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sabato 18 aprile 2020

Cronache virali

In Lombardia cinque volte in cinque mesi i morti in cinque anni di guerra, di bombardamenti.
La Lombardia ha fretta di ripartire: non considera i morti. I già morti e le ondate che si preparano. Né i contagi fuori della Lombardia.
 “Nelle zone più colpite della Lombardia le vittime potrebbero essere il doppio”, dice il fisico Ricci Tersenghi al “Corriere della sera”. L’intervistatrice non si insospettisce e non chiede lumi. Ma niente nel caso coronavirus in Lombardia fa pensare che il fisico possa avere torto.
Ci sarà una seconda ondata mondiale di contagi, questo è certo per l’Oms, dopo l’estate. Ma non ci si prepara.
Le armerie degli Stati Uniti hanno esaurito le scorte. Si attende la ripresa della produzione, e in parte anche per questo la si accelera, malgrado il gran numero di contagi e di morti, per riavviare le vendite, la domanda è forte. L’attesa è di una povertà di massa provocata dal virus.

Ombre - 509

Votano al Parlamento europeo favore del Mes, meccanismo europeo di stabilità, i berlusconiani e il Pd. Quelli del “vicolo esterno”. Che tanti danni ha inflitto all’Italia, con l’accesso prematuro  all’euro. La camicia di forza per il debito pubblico, di Ciampi, Draghi e Prodi: una scommessa che ancora paghiamo. E senza fine, considerato il crollo della produttività che ha indotto, senza più infrastrutture.

Non hanno fatto in tempo a dimostrare il loro valore nelle municipalizzate romane che i manager 5 Stelle sono stati elevati a grandi manager nazionali: alla lucrosissima Terna e all’Enav. Non si può dire di Grillo che non sia un ascensore sociale. Un altro don Bosco, il santo degli ultimi.
I vaffa servivano a intimorire e fare scendere gli altri, gli usurpatori, Grillo è un santo.

Aspettando l’Europa, il gran consiglio europeo di giovedì che dovrebbe finanziare la crisi, dopo due mesi di doglie, Banca Intesa ha già concesso 130 mila moratorie, per oltre 15 miliardi. E ha anticipato la cassa integrazione ai correntisti. Non è impossibile, neanche difficile.

Inni a Christine Lagarde, quella a cui non gliene fregava degli spread, cioè dei debiti sovrani. Grande europea, eccetera. Avendo messo fondi illimitati a disposizione delle banche, e allentato i vincoli di sorveglianza. Senza dire che lo ha fatto perché sono indispensabili a un paio di banche francesi, Société Générale e Paribas, e a Deutsche Bank. Non si può dire che non c’è un partito europeista. Ma pagato?

Si fosse trattato in questa crisi, invece che di SG, Paribas e Deutsche Bank, di un ennesimo Monte dei Paschi di Siena, lo si sarebbe fatto fuori? Sicuramente sì, il rigore ci vuole.

Molti analisti infieriscono in rete sulle banche, che peraltro nei crolli in serie di Borsa non galleggiano peggio dei titoli industriali. Specie su Unicredit. Non è un caso. A chi fanno gola le banche italiane? Si direbbe un segno di prosperità.

Trump è Trump. Ma  anche vero che l’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità, spende ogni anno in viaggi 28.500 dollari per ognuno dei suoi funzionari. Più che della salute si direbbe l’organizzazione del turismo, intelligente certo. Come tutto il business della cooperazione internazionale: una eterna borsa di studio, danarosa, per africani, asiatici, e latinoamericani.
 Il Terzo mondo è finito dalla padella nella brace, della corruzione, spicciola, a fin di bene.

“A me sembra una follia”, aveva detto all’inizio, “si è scambiata un’infezione appena più seria dell’influenza per una pandemia letale”. Non soddisfatta, si era scagliata contro lo Spallanzani e contro Roma. Non le è bastato, torna alla carica contro la Protezione civile: “Spaccia dati vecchi di una settimana”. Non è nessuno, è la professoressa Gismondo, direttrice di Virologia e Diagnostica Bioemergenze del Sacco di Milano – nomen omen, il Sacco di Milano.

“La Cina è pronta a fare da guardiano all’ordine mondiale e da riparatrice dell’economa globale”: l’ambasciatore cinese a Roma non si fa scrupoli, e “la Repubblica” gli fa largo spazio. A un paese che in qualche modo ha provocato la pandemia, e semmai è beneficiario dell’ordine mondiale – della globalizzazione. Senza chiose, tutto si può dire. L’ordine comunista qualche piega no dovrebbe sollevarla?

Il giorno dopo “la Repubblica” insiste. Sotto il titolone “Pechino dice la verità?”, un servizio per smontare tutti i dubbi che sono stati sollevati sule responsabilità cinesi nella pandemia. Un vero e proprio servizio.

La Cina ha ragione, la Cina è bella-e-buona-e-brava, la Cina è meglio di noi, tempo di iperboli. Gratuite, cioè sciocche? Tanto più che la Cina potrebbe aver già dichiarato finita l’epoca felice di Xi Jinpg, e liquidarlo presto. In Cina si liquidano ancora i politici.

Negli Stati Uniti l’indagine sull’origine del virus in Cina viene affidata ai servizi segreti militari. Trump o non Trump, un segno certo della decadenza americana – della democrazia se non della potenza, quella ben salda, finanziaria e militare. Che i servizi segreti, Cia, Fbi, Nsa, siano inaffidabili, cioè traditori. La conferma che hanno lavorato contro gli Stati Uniti. Camuffandosi dietro un dossier commissionato, per molti soldi, a un ex agente inglese, il famoso Russiagate.

Nella versione più benevola il Russiagate è una sconfitta dei servizi segreti americani, che, benché miliardari, non hanno saputo prevenire le interferenze. Ma, a questo punto, è di fatto un’invenzione americana, dei servizi segreti americani, contro l’America. Con l’obiettivo di avere più fondi e più brache di ricerca, ma senza scrupoli e con l’effetto di indebolire (scoraggiare) la democrazia.

