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sabato 29 ottobre 2022

Ombre - 639

Pioggia di superprofitti. Eni triplica, abbondantemente, l’utile 2021 nei primi nove mesi del 2022, a 10 e rotti miliardi. Unicredit si consolida, a livelli sempre record (2,9 miliardi fino a settembre quest’anno, erano stati 3,1 nel 2021). Ricavi e utile record per Mediobanca nel primo trimestre a fine settembre. Altri gruppi e banche annunciano meraviglie. La guerra fa bene agli affari. O l’inflazione?

Pochi studentu occupano alla Sapienza Scienze politiche, per una pagina sui grandi giornali, con foto lusinghiere, e interviste tv. Vengono dal liceo Virgilio, dove si sono già fatti un docufilm. Con l’occupazione puntano ai media nazionali. Non sanno cosa vogliono ma si comparano ai Curdi (iracheni? turchi? non importa, i giornalisti non distinguono fra Irak e Turchia) e ai no tav. Si chiamano studentu perché contrari ai generi. Oppure sanno quello che vogliono: è la politica social, a chi le spara più grosse.

Dettagliata e informativa rassegna di Federico Rampini sul “Corriere della sera” degli italo-americani che contano in America, ora in molti a destra, che potrebbero fare da “sponda a Meloni”. Ma trascura che Meloni ha già inaugurato la convention Niaf , National Italian American Foundation, che quest’anno ha festeggiato con i timpani Draghi. Già nel 2011, esattamente come oggi, da trentenne ministra dello Sport, con speech misurato, cinque minuti, in inglese, onorata dalla presenza di Michelle e Barak Obama. Questa Meloni non si riesce a mandar giù.

La Roma, la squadra di calcio, ha dovuto giocare a Helsinki una partita di torneo internazionale su un campo sintetico. Che come ognuno sa è un’altra cosa dal campo di calcio, e vuole altre scarpe e altra corsa, pena ginocchia e caviglie. I finlandesi avrebbero un campo in erba, ma presentano quello in plastica perché ci sono abituati nei lunghi inverni. Lo sport non è sportività.

“Sapienza, manifestazione contro la destra: manganellate, otto feriti (tra cui sei agenti)”. Cioè, erano i manifestanti a manganellare? Poi dice che l’Italia vota a destra – non tanto per le manganellate, per le cronache delle manganellate.

La cronaca prosegue: “Volevamo solo appendere lo striscione, ma all’improvviso pioggia di botte e tanti calci”. E: “Il racconto degli studenti. Uno di loro: ho molti lividi”. I poliziotti invece si saranno automanganellati.    

Leggendo le cronache dell’inchiesta a carico della Juventus per i falsi in bilancio si resta sbalorditi dalla speciosità delle argomentazioni, assortite dalla richiesta di arresti immediati. E da intercettazioni telefoniche di alcuni anni prima che il bilancio fosse depositato e la Consob chiedesse aggiornamenti - ben prima della notizia di avvio indagini il 27 novembre 2021. Intercettazioni di conversazioni anche con i legali. Cioè, un giudice e\o un colonnello della Finanza possono fare quello che vogliono, hanno “licenza di uccidere”? Se la giustizia non è la vera cancrena dell’Italia.

L’apparato repressivo ha “licenza di uccidere” con la semplice comunicazione dell’incolpazione. Senza reato specifico cioè – a parte le intercettazioni abusive. Grazie alla selva di volenterosi esecutori quali sono da trent’anni i cronisti giudiziari, e i paludati giornali della “legalità”. I cronisti si può comprenderli, altrimenti non lavorano – la giustizia dipietrista si compiace di “tenerli per le palle”. Direzioni e proprietà perché nessuno guardi sotto i loro tappeti. Soprattutto non la Finanza. La quale è sempre compiacente con i media, mai trovato un pelo – purché non si tratti (con si trattasse a suo tempo) di Berlusconi.  

Fa senso il discorso d’insediamento di Meloni, progettato e scritto ad elevato livello d’intelligenza, politica e intellettuale. A fronte dell’acidità dei commenti dei media, tutti assurdamente allineati contro, che si affidano per i resoconti a cronisti di pettegolezzi, di giudiziaria e anche di nera.

Fa senso l’incredibile divario di capacità politica e di comunicazione di Giorgia Meloni e delle sue interlocutrici di sinistra, che pure hanno titoli accademici più importanti, Serracchiani, Boldrini. Ci sono differenze anche tra le donne, certo, ma come perdere la partita dell’insediamento di questa presidente del consiglio odiata 10-0?

L’idillio invece di niente, in tarda età

La vita da vecchi, soggetto di sempre dei film di Di Gregorio, ravvivata dall’incontro con Stefania Sandrelli, in età ma in forma. Un idillio, nella campagna di Artena e di Vasto. Con ottime caratterizzazioni, che tengono su la trama esile.

Il garbo, trademark di Di Gregorio, è doppiato dalla misura dei comprimari, anche loro in età – specie il cugino, Alfionso Santagata. Tra essi anche Alberto Testone, il sosia di Pasolini, al teatro e al cinema, nel ruolo dell’occupante abusivo, il marito scacciato di casa dalla moglie.

Curioso e veritiero il filo conduttore: la chiesa invadente, occupatrice abusiva non di necessità.

