Cerca nel blog

sabato 10 luglio 2010

Le resistenze contro la Resistenza

Trascurato dai grandi giornali, un grande evento ha avuto luogo a Civitella, il borgo vicino Arezzo che è a capo di un vasto comune, dove la Wehrmacht si produsse in uno dei suoi più efferati eccidi nel 1944. Il giorno di san Pietro e Paolo, il 29 giugno 1944, i soldati tedeschi vi assassinarono a freddo 203 persone, 95 a Civitella, 60 nella frazione di San Pancrazio, e 48 in quella di Cornia. Uccise con la pistola, uno per uno, a gruppi di cinque, in presenza dei familiari, da soldati che coprivano l’uniforme con grembiuli scuri per proteggersi dagli schizzi di sangue. L’eccidio fu perpetrato a undici giorni da un attentato, in cui alcuni giovani del gruppo di Resistenza “Renzino”, comandati dal civitellese Edoardo Succhielli, avevano ucciso tre soldati tedeschi in un’osteria. Il comando tedesco diede 24 ore di tempo per la consegna dei responsabili. Ma nessuno si fece avanti, né fu denunciato. I civitellesi impauriti si erano peraltro subito dispersi o nelle campagne. Per indurli a tornate, il comando tedesco diffuse la falsa notizia che i partigiani responsabili erano morti in uno scontro a fuoco. Dopodiché prese tutti gli uomini validi e li uccise. A Cornia, non trovando abbastanza uomini, uccise
 anche alcune donne e dei bambini. Malgrado l’efferatezza della divisione corazzata Hermann Göring, i civitellesi aveva trovato nel lungo dopoguerra la forza d’animo di “far la pace” coi tedeschi. Non però con Succhielli e i suoi uomini. Nel dopoguerra Succhielli, all’epoca dei fatti venticinquenne, era anche stato sindaco di Civitella, grazie al voto del contado, ma nell’inimicizia costante dei civitellesi. Sempre si era rifiutato di fare ammenda, e il paese l’aveva ricambiato con l’ostilità. Nel 1990 Succhielli aveva ammesso che l’irruzione all’osteria era stata uno sbaglio: “Avevamo vent’anni, eravamo sbandati, partigiani con poca esperienza”. Ma non era bastato. La novità c’è stata alle celebrazione di quest’anno, per il san Pietro e Paolo: Succhielli è stato infine ammesso a partecipare alla cerimonia, dove ha detto: “Mi sono tolto un peso dal cuore”.

