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sabato 23 luglio 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (294)

Giuseppe Leuzzi

I vicini di caffè a Forte dei Marmi, emiliani e toscani, progettano una vacanza a Palermo a novembre. “Bene, bisogna ordinare i caschi”, si sente una voce toscana, non ilare. “Bisogna controllare le vaccinazioni”, dice un’altra. Non cattive. Non spregiative. Non intendono veramente partire per l’Africa. Semplicemente, non concepiscono che Palermo possa essere una città come Firenze.   

Reggio Calabria, negli “Italiani” di Tim Parks, s’immagina una piccola Napoli, dove si fabbricano copie. Lo scrittore non c’è stato e non ne ha idea, ma è il “Sud”, non solo remoto ma anche diverso. Come lo ha mediato nella sua esperienza in Veneto, a Verona.

Nella periferia veronese di Parks, di campagna in via di rapida urbanizzazione-edificazione, già nel 1980 la cooperativa di “meridionali” che progetta villette a schiera suscita rimostranze e petizioni. Non le suscitano le villette a schiera e i condomini degli immobiliaristi locali.

La ‘ndrangheta del Terzo Valico
“In merito alla notizia relativa ad una inchiesta della magistratura sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nei lavori del Terzo valico ferroviario in cui risulterebbe un dipendente della società Itinera (Corriere di ieri), si precisa che il signor Libero  Pica, citato nell’inchiesta, è un dipendente  della Società in qualità di fattorino. E che la Società Itinera non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, coinvolta nell’inchiesta e che non ha lavori in affidamento sul Terzo Valico. In attesa degli accertamenti della magistratura, Itinera ha tuttavia provveduto a titolo cautelativo a sospendere con effetto immediato dal servizio il proprio dipendente” -  Giovanni Frante, responsabile Comunicazione Itinera. Pubblicato senza commento sul “Corriere della sera” del 21.
Chi “infiltra” chi? C’è troppa criminalità organizzata, bisogna convenirne.

La donna ideale è settentrionale
La donna di sogno, la “donna ideale”, secondo Denis de Rougemont, l’ex marito di Colette, “L’amore in Occidente”, è nordica. È Isotta. Che in effetti è modellata secondo il canone medievale della “Descriptio Puellae”, della ragazza ideale. Dopo aver detto, lo stesso pubblicista, che Isotta deve molto ai trovatori, alla poesia cortese, dunque meridionale.
Rispetto ai modelli, però, Isotta è adultera: è questo che la fa settentrionale? L’adulterio è nel corredo della donna ideale settentrionale – in quello della puella sarebbe abominio?
Lo storico Alain Corbin, che paga molti tributi a Rougemont, insiste nel suo classico “Les filles de Reve” che la donna di sogno è Beatrice, è Laura, è Giulietta – tre italiane, dunque tre meridionali.
È il Nord che ha introdotto la nozione di settentrionale. Pirenne, Rougemont, Dionisotti et al. Curiosa. Ma assurda, non poco.

La mafia finanziaria
Molte analisi si sono illustrate sulla mafia imprenditrice da quando trentatré anni fa il giudice Cordova e Pino Arlacchi hanno coniato la categoria. Un altrettanto utile contributo sociologico, di studio, e anche di polizia, a difesa degli indifesi risparmiatori, sarebbe l’applicazione della categoria e dei delitti di mafia alla finanza. Che ne ha tutti i requisiti: la (relativa) segretezza, l’omertà, l’avidità, l’appropriazione dei beni degli altri, la capacità corruttiva, lo sfruttamento,  la violenza.
Le definizioni di mafia sono svariate – le esercitazioni in materia si scoprono numerosissime, sull’ordine delle centinaia. Variamente puntate sull’aspetto criminogeno, sull’interesse economico, sulla violenza, interna ed esterna.  La finanza anonima stranamente le indossa bene tutte. O quasi: non mette le bombe – ma chissà.
È mafia naturalmente la criminalità del Sud. Ma che le sue finalità e i suoi metodi sono gli stessi di Wall Street e della City, la cosa evidentemente non è senza significato.

La memoria latita
Più di tutti i suoi mafiosi, látita il Sud, la memoria. Nel godibile “Italiani”, pubblicato un quarto di secolo fa, lo scrittore inglese Tim Parks rifà la vita quotidiana di Montecchio, frazione di Verona. In una quarantina di arguti capitoletti, sulle pratiche e le manie della gente. Tutti locali, anzi dialettofoni, alcuni senza una parola d’italiano, e senza meridionali. C’è in paese un “gruppo di meridionali” di Reggio Calabria, ma Parks non li incontra, benché sia assiduo alla vita di paese, e pignolo nel suo ironico censimento.
Sa che non  li vogliono. Ma non si chiede perché. Perché sono lì, evidentemente da qualche tempo, e vogliono rimanerci, se si costruiscono casa. Ma nessuno al suo posto se lo è  chiesto e se lo chiede: il Sud è trasmigrato ovunque, ma non ne ha memoria, non del Sud. Sì, la letteratura degli emigranti, ma di compitino sociale, in genere lacrimoso – quanto è dura la vita dell’emigrante, “’l pane altrui” etc. etc.,. Le differenze etniche? Di lingua, costumi, usi alimentari, parentali, politici?.
La vita nel Veneto dev’essere stata un inferno, se alla fine tutti quelli della “provincia di Reggio Calabria”, che a casa loro non si guarderebbero neanche, devono mettersi insieme per farsi la casa.

Il Sud è femmina
Il Sud è viaggiato, non viaggia. Anche se emigra molto, e ormai quasi per abito mentale, in massa e singolarmente, per bisogno e per irrequietezza. Ma non sa fare il paragone - non sa fare la tara - e si lascia impregnare, ogni esperienza è buona che venga da fuori.
L’editore calabrese Rubbettino ha un’ottima collana di cronache di viaggi nella penisola, del Sette, Otto e Novecento.  Scorrendola, viene in mente che non c’è un solo libro calabrese sulle altre realtà. O meridionale, dei tanti colti viaggiati siciliani, o napoletani. Anche solo di un calabrese sulle finitime Sicilia e Basilicata. Come se il calabrese non mettesse mai piede fuori. Mentre invece emigra sempre e volentieri.
Non una memoria di una insegnate, un infermiere, anche di avvocati, medici e ingegneri, che hanno passato vite isolate a Genova o a Torino, e nel Nord-Est, nel Veneto specialmente e nel Friuli. Guardati a vista, catalogati. Sempre tacciati di mafiosità – e al momento giusto, se hanno fieno in cascina, magari dopo una vita, spossessati d’un colpo col rinvio a giudizio.
Ci sono i viaggi di Corrado Alvaro – il miglior scrittore-viaggiatore a settanta, ottant’anni data. Ma quelli li faceva da italiano, a Parigi, a Berlino, in Russia, in Turchia.
È che il Sud non sa fare la differenza. O no, la differenza la sa fare, perché la soffre ogni giorno, in  ogni incontro. Il Sud s’impregna, è questa la differenza con il Nord, che invece il mondo tiene a distanza.
Il Sud è femmina, come si sarebbe detto un tempo, quando non c’era il pregiudizio di genere.

L’Italia disfatta dalla Lombardia
La tolleranza Lévi-Strauss, pur non nominandola, difende irresistibilmente in “Razza e storia” come meccanismo della civiltà: “Quel complesso insieme di invenzioni di ogni ordine che chiamiamo una civiltà è funzione del numero e della diversità delle culture con cui essa partecipa all’elaborazione – il più delle volte involontaria – di una comune strategia”. Ciò che al Sud è negato, nell’Italia lombarda. E da qualche tempo lo stesso Sud si nega – il Sud è imposto al Sud, ma da qualche tempo, approssimativamente dalla manifestazione del leghismo nel Lombardo-Veneto, lo stesso Sud se lo impone.
È il cammino inverso intrapreso dall’Italia milanese, leghista. Introversa e autoreferenziale, nel mentre che si nega. Il leghismo è e non è: non è razzista, non  è violento, non è arrogante, non è  esclusivista. Ma si impone - non rinuncia a se stesso, alla sua natura razzista, arrogante, violenta - e come potrebbe, è la sua natura? È il fatto, se non la legge. Ha un partito (una base ) vasto, di cui quello che si manifesta in tv è solo una parte. Ha giornali autorevoli, tra essi il più diffuso e autorevole, il “Corriere della sera”, la parte più consistente della Rai, che pure è piena di meridionali, i giornalisti più autorevoli – un’autorevolezza tale che consente di non informarsi.

leuzzi@antiit.eu

Blade Runner solo in film

Reintitolato dopo il film di culto (era “Il cacciatore di androidi”, o “Do Androids dream of Electric Sheep?”), e riletto in originale per assaporarne il ritmo, questo non c’è – il film è un’altra cosa. La storia qui è malinconica più che avventurosa: una storia di rassegnazione. In contrasto con le professioni, con quello che i personaggi fanno, o sono indirizzati a fare, se non con i caratteri. Se il sogno è il possesso di una pecora. Dick è uno scrittore che va riletto in altra chiave.  
La migliore fantascienza è un’idea. Un’idea di futuro “altro”, anche di passato. E una forzatura della realtà, verso limiti insospettabili. Ma funziona solo alla Ballard, di un’irrealtà possibilissima, a portata di mano, e anzi, confusamente, già fatto di cronaca. Mentre presentata come un progetto d’irrealtà non si fa leggere,.non per duecento pagine, passata la prima sorpresa. Il bounty killer degli scampati al day after è noioso più che avventuroso.
La scrittura di Dick è un'altra, non mirata a un evento catartico. E, come ogn  scrittura di ogni altro autore, ha bisogno di credibilità. Creata, estesa, stiracchiata, quello che si vuole, ma curata, altrimenti non prende.
Philip K. Dick, Blade Runner, Orionboks, remainders, pp. 211 € 4,75

venerdì 22 luglio 2016

Ombre - 325

Truppe speciali francese di nascosto in Libia a fianco del generale Haftar, con armi e soldi, contro l’Italia. Haftar, uno dei signori della guerra, aveva cercato il sostegno dell’Italia. Che invece è per la “soluzione legale” – con gli Usa, è vero, ma anche con l’Onu. L’ha trovato a Parigi. La Francia, assediata dal terrorismo in ogni suo luogo con centinaia di morti, che si dedica ai giochi contro l’Italia.

