandi questioni alle urne. Credo che
ignorare le persone, ignorare le loro preoccupazioni o, peggio ancora, chiudere
i media, annullare le elezioni o escludere le persone dal processo politico non
protegga nulla. In realtà, è il modo più sicuro per distruggere la democrazia.
E parlare ed esprimere opinioni non è un’interferenza elettorale, anche quando
le persone esprimono opinioni al di fuori del proprio paese e anche quando
quelle persone sono molto influenti. E credetemi, lo dico con tutto il mio
umorismo: se la democrazia americana può sopravvivere a 10 anni di rimproveri
di Greta Thunberg, voi potete sopravvivere a qualche mese di Elon Musk!
“Ma ciò a cui non sopravviverà la
democrazia tedesca, o meglio nessuna democrazia, americana, tedesca o europea,
è dire a milioni di elettori che i loro pensieri e le loro preoccupazioni, le
loro aspirazioni, le loro richieste di aiuto non sono legittime o non meritano
nemmeno di essere prese in considerazione. La democrazia si basa sul
sacro principio che la voce del popolo conta. Non c’è spazio per i firewall. O
si sostiene il principio o non lo si fa”.
Finisce ecumenico: “Come disse una volta
Papa Giovanni Paolo II, a mio avviso uno dei più straordinari difensori della
democrazia in questo continente e in qualsiasi altro, “non abbiate paura!”. Non
dovremmo avere paura del nostro popolo, anche quando esprime opinioni in disaccordo
con la propria leadership. Grazie a tutti. Buona fortuna a tutti voi. Dio vi
benedica”.
Dopo il discorso Vance si è intrattenuto
ostentatamente con Alice Weidel, la candidata cancelliere di Afd, il partito di
destra che in Germania molti vorrebbero abolito per decreto – e comunque da
tenere fuori dell’“arco costituzionale”, anche se largamente rappresentato in
Parlamento. E ha reso omaggio alle vittime di Hitler al lager cittadino, a Dachau.
Il vice-presidente di Trump, forse il più giovane di tutti i vice-presidenti, senatore per l’Ohio dal 2022, è noto per un passato anti-trumpiano,
fino al 2022, e ora trumpiano. Ha di suo una formazione culturale, anche se recente
– è autore di un best-seller, “Hillbilly Elegy”, di spessore anche letterario,
sulla sua vita e l’ambiente di provenienza. Un’infanzia e un’adolescenza disastrate,
tra molti padri assenti, una madre alcolizzata, una nonna materna, che lo ha allevato,
che minacciava l’uso della pistola, in un Middle-West impoverito, Kentucky, Ohio, di ex operai
improvvisamente passati dal partito Democratico ad anti-immigrati, anti-poveri
(i ladri di sussidi), alcolizzati, infidi. Sposato a un’avvocata di origine indiana,
cui ritiene di dovere “tutto”, la laurea a Yale, dopo avere fatto un po’ di
soldi arruolandosi nei Marines (quattro anni di Iraq), e la proficua attività
professionale in vari fondi di venture capital. Il tutto in 40 anni, compresa la vice-presidenza.
JD Vance Shames Europe Leaders To
Their Faces, Leaves Room Stunned, you tube
Il discorso integrale di Vance a Monaco. Start.mag.it, free online
venerdì 14 febbraio 2025
Ucraina, la fine annunciata
Non è un tradimento – o forse lo è, ma non dell’Ucraina – e non è un
colpo di testa del “solito Trump”, il negoziato a due, Trump-Putin, per la “pace”
in Ucraina. La politica americana ha delle costanti, sotto la diversa “immagine”
(caratteri, linguaggi, priorità, anche fisicità) dei presidenti – i comandanti
in capo. E la conclusione è in linea con quanto si sapeva – chi segue gli affari
internazioali poteva sapere.
Questo sito se ne è occupato a più riprese. Il 6 maggio, per esempio,
http://www.antiit.com/2024/05/il-verso-senso-della-guerra.html
o a novembre del 2022, il 29
http://www.antiit.com/2022/11/secondi-pensieri-498.html
o il 19, “La guerra in Ucraina venticinque anni fa”
http://www.antiit.com/2022/11/la-guerra-in-ucraina-venticinque-anni-fa.html
Gli Stati Uniti non hanno interesse a inimicarsi la Russia, in un contesto
globale. Tenerla sotto pressione sì, è una potenza nucleare, ma non inimicarla:
questo è un fatto. Le presidenze post-1989 hanno oscillato, tra una sorta di appeasement
(già Reagan era molto “vicino” a Gorbaciov) e la vecchia linea del “confronto”,
della sfida. Si è arrivati perfino a invitare Putin ai vertici a Sette, e a discutere
una qualche forma di avvicinamento della Russia alla Nato – e non per merito di
Berlusconi. L’attacco ai russi dell’Ucraina all’origine della crisi, con le
cosiddette rivolte di piazza, poi ingigantito da Zelensky, trovava forza in
Biden, vice-presidente, ma contro il volere di Obama.