Don Chisciotte in Calabria

“La donna-madre di una Calabria antica” recita l’in testa del tascabile Bompiani di questo romanzo postumo di Alvaro. Capitalizzando in mezza riga tutti i luoghi comuni sulla Calabria, sul Sud – è incredibile che ci siano solo luoghi comuni sulla Calabria, anche per i calabresi, perfino per gli studiosi calabresi. Alvaro lasciò “Mastrangelina”, e il successivo “Tutto è accaduto”, come seconda e terza parte di un ciclo avviato con “L’Età breve”. Che è un ritorno alle origini, dopo tanto cosmopolitismo, e il rifiuto consegnato al celeberrimo “Gente in Aspromonte”. Un ritorno al mito, e alla verità. “«Il nostro paese è decaduto. Non si ricorda più. Gli dei sono morti», disse Diacono, «Eppure c’erano»”. Non si ricorda più.
Una storia vera, la scoperta della statua di Démetra a Locri, allora Gerace (nel testo Corace), dà a Alvaro l’estro d’introdurre al mito, nel finale, la storia di “L’età breve”, e l’attacco di questo “Mastrangelina”. Il seguito è un esempio eccezionale di antropologia d’autore. Non in assoluto, il racconto è mal connesso. Ma il campionario narrativo è vivacissimo, specie per un narratore meridionale, vincolato alla maniera, e di più per uno calabrese. Specie per il donchisciottismo, di un’ironia forsennata e tuttavia riuscita. Nei capitoli centrali, da antologia, il XIV, il XV, i precedenti, i successivi. Di baroni senza rendite, e professionisti senz’arte, di uomini e donne schiavi della modernità ma fuori dal lavoro, dall’applicazione, dalla vita sociale. Il “punto d’onore regionale” è l’inanità (difficoltà, rischio) e lo sradicamento (modernità, odio-di-sé).
Con molto autobiografismo. Qui è l’educazione sentimentale dell’adolescente Alvaro. Brancatiana, e insomma di maniera (“«Ma ti guarda?», chiedeva Rinaldo a Benestare. Perché tutto il suo fantasticare era negli sguardi”), ma subito corretta. Alvaro è il ragazzo che “leggeva tutti i libri”, e sapeva le poesie - che qui fa rivivere, dono anche questo inconsueto: gli bastava leggerle due volte per memorizzarle. Il padre riemerge, come in quasi tutti i racconti di Alvaro, come in ogni adolescenza calabrese, ma non più antagonista: “Mio padre crede che la gente sia buona, e che basti andare per il mondo”. Con la separatezza dei sessi, ma non violenta, né disarmata. Le figure e le situazioni stagliate come nella migliore narrativa di viaggio nella regione, di Courier, degli inglesi. L’albergatore Pitagora che non ama i suoi ospiti è il secondo capitolo: non li capisce. Anche se capita ovunque di essere dimenticati, se solo al ristorante si presentano un compare o una comare, o peggio i due insieme con la loro figliolanza, il dottore, il sindaco, l’avvocato: c’è la curiosità ma non l’interesse per il cliente occasionale, il forestiero. Ma, poi, tutto è immutato. La “tendenza verso la cultura classica”, comune agli intellettuali della città – la città di Turio, che è Catanzaro, dove Alvaro prese la maturità da “esterno”. Che si dedicano a scoprire le origini locali di Omero. O gli studi stenti dei figli incapaci, che si vogliono promossi comunque per la promozione sociale, avere il posto senza lavorare – faticare. Gli studenti dei paesi, isolati-spersi e comunque poveri, topos di tanti racconti di Alvaro, con i “pacchi” da casa, le cibarie, altro topos ricorrente.
Un monumento alla Calabria, vivace piuttosto che verghiano (“Gente in Aspromonte”) e monocorde, e ben più vivo. Il ciclo Alvaro intitola “Memorie del mondo sommerso”. Ma il taglio non è ostile, e anzi compassionato. Anche delle cose che sono, si suppone, desuete. Il bacio della mano al padre, prima di ogni partenza e ad ogni arrivo. L’impulso: “Ci piace donare, n0n c’è nulla di pù bello che donare, così, per nulla, perché è il nostro carattere”. L’eccesso: “Un attimo di debolezza, a Turio, si pagava con una vita maledetta”. Il pessimismo, per cui ogni ragazzo può dire: “Da noi tutto finisce nel dolore e col sangue”, pensando alle cocotte bionde che invece “sono allegre e per questo hanno fortuna”. Con un’ardita tesi della furia improvvisa omicida di quelle valli di montagna”: A un certo punto si esplode. Si sopporta èper annipo, improvvisamente non si può più sopportare. E si uccide”.
Molti usi vi sono documentati di cui più non si parla. L’ospitalità d’uso nella casa borghese in paese, di cui i viaggiatori riferiscono sempre con meraviglia. Il tesoro sepolto: “Tanti nei nostri paesi vivono con l’idea della scoperta di un tesoro sepolto”. I tedeschi che girano a piedi, studiosi di geologia e di parlate dialettali. I contadini che vanno in città per le pratiche, “i piedi straziati dal selciato, per via delle scarpe che avevano calzato facendo il loro ingresso in città, dopo aver camminato comodamente scalzi pei sentieri di campagna”. Lo studente che va a scuola con la pistola, come capitava ultimamente nella scuola dello scrittore Delfino, e di don Pino Strangio, il rettore del santuario di Polsi.
Corrado Alvaro, Mastrangelina

venerdì 9 luglio 2010

Ombre - 55

Feroce colpevolista contro Lelio Luttazzi, non colpevole di niente, fu Enzo Tortora. Uno dei primi e dei più duri. Poi vittima-simbolo della giustizia ingiusta. Ci salva dai giudici solo la legge.

L’onorevole Franceschini promette: “Se qualcuno vuole tradire Berlusconi, sono pronto a dargli una mano”. Un posto? Una rendita? Un premio? Confidando nell’impunità di schieramento?
Si può dire questa la settimana delle idiozie del Pd, complice il caldo. Ma questo Franceschini è stato segretario del partito.

Non si ricordano i sindaci del Friuli, nemmeno quelli dell’Irpinia, a Roma a fare a botte con la polizia. Il sindaco dell’Aquila invece sì, che ha avuto le case subito, e ha due miliardi dal governo che non sa spendere. Non c’entra il Sud – l’Irpinia è ben al Sud. Il discrimine è il partito Democratico, cui il sindaco dell’Aquila fa capo. Per la follia. O la cultura dell’incultura.