Però, Renzi zitto sullo schieramento della Francia contro la soluzione legale in Libia. E anche Obama. L’Occidente è a Ovest di che?

Oggi come nel 2011, a fianco della presidenza francese nella “liberazione” dagli “impossibili arabi”, in realtà contro l’Italia, si erge Bernard-Henry Lévy. Che con i suoi argomenti può pontificare sul “Corriere della sera”, come se fosse il filosofo che non è. Dove nessuno lo legge?
Si capisce che il giornale lo vuole solo Cairo.

Si dividono gli alfaniani. E poi si suddividono, i giornali non hanno abbastanza spazio per le suddivisioni. Ma gli alfaniani, quanti voti fanno, tutti insieme?

Alfaniani? Che motivo c’è per dirsi alfaniani?

Isinbayeva pulita non può andare all’Olimpiade. Dove i dopati riconosciuti e condannati potranno gareggiare. Coe dice che non fa politica – Isinbayeva è russa. La fa negandosi, per la vergogna. È uno di quelli che sempre “non c’erano”.

Il gruppo Mediobanca ricorre alla Consob e alla Procura dela Repubblica contro Cairo, neo proprietario del “Corriere della sera”. Nessun dubbio che avrà ragione dalla Procura, se non dalla Consob, il Capo della Procura, Greco, è parte integrante del “salotto buono”. Senza scandalo di nessuno. Mediobanca non propone soluzioni alternative, vuole solo bloccare il gruppo editoriale - Greco provvederà, benchè in barca. Milano e il giornale non protestano.

Si discute se i Murdoch hanno licenziato Roger Ailes, il direttore di una vita dei loro tg, perché contrario a Trump. Anzi no, perché una miss America tournée  giornalista, dopo una carriera a Fox News, accusa il direttore di molestie sessuali. Può succedere negli Usa, ci sono avvocati specializzati per i rimborsi. Informazione? Però, sono gli stessi Murdoch che avevano schierato le loro tv per Obama otto anni fa, e ora tifano Trump.

I rifugiati senegalesi, i sette che avevano accettato, si rifiutano di fare i lavoro socialmente utili al cimitero di Torre del lago: ci sono i crocefissi. Minimizza la Misercordia che li ospita: “Non un ammutinamento, solo una richiesta”. Di essere ospitati senza lavorare, neppure pro forma?
Da parte di “rifugiati” di nessuna guerra e nessuna persecuzione.

La Corte Europea decide che i salvataggi bancari si possono fare. È una sponda per Roma, commentano i giornali. Ma uno non sa se congratularsi. Se la Germania non avesse dovuto fare (ancora) un paio di salvataggi?

Nella strage di Nizza colpisce l’incompetenza francese, eccessivamente straordinaria. L’attentatore sembra un provocatore: ne combina di tutti i colori per farsi fermare, e viene invece mandato avanti, E cinque giorni dopo la strage, molti dispersi non venivano rintracciati: erano morti, erano in ospedale, erano stati maciullati?

A Torre del Lago il maestro Veronesi interrompe “Tosca” , con cui inaugura il festival pucciniano, per protesta contro lo scioglimento della consiglio comunale di Viareggio, il terzo in quattro anni, da parte del Tar, il tribunale Amministrativo. Accolto dai fischi, di destra e di sinistra – insomma “democratici”. Si poteva riderne. Ma no, i giudici hanno sempre ragione: gli italiani non sono anticonformisti, sono fregnoni e opportunisti –sicuramente ci sono più lestofanti nel pubblico di “Tosca” che nella giunta comunale, la stocastica non mente.

Subiate, personalmente o in persona di un congiunto, un grande intervento chirurgico. Un trapianto. Otto ore di camera operatoria, etc. Il chirurgo eccellente vi ragguaglierà in piedi in corridoio, dove vi ha lasciato in attesa mentre studia il caso sui dati computerizzati, rapidamente, di passaggio, con una dozzina di termini tecnici che non potere memorizzare, sul tipo e i rischi dell’intervento.

Dopo l’intervento, il chirurgo uscendo dalla sala operatoria passerà per un corridoio, a una certa altezza, dove voi dovrete trovarvi, anche se non ne avete la certezza, né del luogo né dell’ora, pena perderlo. Se poi lo incontrate, magari per caso, vi ragguaglierà in piedi, con una dozzina di termini tecnici, in un minuto, al massimo due, che l’operazione è riuscita.
Passerà una volta a o due a visitarvi la mattina in rianimazione, ma per un’occhiata ai “valori”, che non siano per caso piatti.  

Il giudice reintegra venti grillini espulsi dal partito. Non c’è più l’autonomia del politico. Ma il giudice non è isolato, bande di grillini plaudono: ora il partito farà i conti con noi!
Poteva succedere solo a Napoli, è giustizia partenopea, e infatti è successo a Napoli. Ma i grillini che ora faranno i conti con Grillo vengono dritti dalla rete: pieni di sé, la mediocrità non conosce mezze misure.

Non ha tutti i torti Trump richiesto della sua politica verso “i mussulmani”: “L’attacco di Nizza equivale a una dichiarazione di guerra”, “I controlli alle frontiere degli Stati Uniti dovranno essere molto stretti”, “Dobbiamo bloccare tutti coloro che vogliono entrare come rifugiati e non sappiamo chi sono”. Elementare. Anche tenersi le carte coperte: “Non dobbiamo far conoscere in anticipo le nostre intenzioni”.

Non lavoreranno tutti questi stragisti per Trump? Nel 1980 successe: la vittoria di Reagan , un mezzo Trump dell’epoca, sul pacifico democratico Carter, presidente uscente, fu vantata a Teheran dai khomeinisti, che aveva kidnappato l’ambasciata americana, e tennero per alcuni mesi i cinquanta e più ostaggi nascosti in segreto.

Quindici anni di indagini, e molte riscritture, cancellature, revisioni, ma infine il rapporto bipartisan del Congresso Usa sull’11 settembre una settimana fa è stato consegnato al Congresso stesso. Un rapporto di 828 pagine, non pubblicabile. Eccetto 28 pagine.

Ma nemmeno le 28 pagine libere del rapporto sull’11 settembre si possono consultare per intero. La prudenza e la censura sono dettate dalla volontà di non irritare l’Arabia Saudita. Dalla quale provenivano quindici dei diciannove attentatori – due erano degli Emirati, uno egiziano e uno libanese. Provenivano drettamente, non erano fuoriusciti. Terroristi che non parlavano inglese, non erano mai stai negli Usa, e non avevano istruzione.

“Aiuti di Stato vietati? L’Europa dalle troppe velocità”, titola “Corriere Economia” un’inchiesta sugli aiuti di Stato in Europa. Le macchine tedesche sono quelle buone, sanno sempre la velocità giusta.

Rinnova tutto la nuova Rai di Renzi, con l’abbonamento in bolletta, e rispolvera Pippo Baudo. Che ha ottant’anni.

Il giallo teen

Un “progetto” di Pierdomenico Baccalario, con le storia di Alessandro Gatti. Protagonista e Watson della situazione “Irene Adler”, che in qualche racconto di Sherlock Holmes viene distrattamente nominata. Un’adolescente in questa serie - Irene sarà stata adolescente prima di crescere:  curiosa, un po’ distratta, ma riflessiva e poco pasticciona, comunque sempre in grado di recuperare, grazie ai suoi fantastici amici e protettori. E desiderosa di raccontare. Con l’ingegno sempre acuto di Sherlock e l’agilità d Arsène Lupin.
Una dodicenne per tutto nella sua età. Personale e dell’epoca – ma senza appesantire i riferimenti storici o sociologici: i rapporti coi genitori (adottivi, naturali?), le bugie a difesa, la sventatezza dei coetanei, e la determinazione, che di ogni preadolescente farà un vincente – almeno in prospettiva. Un personaggio che si piace e piace – un po’ come Sherlock Holmes, è questo il suo segreto..
Una grafica efficacissima crea l’atmosfera giusta, senza altre sollecitazioni, di date, o eventi. La grafica di Iacopo Bruno situa la lettura a Fine Secolo con accorte illustrazioni d’epoca nelle controcopertine e tra le pagine.
Un alro progetto Atlantyca Dreamfarm, che evidentemente ha la chiave della narrativa per i teeen-ager. Cioè dela narrativa in genere. E ripete con questa serie il successo straordinario di “Agathja Mistery”, un po' Agatha Christie un po' no. Con una ventina di titoli in appena tre anni, divorati – e si possono vendere allungando il prezzo, dai 4,90 euro iniziali a 17..
Irene Adler. Sherlock, Lupin & Io, Piemme, pp. Vv. 