 “L’americanizzazione del sistema sanitario italiano ha una responsabilità nella disastrosa epidemia di coronavirus nel paese” - “The Nation”. Questo è vero, è verissimo. Ma finora non si è letto in italiano.

Mentana dice Conte un Chàvez all’amatriciana. Uno che, a reti tv unificate, come nei momenti di calamità, e di unità nazionale, le sfrutta per attacchi di partito, e anzi personali. L’immagine non è sbagliata. Ma Mentana dimentica l’essenziale. Che anche i media italiani, tv e giornali, si sono comportati come in Venezuela: nessuna critica, a parte Mentana.

“XI Jinping in prima linea accanto al popolo cinese nella lotta contro il coronavirus”: ci pensa Pechino con quattro laute pagine di pubblicità sul “Sole 24 Ore” a ricordare al mondo che la Cina è comunista. Lo stile Radio Tirana o Radio Praga si reitera nei testi che riempiono le pagine. Che si direbbero un cimelio, un’anticaglia. Non fosse che la Cina è il paradiso per gli italiani. Specie per gli industriali dal guadagno facile: la nuova fontiera, un eldorado.

“I miei amici qui a Harvard definiscono l’Europa «the sinking museum», il museo che affonda. Usano questa espressione da dieci anni”, dalla crisi del 2008. Lo dice al “Sole 24 re” un banchiere d’affari, che nello stesso 2008 ha cambiato mestiere andando a insegnare a Harvard: “La crisi del 2008 e la crisi del debito sovrano del 2012 hanno mostrato la disunione politica, culturale ed economica dell’Unione Europea”.

È la crisi dell’Europa di Angela Merkel, del “troppo poco troppo tardi” – della lesina, o dell’interesse esclusivo della Germania. Ma questo non lo dice il professor Roscini del “Sole 24 Ore” e non lo dice nessuno: l’Europa è entrata in coma da sola? È vero che Merkel è protetta da un apparato di comunicazione di primordine.

Gli angeli suicidi del denaro

Il più pulito è solo traditore, oltre che cacciatore di minorenni e cocainomane: non c’è spazio per i sentimenti nel mondo dei soldi, tanto meno per la professa lealtà. Compresa in quel mondo la controinformazione, una Subterranean-Wikileaks. Tanto meno per i buoni sentimenti - se non retrospettivi, anche una lacrima serve. Un mondo di diavoli che la regia mozzafiato, di immagini velocissime, sovrapposizioni, flashback e anticipazioni, con lo sfasamento di date e luoghi, e la sovrapposizione in continuo di sms e whatapp, rappresenta freddi, ma per ciò più acuminati. È la finanza – il mondo che ci governa – quale è: non arretra di fronte a nulla, purché sia distruttivo. Immateriale ma dissolvente.
Guido Maria Brera, l’autore del giallo all’origine della serie, lui stesso un trader di successo a Londra, vuole questi diavoli senza scrupoli gli angeli del nostro mondo. In cui, dice, la politica ha abdicato. O non è stata comprata? Quella che le polizie, più o meno segrete, non hanno messo fuori corso.
La serie, prodotta da Lux Film, i fratelli Bernabei delle storie di preti e suore, è coprodotta da un gruppo francese. Per il caso, uno dei tanti ma estremo, della politica messa fuori corso: Strauss-Khan, l’ex ministro del Tesoro francese, direttore del Fondo Monetario, un socialista di destra, inviso ai trader, che lo chiamano “comunista”,  viene prontamente accusato di stupro e arrestato dall’Fbi – la cosa è confinata a una didascalia, qualche immagine avrebbe dato l’idea dello scandalo, del vero scandalo.
Brera forse si diverte. La serie ha pure voluto programmata ad aprile, “il più crudele dei mesi” di T.S.Eliot, l’incipit de “La terra desolata”,  con cui apre il suo terzo romanzo, “La fine del tempo” - lo spettatore sta piuttosto con Shelley: “Se viene l’inverno, può la primaverà tardare”? Ma la serie è seria. Specie per un pubblico italiano, che i media hanno ormai da una lunga generazione debilitato con un linguaggio melassa di tutto ciò che è “diabolico”, cioè finanziario: parole e concetti tagliano come coltellate l’indifferenza edulcorata indotta dai nostri media. Forse troppo affilate, chi non sapeva fatica a seguire. Ma quanto semplici e importanti: della banca che non è più banca, dello “shortare”, del sottilizzare o gonfiare gli utili. E dei suicidi dei trader.
Jan Maria Michelini-Nick Hurran, I diavoli

venerdì 17 aprile 2020

Problemi di base - 556

spock

L’immortalità è nella vita, benché breve?

L’infinito è all’orizzonte?

Si pensa per opposti, non si può pensare altrimenti – non sarà questa la famosa dialettica?

Si vive per contrasti – non c’è il male senza il bene, il caldo senza il freddo, etc.?

Non si dorme, anche, meglio, dopo una giornata di fatica?