Gianni Di Gregorio, Astolfo

venerdì 28 ottobre 2022

Letture - 502

letterautore

Alberi - “L’albero come rifugio e dimora dell’anima” ha Jünger in “Terra sarda”, 34 - “questo resta lontano per i popoli estranei alle foreste”.

Franco Baresi – Gabriele Romagnoli riprende sul “Venerdì di Repubblica” l’inno (è un inno? termina con “Viva!”) che Gianni Brera scrisse per Franco Baresi. Che finisce: “L’adolescenza triste ed il buon sangue\ gli vietano grandigie. Questo è un uomo”. Dopo aver detto dei tristi ricordi d’infanzia, “che ne fanno\ un introverso, un duro che dal raptus\ omicida vien colto…”. Come lo si ricorda per una Carrarese-Milan, settembre 1983, una partita pre-campionato, in cui Baresi apriva praterie, letteralmente, davanti a sé, per discese irrefrenabili, ma mai culminate con un passaggio a un “povero negro” che fungeva da centravanti, Luther Blissett. “Fisico statuario e sorriso accattivante”, secondo storierossinere.it, Blissett veniva onusto di gol dal campionato inglese, venti o trenta gol in un solo anno con il Watford di Elton John,  sicuramente era agile: si smarcava, si sbracciava, partiva in anticipo, tagliava da destra a sinistra e viceversa. Ma Baresi mai lo ha visto. Lo guardava e non lo vedeva. Blissett era il primo, o secondo, “negro” del campionato italiano.

Cobianchi – L’“albergo diurno” creato dal bolognese Cleopatro Cobianchi nel primo Novecento, a Bologna come a Roma e in molte città, a somiglianza di istituzioni simili viste a Londra, strutture sotterranee con luoghi di decenza, barbiere, anche parrucchiere per donne inizialmente, era a Roma luogo di caccia gay. Anche perché a margine del piazzale della Stazione Termini. Pasolini lo ricorda in più punti delle prose romane raccolte in “Alì agli occhi azzurri”. 

Conrad – “Cuore di tenebra” è attualmente proposto in italiano in 29 edizioni differenti, calcola Giuliano Vigini nella sua rubrica “Il numero” su “La Lettura”. A seguire, con 27 edizioni in commercio, “Linea d’ombra”. È probabilmente lo scrittore con più edizioni in commercio, contando gli altri titoli.

Dante – Il Dante “mussulmano” era già in Philip K. Dick, “La trasmigrazione di Timothy Archer” (“La trilogia di Valis”, 1982): “Molti, quando si provano a leggere la ‘Commedia’, si impantanano nell’‘Inferno’ e immaginano che la visione di Dante sia quella di una stanza degli orrori: persone affondate nella merda a testa in su; persone affondate nella merda a testa in giù; e un lago di ghiaccio (il che suggerisce influenze arabe: è l’inferno musulmano)”.

Mediterraneo – “Il Mediterraneo è una grande patria, una dimora antica”, E. Jünger, “Terra sarda”, 90.

Pietroburgo – “Ah, Pietroburgo, città affarista e volgare!” la dice il moscovita Aksakov, che vi si é recato per affari di corte e per accompagnare il suo grande amico Gogol’, che nessuno apprezza o sa valutare - un poeta senza patrimonio? Anche in Russia c’è un Nord, con annesso primato morale, e un Sud, un Milano-Roma?

Popolo – Il popolo “dispone di una sana provvista di forza mitopoietica”, Jünger si lascia andare a contatto con la pratica e la cultura paesane in Sardegna – “Terra sarda”, 142. Realisticamente: “Questa lussureggiante immaginazione prospera vigorosa accanto a una stupefacente mancanza di conoscenze storiche… . Anche i notabili ignorano le date di nasciate e di morte del nonno”.

Rinascimento - Epitome, e non cancellazione, del Medio Evo lo dice argomentato anche Philip K. Dick, “La trilogia di Valis”, 627, con argomentazione sottile: “Il Rinascimento non era il trionfo del vecchio mondo pagano sulla fede, ma piuttosto l’estremo e più pieno fiorire della fede, in particolare della fede cristiana”.

Il personaggio-alter ego di Dick, il vescovo Tim Archer, parte da lontano: “La ‘Commedia’ viene dal Medioevo, riassume in maniera totale l’ottica medievale, ne è il massimo coronamento”. Pur avendo “una vastità di visione che non si può assolutamente contrapporre, diciamo, alla visione di Michelangelo, che in effetti ha attinto abbondantemente dalla ‘Commedia’ per gli affreschi della Cappella Sistina” – ib.

Sardegna – Biblica la vuole Jünger – la voleva nel 1954, quando scrisse “Terra sarda”. Cioè in condizioni bibliche – e per questo, argomentava, poco praticata o trascurata nei millenni, marginale per ogni conquistatore, fenici, cartaginesi, romani, pisani, aragonesi, sabaudi. “L’impressione ha un suo preciso fondamento”, scrive: “Sono le immagini della Bibbia, della Terrasanta”, che l’isola riporta. La mietitura con la falce, la trebbiatura con i buoi, la ventilazione del grano per separarlo dalla pula, l’uva schiacciata con i piedi, i mattoni plasmati con l’argilla, rinforzati con la stoppa, messi a seccare al sole, le mogli e le figlie dei pastori alla fontana, con “le anfore sul capo o sull’anca” - “come deve essere stato prima della colonizzazione romana”.