Il ministro Rotondi che al bancomat a Firenze viene ingiuriato da un signore dai capelli rossi, che per farlo ferma il motorino, e dopo essersi concentrato gli augura la morte, è folklore. S’è mai visto un ministro al bancomat? I soldi ai ministri glieli portano a mazzette a casa. Ma nessun grande giornale lo racconta, anche se tutti inseguono il gossip la curiosità.

Il costituzionalista del Pd professor Ceccanti, col giudice Casson, due che sanno cosa stanno scrivendo, hanno proposto con altri dieci senatori l’impunità del presidente della Repubblica anche in caso di reati penali. Il presidente in carica, Napolitano, si è arrabbiato, e Ceccanti ha spiegato: “Volevamo proteggerlo dai giudici politicizzati”. Ingenuità?

Alla Versiliana, foro culturale estivo della ricchissima Versilia, tra Forte dei Marmi e Pietrasanta, feudi dei “comunisti” Moratti, invitano la nota D’Addario a presentare il suo libro sul letto di Berlusconi. L'ingresso è libero e alcune centinaia di persone vi si affollano. Che non comprano una copia del lbro, e trattano la donna per quello che è, facendola piangere. Che non dev'essere facile. Una gara, insomma, i ricchi non perdonano. “Ha finito per paragonarsi a Gesù Cristo”, riferirà sghignazzando il pur simpatetico “Tirreno”.
Ma nessun dramma, D’Addario era “invitata”, e pagata. Lei si sarà sentita una grande Duse, il suo pubblico un po’ Danton, o Marat. D’Addario era stata invitata in sostituzione di Marcello Veneziani, che doveva parlare del suo libro “Amor fati”, difficilotto, la cultura dei ricchi ha le sue priorità.

Antonello Piroso è rimosso dopo aver detto che i giornali si sono trasformati in buca delle lettere dei sostituti Procuratori della Repubblica. Senza nessuna rimostranza del sindacato dei giornalisti, nemmeno due righe di solidarietà.
Al suo posto viene nominato Enrico Mentana. Con grandi elogi e senza ricordare Piroso. Menta na che si è illustrato col telegiornale delle figlie – di Geronzi, Scalfari, Parodi Delfino, Confalonieri, etc.

Per oltre un secolo, e per l’oltre mezzo secolo di repubblica di Bonn, la Germania è andata cercando tedeschi in tutto il mondo, per la famosa legge del sangue. Anche i tedeschi del Volga, emigrati con Caterina II a fine Settecento, che non sapevano più di essere tedeschi, ma grazie alla Repubblica Federale, e agli accordi di Kissinger con Breznev per l’emigrazione delle minoranze, volentieri si fecero un giro all’Ovest e ristabilirono le parentele. O gli Huterer, i residui battisti, fondamentalisti cristiani, emigrati anche prima, nelle foreste del Canada o del Paraguay - alcuni pieni di mogli, residuo del comunismo originario. Era la politica della legge del diritto di ritorno, del sangue e suolo appunto.
La Germania di Berlino ha naturalizzato invece turchi, algerini, polacchi, latini, africani, quello che serve per la nazionale di calcio, e il risultato s’è visto. Che non vuol dire che il sangue tedesco sia infetto.

Berlusconi ha fatto Brancher ministro per un evidente obbligo di complicità col suo ex dirigente: non c’era altro motivo per il motu proprio. È l’aspetto più vergognoso della vicenda, ma di esso non si parla. C’è diffusa la convinzione, anche tra i suo nemici, che Berlusconi è un perseguitato dell’apparato repressivo?

Sergio Luzzatto sul supplemento culturale del “Sole” domenica cita Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, libro V, cap. XIII: “Quando i selvaggi della Luisiana vogliono un frutto, tagliano l’albero dalla base, e raccolgono il frutto. Ecco il governo dispotico”. Tutto fa brodo contro Berlusconi. Ma: 1) Non c’erano selvaggi in Luisiana, nemmeno in Louisiana. 2) Nessuno ha mai tagliato l’albero per mangiare il frutto, 3) Montesquieu lo sapeva, che raccontava una barzelletta. Anche Luzzatto sa dei “selvaggi” di oggi?
Questo Montesquieu che è all'origine dell'Occidente. Cioè dell'Oriente pere via di Occidente. La sua civiltà dei climi continua evidentemente a fare danni – ma Montesquieu non erA morto con l’eurocentrismo?

“Asfaltati!” è il titolone della “Gazzetta Sportiva” di Milano, il giornale più letto d’Italia, sulla sconfitta dell’Argentina contro la Germania. E “Über alles” l’apertura in seconda pagina. Questa Milano non ci fa mancare niente. Nemmeno la critica al modo, “pessimo”, “volgare”, “ridicolo”, come la Rai segue il Mondiale di calcio in Sudafrica.