Ma l’amore vuole l’odio?

spock@antiit.eu

Ecobusiness - del ciclo Edwige Fenech

Tacciono i rilevatori dell’inquinamento dell’aria. Per non dire che la terra muore di circolazione automobilistica – e di imballaggi (vendite online, a domicilio)?
Temono di perdere il posto?
Abbiamo tutti un termos. Ce n’era necessità?
Abbiam o tutti una o due sporte grandi di plastica resistente, per la spesa. Ce n’era necessità?
Si fa dell’ambiente un bisogno per lo shopping – inquinante.
Si vendono - sono un  must, un obbligo morale e sociale - macchine elettriche che costano due volte e anche tre una macchina a scoppio, e non vengono utilizzate: non si può, non ci sono stazioni di ricarica, la ricarica è lenta e lunga, anche di ore, l’elettricità costa, la macchina ha autonomia limitata, urbana.
“Dottor Jekyll e gentile signora”, 1979, del “ciclo Edwige Fenech”, vede Paolo Villaggio impegnato in tutti i crimini contro l’ambiente che ora si prospettano. L’ecologia ha un passo lento. Anche ora che si rilancia come business.
Consumiamo ogni anno 160 metri cubi di acqua pro capite. Contro i 60 della Germania. Perché in Italia fa più caldo? No, fa più caldo, afoso, in Germania. In Italia la metà dell’acqua si perde condotte rotte – non esattamente, il 42 per cento.
Consumiamo 160 mc di acqua in aggiunta agli ettolitri di acqua minerale. L’Italia è il paese secondo al mondo per consumo di acque minerali, dietro il Messico. Primo in Europa, 206 litri l’anno a persona.

Candido tra gli animali

Lo sciopero dei galli apre la raccolta. Contro le kapures, l’espiazione dei peccati col sacrificio di un gallo per l’uomo e di una gallina per la donna, alla vigilia dello Yom Kippur, la festa ebraica dell’espiazione. Segue la vita di una copia di giovani, protetti e bene ingrassati, per la Pasqua: sono tacchini.
Nei villaggi ebraici tra Ucraina e Russia, tra un pogrom e laltro, la vita condannata degli animali domestici, polli, tacchini, cani, pesci. Storie paradossali, spiritose, comunque vivaci. Così almeno in traduzione, che vede impegnati ben due traduttori, Franco Brezza e Haim Burstin, insieme con la curatrice Anna Linda Callow – Sholem Rabinovitch, in arte Aleykhem, 1859-916, ebreo ucraino emihrato a New York, scrive in ebraico. Storie umoristiche, e penose. Di animali maltrattati, oppure trattati bene ma allora per la macellazione.
“Un verme che viva nel rafano pensa che non ci sia nulla di più dolce”, è la riflessione di filosofia della storia, degli uomini e degli animali, del cane “Candido” Rabtshik che non si capacita delle sue disgrazie, ogni volta, contro le migliori attese. Vite da cani, o da galline. Vite indifese, e quindi troncate, a piacimento. Contro il precetto biblico, il narratore insiste a ogni piega, che impone “pietà per gli esseri viventi”.
Sholem Aleykhem, pseudonimo – “la pace sia con te” – per Rabinovitch, è il narratore della vita nei villaggi ebraici orientali prima di Joseph Roth: una vita povera, e anche perseguitata, ma non infelice. Scrittore in russo e ebraico, prima di passare allo yiddisch, di cui diventerà per quarant’anni il campione, tra Kiev e Odessa, gli ultimi anni tra America e Svizzera, fino alla morte nel 1915. Cominciò a quindici anni, raccogliendo gli epiteti usati dalla matrigna.
Sholem Aleykhem, Storie di uomini e animali, Adelphi, pp.115 € 9

giovedì 16 aprile 2020

Letture - 417

letterautore
Brexit – Nasce nel tardo Cinquecento col Grand Tour - che a sua volta nasce come scusa o motivo per un viaggio “all’estero”, cioè nel continente, senza essere sospettati di papismo? Se ne trova la traccia in Praz, “Il mondo che ho visto,”, 20: “Il Grand Tour diventò per gli Inglesi un pericoloso fattore d’isolamento, anziché d’ampliamento di vedute, dal giorno in cui gli stranieri furono considerati da loro non più come creature umane con cui si tratta da pari a pari, ma come macchiette in un paesaggio, come pittoresco spettacolo per gli occhi”. Opera per lo più di “anemiche zitelle”.


Ancora Praz: “Gli anglosassoni non hanno mai sofferto un’invasione”.

Chiesa – È barocca, come la rappresenta Sorrentino nelle serie sul Papa? Il papato è barocco, benché alleggerito dal Concilio Vaticano II. La chiesa non viene bene al cinema, se non nella forma barocca, di Sorrentino e Moretti in rappresentazione diretta, in Fellini come evocazione e contorno: colorata, chiassosa, rituale, énaurme. Anche nelle regole probabilmente è barocca. Nel diritto? Nei riti sicuro: i paramenti, gli appuntamenti canonici (feste, processioni, benedizioni, messe solenni), gli addobbi. E naturalmente le architetture, delle chiese e le piazze, i palazzi, i cimiteri.

Elena – Ebbe 36 pretendenti, secondo Igino, “Favole”, che li elenca - con la riserva “scrittori più antichi ne citano altri”: Antiloco, Ascalafo, Aiace Oileo, Anfimaco, Alceo, Blaniro, A gapennone, Aiace Telamonio,  Clizio, Cianeo, Menelao, Patroclo, Diomede, Peneleo, Femio, Polipete, Elefenore, Eumelo, Stenepo, Tleplonimo, Protesilao, Podalirio, Euripilo, Idomeneo, Leonteo, Talpio, Polisseno, Protoo, Menesteo, Macaone, Toante, Ulisse, Fidippo, Merione, Mege, Filottete.

Mancano dalla lista i rapitori di Elena, di cui lo stesso Igino ha fatto la storia poco prima: “Teseo, figlio di Egea e di Edra, figlia di Pitteo, insieme a Piritoo, figlio d’Issione, rapirono Elena, la figlia vergine di Tindaro e Leda, dal tempio di Diana dove stava sacrificando e la portarono in un distretto dell’Attica”. Non finì bene: i rapitori furono puniti da Giove e Plutone – salvati poi da Ercole. “I fratelli di Elena,” continua Igino, “Castore e Polluce, combatterono per lei; catturarono Etra, la madre di Teseo, e Fisadie, la sorella di Piritoo, e le diedero come schiave alla sorella”.