Una sorta di isola del silenzio, la trova ancora Jünger, per la scarsità dei reperti storci, dei fenici come dell’antichità greco-romana, degli arabi, del Rinascimento. Un isolamento che trovava di suo gusto, la Sardegna dicendo “protetta” dalla malaria.

Sceneggiature – Singolarmente, p.es. quelle di Pasolini, gran parte raccolte in “Alì dagli occhi azzurri”, non hanno vita: senza immagini sono mere prescrizioni, giustapposte, senza spessore del testo, delle figure, perfino dei gesti, i movimenti, i dialoghi prescritti.

Stati Uniti – “Il razzismo è negli Stati Uniti un problema centrale, il separatismo etnico invece no” – quale è invece il caso nelle altre superpotenze, Cina e Russia (Klaus von Dohnanyi, “Nationale Interessen”, 29). 

Vacanza – Jünger la celebra, concludendo il suo mese di vacanza in Sardegna a maggio del 1954, come un “grande senso di ristoro che sanno trasmettere le vacanze trascorse senza libri, senza giornali, e senza compagnia intellettuale”. La vacanza dell’intellettuale, naturalmente.

letterautore@antiit.eu

Lo scenario più pericoloso eccolo qui, Russia con Cina e Iran

O “Il mondo e la politica nell’era della supremazia americana”, come da sottotitolo. Un libro premonitore: “Lo scenario più pericoloso”, nella “grande scacchiera” mondiale, “sarebbe una grande alleanza tra Cina, Russia ed eventualmente Iran, una coalizione «anti-egemonica», unita non dall’ideologia ma da risentimenti complementari”. Come potrebbero essere oggi il Donbass, o l’Ucraina fortezza atlantica, e Taiwan.  La coalizione non c’è, ma poco ci manca. Mentre c’è l’anti-egemonismo, e piuttosto marcato.

Pubblicato venticinque anni fa, opera del professore di Storia Americana, ex consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Jimmy Carter, 1977-1981, morto novantenne cinque anni fa, e ritenuto la pietra angolare della strategia atlantista del Millennio, il saggio è l’analisi geopolitica che meglio fa capire la guerra in Ucraina, in tutti i suoi comprimari: gli Stati Uniti, l’Europa, la Cina, l’Iran, e naturalmente la Russia. Il mondo unipolare, seguito alla caduta del bolscevismo, si è conformato come Brzezisnki lo disegnava. Ma non secondo i suoi ammonimenti, se essi sono da intendere, a scorrere il libro, intesi a prevenire lo schieramento tripolare anti-americano - ancorché differenziato, e per alcuni aspetti anzi diviso e divisibile al suo interno.

L’avvertimento di Brzezinski è stato assimilato nel senso di sfida in campo aperto, di portare la coalizione a tre a rinserrarsi piuttosto che a sciogliersi o dividersi. “L’Eurasia è l’epicentro del potere mondiale, e solo da lì può sorgere la sfida al potere globale americano”, nota ancora Brzezinski - non dice “potere”, dice “egemonia”. La mossa decisiva per dare scacco matto Brzezinski dice lungamente la prevenzione di questo schieramento a tre, descritto come “il più pericoloso” per l’egemonia americana. Ne prevedeva la creazione di fatto, senza patti o impegni precisi. Attraverso un rafforzamento della cooperazione economica - come poi è avvenuto: cinque anni dopo con lo Sco, Shangai Cooperation Organisation, successivamente con lo sviluppo dell’asse terrestre (autostradale, ferroviario) della via della Seta, e ora con gli idrocarburi. E con lo spostamento “naturale” verso l’Asia del pivot Russia, nel caso di una Seconda Guerra Fredda - nella quale si può identificare l’accerchiamento della Russia con la Nato.

Di subito dopo l’uscita del libro, che è stato molto letto (ma non in Italia), in una sintesi che ne scrisse per “Foreign Affairs”, “A Geostrategy for Eurasia”, di particolare chiarezza la frase di Brzezinski poi diventata famosa: “L’Europa è la testa di ponte con l’Eurasia”, testa di ponte americana.

Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard, Basic Books, pp. 256 € 14,50

giovedì 27 ottobre 2022

Dominion Inghilterra

L’Inghilterra, baldanzosamente uscita dall’Europa, ha ora un primo ministro induista di origine indiana, e un sindaco di Londra musulmano di origine pachistana. Si può pensare l’Inghilterra dominion dell’India – in forme moderne, certo, senza i coloniali col frustino.

Oppure si può allargare l’obiettivo. L’Inghilterra ha anche un capo dell’opposizione sposato con una donna che professa l’ebraismo. E naturalmente un re cristiano. Fuori dall’Europa, l’Inghilterra non ritorna al Commonwealth, ma si fa provincia mulatta, un nuovo genere di nazione. In breve, quasi per programma, per un qualche progetto incognito, non per evoluzione storica.

Un’Inghilterra crogiolo, come la sua ex costola, gli Stati Uniti d’America? No, è diverso: gli Usa hanno 63 milioni di ispanici, 40 milioni di afroamericani, e 20 milioni di asiatici, su 332 milioni, sparsi in tutto il paese. La Gran Bretagna non arriva in tutto a cinque milioni di immigrati recenti o figli di immigrati (1,8 milioni dall’India, 1,5 milioni dai Caraibi, più pakistani, arabi, africani) su una popolazione di 68 milioni. Ma sono concentrati a Londra, più di quattro milioni su nove milioni di abitanti, e controllano il Regno Unito. Cioè l’Inghilterra – è dell’Inghilterra che stiamo parlando, il resto del Regno o non ci sta (la Scozia, 5 milioni e mezzo di abitanti) o non conta (i tre milioni di gallesi, e i residui irlandesi).