Un altro fatto è che la Ue
è nel gergo americano Fortezza Europa. È su questo sfondo che va letta la critica oggi a Vienna di Vance, il vice di Trump, economista e intellettuale, alla UE sulla libertà di opinione, e sul rispetto degli elettori - anche se di destra. La fine della guerra fredda ha dislocato i destini di Europa e Usa. L’idea di un’Europa grande potenza, con
o senza l’ombrello nucleare americano, è sempre stata contrastata dagli Stati
Uniti. Impotenti sul piano economico, prima e dopo la creazione dell’Euro, non ne
hanno mai favorito, e spesso lo hanno contrastato, un ruolo politico internazionale.
È in questo contesto che la guerra in Ucraina – che peraltro l’Europa poteva e
non ha voluto\saputo prevenire – è stata combattuta con le sanzioni, con danni
anche gravi (la recessione in Germania, ora al terzo anno, che è quanto dire
dell’Europa tutta), solo dall’Europa. Che ora viene esclusa da ogni possibile
esito.
Il padre è immortale per la figlia
Giovani spensierati, che hanno inseguito fantasie
di vite stellari, fuori dai limiti e i condizionamenti della routine, si ritrovano
nella disgrazia della disoccupazione e della malattia a confrontarsi con la
realtà più stupida: il sindacato corrotto, la sanità inselvaggita, la nuova
gioventù “fumata” e balorda. Ma non è un film di fantastoria, o di neo-neorealismo:
è un’elaborazione del lutto, un’appassionata, dolorosa e insieme vivificante, celebrazione
del padre, che c’era e sempre c’è stato, ma ora è destinato a morire.
Una storia probabilmente personale. La regista
ha ora gli anni di quando il padre è morto. Figlia di due giovani “fricchettoni”,
lui siciliano lei finlandese, e tali risultano i genitori della storia – lei viene
a trovare lui in fin di vita all’ospedale dalla Finlandia. E questo ha allungato
il film, come se la regista volesse passare ancora un altro momento col padre.
Una sforbiciata ne avrebbe fatto probabilmente un capolavoro – mentre è stato
fatto uscire in estate, e non l’ha visto nessuno.
La storia non è originale – anche se la figura
del padre ultimamente è sbiadita, se non rifiutata. Ma la sceneggiatura, la regia
e gli interpreti la fanno molto robusta. Soprattutto lei, la figlia-autrice,
Gelsomina Pascucci, che deve passare tra molti registri e sempre è autorevole, senza
mai forzare una battuta. O il disincantato padre, David Coco - siciliano come
il babbo vero della storia.
Anne Riitta Ciccone, Gli immortali, Sky
Cinema
giovedì 13 febbraio 2025
Germania a rischio valanga, a destra
Non è più in
discussione lo spostamento a destra della Germania al voto del 23, ma se non sarà
una valanga. La tentata strage di Monaco e la pace in Ucraina accrescono il senso
di sfaldamento del governo Scholz, e la debolezza dei Verdi, che nel governo
hanno rappresentato il triplice fattore di debolezza elettorale – immigrazione,
transizione verde, guerra.
Per quanto
impossibile probabilisticamente – vengono da un 15 per cento dei suffragi – la politica
dei Verdi, della porta aperta e della guerra alla Russia, potrebbe portarli
alla débâcle elettorale, sotto cioè il 5 per cento minimo per l’accesso
al Bundestag. Anche perché forti, alle elezioni del 2021, del voto giovanile, oggi dirottato altrove. A favore del movimento di Sahra Wagenknecht, della destra Afd, e degli stessi, dati
già per defunti, Liberali. Dopo Baerbock, ministra degli Esteri, il candidato cancelliere
dei Verdi Habeck insisteva ancora recentemente per il raddoppio della spesa per
la Difesa, al 3,5 per cento del pil.
In cerca di un’alternativa all’atlantismo
In Germania, quale
che sia l’esito del voto il 23, verrà comunque in discussione dopo il voto, con
l’immigrazione, la guerra e la nuova delocalizzazione industriale, uno dei pilastri
del dopoguerra: l’atlantismo, la delega agli Stati Uniti della difesa di ultima
istanza, l’ombrello nucleare.