Francesco – “Il papa della Nuova Controriforma” lo chiama Jean-Noël Schifano nella postilla a “Le corps de Naples” dal titolo “La corruption spue”, spuzza (lo disse il papa a Napoli nel 2015), “che reintroduce il barocco esistenziale nella chiesa…: Francesco è il sovrano pontefice del trompe-l’oeil”. Il “papa nero” (gesuita) che si fa bianco. E la corruzione che puzza assolve con l’s privativo. In linea con la Controriforma: “Tutta l’arte della Controriforma è la comunicazione, l’immagine, ciò che si muove e inganna lo sguardo, la maschera, la prestidigitazione”. Lo sfogo di un anticlericale? E tuttavia, “suprema arte in barocco esistenziale: un gesuita che gioca ai francescani…”.

Giro d’Italia – Si chiamava “Giro” il Grand Tour degli inglesi nel continente quando aveva a oggetto l’Italia - la parola Tour era riservata, come oggi, al giro della Francia. È passato nel linguaggio come Grand Tour, perché originariamente era applicato alla visita, anch’essa d’obbligo per gli inglesi ricchi, della Francia. “The Grand Tour of France and the Giro of Italy” è il titolo di una guida londinese del 1670 – repertoriata nel “Lassel’s Voyage of Italy”. La pratica si avvia nel secondo Cinquecento, dopo lo scisma anglicano, per consentire agli inglesi di viaggiare liberamente nel continente, sotto le specie culturali, senza cioè essere sospettati di “papismo”.

Italiano - “Straordinari epistolari italiani” Brugnolo (La lingua di cui si vanta amore”)  menziona di Voltaire, Byron, Joyce, Rubens – e di Mozart naturalmente. Nonché, nel Seicento, d Jean Chapelain, “il noto prefatore dell’ «Adone» mariniano”.
Moltissimi i poeti e letterati francesi italianisants nel Cinquecento, effetto Caterina dei Medici: Émile Picot ha compilato nel 1906 un repertorio in due volumi.

“Il Menagio, Regnier Desmarais, il Milton, ec., che scrissero e poetarono in lingua italiana, sono esempi non rinnovatisi, cred’io, rispetto ad alcun’altra lingua moderna, se non di più rispetto alla francese” – Leopardi, “Zibaldone”.

Pound – Fu fascista. Anche al ritorno in Italia, quando scelse il riserbo per non crearsi problemi. I due “Cantos” italiani, il 72 e il 73, in morte di Marinetti (2 dicembre 1944) e alla gloria della repubblica Sociale di Mussolini, Furio Brugnolo ritiene uno snodo nella struttura dei “Cantos”, “un punto di svolta fondamentale nella struttura del poema”. Per due motivi: “Da un lato per la frattura violenta (anche linguistica) che segnano con i canti che precedono (in particolare con il blocco centrale, dedicato alla storia cinese e a quella americana, cc. 52-71) e per il raccordo che creano con i successivi «Cantos pisani», che proprio da essi traggono senso e funzione”. Ma anche “perché confermano l’inscindibilità della poesia dei «Cantos», almeno a quest’altezza, dall’ideologia e anzi dalla fede fascista del suo autore”.
In questo senso anche Robert Casillo, “Fascists of the Final Hour. Pound’s Italian Cantos” (in R.J.Golsan, “Fascism, Aesthetics and Culture”.
Brugnolo aggiunge, dopo aver rilevato l’eccezionale reviviscenza dantesca dei canti, una messa in guardia che accentua il fascismo in Pound: “In sintesi (e augurandomi di non essere frainteso), Pound riesce a questo straordinario risultato artistico non magrado fosse fascista, ma proprio perché era fascista (e si aggiunga: perché era fascista ma non era italiano).”

Refuso – Celebrato da Savinio, e quindi da Sciascia, come irruzione dell’inatteso, lo è curiosamente all’ultima pagina del voluminoso Mario Praz, “Il mondo che ho visto”, dove Paolo Vincenzo Bonomini, il pittore bergamasco degli scheletri, è declinato Borromini – curioso per l’autore, sempre preciso nei suoi milioni di riferimenti, e per l’editore, curato. E perché Borromini a Bergamo ci sarebbe stato bene. Da comasco di Bissone, oggi Svizzera, ma anche da buon controriformista. Mentre si lega a Roma. La rivelazione è che la Controriforma fu lombarda, a partire dai Borromeo. Specie da san Carlo, che indirizzo con cura le parrocchie, e dai “suoi” papi: Pio IV (1559-1561), al secolo Giovanni Angelo Medici di Milano; Pio V (1561-1572), Michele Ghislieri, di Bosco (Alessandria), eletto da Carlo Borromeo; e l’atro eletto di Carlo Borromeo (con Filippo II di Spagna), nel conclave forse più breve della storia, Gregorio XIII (1572-1585), il bolognese Ugo Boncompagni – festeggerà con un “Te Deum” la “notte di san Bartolomeo”, il massacro degli ugonotti a Parigi la notte del 23 agosto 1572: un papa misconosciuto che è da solo all’origine della chiesa di Roma quale tuttora si conosce.

Risorgimento – Avviene d’imbattersi per letture casuali in due testi che lo contestano con l’irrisione. Lo scrittore francese Jean-Noël Schifano a chiusura di “Le corps de Naples”, da dichiarato filo-Borbone. Mario Praz, “Il mondo che ho visto”, lo fa parte del “pittoresco” che aborre, partendo dal Gran Tour che il secondo Cinquecento inaugurava: “Fu allora che l’unico sentimento verso gli uomini d’Italia fu di compassionevole e sollecita cura, come per cani gatti e uccellini, ché a saperli schiavi di tiranni tutta l’anima zitellesca s’inteneriva. E al raggio verde dei tramonti, e al raggio di luna sulle rovine, s’aggiunse la macchietta d’un pennuto bersagliere dal seducente nome: Risorgimento. Qualche grand tourist ispirato dalla Musa credette di doverci  incoraggiare a diventare un popolo libero”.