In una pagina che ai lettori italiani i grandi giornali hanno presentato come una candidatura autorevole di Montezemolo a sostituire Berlusconi, l’inviato del “Financial Times” apre così l’argomento: “Ricordando la raccomandazione dell’addetto stampa di non chiedere direttamente di politica, faccio al contrario e chiedo: «Non si starà preparando per qualcos’altro?» Proprio in quel momento il suo telefonino suona. Risponde e si mostra irritato, parlando conciso. Chiusa la conversazione mi dice: «Era un giornalista. Dice che Berlusconi ha appena detto che sarei la persona milgiore per diventare ministro dell’industria». Trattandosi d’Italia”, conclude l’inviato, “terra d’intrigo permanente, fui tentato d’immaginarmi che avesse organizzato la chiamata lui stesso”.
Nei grandi giornali, o all’Ansa che ha sintetizzato la pagina, non leggono l’inglese?

In una compiaciuta intervista a “Sette”, il settimanale del “Corriere della sera”, Pierluigi Celli rievoca la stagione gloriosa dei professori alla Rai. Nella quale, dapprima come capo del Personale e poi come direttore generale, provvide a fare piazza pulita di Santoro, Vespa e Minoli. Altro che editto bulgaro, dice. Senza pentirsi.

Nella stessa intervista l’ottimo Celli racconta a sua gloria: “Quando sono diventato direttore generale della Rai ho imposto a mia moglie di lasciare il suo posto di dirigente alla Fiavet, la federazione delle agenzie di viaggio, che aveva rapporti con viale Mazzini”. È difficile immaginare La signora Celli col burqa. Ma l’ottimo Celli sa il fatto suo. È stato il più feroce tagliatore di teste ovunque lo hanno messo, alla Olivetti, all’Enel, alla Rai.

Un signore che ha trascorso due settimane di vacanza al mare al Cinquale di Montignoso, fa causa al Comune perché in quattordici giorni non ha mai potuto far fare il bagno ai suoi bambini, tanto l’acqua era sporca Ma al Cinquale la balneabilità è garantita dall’Arpa, l’Agenzia Regionale Toscana Ambiente, un organismo che in Toscana è una sorta di superpolizia.
La marina di Montignoso è lunga meno di un chilometro, prospiciente Forte dei Marmi, che invece l’attestato di mare pulito ce l’ha nelle targhe, la bandiera blu di Lega Ambiente, o quel che è: il mare cambia colore col Comune?

Giustizia a Firenze: dossier contro dossier

La Procura della Repubblica di Firenze sceglie il giorno dello sciopero dei giornalisti per chiudere l’indagine sulla lottizazione di Castello, un’area di 160 ettari, col rinvio a giudizio della precedente giunta diessina, e dei dirigenti della Fondiaria-Sai di Salvatore Ligresti, proprietaria dell’area. Il rinvio a giudizio è limitato a due assessori. Ma uno di essi, Graziano Cioni, ha già detto che l’accordo per Castello fu siglato dal sindaco Domenici direttamente on Diego Della Valle.
Un’indagine durata cinque anni aveva urgenza di essere chiusa l’8 luglio, cioè nella disattenzione. Firenze è città di molti segreti, non solo di quelli del mostro e dei ventidue assassinii senza colpevole. Non ultimo lo scarso rilevo che “Il Giornale della Toscana” di Denis Verdini, supplemento fiorentino del’“Giornale” berlusconiano, uno dei pochi usciti il giorno dello sciopero, ha dato al rinvio a giudizio. A quando la remissione dell’indagine a carico di Verdini per i presunti favori al suo amico imprenditore Riccardo Fusi? Più che indagini penali a Firenze si ergono dossier. Non di polizia giudiziaria ma di gruppi di potere, come se fossero logge avverse. In attesa che la pace si ricomponga, i gruppi di potere a differenza delle mafie non si fanno la lotta fino in fondo.

giovedì 8 luglio 2010

Problemi di base - 31

spock

Perché la patria è – era – nuda? E ignoto il milite che moriva per essa? Non di desiderio, evidentemente.

È il single una nuova specie? Tutti gli esseri vivono in branco o in coppia, quelli finora conosciuti.

È Alonso che corre con la Ferrari, o la Ferrari corre con Alonso?

“Terreno di gioco”, “sfera”, “specchio della porta”, con “gli estremi del calcio di rigore”: le cronache sportive sono farcite di sintagmi sclerotizzati, direbbe Umberto Eco. È sclerotico il calcio? È sclerotica la Rai?