L’Inghilterra è un vero dominion: geometricamente uno zigurrat, una piramide tronca, con Londra in terrazza, abitata da indopakistani e caraibici.

Appalti, fisco, abusi (223)

Il pagamento in automatico su carta di credito o c\c delle bollette elettriche e gas funziona normalmente, quello telefonico si presta subito ad addebiti cervellotici, che richiedono poi pratiche avvocatesche per recuperarli. C’è un perché di tanti abusi? L’Agcom non vigila?

A freddo, dopo l’ubriacatura del cashback, il pos obbligatorio e il quasi obbligo di pagare con carta sono stati una tassa sugli esercenti, e un regalo alle banche. Per il pos l’esercente deve pagare un affitto mensile, anche di 150 euro. E sul fatturato paga una commissione. Sembra assurdo, ma è così. Con l’unica giustificazione della guerra alle mafie - alle mafie? E al sommerso, che però non è degli esercenti, gli esercenti fatturano.

Il regalo alle banche con pos obbligatorio non è del governo Draghi, o governo dei banchieri, che anzi ha smantellato la baracca, ma è stato proposto e voluto da Grillo, e pagato dallo Stato con cashback. Sembra una farsa, a ripensarci, ma è successo, non molto tempo fa.

Pagano tutto con la carta, anche un euro, parigini e londinesi, ma perché vivono a credito, sperando che il mese prossimo sia quello buono: non una condotta esemplare.

A Firenze multe stradali da autovelox a quota 396.699 nei primi otto mesi, cinque volte le analoghe multe irrogate in tutto il 2021. Una per ognuno degli abitanti, due a testa considerando i soli patentati. L’opposizione ha denunciato un uso improprio degli autovelox. Il sindaco Nardella tace.

Salvati e sommersi nella Parigi occupata

Il gioielliere Haffmann deve lasciare Parigi durante l’occupazione tedesca e passare al Sud quando si ha la prima notizia del “censimento” degli ebrei. Affida l’attività al suo lavorante, compresa la casa di abitazione, con tanto di atto di vendita e “pagamento in contanti”, con l’intesa che dopo la guerra il lavorante gli restituirà il tutto. Ma il passaggio al Midi riesce a metà, solo la moglie e i figli ce la fanno. Haffmann si rifugia nella cantina, in attesa di un nuovo passaggio. Intensificandosi la persecuzione, quando se ne occupano i tedeschi invece dei francesi,  il rifugio diventa stabile. Mentre l’oreficeria entra nel gradimento di un ufficiale tedesco, il “comandante Jünger, e il lavorante prospera – con i gioielli di mano di Haffmann.

Sarà una discesa all’inferno. La coabitazione, già rischiosa, si aggrava di un altro problema. L’ex lavorante, reputandosi sterile e volendo assolutamente un figlio, chiede alla moglie e ad Haffmann di avere rapporti sessuali a questo scopo. In cambio, s’impegna a impostare le lettere che Haffmann scrive alla moglie in salvo nel Midi, atto che ritiene rischioso. Tutti i rapporti, lavoro, denaro, rispetto, affetti, finiscono per ribaltarsi.

Due ore di suspense create su una piattaforma piatta: pause, attese, grigiore, claustralità. Il film adatta un dramma teatrale di successo dallo stesso titolo, autore Jean-Philippe Daguerre, andato in scena nel 2017. Con un finale sornione – a rischio politicamente scorretto.

Il ritmo e la bravura dei due ruoli maschili, Auteuil-Haffmann e Lellouche-lavorante, questi soprattutto. non lasciano un momento di pausa. Mentre al piano terra a livello strada la presenza tedesca si aggira quieta ma minacciosa. A un andamento lento, guardingo, nella prima lunga parte, una serie di capovolgimenti si sussegue con rapidità nella seconda.  Sotto l’apparente ordine dell’occupante.

Un apologo anche su bene e male così intrecciati, così indipendenti dalla volontà dei singoli.  

Fred Cavayé, Addio, signor Haffmann, Sky Cinema 2

mercoledì 26 ottobre 2022

Problemi di base - bellicosi again (619)

spock

Le sanzioni alla Russia: armiamoci e partite?

Perché Biden non aiuta anche l’Europa, oltre all’Ucraina, per esempio non boicottando il tetto al prezzo del gas che ci vende?

Riducendo la produzione di petrolio Opec per aumentare i prezzi, l’Arabia Saudita danneggia gli Stati Uniti o gli ha fatto un favore?

Dobbiamo ora fare la guerra anche alla Cina, un miliardo e trecento milioni di persone?


In guerra con Putin, da chi comprerà ora re Carlo i copricapi d’orso della Royal Guard?

E questi russi, che ce ne facciamo – non possiamo mica sterminarli?

spock@antiit.eu

Cronache dell’altro mondo – progressiste (229)

I trenta deputati Democratici progressisti, capitanati da Pramila Jayapal, deputata di Washington, D.C., presidente del Gruppo (Caucus) Progressista, hanno ritirato martedì la lettera alla Casa Bianca con la richiesta di aprire colloqui diplomatici diretti con Mosca sulla guerra che avevano mandato lunedì.