Viaggio – I libri di viaggio hanno un senso? si chiede Praz nel 1982. Collazionando molti suoi scritti di viaggio, “Il mondo che ho visto” – una parte dei suoi innumerevoli scritti di viaggio, con cui ha riempito quattro o cinque libri. Ma spiega anche perché: oggi che il mondo si è “rattrappito”, dice, i costumi tendono a omologarsi, e tutto è dappertutto. E non c’era ancora il Louvre a Dubai, o Abu Dhabi.

letterautore@antiit.eu

Il cielo animato


Una compilazione, non un testo scientifico come quello di Eratostene, né poetico come in Ovidio. Un lavoro di divulgazione, che però ha avuto continua fortuna, da Isidoro di Siviglia, il santo vescovo enciclopedista che convertì i Visigoti, fino a Boccaccio, anzi fino a tutto il Cinquecento. Il (probabile) bibliotecario di Augusto, di origine spagnola, portato a Roma da Cesare, che lo prese con sé ad Alessandria, allievo del poligrafo e grammatico greco Cornelio  Alssandro, sa riprendere il già noto in forma narrativa. Animando il cielo, di divinità, eroi, personaggi di ogni qualità, e miti, saghe, aneddoti.
La lettura è facilitata dal fatto che i nomi dei riferimenti celesti, le stelle, le costellazioni, molti pianeti, la Via Lattea, sono rimasti pressappoco uguali.
Il titolo dela compilazione è “Poeticon Astronomicon”. Qui è stato cambiato a somiglianza delle “Favole”, l’altro lavoro mitografico di Hygino, con il quale è ricordato nelle storie letterarie.
Questa edizione è illustrata con le xilografie dell’ “Astronomicon” stampato a Heidelberg nel 1589.  
Caio Giulio Hygino, Fabulario delle stelle, Sellerio, pp. 204 € 9

mercoledì 15 aprile 2020

Problemi di base di pensiero - 555

spock

“Filosofare è imparare a morire”, Montaigne (Cicerone secondo Montaigne, il muto Socrate secondo Cicerone)?

“L’intera vita dei filosofi altro non è che una meditazione sulla  morte”, Montaigne?

“La sofferenza è conoscenza: chi più sa\ Più si affligge per la fatal verità”, Byron?

“C’è un solo problema veramente filosofico, quello del suicidio”, Camus?

“Se dici quello che vuoi, potresti udire quel che non vorresti”, Alceo?

È il cosmo cosmetico?

“Mito e mistificazione sono parole molto simili”, Claude Lévi-Strauss?

spock@antiit.eu

Conte scomparso

Tace Conte dopo il comizio del Venerdì santo a reti unificate. Cinque giorni di silenzio. Una novità: si alternava con pagine intere sui grandi quotidiani, e teneva lunghe sessioni in tv.
Le opinioni sono divise. I favorevoli lo vogliono applicato al vertice europeo del 23. Per potere annunciare il varo trionfale dei coronabond europei. Comunque consigliato in questo senso dal suo capo della Comunicazione Rocco Casalino, secondo il noto principio di Nanni Moretti (“mi si nota di più se non mi faccio vedere”).
I contrari lo vogliono contrito per le escandescenze, poco presidenziali, dell’allocuzione del Venerdì santo. Rimproverato dallo stesso Casalino. Nonché da Mentana, che gli ha dato del Chavez - il dittatore venezuelano era famoso per ingombrare le tv con torrenziali reprimende.
Una terza posizione lo vuole rimproverato dal presidente della Repubblica.

La Lega Lombarda dei media

Fa senso vedere su Sky Tg 24 ogni giorno a ogni ora una galleria di personaggi lombardi, a partire dall’assessore assonante Gallera, presidenti, direttori, esperti di ogni scienza, concionare dei contagi  e dei morti senza mai dire una parola giusta. Fa senso in tutte le tv veramente – su Sky di più perché costa mille euro l’anno: non c’è che la Lombardia in tv, e della Lombardia, che è la peggiore e la causa di tutti i mali, sempre e solo l’autoincensamento.
Si conciona infatti senza mai dire, e ormai sono due mesi, che i leghisti che la governano hanno sbagliato a privatizzare la sanità. E hanno sbagliato a smantellare la struttura sanitaria di base.
Hanno privatizzato in due modi. Una visibile: le laute convenzioni a favore delle cliniche private erette a ospedali, alcuni coronati perfino col riconoscimento Ircss, Istituto di Ricerca e Cura di Carattere Scientifico. E una non detta e insidiosa: indurre il paziente, al Pronto Soccorso o in lista d’attesa, a optare per l’analisi, la radiografia, la tac a pagamento. Non c’è altro mistero nei primi pazienti di coronavirus stravaccati nei Pronti Soccorsi e nei corridoi per venti e trenta ore.
L’allineamento non offende – a parte l’abbonamento Sky: si può essere leghisti, malgrado tutto. Ma poi che vogliono i giornali da noi, i giornalisti? Si sono fatti mancare pure che il famoso ospedale costruito alla Fiera è inutilizz-ato-abile.  