Perché l’alibi dev’essere di ferro? Alibi è un latinismo francese che vuol dire soltanto “altrove”: non esserci, non vedere, non sentire.

È il fascismo, dopo cento anni, sempre una malattia morale? Di chi?

Siamo tutti antifascisti, nel 2010 come nel 1945: non c’è stata storia dopo il 1945?

È il fascismo un alibi? Di ferro?

Il nulla pesa a Leopardi, che ne ha senso acuto, ritornante, di sé e del mondo. Bisogna non essere nulla per non esserne oberati?

spock@antiit.eu

Letture - 34

letterautore

Giallo - Non lo è per il poliziotto (sbirro). Per il poliziotto un delitto è un evento che ha un autore, il colpevole. La motivazione, gli indizi, le conseguenze contano poco Non c’è letteratura, per lo sbirro, non c’è suspense ma solo una constatazione, se e quando possibile, mentre il giallo è proprio questo, il contorno, e il ragionamento sul contesto.
Anche per lo sbirro ci può essere un giallo, per la sorpresa. Sull’autore, le motivazioni, la dinamica. Ma non può, e non gli serve, raccontarlo.

Glottologia - È, benché eminentemente teutonica, l’opposto del razzismo biologico. Poiché unifica, andando alla radice (uscendo dalle “culture”), e allargandosi a tutti i sistemi fonetici, la storia umana.
La somiglianza dei suoni dalla Cina alla Persia, alla Turchia, alla Francia, la cantabilità. Rispetto ai suoni semplificati del latino, sordi.

Goethe – Ricicla nei romanzi e nel “Faust” temi frequentatissimi, specie al suo tempo. Faust è tema settecentesco molto frequentato, da Spiess a Tartini: l’idea – posteriore al primo ateismo – di vendere l’anima al diavolo in cambio di giovinezza e ispirazione. Il segreto di Goethe resta l’artigianato: non inventa, se non nel senso che trova, ma di ciò che trova fa arte.

Heidegger – Specialista di scolastica, e in particolare di tomistica, perse un’occasione. Oppure la fuggì? Altrimenti, come avrebbe potuto scambiare Hitler per l’Angelo – Angelo Sterminatore? Il realismo di san Tommaso, il senso comune, gliel’avrebbero impedito. Solo un filosofo può “immaginare” Hitler.

Humour – Si presume. È sotterraneo, spontaneo, occasionale – l’umorista che si compiace è esso stesso una barzelletta. A meno che non sia maniaco-depressivo: l’umorista dev’essere di umore tetro, dovendo aver visto il lato oscuro delle cose.

Letteratura - È abiezione, essendo una lettura, una rappresentazione, un profondo surrettizio opinion making, insomma una manipolazione, della realtà. Sia essa l’amore, la parentela, l’eroismo, la miseria, la violenza. Nasce da un progetto, una scelta precostituita (qualsiasi punto di vista può dare vita a un sistema coerente, se argomentato con abilità). Che è la sola maniera per dare “seguito” a una vicenda, e coerenza e rilievo ai personaggi. Ma implica, per scelta, un rifiuto della verità e della realtà.

Lettore– Si può configurarlo come un analista, sconosciuto, impersonale. Al quale lo scrittore confida fantasmi e fantasie. Silenzioso, dà però segni preziosi di attenzione, indicazioni.
E se non le dà (se il lettore non c’è)? Alcune nevrosi si complicano nelle confessioni della scrittura, invece di sbrogliarsi.

Machiavelli – Scaltro opportunista oppure amante della patria e della libertà.
Opportunista certamente, ma appassionato. Fu lo storico del potere, che quindi magnifica, per il gusto al suo tempo imperante del tacitismo. E non inutilmente: molte piaghe ne scoprì e ne spiegò.
Ma è tacitiano per interna rispondenza, poiché tacito conobbe poco e tardi. Lo studio di Taito lo sostituirà quando Roma, nel 1559, metterà fuori legge i suoi scritti – Tacito, scrittore latino, era conoscibile solo ai chierici.

Manzoni – Persona colta, in grado di leggere la storia, che è sempre contemporanea. Per l’Italia del suo tempo, il pacchiano Ottocento, eccezionalmente colta. Ma in effettuale. Per l’ipocrisia?

Dà ai personaggi nomi che li bollano, come soprannomi. Come nella commedia dell’arte, che ha i ruoli fissi. È un assassino di personaggi.