Praypal ha spiegato che la lettera era stata messa a punto “alcuni mesi fa”, e che era stata divulgata dalla segreteria del gruppo senza consultazioni.

La lettera è stata ritirata dopo il massiccio intervento di esponenti del partito Democratico, che la ritenevano un grave errore in campagna elettorale – si vota fra due settimane.

La lettera chiede a Biden di “pareggiare” il sostegno “senza precedenti, economico e militare, all’Ucraina” con una “iniziativa diplomatica, raddoppiando gli sforzi alla ricerca di una cornice favorevole al cessate il fuoco”. Aggiungendo: “L’alternativa alla diplomazia è una guerra protratta, con entrambi i contendenti certi di sé, e rischi catastrofici e inconsiderati”.

Jünger ferma il tempo, in Sardegna

Quattro settimane a Villasimius nel maggio del 1954 accendono la fantasia di Jünger per una delle sue più godibili “cacce sottili” dei luoghi, delle curiosità naturali, delle persone, dei linguaggi e gli usi. A partire dall’albergo della signora Bonaria, dai suoi pensionanti, nelle cene in comune, e dalla sua famiglia, il signor Carlino, marito, la “serva”. Col cagnetto ringhioso della villa prospiciente del signor Rossi – l’amabilità in persona, lo colmerà di frutta e di saggezza. E l’umanità piccola con cui passa le giornate, il cavatore di granito, pastori pensierosi, giovani indolenti e gai, il doganiere, il pescatore.

Come sempre rilassato e immaginativo al Sud, “patria spirituale”, nel Mediterraneo, in Sardegna dopo la Sicilia, Jünger offre giorno per giorno al lettore una vacanza avventurosa entro i limiti della costa di Villasimius, che chiama “Illador” (una lusitano-castigliana, isola d’oro?) – la costa preferisce alla città. Una memoria ricca di tutto il superfluo. L’elogio del fico d’india – ragionato. Repulsione e magia – mito e psicologia - del serpente. La sacralità dello scarabeo, che si nutre di sterco. Le proprietà, perfino bizzarre, di colori, odori, profili ordinari. La felicià, il tempo, la storia, Jünger non omette neanche qui la filosofia che pure aborre – ma in giuste dosi. C’è già qui perfino l’“olio di Lucca” - “quello bollito tre volte, che gratta in gola”. Con le pentole di alluminio, piuttosto che di coccio o di rame, come dovrebbero - con profusione di argomenti. Accanto alla sociopsicologia della “proprietà”, del bene proprio, anche nel mezzo della povertà. E alla riflessione sulla natura naturans - senza menzionare Giordano Bruno, fratello in petto? Nel mezzo del lirismo hölderliniano sull’isola, appassionato e sacrale. Ci sono perfino “i virtuosi accusatori dale mani pulite” – Di Pietro e Davigo, per dire?

In Sardegna Jünger ritrova il tempo non tempo che predilige, la persistenza, la durata, contro l’effimero del cambiamento, del presente ininterrotto. Questa vacanza è per lui, e per il lettore, come fermare il tempo.

Un volume composito. Diario di viaggio, da Civitavecchia a Olbia e Villasimius, e ritorno. Con finale da Civitavecchia a Genova, passando per la costa Apuana, dove è sepolto il figlio diciottenne, morto in guerra confinato come obiettore in un battaglione disciplina: “Guardai alla finestra. Il luogo mi era noto, Carrara-Avenza. Là svettavano gli oscuri cipressi del cimitero di Turigliano. Con la montagna splendente sullo sfondo”. Il diario è accompagnato da una lunga riflessione su un tipo di scarabeo, “Lo scarabeo spagnolo”, che non dura una notte. E da una profusa visita al museo di Cagliari, “Terra sarda”. Curato da Quirino Principe, con note colte e intelligenti – salvo l’accostamento, p. 87, tra “Uranier” e “Uranist”, avventato.

Ernst Jünger, Terra sarda, Il Maestrale, pp. 235 € 8

martedì 25 ottobre 2022

Cronache dell’altro mondo – papali (228)

Non piace al Dipartimento di Stato, e forse neanche ai cattolici americani, a molti degli influenti cardinali e arcivescovi americani, il rinnovo degli accordi segreti tra il Vaticano e la Cina. Non piace che l’accordo sia tenuto segreto, anche al rinnovo. Né che sia stato rinovato proprio mentre il Partito comunista cinese ribadiva al congresso la linea dura.

In passato molte critiche si erano levate in America contro il silenzio del Vaticano quando il quasi centenario cardinale Zen di Hong Kong fu sottoposto a processo politico per aver difesa  gli statuti di autonomia. Analogamente, si critica il silenzio sulla persecuzione delle minoranze religiose, nello Xinjiang, nel Tibet.

Il sospetto è che l’accordo segreto del 2018 dia voce al Partito Comunista cinese nella nomina dei vescovi. Anche se non ha sanato, neppure in questi termini, i problemi di prima: trentasei delle novantotto diocesi cinesi non hanno un vescovo – non sono amministrate, sopravvivono.

Secondi pensieri - 496

zeulig

Antigone – Impersona l’inconciliabilità della legge col sentimento. Così si suole dire. È di fatto un grande racconto, un romanzo, anzi un romanzo storico, in forma teatrale, di tragedia. Di una donna, gentile e animosa insieme, che lotta contro un apparato, di leggi e di potere, che trova ingiusto. Ma Creonte, il nemico e persecutore, che impone il dovere della legge, anche lui sa e sente tutto questo.