giovedì 21 luglio 2016

Il bianco frustrato di Trump

Quando il bianco diventerà un “colore” come gli altri? Fra non molto, due generazioni, la demografia è scienza esatta - 2055 è la data: i bianchi saranno negli Usa minoranza.
È una delle ragioni dietro l’incredibile Trump, l’incredibile successo del miliardario oltranzista. L’altra è la frustrazione, ormai alla seconda generazione, dei lavoratori bianchi. Non dei lumpen del Sud, i bianchi à pois dei romanzi di Faulkner, che non contavano e non contano, ma della aristocrazia operaia del Nord, ormai a tutti gli effetti ex, non più garantita: disoccupata o precaria.
È un aspetto che lo stesso Obama aveva spiegato nella sua prima campagna elettorale otto anni fa, a un incontro con i ricchi sottoscrittori del partito Democratico: “I posti di lavoro sono scomparsi da venticinque anni e  niente li ha sostituiti”, ha detto dei lavoratori delle piccole città del Mid-West, ma lo sguardo è più ampio: “Non sorprende che siano amareggiati, attaccati alle armi o alla religione, o all’antipatia contro chi non è nella loro situazione, o a sentimenti anti-immigranti o anti-commercio internazionale, per spiegare la loro frustrazione”. Obama ha moltiplicato l’occupazione (la disoccupazione è ai limiti fisiologici), ma non la soddisfazione.  
Il risentimento, a lungo tenuto a bassa frequenza dall’American Dream, è ora matter-of-fact, un dato della vita: la classe media è sempre meno bianca, le opportunità dei bianchi sempre più ristrette, di numero e qualità. E i bianchi sono sempre meno.

Problemi di base - 285

spock

“Non si può non convenire”, dice il giudice, “che la mancata proposta\accettazione non abbia provocato un danno al proponente…”. Ma glielo ha provocato, il danno, oppure no?

Si “rovesciavano” una volta i filosofi tedeschi, ora i papi?

Perché le donne non vogliono più sposarsi e gli uomini invece sì?

Perché il matrimonio è in disuso, eccetto che tra gli omosessuali?

Chi non è superfluo, anche tra i geni?

C’è chi riflette e decide, e chi è gregario e suddito?

Se Dio ci ama, avrà pure bisogno di noi?

E il libero arbitrio come “il più malfamato trucco dei teologi” Nietzsche non avrà escogitato in libero arbitrio?

spock@antiit.eu

La donna non é più irraggiungibile

È l’evocazione di un caro estinto. Galante: il de cuius è la donna dei sogni. Diana, dice Corbin, più che Artemide: l’irraggiungibile – una donna che è un programma, più che un essere umano? o Diana è l’ideale della stessa donna?
Lo storico degli stili di vita - del tempo libero, delle donne di piacere, dell’ombra - celebra un genere desueto. Svanito all’improvviso, dopo alcuni millenni: la donna dei sogni. Dopo gli anni 1960, premette, tutto è impudicizia, e la promiscuità sessuale è libera. Mentre con la  donna dei sogni si celebra(va) il desiderio, sotto forma di ammirazione, e la verginità, in forma di verecondia, pudicizia, modestia, purezza.
Una rassegna gradevole, tra leggerezza e accuratezza. Una galleria di donne e divinità ideali. Il culmine sarà Carlotta, “la più perfetta delle ragazze di sogno e la più accattivante”. Il cui incanto porta Werther al suicidio… Un culmine non persuasivo, che Corbin stesso ha difficoltà ad argomentare. Il prototipo è Beatrice, che ha anche il pregio di morire presto. O meglio ancora Laura, la “donna del Petrarca”, venuta tardi ma duratura: in lei si assommano tutte le caratteristiche del tipo, l’irraggiungibilità, etc. – meno la verginità: Laura era già sposata e fu moglie fedele.  
Si può lamentarne la scomparsa. Oppure no, se ne fa a meno senza pena. La sparizione delle “fanciulle ijn fiore” non è una disgrazia – soprattutto quando sono posticce: c’è un che di velenoso, e impudico, in certe infatuazioni, menate per lungo e insincere, “irreali”. E tuttavia la Donna Ideale non è – non è stata – solo un concorso di bellezza.
Ma la scomparsa in sé? La verità sommersa è che anche la deriva odierna è antica: l’immaginario femminile – maschile della donna – è sempre stato bipolare, o in dialettica, tra Diana, “la donna intatta, altera e grave”, e Artemide-Venere. Tra la verginità inaccessibile, quando non minacciosa per l’uomo che vi si attentasse, e oggi si direbbe monogenere, e la promiscuità, con o senza residui. Semmai la scomparsa è un’altra, del modello culturale che vi soggiace(va).
La donna dei sogni è un modello culturale più che fisico, o puramente estetico. Anche se legato a canoni, ripetitivi, ripetuti. O allora di un’estetica radicata, che ora non è più, a essa essendo subentrata la cecità, l’indistinto del buono-per-tutti. E quella cultura non era da buttare.
È in quella cultura, peraltro, che il sogno della donna è scomparso. Era scomparso con la letteratura Fine Secolo (Ottocento), di libertinaggio dosato ma diffuso: Zola, Huysmans, Daudet, Prevost, Lorrain, Rachilde, Peladan, Toulet, Louÿs, e la sterminata serie degli anonimi vittoriani dopo l’idillio preraffaellita, o accanto a esso - ma già con Flaubert, con Tolstòj. Proust resuscita le fanciulle in fiore contro questo sfondo.
Una curiosità è che meglio rispondono al modello, non fosse per l’incorporeità, o una corporeità dubitabile, Beatrice e Giulietta. E dunque è la donna ideale una tipologia italica, latina, mediterranea? Questo è sfuggito a Corbin. Che anzi opta per Brunilde, a premio sui prototipi italici – ma Brunilde non è adultera?
Alain Corbin, Les filles de rêve, Champs Flammarion, pp. 171 € 8

mercoledì 20 luglio 2016

Fuori le univevrsità dalle città

Cominciò Francoforte nel 1968, che per punire gli studenti in rivolta, sventrò il centro storico, di ville, palazzi e università, che postò in periferia, e lo riempì di grattacieli di banche – la città fu distrutta appena ricostruita, ma l’odio dei giovani servì a un cinico calcolo immobiliare. Seguì l’Olanda, che sempre si uniforma sulla Germania: a Amsterdam e altrove l’università subito si periferizzò. Ma conservandosi una sede di rappresentanza in centro città, per dottorati e altre manifestazioni accademiche, come presenza storica, se non più economica (popolazione studentesca, immobiliare). Venne poi Parigi, dovendo decentrare – l’niversità essendo ormai di massa.
In Italia per prima Firenze si privò dell’università in centro, dei centri di eccellenza universitari, in favore del progetto Novoli-Sai (assicurazioni): l’istituto “Cesare Alfieri” di Scienze politiche, Architettura, Lettere. Primo caso dell’immobiliarismo trent’anni fa di stampo Pci. L’università relegando a un’estrema periferia, in un incrocio autostradale - come molti altri uffici pubblici. Lo squallore materializzato, senza servizi, senza accessi, se non con motorizzazione personale, impervia ai fuori sede, della provincia o di fuori regione senza convivialità o socializzazione possibile. Ora Milano segue, con la Statale. Sempre per un progetto immobiliare. Ma non dell’università. Che baratta aree pregiate in centro con l’università a … Rho (non si dice, si dice “area Expo”, fa più fino)
Ciò che più sorprende è l’arrendevolezza delle università. Se non è corruzione. Le università sono – sarebbero – e si vogliono aziende. Ma non sanno calcolare niente, niente patrimonio e niente reddito. Soprattutto non sanno quanto perdono in queste delocalizzazioni – è possibile? In valori patrimoniali e reddituali. Di costi insorgenti e entrate ridotte. Senza residenze per i fuori sede. Senza trasporto pubblico minimamente adeguato. In zone tristi, per gli studenti e per i docenti. Senza servizi, senza svaghi, di ore vuote piene di vuoto.

Secondi pensieri (270)

zeulig

Dio – È il Re occulto di cui andare alla ricerca, che l’upupa commissiona a tutti gli uccelli appositamemte convocati, nella “Conferenza degli uccelli”, il poema persiano del dodicesimo secolo, di Fared al-Din Attar. Per sottrarre così il creato alla disperazione. Il cammino più
verosimile.

Risente molto del Dio di Calvino, un despota assurdo: quello del “servo arbitrio” e della predestinazione. Un gaglioffo, che si approfitta degli umili – ma Calvino non era umile, in nessun modo.

Europa – È la varietà, pur in un’area ristretta, di dati e esperienze - di culture. Nella reciproca accettazione, o tolleranza. È – era – in questo la sua “superiorità”, che non è “intrinseca”, argomentava già J.S.Mill un secolo e mezzo fa, “Sulla libertà”: “Che cosa ha reso le nazioni europee un settore dell’umanità che si evolve e non resta statico?” L’“intrinseca superiorità”, qualora esista, può essere ”un effetto e non una causa”. La causa è “la notevole diversità di caratteri e culture. Individui, classi e nazioni hanno tracciato una gran quantità di vie, che portavano tutte a qualcosa di valido: anche se in ogni epoca chi percorreva vie diverse non tollerava gli altri, e avrebbe giudicato ottima cosa costringerli tutti a seguire la sua strada”. La strada del pensiero o sentiero unico dev’essere aperta agli incroci, altrimenti si restringe e finisce.
“Portavano” già nel 1859. L’inverso di ora, in cui le specificità si vogliono affermare in danno di altri. Non come contributo a, in attacco contro – ufficialmente come atto di difesa da.
Mill vedeva un secolo e mezzo fa anche il limite oggi imperante: “A mio giudizio, l’Europa deve a questa pluralità di percorsi tutto il suo sviluppo progressivo e multiforme; ma è una dote che si sta già riducendo in misura considerevole”.