Critico del linguaggio, ha scritto un romanzo di ottocento, o mille, pagine cne si possono leggere saltandole senza perderci: solo c’è da sapere che si svolge durante una peste, che i lombardi pe-raltro negano, e riguarda la deflorazione d’una ragazza insipida, a opera di due personaggi essi stessi alieni da foje, il coniugando e un signorotto di paese. Un capolavoro è semmai di reticenza: il male ritorna nelle pieghe della fatale provvidenza, i buoni sono umili, gli umili si salvano per essere pusillanimi, e poi c’è la Spagna, l’orco straniero, che ci assolve tutti.
Ha avviato la storia reticente, che caratterizza l’Italia unita e gli ultimi centocinquant’anni di letteratura italiana: i personaggi e gli eventi non sono quelli che sono nella realtà (molto spesso molto più drammatica), che non si dice, ma calchi poveri di ideologie, echi, o piccola politicante ria, materiali normalmente freddi nei romanzi – così nel suo. L’ha avviata o l’ha riavviata? A occhio c’era gusto in Italia prima del romanzo, più cose dette vere, sentite vere.

Il romanzo scompare a una lettura manzoniana. Qua e là nello stesso romanzo, peraltro, Manzoni ribadisce la sua tesi del linguaggio come in effettuale, una mascheratura, più spesso uno dei trucchi del potere. La realtà, secondo Manzoni, si conosce oper altri segni e altri canali. Ma il romanzo è tutto linguaggio, perfino gioco di parole.
La sua diffidenza per la lingua è effetto del poliglottismo? Compreso il bagno nel toscano?

Pound - È il poeta ispirato (indemoniato) che scandisce i miti e la storia – i miti contemporanei ovviamente – contro i miti della storia. Come Omero, come Dante. Il suo dàaimon è la contemporaneità, quindi il senso della storia. O la vita sociale, sua, della città, del mondo, la politica l’economia, le arti – è sensibile a Joyce e a ogni sperimentazione letteraria come è sensibile al valore del denaro, al suo valore sociale.
Per un poeta che si cali nella storia senza le reti protettiva dell’idillio e dell’enigma, i miti della storia costituiscono in cubi perenni. Ovvero la violenza e la stupidità codificate nella filosofia e le leggi. Combatterli è solo ovvio. Con esiti ovviamente diversi, in termini di poesia e verità. Pound è rimssto impigliato nell’ideologia che, malgrado la sua storia personale e la sua visione della vita per lungo tratto, oltre un decennio, egli stesso ha tessuto. Ma, quando si sarà calmato il furore ideologico, il suo irenismo, il suo stesso prodigo impegno, lo solleverà.

Proust – Amava i suoi personaggi? Di nessuno di essi, donne o uomini, ci s’innamora.
Albertine, letta quarant’anni fa, poteva essere una reale storia d’amore, camuffata al femminile per decoro, e per gioco di specchi. Oggi che l’omosessualità non è indecoroso e non ha segreti, il gioco non regge più e nemmeno la storia: se Albertine è Alfred, quella trasposizione è solo artificiosa. Senza contare le translitterazione care ai proustiani, Gilberte-Alberte, Albertine-Libertine…
La sua memoria è faticosa perché è posticcia, lo snob ha questo difetto. L’epoca era ben dannunziana. Che non è poco. Ma se il tempo perduto è borghese, ne viene la borghesia come artificio. Che è la verità, ma deludente.
Ha costruito un monumentale gioco d’acqua in cui tutti possono sguazzare. “Tutti” particolari: i letterati. Coloro che vivono scrivendo, respirano, sognano, ansimano dietro la scrittura, possono perdere, tramite Proust e nel suo nome, ogni verecondia. Il monumento è più grande che bello (dilettevole, riposante), ma è attraente per questo. È la sua dimensione che è liberatoria, l’insistita, convinta, disinibita ripetitività, nelle forme più aperte e insieme più chiuse, capziose.

Non è romantico, malgrado la nostalgia e la gelosia, ma adolescente attardato. Alieno, per gusto più che per nascita, dall’aristocrazia del sangue e del denaro. E, malgrado i dettagli, dalla storia e dalla società. È vero che il sentimentalismo invade il secolo partendo da Proust, prima che da Heidegger.
Sarà grande per il mistero irrisolto: come accade che ci si innamori della noia. La ripetizione, l’insistenza, l’aneddoto insignificante, senza verve né conversazione brillante, anzi con giri di frase faticosi.

Sentimentalismo – Nascerà, come dice Oscar Wilde, per mano della Philips. Ma era il pubblico femminile a volerlo: “La principessa di Clèves”, “La signora delle camelie”, eccetera. Delle donne che invece sono estremamente realiste, anche in fatti di cuore.