Questa scelta non
ha alternative. Non immediate. L’Europa è troppo divisa per organizzare una difesa
comune, e la Germania con troppi punti di crisi per dare una guida e comunque
un impulso. Ma la questione potrebbe orientare la formazione del nuovo governo,
che tutto lascia supporre sarà di centro-destra – di orientamento, anche se
parlamentarmente dovesse essere di Grande Coalizione.
Questa incertezza –
l’impossibilità di un ombrello nucleare alternativo a quello americano - accresce
portata e peso della crisi post-Ucraina. Bisognerà costruire un’alternativa.
Un esito paradossale
di questa guerra, che l’Europa ha subito, sarà di lasciarla sola. E forse di dover
cercare un avvicinamento con Mosca. Anche – paradosso su paradosso – militare.
Militanza in calo contro la Russia
Non recepito dai media
italiani, bizzarramente sempre in guerra contro la Russia, a sinistra e a
destra, c’è diffuso un distanziamento in Europa dalle posizioni più militanti.
La stessa Polonia, capofila dell’antirussismo, con una spesa militare quest’anno
del 4,7 per cento del pil, sta moderando da qualche settimana i toni bellicosi.
Più marcato il disimpegno
britannico: il nuovo governo, laburista, ha smobilitato le strutture di formazione
a addestramento delle forze ucraine, e non fornisce più coi suoi Servizi la “notizia
di guerra” ogni giorno ai media. Macron, il presidente francese, che non molto
tempo fa voleva mandare dei “volontari” alla difesa dell’Ucraina, tace. La Germania
discute il militantismo antirusso di Polonia, Moldavia, Georgia, Romania, dei paesi
Baltici e ora anche di Finlandia e Svezia. Berlino aveva espresso dubbi alla
nomina agli Affari Esteri della Commissione Ue dell’ex primo ministro estone
Kallas, “una che, se le chiedete dove si trova l’Africa, vi risponderebbe a sud
della Russia”.
Cronache dell’altro mondo – risarcitorie (328)
X, cioè Elon Musk,
paga a Trump una penale di 10 milioni di dollari per chiudere l’azione di
risarcimento avviata a suo tempo dal neo presidente per l’esclusione dalla
piattaforma. Avvenuta a febbraio del 2020, per il motivo che Trump era collegato
alla rivolta anti-Congresso del 6 gennaio.
Due settimane fa anche
Meta-Facebook ha acceduto a un accordo extragiudiziale con Trump, pagando 25
milioni di penale – di cui 22 destinati a un fondo per la Biblioteca presidenziale.
Anche Meta doveva rispondere di diffamazione e danni per la sospensione dell’account
di Trump a ridosso dei fatti del 6 gennaio 2020.
Meta aveva già
reintegrato Trump nella piattaforma, a luglio del 2024, dopo la vittoria alle
primarie Repubblicane. Musk lo aveva fatto nel novembre del 2022, subito dopo
aver acquisito la piattaforma Twitter, poi ribattezzata X. Da qui il minore
onere della transazione.
Musk comunque ha speso
di suo 250 milioni di dollari per la campagna elettorale di Trump.
La verità sul 1922
Uno storico, Emilio Gentile, che non ha
paura di dire le cose come sono state, e un’emittente che non deve sottostare al
pizzo del politicamente costretto. Una video-intervista non recente, del 2022, per
i cento anni della “marcia su Roma”, ma sempre vivace, e utile a bilanciare il
malcostume dell’eterna “guerra civile” – quando non si hanno argomenti politici
si fa la “guerra”. E piena di “notizie” – siamo a questo punto, dopo ottant’anni
di Repubblica
La Repubblica ha creato una cesura col fascismo
poiché nasce dall’antifascismo è l’ultima verità del video: è la Costituzione, l’atto di nascita di una
democrazia talmente “forte” da consentire a tutti, compresi i neo o vecchi fascisti,
di partecipare al voto e votarsi - caso unico in Europa. Caso unico fu anche il
biennio rosso, 1919-1920. In un paese che pure aveva vinto la Guerra. In Germania,
che dalla guerra usciva distrutta, la Novemberrevolution durò poche
settimane. Il partito Socialista nell’ottobre del 1919 aderiva all’Internazionale
comunista (sovietica) e proclamava la rivoluzione – la soppressione del
Parlamento, la dittatura del proletariato. Mussolini non governava il partito Nazionale
Fascista e le “squadracce”, creazioni degli agrari, padani, toscani, pugliesi. Non
ci fu la “marcia su Roma”, ci fu una sfilata, dopo che Mussolini era stato
nominato presidente del consiglio. Ancora a metà 1922 Mussolini proponeva al partito
Socialista una coalizione di governo.