Genio – Si collega alla scoperta, alla scienza. E quindi all’individuo, Galileo, Einstein. Ma quello scientifico matura in un ambiente – in una cultura (in alcune sì, in altre no). Quello estetico ancora di più, è solo radicato: l’artista ne è un’espressione migliore, “eccellente”..  

Inutile – È altrettanto utile dell’utile, anche se per menti più sottili. Simon Leys lo dice pensiero già di Zhuang Zi, “grande pensatore taoista del III secolo a.C.”: “Tutti comprendono l’utilità di ciò che è utile, ma non possono capire l’utilità dell’inutile”.

Mare - È – è stato per millenni – il fascino della scoperta. Di un mondo nuovo e perciò diverso.
Che faceva aggio sulla monotonia, la desertificazione, di giornate, settimane e mesi sopra una superficie uguale, ancorché nella minaccia surrettizia costante e tra i pericoli. Oggi è bagni di mare, con annessi sport, inquinamento, maremoto. La natura ha una sua ragione d’essere, ma non attraente. O sì, ma infida

Il mare, l’elemento liquido, si vuole nuovo, il ritorno all’origine, al liquido amniotico. Ma allora senza interlocuzione, come un destino cieco, inflessibile. Sempre sulle sue,benché invadente, senza empatia. Anche coi navigatori, anche con quelli solitari, quando usavano – Tabarly, Soldini e gli altri non sanno dirne nulla. Se compagno, allora il compagno della solitudine, della misantropia.
È compimento per molti nel senso che dice Conrad, uomo di mare suo malgrado, introducendo il romanzo “Caso”: “Un marinaio prova un profondo sentimento di sicurezza nell’esercizio della sua professione. La vita esigente del mare ha, su quella della terra, questo vantaggio, che i suoi obblighi sono semplici e impossibili da eludere”. Come una prigione senza sbarre, certo non amichevole – nemmeno ostile al fondo: indifferente, amichevole e ostile, fino alla morte..

Rivoluzione – È contro se stessa, il serpente che si morde la coda? È lo snodo della rivoluzione ininterrotta – sempre insoddisfatta, sempre rinnovata o da rinnovare – che la “vera” rivoluzione. . “Quando un figlio di rivoluzionari si ribella, si ribella contro la rivoluzione”, notava G.K. Chesterston.  Non propriamente contro l’idea di rivoluzione, ma contro quella dei padri. Fino alle derive terroristiche, della rivolta fine a se stessa.

Santo – È in rapporto col tempo storico. Fra Angelico è stato fatto santo nel 1982. Tanti altri santi di Woytiła, per esempi i molti resistenti antinazisti, se cristiani, sono legati al tempo. 

Scienza – È amore – sono due forme della curiosità. Lo dice Galileo, l’amore del creato. E Goethe, che amando a Roma – amando le ragazze - dice nelle “Elegie romane”: “Mi erudisco” – non licenziosamente (oppure sì?).

Procede per incertezze, non per certezze. Per il fallibilismo tricuspide di Peirce, del saggio così intitolato del 1897: “Ci sono tre cose che non possiamo mai sperare di raggiungere con il ragionamento, ovvero la certezza assoluta, l’esattezza assoluta, l’universalità assoluta”.
La cosa Peirce ammetteva che fosse “negata da chi ne teme le conseguenze, nella scienza, nella religione e nella moralità”.  Ma senza effetti per la scienza: “Il conservatorismo – nel senso del terrore delle conseguenze – è talmente fuori luogo nella scienza, che al contrario è sempre stata spinta in avanti dai radicali e dal radicalismo, nel senso dell’impazienza di portare le cose all’estremo”. Moltiplicando quindi la possibilità di errore – anche se con una riserva, aggiungeva Peirce: le cose portate all’estremo “non da un radicalismo arcisicuro”, quale poteva essere il positivismo al suo tempo imperante, bensì da un radicalismo che tenta esperimenti”.
E il trial and error di Popper, la pedagogia della ricerca, per prove ed errori. E con limiti nobilita il relativismo. Nel senso del “probabilismo” del matematico De Finetti, del saggio omonimo del 1931: “Relativistico è lo spirito informatore, anche inconscio, anche se nascosto, anche se rinnegato”.

Sogno – Ha attivato un numero imponente di studi nel secondo Ottocento, prima di Freud. Tutti inconcludenti. Il censimento di Jacqueline Corray, “Nuits savantes, histoire des rêves”, pur limitato alla francofonia europea, e un lasso di un secolo e mezzo, 1800-1945, elenca centinaia di studi o repertori, articolandosi per cinquecento pagine. A nessun effetto.
È una specialità soprattutto maschile, rileva la storica della mente, di filosofi, medici (fisiologi, psicologi) e dilettanti, che si esercitano a sintetizzare e annotare i loro sogni. A scopo prevalentemente  “scientifico”. La figura consentendo alala studiosa di creare del “saggio sognatore”.
Tra i cultori della materia anche Brillat-Savarin, che non fu cuoco ma magistrato. Molti positivisti. E pre-positivisti: Cabanis, Maine de Duran, Moreau de la Sarthe. Un concorso fu lanciato nel 1851 dall’Accademia delle Scienze, su tutti i fenomeni connessi al sonno: se ne si svilupperanno studi sul sonnambulismo,, naturale o artificiale, sul magnetismo animale, sullo spiritismo, e sui sogni. La “Sonata del diavolo” che a Tartini sarebbe stata ispirata in sogno, ha molte trattazioni.
Ma la trattazione francofona forse è preponderante - il sogno è francese? Lo stesso Freud, secondo Carroy, si è interessato al sogno per le tante letture in materia che aveva fatte a Parigi.

zeulig@antiit.eu 

Il velo non ci unisce

Da Penelope, che si mostrava ai Proci solo coperta dal velo, alle mogli islamiche, è tutta una storia? Il velo, è la tesi dei due libri, unisce Oriente e Occidente e non lo divide: nasce pagano, diventa cristiano, e sarà solo più tardi simbolo dell’islam. Ma è una storia che non spiega nulla, e non storicizza nemmeno: il velo non è un simbolo – certo non un estetismo (lo è, ma allora siamo in altro mondo, della moda) – ma un segno politico e di potere, una legge.
“Un costume millenario,” afferma Muzzarelli, docente di Storia medievale e di Storia del costume e la moda a Bologna, “attestato dalla Bibbia e dalla statue dell’antica Grecia, dai Padri della chiesa, dalle normative medievali, da innumerevoli testimonianze artistiche e letterarie. Il capo coperto era prerogativa delle donne sposate, era la divisa delle religiose, così come ogni vedova era tenuta a portare il velo del lutto. Segno di verecondia e modestia” – e di lusso, e civetteria. E prima che nel “Corano”, si premura di precisare, il velo è prescritto alle sposate dalla prima Lettera ai Corinzi, in segno di rispetto all’autorità dell’uomo, da cui dipendono. Bene, cioè male – le donne hanno  molto da domandarsi sulla santità di san Paolo.
Lo stesso percorso segue Giulia Galeotti, una storica che fa la giornalista, responsabile delle pagine culturali dell’“Osservatore Romano”, e dunque dovrebbe sapere di che si parla. Anche lei cita passi e versetti della Bibbia, del Corano, di san Paolo, dei padri della Chiesa, e spazia dalla donna dell’ebraismo a Maria e al burqa afghano. Tutto vero, ma non  è la stessa cosa.
Galeotti fa il caso soprattutto delle suore, di cui vuole riproporre l’integrità e la funzione sociale, cui l’uso del velo, segno di modestia, serve da tutore. Il velo documenta in una prima fonte nel secolo XIII a.C., come segno di distinzione concesso alle nobili e proibito alle donne comuni. L’uso di coprirsi il capo “vale da epoca immemorabile per la donna di una vasta area geografica, che va dall’India al Mediterraneo”. Bene – ma c’è aria di “arianesimo”? Anzi, di più: la “lettura riduttiva” che se ne dà non tiene conto dell’importanza che il velo ha “in relazione alla vita delle credenti, siano esse ebree, cristiane o mussulmane”. Ma di che stiamo parlando?
Il velo è molte cose. C’è naturalmente il velo nero della saudite e delle sciite, che copre tutto il corpo, e quello invece di bellezza: velette, capellini, trasparenze. Fino a Hermès naturalmente, 1936, e poi Pucci, Gucci, Dior. Si sono fatte, quando usavano, leggi suntuarie apposite per proibire l’uso eccessivo di veli e velette.  Ma “il” velo prescinde dalla foggia: è un vincolo, di subalternità.
Il “Corano”, ricorda Muzzarelli, voleva il velo per proteggere la donna: “O Profeta! Dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti che si coprano con i veli. Sarà il modo migliore per distinguerle dalle altre e per evitare che subiscano offese”. Del tutto innocuo, e semmai paterno. La sharia è diverso, l’uso perfino peggio – tormentoso, femminicida. Due opere a fin di bene che fanno male.
Maria Giuseppina Muzzarelli, A capo coperto, Il Mulino, pp. 206 € 16