Il comico nichilista

“Uno ha bisogno di un po’ di sollievo dall’angoscia e il terrore dell’esistenza umana. L’esistenza umana è un’esperienza brutale per me… è un’esperienza brutale, insensata - una tormentosa, insensata esperienza, con qualche oasi, gioia, qualche incanto e pace, ma sono solo oasi. Nell’insieme, è una brutale, brutale, terribile esperienza”.  Inutili le obiezioni dell’intervistatore, basate sui suoi libri e i suoi film. Woody Allen è un altro, non il comico.
Un’intervista sorprendente, d’iniziativa di un sacerdote cattolico, della diocesi di Brooklyn, professore di Filosofia alla St.Johns University di New York – autore recente di un “Pope Francis’ Profound Personalism and Poverty”. Per una rivista di opinione quasi centenaria, di orientamento liberal, gestita da laici cattolici, con sede nel Centro Interchurch di New York. Woody Allen si presta disinvolto a testimoniarvi il suo ateismo. Su un fondo sorprendente di pessimismo radicale. A ogni obiezione, si può dire, di padre Lauder, che gli ricorda questa o quella scena dei suoi film che si legge come una promessa o un speranza, oppone al più un “forse”, tornando a insistere sul suo nichilismo, sulla “schiacciante desolazione del mondo”.
L’intervista parte dalla constatazione che in tutta la sua attività, di attore, scrittore, commediografo, sceneggiatore, regista, Allen ha posto “questioni filosofiche e religiose – l’esistenza di Dio, la vita dopo la morte, il senso della vita”. “Sono sempre state le mie ossessioni”, è la risposta,” fin da piccolissimo”. Crescendo, notava che i coetanei si occupavano di questioni sociali, l’aborto, il comunismo, le discriminazioni razziali, ma a queste non è riuscito mai ad applicarsi – “mi interessavano come cittadino, ma…”, dice, sono questioni di governo, più o men risolvibili, mentre lui era solo preso dal senso della vita. Con l’humour, obietta l’intervistatore, come Frank Capra? No, per l’ossessione: “Capra era un filmmaker molto più abile. Aveva una tecnica enorme”, lui, Woody Allen, no: “Ho fatto quello che ho fatto perché interessava me, di fatto mi ossessionava… Probabilmente avrei avuto più pubblico se fossi andato in un’altra direzione”.
L’intervistatore insiste. “A un certo punto, in «Hannah e le sue sorelle», il suo personaggio, Mickey, è molto deluso. Pensa di farsi cattolico e guarda «La guerra lampo». Come se pensasse: «In un mondo dove ci sono i Fratelli Marx e lo humour, forse c’è un Dio, chissà»”. No, è la risposta: una sinfonia di Mozart, i Fratelli Marx possono dare “una piacevole fuga per un momento, e questo è il massimo che si può fare”. E non dà scampo nemmeno ai credenti: “L’ho detto bene alla fine di «Harry a pezzi»: tutti sappiamo la stessa verità; le nostre vite consistono in come scegliamo di distorcerla, e questo è tutto”. Alcuni la distorcono “con cose religiose”, altri con gli sport, il denaro, gli amori, l’arte, ma “niente dà un senso”. Lauder insiste, ma Allen è irremovibile: “Non c’è giustizia, non c’è una struttura razionale. Questo è quello che è, e ognuno s’immagina un modo di fare fronte”Un Woody Allen insolito, tragico. E non per ridere, come in più di un film dice, di invidiare chi sa fare le tragedie. Forse per un ulteriore sberleffo a se stesso, al suo essere ebreo – in contrasto con la solida corrente di pensiero ebraica, ripresa per ultimo da Wittgenstein, che esclude gli ebrei dal tragico.
Robert E. Lauder, Woody Allen’s World: Whatever works, “Commonweal Magazine”, 15 aprile 2012 free online

martedì 14 aprile 2020

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (422)

Giuseppe Leuzzi
Due capodogli a spasso nello stretto di Messina, ripresi scenograficamente da drone o elicottero della Marina, vanno forte su youtube ma non sui tg, della Rai né di altre testate. Che pure, volendo illustrare come i pesci si sono reimpadroniti dei mari, non hanno altre immagini che di archivio. Se non è mafia, il Sud non c’è.

 “Case di riposo, strage da Nord a Sud”. A ridosso dello scandalo ennesimo del Pio Albergo Trivulzio di Milano, con una  mezza dozzina di anziani morti ogni giorno, il “Corriere della sera” schiera una mezza dozzina di firme per documentare la strage da Nord a Sud. Cioè duemila morti nelle Rsa della sola Lombardia, contro un centinaio in tutto il Sud. Il lutto condiviso sembrerebbe un’ottima idea, ma di fatto è solo una forma di leghismo, aggressivo.

Jean-Noel Schifano, “Le corps de Naples”, ha una galleria di donne tutte sensuali e sensualissime, amiche, passanti, fidanzate, mogli, vedove, vittime, assassine. 
È da un po’ che non si sentono gli Stella della “donna del Sud”, rischiamo l’anemia.

Il governo olandese si è opposto al prestito anticoronavirus europeo col giusto argomento: “Non vogliamo pagare i debiti degli altri”. Ma lo dice mentre attira molte aziende, anche italiane, a domiciliarsi  in Olanda, con l’esenzione fiscale. Altrove sarebbe mafia (banditismo), ma in Olanda non c’è.

A me soldi, signorino?
 “Die Welt” ha fatto scandalo perché ha intimato alla cancelliera  Merkel cautela nella disposizione degli aiuti europei contro la crisi, per evitare che in Italia i fondi vadano alle mafie. Ma perché lo scandalo? Il quotidiano liberale (di destra) tedesco ha scritto quello che “la Repubblica” già aveva scritto. E dopo lo scandalo il “Corriere della sera” e “Il Sole 24 Ore” con maggiore evidenza, grafica e di toni, scriveranno. A opera di gente del Sud: Saviano su “la Repubblica”, i giudici Greco e Melillo sul “Corriere della sera”, un’ampia pagina, il giudice Gratteri su “la Repubblica” e su “Il Sole 24 Ore”. I napoletani Saviano e Greco, il foggiano Melillo, il calabrese Gratteri.
Si direbbe che non c’è malaffare nel resto d’Italia, anche se qualche reato si manifesta, anche nelle ricostruzioni. Ma il Sud è generoso, autodenunciandosi fa un’opera buona all’Italia, che sempre ne ha bisogno.
E poi, i soldi puzzano, non lo dice il papa Francesco? Lo diceva già una vecchia raccoglitrice di olive, che alla paga settimanale veniva fatta passare per prima, non per l’età, per stemperare nell’ilarità la fatica della settimana. Finiti infatti i conteggi, che lei interpretava come convenevoli, al momento del pagamento immancabilmente si scandalizzava - come da attese: “A me soldi, signorino?”. Ora, la Merkel non è un signorino, ma perché scandalizzarsi?