Il tema sarà posto da Platone, molto dopo dunque Eschilo e la sua eroina, per mezzo di Socrate nel “Critone” e nel “Fedone” – col Socrate storico si arriva all’opposto di Antigone, all’accettazione di una giustizia dichiaratamente falsa. La giustizia è un potere mondano, la Giustizia, che può assolvere o condannare anche senza giustizia, in base alle leggi. Antigone è la coscienza individuale, il sentimento di ogni essere vivente, che può essere e può non essere in accordo con la legge, la quale invece si vuole astratta, impersonale. Ma il tiranno Creonte anche lui ha argomenti: è, deve essere, il garante di quell’ordine che solo può dare la pace e la giustizia.

Ordine che, sappiamo, è mobile, nei fini e nei limiti (divieti, pene). Mentre la ribellione di Antigone è costante, i suoi presupposti lo sono.

Si può dire Antigone in astratto (prescindendo dalla tragedia cui dà il nome) l’opposizione o antitesi alle semplificazioni che la legge implica. Il motore quindi del suo costante adeguamento, della legge.  

Dio – “È il libro dell’universo” – lo dice il filologo americano, grande dantista, Charles Hall Grandgent, annotando il “Paradiso”.

Eutanasia – Ricorre molto nella filosofia antica, Platone (“Le Leggi”, “Fedone”), Seneca, Cicerone. E nelle utopie, anche di timorati di Dio come Thomas More.

Filosofia tedesca - Si può dire in breve della morte: la morte dell’arte (Hegel), di Dio (Nietgzsche), dell’essere (Heidegger). Ossessionata dalla morte: ma perseguitata, oppure invaghita? 

Felicità – Jünger propone di definirla per opposizione al potere, e “quindi” di genere femminile, essendo il potere inoppugnabilmente maschile. È una riflessione a cui si lascia andare all’osservazione di un nido di falco, dentro una torre saracena in Sardegna (“Terra sarda”, 88-89): “A volte occhieggiamo, come attraverso questa feritoia, nell’officina dell’universo e nelle forme che esso produce. La visione di un simile animale araldico dà l’immediata certezza che il potere è una delle chiavi d’accesso. Ma come ogni colore esige il suo colore complementare, così anche il potere è una realtà a due facce, che soltanto nell’altro da sé si accende di una luce davvero illuminante”. Questo Altro cosa può essere? “La Bellezza, l’amore? Potrei individuarlo nella felicità: se il potere è il principio maschile dell’universo, la felicità è il principio femminile”. E ciò che lo rende accettabile: “Senza quest’ultimo, che lo completa e lo equilibra, il potere può diventare terribilmente odioso” – quindi, si direbbe, perento, per quanto durevole.

Un tesoro, da schiudere: “Come il potere è una chiave, così la felicità è qualcosa da dischiudere e rivelare, un tesoro che giace inesauribile nel fondo dell’universo”.

Predestinazione – È la base di molto cristianesimo. Ma non ne è la negazione – che bisogno c’è di Cristo?

La venuta di Cristo non serve a lavare la colpa del peccato originale? E dunque? Dio sarebbe uno cattivo, che punisce senza colpa?

Storia – È sempre bella (ammirevole, rinfrancante) nelle rovine, nelle antiche macerie. Anche non belle - suggestive, armoniose. Perché la bellezza circonda comunque le antiche macerie? Un po’ è l’effetto nostalgia – di qualsiasi mondo morto, anche riprovevole. Un po’ perché la “nostra epoca”, la contemporaneità, è di necessità strumentale (alla riproduzione, alla sopravvivenza, al progresso), e quindi altera la dinamica in cui si concepiscono (si realizzano) le forme. Un po’ “entra in gioco la rivelazione dei misteri matematici, che agisce sullo spirito come la vista della bellezza nuda sui sensi. Dietro i mezzi che assoggettano lo spazio, lo sguardo intuisce un’altra forza cui lo spazio si assoggetta: lo spirito. Esso sfavilla e si specchia in essi come nel ferreo scudo di Achille” - E. Jünger, “Terra sarda”, 60-61.

La storia come sguardo posato sulla bellezza nuda. O anche, sempre Jünger, id., 23, come poesia – della storia come storiografia, per la sua “intensità evocatrice”: “Questa facoltà di evocare per incantesimo la più antica umanità dalle sue ombre è uno dei nostri grandiosi spettacoli”. Reperti, fonti primarie, dati esistevano, esistono da sempre, ma perché cominciano a parlare oggi, e in un determinato modo – “essi hanno la funzione di talismani, è impressionante vedere, quando vengono sfiorate dalla lampada di Aladino, che cosa sale dalle arcate dei millenni...”.

Tempo – È sempre presente, non si saprebbe concepire diversamente. Come passato, come futuro, sono suoi aspetti, con tutte le variazioni grammaticali (concettuali), passato remoto, passato prossimo, futuro anteriore. Riviviamo oggi il passato e non potrebbe essere diversamente.

È Croce, la storia è sempre contemporanea, e non lo è. È di più. Non potrebbe essere diversamente per l’esigenza stessa del presente. Che ha bisogno del passato, anche fantasioso, mitico, e si fa vanto di un futuro. Chi non ha un passato se lo inventa.