Giulia Galeotti, Il velo. Significati di un copricapo femminile, Edb, pp. 32 € 16,50

martedì 19 luglio 2016

Ma l’Occidente è gli Usa

Al termine di una presidenza americana debole, anzi programmaticamente rinunciataria (“Gli Stati Uniti non possono fare tutto”), l’Occidente si scopre indifeso. Anzi fragile, benché sempre ricco, il più ricco di tutti. Su tutti i fronti, in Asia, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, all’interno degli stessi Usa – diviso, incerto.
Quando manca la leadership americana, non c’è Occidente. Dall’Ucraina alla Turchia e al terrorismo islamico. Incapace di gestire un rapporto di forza. L’Europa non sa, non capisce, e gioca di rimbalzo. Gli interessi extraoccidentali che in teoria dovrebbero schierarsi pro, fanno il gioco contro – viene anche naturale riservarsi uno spazio, se la leadership è incerta o assente. Alla guerra fredda sono succedute le presidenze Clinton, del “never had it so good”. E poi?
Totalmente instupidito - benché volutamente, si direbbe - è l’Occidente di fronte all’oltranzismo delle autocrazie arabo-islamiche, Turchia compresa, e al terrorismo delle stesse. Si dice che il terrorismo islamico è una scheggia impazzita, che è contro l’establishment arabo-islamico. Ma senza di esso? Da Riad ad Ankara, sarebbe poca cosa.

La Francia ci è o ci fa

La cosa che più fa impressione, scontati i tantissimi morti, gli invalidi, i sofferenti, della strage di Nizza il 14 luglio, è l’inefficienza. Della prevenzione e della risposta. Di un Paese e un apparato di sicurezza che in teoria erano al massimo allarme, poche ore dopo la conclusione dell’Europeo di calcio.
Cinque giorni per ritrovare e riconoscere le vittime: come sono stati organizzati i soccorsi? E l’attentatore? E i favoreggiatori?
A minuti dalla strage in Tunisia (in Tunisia…) si sapeva tutto dell’attentatore. Di cui in Francia si storpiava il nome. Un delinquente notissimo, per i tanti precedenti, di cui la Francia non sapeva nulla, e stenta a saperne. Che dialogava e minacciava online, scopertamente. Con un camion frigorifero mammut, che avrà rubato. Che guidava a zig-zag. Passando senza controlli cinque posti di blocco a protezione del’aera pedonale..
La Francia non è una repubblica delle banane. E dunque? Sul serio la minaccia islamica viene presa sul serio?


Il partito liquido e autoritario

Il partito di Grillo, “liquido” e anzi informe, si vuole anche autoritario, all’estremo. Su tutto cioè: parole, opere e omissioni, e anche i pensieri. Obbedienza cieca chiedendo a una “linea”  o regola  che non c’è - è gli umori di Grillo – e all’oscuro maneggio dello studio Casaleggio.
É una linea o conduzione di estrema opacità. Grillo c’è e non c’è. Si ritira ed è invece ubiquo, assiste, esercita, indirizza, decide, impone. In segreto e anzi di nascosto. Manifestandosi solo per la demagogia papalina, sudamericana: emergere da una Panda, primo modello, ritagliando dalle foto l’esercito dei “gorilla”. 
Un partito di invertebrati, vuole Grillo. Che per questo probabilmente si espande a macchia d’olio. E per questo, anche, si squaglia molto, subito dopo avere vinto al voto. Il vecchio detto rinverdendo: “Tempo d’alluvione, pure gli stronzi vengono a galla”. Il nuovo vecchio?
Certo, Grillo è il più vecchio – dopo Berlusconi (che però non c’è più, o sì?). Deludente e anzi disperante per chi è appassionato (vittima) delle novità. Quella di Grillo vene con le barbe, posticce. Anche se per lo più nel glabro delle tante donne che esibisce, per fortuna.

Cairo può cambiare molto

La reazione stizzita del “Financial Times” (Cairo un editore di gossip, un venditore di pubblicità per Berlusconi, etc.) dice tutta la stizza del “salotto buono”, di Mediobanca, Bonomi e soci. Feudo milanese della City, la mafia degli affari – il genere “ruba, frantuma, incassa e scappa”, come usano i ladri di lungo corso. Dei padron-predoni del mercato.
Tanto più apprezzabile la sfida di banca Intesa, in questo quadro. Nei giorni dell’ennesima offensiva londinese contro la stessa Intesa e le altre banche italiane (Londra lascia l’Europa e il conto lo pagano le banche italiane… c’è una logica, certo). Le banche milanesi sono rimaste le uniche player italiane nella finanza internazionale, e dunque, se è una rivolta, benvenuta: un grosso potere contrattuale possono così costituirsi, con le mafie si parla con le armi.
Cairo potrebbe fare anche di più: affrancare il “Corriere della sera”, e cioè la stampa nazionale, dalla dipendenza. Da “Bruxelles”, dalla Germania, dall’asse anglo-tedesco. Del finto rigore, dalle agenzie di rating che sono i veri killer, e della speculazione sfrontata, che ha già fiaccato l’Italia (conti pubblici, banche, investimenti) e minaccia altre punizioni. Da vera mafia – la mafia non è mai sazia.
Sui conti, anche se è difficile recuperare il malfatto, non potrà comunque che fare meglio. Quello di vendersi il patrimonio per fare cassa - per “bruciare cassa” - è un’assurdità tale che Cairo fa figura solo dell’innocente di fronte all’imperatore nudo, quando la denuncia.

Il mondo com'è (269

astolfo

Comunismo – Si è risolto, in passato e ancora oggi, in terrorismo di Stato. Ancorché organizzato su istituzioni, leggi, procedure, tribunali, partiti (partito).

Ghibellini – Il lungo cancellierato di Angela Merkel evoca storie remote e dimenticate, di guelfi e ghibellini. I contro e i pro dell’impero, quando esisteva un sacro romano impero, cioè germanico. I guelfi non ci sono più, perché non c’è più il papato, se non nominale. Ma i ghibellini fioriscono ovunque, pro tedeschi non potendo più essere proimperiali tedeschi. Anche la forma dell’impero è oggi quella dell’Alto Medio Evo, con tanti principi elettori che presumono molto di sé e non’contano nulla.
I guelfi risorgono passivamene, in forma di populisti, avversi a questo e a quello. Cioè a tutto, che non sanno cosa sia. E quindi pronti alla resa, seppure “salvando l’anima” con la forza maggiore. Per primi in Grecia e in Spagna, i paesi più colpiti dalla crisi voluta e indotta dalla Germania di Merkel: guai a parlare male della Germania e di Merkel in questi due paesi. Ma anche in Italia e in Francia: tutti imperiali ad honorem.
L’imperiale cancelliera capitalizza per questo – per questa appartenenza - un seguito enorme pur provocando danni di portata incalcolabile. L’Europa ha il tristissimo primato di essere l’unica grande area economica che non riesce uscire della crisi del 2006-2007, da un decennio quindi, e questo per le politiche che la Germania divisa a danno degli altri paesi europei e impone. Queste politiche sono radicate in una falsa teoria economica, ma si impongono per la forza politica di Angela Merkel, che governa la Germania da quasi dodici anni, con coalizioni alternativamente di sinistra e di destra, e può farlo perché jugulando l’Europa fa crescere la Germania.
Per questo stesso fatto, tenendo l’Europa in crisi, caparbiamente, per il solo beneficio della Germania, unica area del mondo ancora in crisi a quasi dieci anni dall’inizio della stessa, Merkel è la fattrice e fomentatrice della crisi ideale dell’Europa. Del populismo (demagogismo) forsennato che essa alimenta, in Italia, Francia, Grecia, Spagna, e ora in Gran Bretagna. Usando cinicamente le istituzioni europee a scopi nazionali e nazionalistici, a danno di tutti gli altri paesi, in modi perfino esagerati.

Un’altra storia di Angela I si può fare, non lusinghiera, invece del monumento che le sue stesse vittime le erigono. Per prime la Grecia e la Spagna, e molto anche l’Italia – specie nei grandi giornali, nelle figure dei corrispondenti da Berlino e da Bruxelles e di qualche commentatore. Era contro i latini, Italia, Spagna, Francia. Poi contro i mediterranei, gli stessi più la Grecia, Cipro e altre rimanenze. Ha finanziato le sue banche per 250 miliardi, cifra paperoniana, senza che Bruxelles facesse nemmeno l’ipotesi teorica che siano aiuti di Stato. Mentre non permette che un decimo della somma sia speso in altri paesi, pena la scomunica per aiuti di Stato. L’ impero c’è, dichiarato..

Islam – È religione maschile, verrebbe da dire, mentre il cristianesimo è femminile. Guardando alle origini, ai tanti martiri della fondazione: prevalentemente femminili nel cristianesimo tutti maschili nell’islam. E nel culto: il pubblico dei fedeli è prevalentemente femminile nelle chiese, maschile nelle moschee – dove alla donne è riservato un settore piccolo e chiuso, fuori dalla preghiera tradizionale. Il cristianesimo ha poi riservato agli uomini il culto, ma questo del sacerdozio è vezzo comune a molte religioni, che il ministero di Dio riserva agli uomini, ancorché di poca o nessuna fede.