Lombardi di governo e di opposizione
Si litiga sul “Corriere della sera” sulle misure da prendere in sede europea contro la pandemia. Monti contro Salvini, Berlusconi, Tremonti. Tipico lombardo. Ma Monti, Tremonti, Berlusconi, Salvini e lo stesso “Corriere della sera” sono tutti lombardi. Lombardia di governo e di opposizione, non si sfugge.
Si litiga con asprezza. Cioè, il Corriere della sera” e Monti attaccano con asprezza Berlusconi e Tremonti.Con ingratitudine. L’attacco a Salvini si può capire, è una presa di posizione politica, ma a Berlusconi e Tremonti, che sono fuori scena? Ai quali Monti deve i dieci anni di Commissario Ue a Bruxelles, sui quali ha costruito la sua fama di statista. E anche il voto quasi unanime al suo governo.
Curiosamente, ma non a Milano, Monti trascura nell’attacco il fatto che anche lui seguì con zelo e favore la costituzione del Mes, il fondo europeo salva-Stati – l’attacco del “Corriere della sera” è a Berlusconi e Tremonti in quanto artefici del Mes, tra il 2010 e il 2011. Lo seguì personalmente, da presidente del consiglio e ministro del Tesoro. Curiosamente, perché la memoria del senatore è troppo corta – si tratta di nemmeno dieci anni fa. Ma a Milano
nessuno ricorda, è il dono dell’età felice dell’infanzia, la rimozione.
Non è questione di galateo – capita che ci siano dei maleducati (e poi il professore senatore Monti non è l’esempio vivente dell’etichetta dei “buoni-e-belli” della nazione?). È proprio un modo di essere. Non c’è scandalo, e anzi si reputa veramente degno e giusto, equo e salutare, come a messa.
Il Mes, meccanismo europeo di stabilità, è in realtà opera di Monti. È stato varato a ottobre del 2012, quando Monti era a capo del governo e del Tesoro da undici mesi. L’idea era nata nel corso del 2011 per migliorare il Fondo europeo salva-Stati, messo su in fretta nell’estate del 2010 per fronteggiare la crisi del debito pubblico.
  
Il Sud si vuole untore
Solo il 9 per cento dei nuovi casi di coronavirus si sviluppa al Sud: la non mobilità e il distanziamento hanno funzionato. I contagi totali sono contenuti: al Sud, 21 milioni di persone, compresi quelli che vi si sono precipitati all’inizio dell’epidemia, sono appena l’8,8 per cento del totale nazionale. Contenuti anche i decessi: il 7,6 per cento del totale nazionale. Con tasso di letalità, il numero dei decessi fra i contagiati, dell’11,3 per cento, contro il 13,1 nazionale – il 18,4 in Lombardia.
Il sistema sanitario sta reggendo al Sud. La Lombardia, 10 milioni di persone, ha avuto il 52 per cento di tutti i decessi. Ci sono finora meno morti in tutto il Sud che a Milano. Meno morti in tutto il Sud che nelle case di riposo lombarde. La metà dei decessi in Calabria, due milioni di abitanti, più i non residenti discesi per l’occasione, rispetto a due case di riposo milanesi, “Trivulzio” e “Don Gnocchi”.
Il Sud ha tenuto nella pandemia. Si pensava una catastrofe e invece contagi e decessi sono in numero minimo. Uno scampolo di fiducia? Una ripartenza? Neanche a dirlo. Non c’è stato di grazia possibile per il Sud: inflessibili giudici lo hanno riportato al suo posto, contrabbandiere della pandemia, se non untore. Imponendo nei quotidiani altolocati, “Corriere della sera”, “la Repubblica”, “Il Sole 24 Ore”, e nei tg le mafie.
Stava scappando scritto “le loro mafie”... Le mafie non sono dei giudici, è ovvio. Sono organizzazioni criminali. Che però si assumerebbe siano vigilate e contrastate sempre, in base alle leggi, non solo dopo le disgrazie, in vista delle ricostruzioni.
Questo intervento massiccio dei giudici vuole dire che le mafie sono specialmente pericolose nelle  pandemie? No. Né, certamente, vuole dire che i giudici antimafia vogliono essere protagonisti – non della pandemia, non ha senso. E tuttavia così avviene.

Napoli
Nella pandemia ha una sorta di dieci in condotta. La Campania, 6 milioni di persone, un decimo della popolazione nazionale, registra il 2,3 per cento dei contagi. Con l’1,2 per cento dei decessi. È stata ligia alle regole anticontagio. E ha un buon sistema sanitario – ha anche un basso tasso di letalità, lo 0,7 per cento. Ma non fa testo. E anzi si fa macchietta di De Luca, il presidente della regione che ha ben governato la pandemia. Napoli non può essere altro che macchietta. 

Non ha mai ammesso l’Inquisizione - e quando don Pedro de Toledo, il viceré immortalato dalla via che fece aprire, provò a imporla, il nobile Annibale Bozzuto, futuro cardinale, chiamò alla rivolta popolare, nelle tre giornate del luglio 1547.
Non ha mai avuto neanche il ghetto, come invece Venezia, Roma, Firenze,Torino.
Almeno in questo, i Borboni furono meglio. E sapevano ricostruire dopo i terremoti.

Solo a Napoli Ariosto trovò una pensione soddisfacente, dal marchese di Vasto Alfonso d’Avalos. Dopo una vita impecuniosa alle dipendenze del cardinale Ippolito d’Este, e di suo fratello Alfonso duca d’Este.