Starr, Kenneth – Il più grande pornografo dopo il marchese de Sade sarà stato un conservatore fondamentalista, l’accusatore di Clinton. Pornografo minimal, dettaglista - il marchese va per accumulo. Ma l’effetto segue la stessa curva: arrapante, irritante, deprimente.

Storie – Le storie nella storia aggiungono e non spiegano. Non fanno da contrappeso, a un’inferenza, a un parere, a un detto o regesto Né operano algebricamente – un positivo, per esempio, dalla somma di due negativi. Aggiungono indeterminatezza a indeterminatezza. Saranno inutili, ma quanto il procedimento narrativo classico, della storia con un impianto, un principio, un filo e una fine.

letterautore@antiit.eu

martedì 6 luglio 2010

Acqua ai servizi deviati

La trama è quella dei Ciancimino, il cattivo è lo Stato. In più Lucarelli, che scambia la violenza con l’inventiva, e fa commettere al mite Camilleri inverosimili crudeltà. Con un errore: lo Stato, seppure deviato, non ci molla mai. Una cattiva azione, verso lo Stato e verso il lettore. Massimo Ciancimino la trama la svolge meglio (è suo questo Stato), l’agente deviato tedesco (altoatesino) è geniale. Se non è opera dei suoi avvocati – dei servizi segreti? 
Camilleri-Lucarelli, Acqua in bocca, minimum fax, pp. 108, € 10

Sempre più Ddc contro Dds

C’è un effetto ottico distorsivo, a opera dei giornali dei grandi gruppi, sullo stato interno del Pd, tra ex diessini e ex popolari. Rilanciata sui giornali da Rosy Bindi e Franceschini da un paio di settimane sull’ipotesi del ribaltone, la corrente fusionistica è nei fatti sempre più isolata e ridotta. Anzi, è praticamente sancita la divisione tra democratici ex democristiani e democratici ex diessini, tra Ddc e Dds .
L’ipotesi del ribaltone, da Franceschini ribadita trionfante dopo il passo falso di Berlusconi su Brancher, non ha provocato emozioni, gli esponenti più navigati del Pd bianco, danno per scontato che Napolitano si tiene Berlusconi. Rutelli si mostra oggi molto più sicuro che la sua non rimarrà un’uscita isolata. Nel Pd molti elementi locali ex Ds danno la separazione per scontata. E non manca chi nella stessa direzione nazionale del Partito già cerca un simbolo e una sigla propri, del proprio schieramento.
Di separazione tra Dds e Ddc si parlerà alla ripresa politica in autunno. In vista di vari appuntamenti congressuali, compresi quelli del Pdl.

lunedì 5 luglio 2010

Non sarà Napolitano un altro Berlusconi di Fini

Bloccare in anticipo la speculazione. Prima, e indispensabile, viene la correzione al bilancio, ne va dell’euro e della ripresa dell’economia, e Napolitano si tiene comunque Berlusconi. È bastato un viaggio, anzi due, uno di Berlusconi a Toronto e uno di Napolitano a Malta, per dare spazio ai protagonisti del ribaltone, che sono poi i tre giornali leader, “Corriere della sera”, “Repubblica” e “La Stampa” e il Tg di “Sky”. Ma il barometro è sempre alla stabilità. Napolitano non vuole identificarsi con le politiche – e le stravaganze – berlusconiane, ma è sempre l’uomo delle istituzioni, come ama dirsi, rispettoso dei ruoli. Prevalente, nell’opinione politica di Napolitano, da capo dello Stato e da ultimo (residuo) internazionalista, è il passaggio parlamentare della manovra di bilancio. Questo è l’unico certo segnale che viene dal Quirinale sulle intenzioni del presidente.
Napolitano non ha gradito la pagliacciata di Brancher. Non è stata la prima, ma in questo come in altri casi precedenti, tiene distinto il ruolo del governo dagli umori del suo capo. A Brancher non attribuisce alcuna colpa specifica (Napolitano istintivamente aborrisce il tribunalismo dei giornali) ma un ottuso provincialismo. Dà più peso alle esternazioni di Fini, dal quale peraltro si sente personalmente molto distante, in quanto è presidente della Camera dei Deputati. Ma si attiene ai fatti: “Non sarà lui un altro Berlusconi di Fini”, si dice, un secondo traghettatore e mallevadore dei suoi passaggi politici, con crisi pilotate o altri espedienti. Se il presidente della Camera vuol “fare” qualcosa, questa volta dovrà farla da solo.
In alcuni ambienti del Quirinale, d’altra parte, la fibrillazione che i grandi giornali sono impegnati a produrre attorno al governo, con le candidature fantasiose di Montezemolo, Tremonti, Casini, suscita molta preoccupazione. Più che il problema intercettazioni, alla presidenza della Repubblica si sa che il nodo centrale è il passaggio della manovra correttiva, con l’adozione della ricetta Merkel, la riduzione ogni anno della spesa pubblica di un punto percentuale: su questo si gioca effettivamente il futuro dell’Italia, senza retorica, dell’euro e dell’Unione europea – “quale che sia il potere di persuasione della grande finanza” (l’incongrua candidatura di Montezemolo sul “Financial Times” suscita preoccupazione più che sorrisi).