Contrasta questa caratterizzazione la folla solitamente femminile nel ritorno militante dell’islam, da Khomeini a Erdogan. Con velo e tutto, in primo piano nella richiesta della sharia, o riserva maschilista tradizionale.
Ognuno lo vede in piccolo anche nell’esperienza quotidiana in Italia, con le badanti o collaboratrici domestiche asiatiche o africane, solitamente islamiche. Ligie sempre al marito poligamo, anche a distanza, e senza alcun ruolo maritale, non nel mantenimento della famiglia, né nell’accudimento, dei figli, della casa, e più spesso assente. Quando l’uomo chiama le mogli accorrono – magari portandogli i loro risparmi..

Himmler - Procede a grandi balzi la riedificazione di Hitler. Sabato 9 riferiva il “Corriere della sera” in grande che Himmler ha “salvato” 16mila prigionieri dei lager. No, anzi,70 mila – tutti gli ebrei residui nei lager, di cui avrebbe dovuto ordinare la distruzione all’arrivo dei Russi, e invece tenne in qualche modo in vita. A quando Hitler che non sapeva nulla dei campi di sterminio – non ci sono le prove, non l’aveva ordinato, non seguiva la pratica? I campi di sterminio non si possono negare, sono legge, ma Hitler? E il nazismo?
Himmler tentò un giorno d’annettersi la Sicilia in una coi Sudeti. In ferie a Taormina, individuò un’origine tedesca dei locali flauti a zufolo, subito confortato da germanici istituti di ricerca, e da torme di neo antiquari, tra essi il fotografo locale, signor Galifi Crupi. E trascurò, per la fretta, il fatto risolutivo: anche i siciliani mettono il verbo in coda. Poi, oltre che Taormina, pensò di annettersi anche il Tibet. Questo, pensava, con più ragione, per via delle rune.
Himmler teneva riunioni esoteriche nel castello di Wewelsbug a Paderborn, l’accampamento di Carlo Magno, Jünger vi ha partecipato: inviarono Ernst Schäffer a cercare il Graal a Montségur, vicino Lourdes, e dal Dalai Lama. Ma era il capo delle Ss, non uno qualsiasi: della più grande banda di terrorismo in Europ. Dapprima in Germania e in Austria, poi, con la guerra, in tre quarti dell’Europa. Fu lui a organizzare lo sterminio, da Poznan, nel 1942. Non mise mai ordine nella carneficina, le sue circolari si contraddicevano, ma era inflessibile.
Poi, quando capì che era finita, le SS non si illudevano, promosse una gara alla resa. Lui che inalberava la divisa cara ai nazisti di sempre: “Il mio onore si chiama fedeltà”. Ai suoi consigliando:  “Nascondetevi nella Wehrmacht”, meglio ancora nella Marina. Corpi intemerati. Oppure: “Mettetevi in salvo!”. E si diede a trattare con chiunque volesse trattare una resa con lui. con gli inglesi, gli Usa, il papa, l’industriale Marinotti, gli austriaci, il capitano Payne Best, il barone Parrilli, il principe Fürstenberg. Cercò contatti con tutti: un mese dopo essersi ascritto lo sterminio degli ebrei, un anno dopo l’agognata nomina a ministro dell’Interno, e dopo aver cercato per dieci anni la religione Ahnenerbe, degli avi, della razza indo-germanica.  Non per salvare il paese, per salvare la pelle. Una ventina sono stati nel ‘44 i tentativi tedeschi di sfilarsi dal fronte occidentale, prima che Himmler decretasse il rompete le righe.
Pensava alla fine della guerra di poter fare la pace tramite gli ebrei – pensava di resuscitarli? Quando fu catturato si avvelenò per la vergogna – e il veleno gli fu fornito perché non parlasse.

Opinionisti – Si leggono o si ricordano gli interventi degli opinionisti tuttologi sempre con interesse, perché sempre più o meno centrati: c’è indubbiamente uno spessore culturale nella comprensione dei fenomeni, che l’opinionista possiede, per formazione, intuito, talento. Un’intelligenza della storia mentre accade. Irrilevanti, però. Anzi, degli opinionisti più centrati e acuti, per esempio Cacciari, si fa satira volentieri, vedi Crozza. L’irrilevanza è data dalla moltiplicazione, dal presenzialismo – autorevolezza vuole la rarità. Compare l’opinionista con l’analisi giusta, l’opinionista scrive, per esempio Galli della Loggia, per sollevare il problema sottostante gli interminabili chiacchiericci, ed è uno come tanti – come qualsiasi cronista più sbadato o ignorante del giornale.

Sanzioni – Non hanno mai avuto fortuna, in ottant’anni ormai di applicazioni. Non degli Usa verso Cuba, o l’Iran, e nemmeno ora degli Usa e la Ue verso la Russia. Sono inefficaci al loro fine dichiarato – semmai solo ad arricchire gli intermediari commerciali. Le merci arrivano comunque al mercato sotto sanzione, originali o in copia (le produzioni “autarchiche”), solo a prezzi maggiorati. Gli scambi internazionali si adattano presto alle misure restrittive, in alcuni casi delegando la produzione per l’esportazione nei mercati sotto sanzioni a paesi che non aderiscono. Normalmente gli stesi iniziatori o animatori delle sanzioni ne approfittano per imporre condizioni di miglior favore. Il caso oggi della Germania, che anima le sanzioni contro la Russia, ma ne ha approfittato per raddoppiare gli acquisti di gas – investimenti e contratti di acquisto a lungo termine concordati oggi a condizione di favore.
Gli ottant’anni delle sanzioni si celebrano in riferimento alla loro prima applicazione pratica: contro l’Italia nel 1935 per la guerra di occupazione dell’Etiopia. Improduttive subito, e politicamente controproducenti, perché rafforzarono il fascismo. Il fondamento giuridico delle sanzioni del 1935  era l’art. 16 dello statuto della Società delle Nazioni, 1920, sancito col trattato di Versailles, e per questo aspetto largamente trasposto in quello dell’Onu. Le sanzioni sono automatiche se uno Stato membro fa guerra senza “giustificato motivo” ad altro Stato membro. Una condizione apparentemente anodina, e per questo inefficace.

Sesso – La liberazione ha invertito i ruoli, e ha spento nel complesso il desiderio? Malgrado i tanti femminicidi sì – il femminicidio è l’esito di altri processi mentali. È l’opinione di molta stampa specializzata, e dei sessuologi, Il paziente per motivi sessuali è ora prevalentemente femmina, e lamenta una scarsa vita erotica col compagno: lei prova desiderio, lui si nasconde o si rifiuta. Se non per occasioni speciali, quali soprattutto l’ebrietà, fino a un certo punto. Per lo più anzi non se ne parla: il dialogo in materia, sul desiderio, sulle tecniche, sui momenti, “è zero”, dice Umberta Telfener, che cura il blog “Le forme dell’amore”, a Cristina Lacava, “Io Donna”. Concorda Graziottin, la decana delle sessuologhe: “Oggi l’erotismo è compresso, la maggior parte delle coppie è in bianco o fa l’amore una volta a settimana”.
Il duraturo revival della letteratura erotica, dalle “Sfumature” a “Calenadr Girl”, con Irene Cao e Elisa Sabatinelli, sarebbe una forma di Ersatz, una forma compensativa, come la pornografia per gli uomini,  e un grido di allarme. La letteratura erotica che scala le classifiche di vendita negli ultimi anni è peraltro tutti femminile.

astolfo@antiit.eu

Una donna tutta manager

Di destra e ultrafemminista - il sotttitolo è “Storie di emancipazione interrotta”. Bisogna chiedere non la parità, bisogna chiedere molto di più, “è soltanto con la disparità che possiamo liberarci dalla discriminazione”. Avvocato di grido, per l’assoluzione di Andreotti e Sollecito, suoi patrocinati, in politica con Fini, deputato per due legislature e presidente della commissione Giustizia, l’avvocatessa Bongiorno vede la donna oggi centauro, metà manager e metà casalinga, e la vuole liberare del tutto, dalla casa.
Manager è la parola magica anche per lei. E arrabbiata è sempre, con uno scopo: la politica  non la lascia, è nella riserva della Repubblica. Da avvocato sa che le leggi, anche quelle stringenti, contro lo stupro o il femminicidio, sono ininfluenti in primo logo perché la giustizia è lenta, lentissima, e resta formale. Non si cura delle priorità o urgenze sociali – no, ha delle priorità, Bongiorno come avvocato di Andreotti l’ha sperimentato per le cause di mafia, che fanno carriera, non è sensibile socialmente (però in questo ha ragione: i delitti contro le donne non fanno fare carriera…)..
Giulia Bongiorno, Le donne corrono da sole, Rizzoli, pp. 216 € 17,50

lunedì 18 luglio 2016

Ma l’America è Trump

Si fanno agguati ai poliziotti, da parte dei neri, dopo gli scontri razziali di Dallas e Baton Rouge. Cinque poliziotti uccisi e 19 feriti a Dallas, e altri poi a Saint Louis, in Georgia e a Louisiana. Dove, a Baton Rouge, tre neri sono stati fermati che “cercavano armi e pallottole per sparare alla polizia”, uno di venti anni, uno di diciassette e uno di tredici. Ma si sono avuti lo stesso tre poliziotti uccisi e tre feriti. Per mano di un cecchino eroe di guerra, giovane, considerato, determinato. Trentacinque ne sono stati uccisi quest’anno, l’anno scorso negli stessi mesi la metà.
È guerra contro la polizia, dunque. Che negli Usa ha licenza di uccidere. Nel 2015 la polizia americana ha ucciso 1,152 persone, per un terzo neri. I repubblicani che vanno armati alla convention di Cleveland, perché lo Stato dell’Ohio glielo consente, sono folklore al confronto. L’irruento Trump quasi una macchietta.
Gli Stati Uniti sono violenti con diritto. E la presidenza molle di Obama ha acuito la violenza. Al vecchio sospetto razziale minacciando concretamente ora di sovrapporre quello religioso. Per l’Is, che il ritiro dal Medio Oriente, inopportunamente perfino annunciato, con solennità, al Cairo, ha ingigantito fuori misura. E più per il ribellismo islamista diffuso, il terrorismo.   
Nella presidenza Obama si è riacuito anche il pregiudizio razziale, di cui la figura stessa del presidente sembrava la cancellazione definitiva. Per gli in dubbi eccessi anti-minoranze dell’azione repressiva. La polizia non ha solo licenza di uccidere. Il 64 per cento dei carcerati sono neri o ispanici, la cui quota sull’0insieme della popolazione è solo del 37 per cento.
Se Trump è sintomo di una malattia, mlati sono gli Stati Uniti – ma no, sono gli Usa di sempre, che però vogliono essere governati da mano ferma.