Nasce da qui lo stress fra latini e germanici in Europa, acuto fino a Hitler e poi sotto il tappeto ma insorgente. Senza delitto di pregiudizio, la differenza la fa la scrittura (la memoria).   

Verità - È vano aspettarsi che la religione o la filosofia ristabiliscano la verità: “I fatti zoologici si producono sul piano zoologico, e quelli demoniaci sul piano demonologico”, Jünger in guerra lo vede. Ma non sarà la stessa cosa che dire: ci vuole un nazista contro un nazista? un terrorista contro un terrorista? È un vicolo cieco, da cui bisognerebbe poter uscire – la verità va con la libertà, strano, ma vero.

La Germania, per dire un caso estremo, che s’era imbucata nel genocidio, è potuta tornare indietro. Altrimenti si potrebbe dire che la liberazione è stata nazista.

zeulig@antiit.eu

L’America nasce nera come bianca

La scoperta dell’Africa fatta dagli afroamericani. Tardiva.

Recensendo alcune pubblicazioni sulla tratta degli schiavi Appiah conclude che “la tratta, che creò la diaspora atlantica”, poi applicata agli europei dal secondo Ottocento e agli asiatici, “era una collaborazione fra Africani e Europei nessuno dei quali, all’inizio, pensava di se stessi come Africani o Europei”. Era un degli atti fondativi dell’America.

Gli afroamericani scopriranno l’Africa poco più di un secolo fa, con le avventure transatlantiche di Marcus Garvey e la riflessione di W.E.DuBois. Appiah richiama la meraviglia di Richard Wright, “l’autore afro-americano di maggior successo di quegli anni”, quando al pranzo di Pasqua del 1954 nella sua casa a Parigi, al caffè, una dei suoi ospiti, attiva nei circoli pan-africanisti, gli chiede: “Perché non andare in Africa?”. Wright non sa che rispondere. Cioè risponde: “Africa?” La cosa era nuova per lui. L’America si può dire nera come bianca?  

Kwame Antgony Appiah, Whar was Africa to them”, “New York Review of Books”

lunedì 24 ottobre 2022

La giustizia la fa il giudice

Si guardano due partite molto atletiche, molto combattute, in qualche modo spettacolari, Fiorentina –Inter e Roma-Napoli, che gli arbitri decidono autoritariamente, e si resta inquieti. Perché non sono “errori”, quelli decisivi degli arbitri, Valeri e Irrati sono reputati i migliori della categoria e non hanno sbagliato. Cioè hanno sbagliato ma per volerlo, su falli commessi a pochi metri da loro. La memoria è anche fresca dell’aneddoto anticipato del libro di Gigi Riva e Gigi Garanzini, “Mi chiamavano Rombo di tuono”, di quando il 15 marzo del 1979, per Juventus-Cagliari che decideva lo scudetto, o quasi, l’arbitro Lo Bello diede alla Juventus un rigore inesistente. E quando il centrattacco della Juventus lo sbagliò, lo fece ripetere. Poi, accompagnando a centrocampo i cagliaritani infuriati, dice a Riva: “Tu pensa a giocare”. E a Cera, regista del Cagliari: “Pensate a buttare la palla in area su Riva”. Dopodiché diede un rigore inventato al Cagliari. Che Riva segnò. E quando a fine partita interpellò Lo Bello: “E se sbagliavo il rigore?”, Lo Bello rispose: “Te lo facevo ripetere”. Cioè: Lo Bello, feroce antijuventino (Paolo Franchi lo ricorda deputato Dc stravaccato sui divani del Transatlantico a Montecitorio a sbeffeggiare gli Agnelli), s’inventava un gol per la Juventus, come a dire “servo vostro”, per poi far pareggiare il Cagliari - che voleva solo pareggiare, era primo con due punti sulla Juventus.

Strategie, tattiche, e niente sport. Ma non è solo dello sport, è la mentalità generale, del sistema giudiziario. Oggi mezza Procura di Torino chiede gli arresti per Alberto Agnelli per una ipotesi di reato che non li prevede. Errore? No, è una condanna - prima ancora che Agnelli possa difendersi. La legge è il giudice, e il giudice è l’accusa, la prepotenza. Con il gip, il giudice preliminare, nelle vesti del var: un complice, oppure un nemico.

Si ricorda, cioè non si ricorda purtroppo, il famoso Ghitti, il giudice d’indagine preliminare di Mani Pulite a Milano, che avallava anche cinquanta arresti al giorno senza neppure aprire la pratica. La verità? È del giudice.   

La crescita dei poveri

L’economista  –ma gli editori preferiscono classificarlo filosofo – dei limiti alla crescita, testimonial vivente, ora ottantaduenne, del Club di Roma che inaugurò la materia cinquant’anni fa con “I limiti dello sviluppo”, poi molto in voga  con la crisi petrolifera l’anno successivo, fa la sintesi di molte sue pubblicazioni in linea col rapporto del 1972. Con l’evocazione di una vita felice con meno produttività (investimenti) e meno produzione, e probabilmente con meno reddito disponibile. Ma anche con meno tempo libero, si augura, giacché lo considera tempo obbligato, dal sistema produttivistico - il tempo che tutti, più o meno, coltivano e auspicano, mentre si arrabbattano a sopravvivere  al meglio.