Il vero scandalo della Procura di Firenze

La lottizzazione di Castello, il vero scandalo della Procura di Firenze, fu decisa personalmente dall’ex sindaco Ds Leonardo Domenici con Diego Della Valle. L’ex assessore all’urbanistica, anch’egli diessino, Graziano Cioni, ha respinto ogni accusa, affermando che il progetto di Della Valle, in sintonia con l’ex Fondiaria proprietaria dei terreni, confluita nella Sai di Salvatore Ligresti, fu avallato dal sindaco, ora europarlamentare (quello che, appena indagato, s’incatenò a Roma davanti al giornale “la Repubblca”), “a pranzo” con lo stesso Della Valle,
Nascosto da giornali nelle pieghe della cronaca locale, prosegue a Firenze il vero scandalo. Attorno al quale una lotta non tanto sorda si sta combattendo alla Procura di Firenze. Che dopo aver avviato le indagini le ha convogliate in un filone secondario, quello della Scuola dei marescialli della Finanza, sempre nell’area di Castello, che le ha consentito di indagare, qui con grande abbondanza di pedinamenti e di intercettazioni, gli esponenti della destra, da Verdini a Bertolaso,
Il grosso scoglio di questa seconda indagine è che l’appalto della Scuola alla società sponsorizzata da Verdini l’ha dato Di Pietro quand’era ministro. E che la stessa impresa ha già avuto ragione in tribunale e in appello sulla revoca dell’appalto.
L’attesa è ora che lo scandalo Domenici venga archiviato, dopo aver dirottato l’attenzione da un paio d’anni sul “folkloristco” Cioni. Firenze è città molto opaca, di conventicole in lotta tra di loro. E in questa logica opaca è che si archivi presto l’indagine aperta dai gruppi di destra contro quelli di sinistra. In attesa di archiviare successivamente quelle a carico di Verdini e Bertolaso. Renzi, il sindaco successore di Domenici, si è riservato di decidere sul progetto Castello quando è stato eletto due anni e mezzo fa, ma non l’ha mai fatto. Renzi è anch’egli democratico, ma di provenienza Dc – area cui peraltro apparteneva originariamente lo stesso Della Valle..

Il partito Sky più forte della Rai

Non è Mediaset, è la Rai il nemico di Sky. È a fare concorrenza all’emittente pubblica che i manager di Sky dedicano il loro impegno, più che a Berlusconi. Con la compiacenza del partito Rai. Nel sottinteso della comune lotta a Berlusconi, ma in realtà per minare la Rai. Senza troppa ingenuità tra i tanti capoccioni Rai, tutti in quota Veltroni o Casini, non se ne vede molta in giro, anzi si vede paraculaggine: consulenze, rubriche, partecipazioni a cachet, tg dedicati, Murdoch sta svuotando la Rai con l’ausilio del centro-sinistra e delle grandi firme Rai. Fiorello, un “salvato” della Rai, è stato il primo della serie e non un’eccezione. Largo seguito, con partecipazioni in funzione di esperti o di autorità, Sky ha acquisito nei servizi tv dei maggiori giornali e tra rubricisti, Grasso (“Corriere della sera”), Comazzo (“Stamppa”) e, con qualche resistenza, Dipollina (“Repubblica”).
Sulla facciata, Sky si pone come punto d’attrazione al partito Rai in funzione anti-Berlusconi. Ma in realtà punta contro la Rai. Contro Mediaset la lotta sarebbe alla pari, l’emittente dei Berlusconi ha costi altrettanto flessibili, anzi perfino più agili, di quelli di Sky. Mentre la Rai è un mastodonte attaccabilissimo.
I due mondi sono oggi separati, la Rai in chiaro, Sky in abbonamento. Ma ancora per poco. Tra un paio d’anni Sky potrà andare in chiaro sul digitale, e con la forza vendita pubblicitaria, aggressiva, motivata, che ha costruito, darà subito filo da torcere alla bella addormentata emittente pubblica. Che sa benissimo che tra un paio d’anno dovrà essere molto concorrenziale col suo nuovo comparto, già digitalizzato, ma lo tiene in vita giusto per non chiuderlo,