Letture - 266

letterautore

Dio – È grande successo editoriale, evidentemente incontra anche in quest’epoca di sua morte presunta. Marco Rizzi elenca su “La Lettura” molti titoli n tema: “Davvero una generazione senza Dio?” e “Religione all’italiana” di Franco Garelli, “Ipotesi Dio” di Giovanni Filoramo, “Quel che resta dei cattolici” di Marco Marzano, “Reinventare il sacro” di Stuart Kauffman, “La Grande domanda” di Alister McGrath, “Idealtipi dell’ateismo”, di Ilario Bertoletti,. Con la “Storia di Dio” di Karen Armstrong. E altri. E naturalmente i tanti libri contro, di Odifreddi, de Bottom, Dawkins.

Don Chisciotte – È il lettore mancato di libri piu che quello perduto nelle fantasie libresche, come insinua il suo autore. Ha una biblioteca, ma non legge. Al capitolo VI il curato Pero Pérez (Cervantes) elenca una ventina di romanzi di avventure (compresi i due che verranno citati al cap. successivo) che potrebbero averlo traviato, ma sarà vero? Verso la fine fa anche una visita in tipografia, ma da stordito. È piuttosto quello traviato dai libri che i non lettori di libri si figurano.

Mare – Conrad e il mare, traccia obbligata volendo antologizzare la letteratura sul mare, deve partire dal fatto che Conrad non nuotava e soffriva il mare, anche se vi passò diciotto anni. Un mare del tutto inventato. Ne scrisse peraltro in inglese, lingua per lui posticcia, non naturale. Il mare, a partire dai 17 anni, è per lui la rottura col mondo suo, nel quale era cresciuto , male.
Orwell (“L’uomo venuto dal mare”, ora in “Gli anni dell’«Observer»”) lo voleva terragno più che uomo di mare: “Può darsi che i suoi brani più ricchi di colore abbiano come tema il mare, ma è quando sbarca sulla terraferma che Conrad tocca l’apice della maturità”.

Il dottor Johnson, benché inglese e molto mobile, vede il mare per la prima volta a 52 anni, a Plymouth.

Mussolini – Cinque edizioni del suo “Diario di guerra 1915-1917” in contenporanea: Il Mulino (Mariol Isnenghi), Rubbettino (Alesandro Campi), Leg (Mimmo Franzinelli), Ar (Freda), Biblioteca dei Leoni (Denis Vidale). È che sono scaduti i diritti:: succede per Mussolini come per Hitler, “Mein Kampf” è stato ripubblicato per la prima volta nel dopoguerra in Germania perché “sono scaduti i diritti d’autore”, dopo settant’anni dalla morte scadono.
Il Poligrafico dello Stato fa anche di più, nel ricco mercato dei bibliofili: ristampa le opere “originali” di Mussolini, quella della trionfale opera omnia 1939: carta filigranata, con fascio littorio e sigla Lds, Libreria dello Stato, tutto identico.

Nobiltà – È semplice, diceva il principe di Ligne: è “l’obbligo di non fare niente di ignobile”.

Petrarca – Il letterato più corposo, più nel secolo, è il più appiattito, ridotto a una dimensione - quella di Laura, del “Canzoniere”. Era un socialite ossessivo,dloveva conoscere “tutti”, ha avuto figli e poi nipoti, possedeva case, giardini, cavalli, cani, si spostava per lunghe distanze per lunghi periodi, ovunque creandosi una casa, era un bibliofilo, specie di codici antichi, passione per la quale spendeva molto, aveva amici e corrispondenti in tutta Europa. Quando incontrò Laura, moglie diciannovenne del marchese Hugges de Sade, si presentò al castello della coppia sicuro di fare sua la donna,  ne fu scacciato, da lui e anche da lei, che non volle più vederlo. .
Il “Canzoniere” peraltro, opera che considerava minore e della quale anzi diceva di vergognarsi, rimaneggiò e riscrisse almeno nove volte – l’opera di una vita.   

Romanzo storico – Una frode lo dice Henry James, in sé opera impossibile. Scrivendone a una corrispondente che voleva cimentarsi nel genere in questi termini: “Potrà moltiplicare i «piccoli fatti» che si possono trovare nei dipinti, documenti, oggetti e incisioni, finché vorrà – la cosa reale è quasi impossibile da fare e il suo effetto è ridotto essenzialmente a zero. Voglio dire l’invenzione, la rappresentazione di una coscienza antica, l’anima, il sentimento, la visione che avevano degli individui e lo spirito dei quali la metà di ciò che mobilia il nostro spirito è assente. Dovrà figurarsi, col suo equipaggiamento moderno, un uomo, una donna, o piuttosto cinquanta, il cui modo di pensare era intensamente condizionato in altro modo: dovrà semplificarli con uno straordinario tour de force – e ancora, è una forma di frode”.

Shakespeare – Si direbbe il drammaturgo della morte, in assoluto, astraendo. Data, ricevuta, minacciata, invocata, semplicemente ricordata, ma ubiqua. Anche dove ci sono storie d’amore invece che lotte di potere e vendette dei potenti, “Amleto”, “Romeo e Giulietta”. Astraendo dal “secolo” elisabettiano  nel quale pure visse e che della brutalità faceva materia e si faceva forza.
Un calcolo a spanne dà non  meno di un duecento morti, nelle tragedie storiche e nei drammi psicologici (“Amleto”, “Otello”, “Romeo e Giulietta”)..

Viaggiare – Michaux lo consiglia per purgarsi: “Non per acquisire. Viaggiare per impoverirti, ecco di cosa hai bisogno”. Per impoverirsi? Non di fare esperienze ma di perderle? No, di cambiare, rendendosi disponibili a nuove esperienze. In un abbozzo di autobiografia il poeta franco-belga, che dai viaggi estrasse il meglio della sua produzione letteraria, così di descrive: “Viaggia contro. Per espellere da lui la patria, i suoi legami di ogni specie e ciò che si è in lui, suo malgrado appiccicato  di cultura greca o romana o germanica, o di abitudini belghe. Viaggi di espatrio”.

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L’amore in mostra, di Sibilla per Campana

“Il centenario di un amore”: una mostra per i cento anni dell’incontro tra Campana e Aleramo, a cura di Mirna Gentilini, del Centro Studi Campaniani a Marradi. “Tre notti di fuoco”, dopodiché Sibilla partì. Le bastava aver associato il suo nome al poeta maledetto. Uno in più, era una collezionista: tra Giovanni Cena, Papini, Cardarelli, Boccioni, De Robertis, e poi, sfiorendo, i capoccioni del Pci, Quasimodo, etc.
La mostra è sul positivo, per una vera storia d’amore. Lei “era una donna libera e emancipata”, lui “un ribelle”, la vicenda, tra il 1916 e il 1917, quando altrove si moriva a frotte, “una storia d’amore breve, intensa, violenta”. Ma di chi contro chi? Questo la brochure e la mostra non lo dicono, e l’occasione quindi è perduta per rivedere la storia criticamente. Anche valutare quanto l’ennesima impresa della cacciatrice di geni pesò sullo stato psichico di Campana. Ma è, benché modesta, una celebrazione piena di reperti: cartoline, lettere, appunti, telegrammi, appunti, poesie autografe, rifacimenti. Cose malgrado tutto emozionanti.
La storia è questa. Lui è un poeta e un pioniere riconosciuto coi “Canti orfici”, lei lo cerca, lo avvince, e lo lascia. Dice Gentilini: “Sibilla ebbe tanti amori: poeti, scrittori, pittori, ma «forse Dino fu l’uomo che più amai, disperatamente» scrisse nel suo Diario molti anni dopo”. Forse. Continua Gentilini: “Con lui si imbatté nel mistero della poesia, anzi fece l’esperienza, unica al mondo, di fondere la vita con la poesia. Non è un caso che sia proprio lei a cercare Campana dopo avere letto i Canti Orfici ed esserne rimasta «abbacinata e incantata insieme»”, avviando uno scambio epistolare.
Lo sapeva pazzo, ma non esitò: “Lo amò”, ricorda ancora la curatrice, “«per non lasciarlo solo nella sua follia», finché l’inferno della malattia che lei sublimò in versi: «Rose calpestava nel suo delirio/e il corpo bianco che amava», la costrinse ad allontanarsi”. Versi di nessuno spessore. E non è finita: “Lo illuse ancora per qualche mese con le sue parole, con le sue lettere, prima di staccarsi definitivamente da quel rapporto infelice”.
Una storia infelice. “Penso a Campana, alle sue magnifiche membra d’atleta, che racchiudevano uno spirito che il vento della vita spense. Tutta la sera m’è ondeggiata alla memoria l’immagine di lui, della sua pazzia, e quell’altipiano deserto in quelle prime poche notti estive del nostro amore che sono rimaste le più pervase d’infinito ch’io abbia vissuto”. Così annota Sibilla Aleramo nel suo “Diario” tredici anni dopo, ancora “una bella donna” (De Robertis), ricordando quell’amore - “ il più intenso e il più terribile della mia vita” - che ebbe inizio al Barco, nell’Appennino tosco- romagnolo, la notte del 3 agosto 1916, e finì poche ore dopo.
Infelice anche la storia delle lettere, la pubblicazione che Niccolò Gallo curerà negli anni1950-1960 – un libro che ancora si riedita. La rilettura delle sue lettere, che Sibilla non ricordava come fossero rientrate in suo possesso, la turbò molto e le creò qualche incertezza, in quanto “sono molto più numerose e lunghe di quelle di Dino. Non potrà sembrare, che so, esibizionismo?”, prende le misure nel “Diario”.
Dino Campana-Sibilla Aleramo,  Questo viaggio chiamavamo Amore,  Museo Artisti per Dino Campana, Marradi, in mostra fino al 25 agosto