La Radio della Svizzera Italiana fa una
videointervista con lo storico del fascismo più accreditato. E un’aria di
frescura si diffonde, di storia vera, in quindici minuti che disfano il senso
di oppressione delle quindici ore skyesche o netflixiane (ma davvero siamo così
stupidi, cialtroni, farabutti?).
Senza nulla togliere al fascismo, ma perché
raccontarsi bugie? Per fare spettacolo? La storia è piena di “cose” spettacolari.
Per tenere su una sinistra che non sa di che parla? Per il governo del non-governo
– se governano abbattiamoli.
Rsi, Mussolini fu costretto a marcare su
Roma, you tube
mercoledì 12 febbraio 2025
Trump abbaia ma non morde
Trump parla molto perché
può fare poco? Certamente non le annessioni: Canada, Groenlandia, Canale di
Panama – e Gaza… Le guerre commerciali deve “misurarle”, calcolare gli effetti
in termini di benefici e di costi. Sulle paci che rincorre, in Ucraina per ora,
ha più peso – sono anche terreni politici che più si confanno alla sua abilità
di negoziatore – ma non determinante.
Non c’è molta preoccupazione
nella nostra diplomazia, e in quella europea, per l’“uragano Trump”.
Malgrado Trump, l’America
è stabile. Molto più di quanto le cronache fanno supporre. Anche in politica
estera – è in questo frame, potenzialità e limiti, che Trump può essere più
conclusivo.
All’interno il potere
presidenziale ha molti contropoteri. Il Cong esso, a maggioranza risicata, rivedibile
ogni due anni. Le Corti federali. La Corte Suprema – qui Trump è accreditato di
una maggioranza schiacciante, 6-3, ma di fatto i conservatori vi sono divisi, l’equilibrio
politico fra i giudici federali è piuttosto un pareggio 3-3-3,
progressisti-liberali-conservatori. E anche in campo economico, lo schieramento
con Trump di Musk, Zuckerberg, Bezos gli portano, con le loro capitalizzazioni di
Borsa, pure stratosferiche, solo l’1,8 per cento del pil – con Apple e Google si
arriva al 3,1.
Più in generale,
in campo economico, vale un delicato bilanciamento tra la deregolamentazione all’interno
(la liberalizzazione) col protezionismo all’esterno. Il protezionismo ha l’effetto
di scardinare la deregolamentazione della concorrenza, che potrebbe non
risultare di beneficio er gli interessi americani. Mentre l’obiettivo di attrarre
più investimenti esteri (con i dazi, con i contributi a fondo perduto, con la
deregolamentazione) trova un limite nell’apprezzamento del dollaro.
L’auto è elettrica in Cina, e cinese
Le vendite di auto
elettriche, ibride comprese, in Cina sono aumentate del 70 per cento nel 2024,
e quest’anno supereranno le vendite delle auto a combustione interna. Nei due anni
in cui le vendite di auto elettriche in Europa e negli Stati Uniti hanno registrato
un rallentamento vistoso.
Byd, il maggiore produttore
cinese di auto elettriche, ha superato nel 2024, seppure di poco, Tesla, il
maggiore marchio occidentale: un milione 778 mila auto contro un milione 733
mila. Tesla che aveva avviato l’elettrificazione dell’auto in Cina con la fabbrica
di Shangai, entrata in funzione nel 2020.
La Cina va veloce dunque
anche sull’auto elettrica. Ma non in un’ottica di transizione verde: la nuova
capacità elettrica richiesta dalla motorizzazione è in gran parte assicurata da
centrali a carbone – in un’ottica di autonomia dell’approvvigionamento di energia,
per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi da importazione.
Questo “balzo in
avanti” si ritiene da record, al confronto con gli altri record registrati
storicamente nell’industria dell’auto. In passato Ford ha quadruplicato le
vendite in un quinquennio, 1920-1924, da 460 mila a 1,9 milioni. Tesla le ha
più che triplicate nello stesso arco di tempo cent’anni più tardi, 2020-24, da
500 mila a 1,7 milioni. Byd nello steso periodo, 2020-2024, le ha decuplicate,
da 400 mila a 4,2 milioni.
Nascita dell’Italia, micragnosa
È la relazione che
Nigra, mandatario di Cavour a Napoli, per gestire la cosa pubblica dal 28
gennaio al 20 maggio 1861, inviò a Torino al suo protettore a fine mandato – solo qualche giorno
prima della morte del conte. Cavour aveva inviato Nigra a Napoli per rimediare alla
gestione catastrofica di Farini all’indomani di Teano, della “consegna” del Napoletano
al Piemonte da parte del “dittatore” Garibaldi.