L’idea –l’utopia – è di tutti, non è l’argomento di un filosofo o di una scuola. Cioè, potrebbe esserlo, ma a condizione che si cerchi una risposta realistica e non utopistica, desiderante. A quello siamo buoni tutti. Limitarsi a privarsi del titolo di economista, come fa Latouche, non serve. Anche perché bisogna sapere che negli ultimi trent’anni l’Italia (ma, poi, l’Europa tutta) si è impoverita relativamente al resto del mondo globalizzato (non si è impoverita in assoluto, ma nel contesto). E ogni anno aggiunge mezzo milione di persone ai nuovi poveri.

Non è il solo problema, è uno di tanti. Siamo tutti contro il consumismo, e contro il produttivismo. Ma poi? Tanto più se si considera il non far niente un sottoprodotto delproduttivismo – mi pagano per lavorare meno perché spenda i soldi nel tempo libero… Nel loro piccolo i grillini, testimoni in Italia della decrescita felice, sono quelli che hanno moltiplicato il debito per mantenere in qualche modo i nuovi poveri.

Serge Latouche (con Marco Aime), Breve storia della decrescita, Bollati Boringhieri, pp. 144 € 16

domenica 23 ottobre 2022

Cronache dell’altro mondo – bellicose (228)

A giugno, in “un giorno tipo”, cioè senza minacce specifiche, un terzo della flotta della Us Navy (298 navi in totale) è risultato impiegato, il doppio della media delle guerra fredda – The Heritage Foundation, “Index of U-S. Military Strengh 2023”.

L’Indice della Heritage Foundation vuole esemplificare come gli impegni militari americani si siano moltiplicati dopo la fine della guerra fredda, e non ridotti. Mentre il riarmo americano, in quantità e qualità, è rimasto indietro rispetto alla Cina. Le forze armate americane sono giudicate “deboli” e “non in grado di soddisfare le esigenze di difesa degli interessi nazionali vitali”.

In particolare, non sarebbero in grado di sostenere due conflitti regionali contemporaneamente – il caso viene fatto di un conflitto in Medio Oriente e uno nella penisola e nelle acque coreane.

Ma anche gestire “un singolo grande conflitto regionale” potrebbe risultare fuori della portata delle forze armate americane.

Il rapporto della Heritage Foundation è dichiaratamente inteso a rilanciare i finanzìamenti federali per la difesa (gli stanziamenti di Trump si sono “esauriti”). Ma potrebbe anche fotografare uno stato di fatto - l’accenno al “singolo conflitto regionale” rimanda all’Afghanistan.

 

La ghigliottina a Milano

Come oggi trent’anni fa, si poteva annotare:

“È curiosa, un po’ losca, la disattenzione di Scalfari, Mieli, Anselmi, per la composizione del direttorio milanese, il tribunale dei procuratori: due missini, e due comunisti, orchestrati da un procuratore Capo che deve la nomina a Andreotti.

“Quello di Andreotti è l’unico potentato politico del centro-sinistra tenuto al riparo, anche se il più indiziato di malaffare. La ghigliottina è stata eretta dopo la mancata ascesa di Andreotti al Quirinale - grave sottovalutazione di Craxi. E per il rigurgito di sovranità della Dc, sopra e sotto traccia, sull’energia (Eni, Enel, Enea etc.) che Craxi pretendeva di insidiare, oltre che sulla scuola, sulle Poste, e sulla ricerca - Cnr, Infn, spazio, acceleratori.

“Craxi si rifarà con l’affare Enimont? Con uno spicchio della tangente un imprenditore andreottiano, Bonifacio, si è preso “Il Tempo”. Ma non è detto: Craxi non ha la procura-tribunale di Andreotti, e nemmeno i servizi segreti”.

Il falso storico di Camilleri

Un re cafone, come sempre, per esempio il politico cafone in democrazia, peggiora le cose: diventa più tiranno dei tiranni, e bisogna liberarsene. Una moralità, o un apologo, del Camilleri politicamente scorretto non di quello ultimo conformista, in forma di romanzo storico.

Il popolo di Agrigento scaccia la guarnigione sabauda,. Di un re scomunicato dal papa. Ed elegge a suo sovrano un contadino, Zosimo. Il quale non sa che fare, se non giustizia sommaria, di chi si era schierato per i Savoia – salvo venire presto abbattuto dai soldati sabaudi di ritorno in città.

Una storia da ridere, ma non si ride. Un po’ è stiracchiata, anche se le sorprese, e il ritmo delle stesse, sono al passo di corsa. La vera storia è di come Camilleri ci arrivò. Avendo trovato in una libreria romana nel 1994 un volumetto “Agrigento”, opera di un Antonio Marrone, all’interno del quale c’era la storia del re Zosimo, cercò l’autore. Marrone gli spiegò che l’aneddoto l’aveva trovato in un volume delle “Memorie storiche agrigentine” di Giuseppe Picone, pubblicato nel 1866. Che Camilleri subito si procurò, in fotopia da una biblioteca. Altri aneddoti su Zosimo trovò due anni più tardi nei tre volumi “Sicilia ed Europa” di Luigi Riccobene. E la storia fu scritta. Con tanto entusiasmo che Camilleri la ingorga di falsi da lui costruiti, tra cui i documenti apocrifi che allega in appendice. Un po’ troppo, come scherzo e anche come falso.

Camilleri è anche qui sulle orme di Sciascia. Che non scrisse il romanzo storico, ma sì sotto forma di falso – “Il consiglio d’Egitto”. Al punto di andare oltre, il falso del falso.

Andrea Camilleri, Il re di Girgenti, Sellerio pp. 464 €14