domenica 17 luglio 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (293)

Giuseppe Leuzzi

Guendalina, la sorella maggiore di Buffon, è una molto volitiva. Nazionale di pallavolo, sposa e madre, gestisce per conto del più celebre fratello un bagno a Marina di Massa, e ne è contenta, insieme col marito – “ci consente di stare bene lavorando tre mesi l’anno”, spiega alla “Nazione”. È contenta anche del marito, che presenta così: “Alto, biondo, occhi chiari”, anche lui un atleta, “ma lucano”. Mah? Come l’Amaro?

La Santa
L’ultima inchiesta sulla mafia calabrese mette assieme quattro portatori  di voti dell’ex Msi e li raccoglie attorno alla “Santa”. Una struttura segreta, di massoneria e mafia, che prende il nome di Santa appunto, nel nome della quale la fratellanza si unisce, magari col “pungimento”, col giuramento di sangue, e formule esorcistiche dell’etnografia d’invenzione del primo Ottocento. Come se i calabresi votassero tutti ex Msi, e fossero scemi. O, almeno, i mafiosi calabresi.
Tutto questo a opera di giudici e carabinieri napoletani.
Il Sud si vuole vittima del Nord, ma più spesso è vittima del Sud. I danni di Napoli, per esempio,  in Calabria sono incalcolabili.
Col contributo di non pochi calabresi, cronisti, giudici, poliziotti di scorta. Convinto, non opportunistico. È la forma della servitù volontaria, introiettata. Il mafioso calabrese, però, purtroppo, lui non è scemo.

L’Incorruttibilità rioccupa Milano
Torna l’ex giudice Di Pietro a Milano e alla politica col leghista Maroni. Che è come dire che l’Incorruttibile si riprende Milano, da lui già soggiogata venticinque anni fa. Ma dire il suo un ritorno alla politica è prematuro. L’uomo che aveva inventato Razzi, De Gregorio e Scilipoti per ora torna alla poltrona. Con relativo appannaggio. Da sommare al vitalizio da deputato, e a quello da giudice. E alle 250 provisionali degli altrettanti procedimenti giudiziari da lui sempre vinti con merito. Quello della Lega e Di pietro si può dire il regno dell’onestà, a Milano.
Tornerà con Di Pietro anche Lucibello? Che fine ha fatto l’avvocato Lucibello, che i carcerati di Di Pietro a frotte incaricavano delle istanze di libertà provvisoria (dopo la quale tornavano ai loro avvocati)?
E il giornale di Milano, che non ha voluto darne notizia? Pure il “Corriere della sera” lungamente è stato il giornale di Di Pietro. L’allora giudice vi debuttò spiegando come aveva restituito in una scatola da scarpe, in contanti, cento milioni che si era fatto anticipare da un indagato, da lui sbattuto, come diceva, in carcere. Milano si sa che è la capitale dell’onestà.

Lo scandalo pedemontano
L’ex giudice della corruzione Di Pietro è stato cooptato dal presidente leghista della Lombardia Maroni quale presidente dell’Autostrada Pedemontana. Un manufatto costosissimo, e fermo dopo mezzo secolo a 25 dei 67 km. progettati.  
La Pedemontana Lombarda è cinquant’anni di studi, consulenze, prospezioni, etc., di ingegneri, geologi, geometri, esperti ambientali, architetti, urbanisti, e moltissimi avvocati. Un investimento, statale, regionale e privato, da 4,1, poi 5, miliardi. Per 67 km., da Varese-Malpensa a Bergamo (da Cassano Magnano a Orio Sotto). Sette milioni e mezzo a km., record mondiale di costo. Uno scandalo, di cui però non si parla.
La Pedemontana Lombarda doveva essere pronta per l’Expo, un anno e mezzo fa. Poi per fine 2017. Invece è ferma, e ha realizzato solo 25 km.. Insomma, uno scandalo dei maggiori. Ma non ne sappiamo molto.
Non se ne parla. E quando se ne parla è in questi termini. Di Andrea Monti, per esempio, consigliere provinciale di Monza, “padano, rallysta e leghista”, per sostenere che la colpa è del Sud: il Sud ruba i soldi della Lombardia, e non gli paga l’Autostrada Pedemontana.

Il ragù è terrone
Il ragù è scomparso dalla cucina. Dalla cucina italiana,. Dalla dieta mediterranea. Si moltiplica l’arte culinaria, in parole, ricette, feste e festival, trasmissioni e opere, e ricette, incombe, dilaga, ma niente ragù. Sul ragù, attorno al ragù, né variazioni, e nemmeno ricetta basiche (“vi insegno il vero ragù”, “il vero ragù alla napoletana”, o “alla siciliana”). Il ragù è spezzatino, anche se è immerso nella passata di pomodoro, e dal pomodoro prende sapore. Non può essere ragù perché ragù è meridionale.
Ognuno, quale che sia l’età, dando uno sguardo retrospettivo, dai cinquanta ai soli vent’anni, vede che l’area dell’“essere meridionale” si è ristretta. Dell’essere possibile, in proprio, senza urtare nessuno, giusto essere per se stessi, l’area si restringe sensibilmente, decennio dopo decennio, anno si può dire dopo anno. Ci hanno tolto la lingua, le canzoni, il mare (le bandiere blu) e la mamma, oltre al reddito, e questo si sa. Ma la cucina? Quanto deve dimagrire il Sud?

Lo Stretto di Messina
Lo Stretto d Messina è uno dei “luoghi maledetti” (Scilla e Cariddi) di Olivier e Sybille Le Carrer,
del loro “Atlante dei luoghi maledetti”. Insieme col castello di Barbablù  e altre amenità, A motivo della leggenda di Scilla e Cariddi.
Nell’esperienza del card. Newman è un luogo incantato. Il cardinale, allora giovane presbitero anglicano in viaggio verso l’Italia (qualche anno dopo, insoddisfatto del secolarismo anglicano, opterà per la confessione cattolica, facendosi ordinare prete e ascendendo infine al cardinalato), intrapreso nel dicembre 1830 per accompagnare l’amico Froude, tubercolotico in cerca di climi migliori, da Londra a Gibilterra, Malta, la Sicilia e Roma. Nel corso del viaggio fu investito da una tempesta di mare. Cioè soffrì molto il mal di mare, poiché è quello di cui soprattutto parla nella corrispondenza. Per concludere poi con una nota di soddisfazione, al ricordo della notte trascorsa a metà giugno 1833 incalminato nello Stretto di Messina, alla vista dei lontani fuochi delle coste – incalminato, cioè in calma piatta – “lontani” in realtà vicini, lo Stretto è… stretto, ma remotizzate dalla notte. Ne trasse ispirazione per “Lead Kindly Night”, che viene presentato come “uno dei più begli inni della liturgia anglicana”.
L’inno è “The Pillar of the Cloud”, datato at sea, in mare, 16 giugno 1833:
Lead, Kindly Light, amid the encircling gloom
Lead Thou me on!....
Guida, luce gentile,
nello sconforto che ci attornia,
portami via!...”
L’inno è riferito allo Stretto di Messina dallo studioso del cardinale Simon Leys, “Le Studio de l’inutilité”. E avrebbe potuto essere, lo Stretto è, in ogni stagione, un luogo incantato – niente a che vedere con Scilla e Cariddi.  Ma il cardinale stesso, scrivendone agli amici, spiega che l’ispirazione gli venne negli stretti di Bonifacio, all’altezza della Corsica. Mentre si trasportava a Marsiglia, da Palermo, dover era stato inferno per tre settimane - lui stesso non sapeva di che: diceva di nostalgia, di un malessere quindi psicosomatico, ma il suo valletto non gli credeva.
Il cardinale sarà uno dei “padri assenti” del Concilio Vatricano II, le cui decisioni largamente i suoi scritti influenzarono.

leuzzi@antiit.eu