Nigra gestì la
cosa pubblica in qualità di “segretario del Luogotenente”, Eugenio di Savoia
Carignano. Antonio Scialoja, l’economista napoletano che era stato ministro delle
Finanze nella “dittatura” Garibaldi, fautore dell’annessione al Piemonte, e ci
ebbe dei contrasti, lo chiama scrivendo a Cavour “segretario generale di Stato”.
Una relazione molto
negativa. Non si salvano nemmeno le monache. Ma anche spenta, se Nigra era o
sarà brillante diplomatico, scrittore, amante a Parigi della contessa di
Castiglione. Dettagliata, con numerose tignose tabelle di soldi spesi, armi
distribuite, lavori pubblici avviati, e di “dispacci telegrafici” inviati, con relativo costo. Testimonianza,
più di un trattato storico, della micragnosità dell’unificazione, della nascita
dell’Italia unita.
Costantino Nigra, Sunto
dell’amministrazione delle Province Napolitane dal principio del corrente anno
(1861) fino ad oggi, online
martedì 11 febbraio 2025
Verso una politica dell’immigrazione
Il “piano Mattei” sembra
un po’ al palo - dovrebbe avere una dimensione europea, a misura dell’Italia resta
un’idea e un progetto. Ma i suoi presupposti hanno già germogliato. La
Confindustria Alto Adriatico ha rilevato e rilanciato nel Ghana, nella capitale
Accra, la scuola tecnica dei Salesiani per la formazione professionale (elettrotecnici,
metalmeccanici - saldatori, tornitori, etc. - impiantisti, muratori…). Confindustria
Bergamo prepara analoga inziativa ad Addis Abeba, in Etiopia.
Sul Sud Mediterraneo
si è indirizzata Farmindustria. Ha stretto accordi per la formazione in Egitto,
e altri ne prepara in Tunisia e in Marocco. In Tunisia investe anche Fincantieri,
nel quadro di un piano per la costruzione di scuole che formino le maestranze
della cantieristica – che comprende anche il Ghana, le Filippine e il Vietnam.
Sulla formazione
nel paese di origine del lavoro immigrato punta anche Fondimpresa, il fondo
interprofessionale di Confindustria e confederazioni sindacali per la formazione
degli immigrati.
Meloni sull’onda europea
In contrasto - in forte contrasto - con l’immagine che ne proiettano i
media italiani, Meloni continua a godere in Europa di molte attenzioni
politiche, a Bruxelles, in Germania, e a Parigi e Londra, e anche di buona
stampa – e più ne dovrebbe avere dopo il voto in Germania il 23, se l’esito
ricalcherà i sondaggi. Come esponente di una destra che risponde alle domande
dell’elettorato, in tema di immigrazione e guerra, senza scivoloni politici,
autoritari o di altro genere.
“È una voce importante in Europa” per il ministro francese degli Affari
europei, Benjamin Haddad, un esponente del partito di Macron. Che aggiunge: “Abbiamo
molto da costruire con l’Italia”, nel quadro in un rilancio dell’industria degli
armamenti, e del contenimento dell’immigrazione irregolare.
Bruxelles ne ha interinato le politiche dissuasive dell’immigrazione
selvaggia. Per l’effetto deterrente, sull’organizzazione dei trasbordi abusivi
in Libia, Tunisia e nella stessa Turchia, e sull’opinione nei paesi di
partenza. E nell’attuazione pratica: impedire il più possibile l’ingresso
abusivo in Italia come ingresso nell’area Schengen, l’ingresso in Europa – da
qui l’“invenzione” dell’Albania.
Nella pratica Meloni è messa in scacco dai giudici. Ma la metodologia ha
fatto scuola. Il premier britannico Starmer, laburista, l’ha subito adottata e
messo in pratica. Il candidato cancelliere tedesco la studia.
Più in generale - immigrazione, rigore fiscale, Ucraina - resta immutato
il rapporto speciale di Meloni con von der Leyen, e in generale con le
istituzioni europee, Consiglio compreso. E dovrebbe accrescersi col ritorno
alla cancelleria dopo il 23 dei cristiano-democratici, il partito della stessa
presidente della Commissione. Il prospettato futuro cancelliere Merz avrebbe
già contatti, tramite il capo dei Popolari europei Manfred Weber, con Meloni per
quanto riguarda le politiche di controllo dell’immigrazione, e il tema Russia,
anche questo molto sensibile in Germania.