È la patria di Croce, Filangieri, Genovesi, Vico, l’abate Galiani. Di Campanella, perché no, di De Santis, dei tanti musicisti, da Cimarosa a De Simone. Ora vive giusto di Maradona, nella memoria di.

È – astraendo dalla violenza in agguato, con cui si vuole connotare – New York e Singapore, San Paolo e Calcutta, San Francisco e Chicago, Amburgo e Lagos (senza il traffico). Industriosa e indolente. Operosa e imprevidente. Fabbrica tutto, nuovo e nuovissimo, all’istante, e non accumula. Prodiga e avara. Canta e piange. Amabile e violenta. Era la porta dell’Europa per l’Oriente, non è più nulla. Il lusso ostensivo accompagnava agli stracci, ora il lusso non c’è più.

Era la capitale del Sud. Dell’ospitalità. Del buonumore. Della disinvoltura. Dell’eleganza – dell’aplomb. Non è più niente.

In realtà è molto di più di quanto era prima, di quanto è sempre stata – a parte, certo, la corte, la committenza artistica, e il genio musicale non disperso nel “melodico”. Ma non fa testo: è come se Napoli non esistesse, a parte gli scippi, e le sparatorie.

Secondo le statistiche, non c’è a Napoli più delinquenza  minorile che in altre metropoli – o in rapporto alla popolazione. Ma Napoli se ne fa un primato, anche questo naturalmente negativo, con le “paranze” dei bambini.

Biagio De Giovanni, il più illustre scrittore d Napoli oggi, simpatico, non ha altro tema che Maradona e il Napoli. Anche Sorrentino nelle serie del papa, ha il cardinale super in tutto, l’acume e la compassione, che convive con Maradona. Per celia? Ma non c’è altro.

“Il legame sentimentale con il passato prepara e aiuta l’intelligenza storica”,scriveva Benedetto Croce presentando le sue “Storie e leggende napoletane”, “condizione di ogni vero avanzamento civile, e soprattutto assai ingentilisce gli animi”. Si direbbe che Napoli ha perduto l’intelligenza storica – l’ha ridotta all’economia stenta, brutta, del vicolo, e al neo-melodico, con Maradona, certo.

Croce aveva voluto come abitazione palazzo Filomarino a Spaccanapoli, quanto di più lontano dai suoi interessi e la sua psicologia, perché ci aveva vissuto Giambattista Vico. Quanto di più assente oggi a Napoli – Vico, vico?

Straordinarie storie napoletane sono in Croce, per numero e qualità, quelle di donne. Tutte di temperamento, e di qualità. Non di strada: nobili e educate. La “donna del Sud”?

Lo scrittore Jean-Noël Schifano, cittadino onorario, che di Napoli e su Napoli ha almeno quattro o cinque raccolte di racconti, ne difende a spada tratta l’onorabilità, contro i Savoia, Cavour e Garibaldi – si cui gli piace ricordare il nome originario, Garibaldo, che tanto fa “ribaldo”. E ne presagisce la riscossa: “Fra 50 anni Salerno e Caserta saranno unite da un solo territorio urbano, sarà cosa favolosa. Volevano ridurre Napoli a una città bonsai, invece ne hanno fatto una pantagruelica”.

È il sogno che Dostoevskij fa fare al principe Myskin ne “L’idiota”. Della bellezza, di “una nuova vita, mille volte più intensa e più rumorosa che da noi”: “Continuo a sognare una città grande come Napoli, in cui ci fossero palazzi, rumore, frastuono, vita”.

Pregiudizialmente anti-unitario, Schifano ha però un atout nel detto “’lent e’ Cavour”: “le lenti d Cavour” sono a Napoli le manette.

leuzzi@antiit.eu

Lo scandalo del celibato dei preti - o della corte gesuitica

L’editore si premunisce spiegando che non c’è polemica, tanto meno contro il papa. Il libro presentando come di “alto valore teologico, biblico, spirituale ed umano, garantito dallo spessore degli autori e dalla loro volontà di mettere a disposizione di tutti il frutto delle loro rispettive riflessioni, manifestando il loro amore per la Chiesa, per Sua Santità Papa Francesco e per tutta l’umanità”.
Non c’è dubbio, dal profondo del loro cuore, il papa dimissionario Benedetto XVI e il cardinale guineano Sarah, prefetto della Congregazione per il culto, ribadiscono il celibato dei preti. E nient’altro. Senza polemica: non una presa di posizione politica, ma una riflessione, morale, biblica, e anche teologica.
Si è fatto attorno a questo libro uno scandalo per nulla. Curioso anche, pensando che né l’ex papa né il cardinale hanno una audience da nutrire di scandali, né sui social né in tv. Forse lo scandalo serviva per giubilare mons. Georg Gänswein, l’arcivescovo prefetto della Casa Pontificia, il bastone dei 93 anni di papa Ratzinger, nel monastero Mater Ecclesiae dove lo assiste. E quindi la morale qual è?
Troppi avvoltoi in effetti in questo Vaticano, attorno al papa Francesco. Sanare il trauma di un papa dimissionario è compito arduo, ma gli scandali che lo hanno indebolito e allontanato non sono cessati con papa Francesco, per quanto di buona volontà, e anzi si moltiplicano. Sembra tornata l’epoca del gesuitismo.
Robert Sarah, Dal profondo del nostro cuore, Cantagalli, pp. 136 € 18

lunedì 13 aprile 2020

Il mondo com'è (400)

astolfo

Clelia Grillo Borromeo Arese – Si dice in matematica una clelia, spiega l’Enciclopedia della Matematica Treccani, “una curva su una superficie sferica” – una forma che ricorda quella di un fiore a più petali uguali. Così chiamata “da frate Guido Grandi (nome assunto dal matematico F.L Grandi dopo la sua ordinazione… in onore della contessa Clelia Borromeo del Grillo”. Che però fu essa stessa interessata alla geometria, e fondatrice a Milano di una privata (in casa sua) accademia delle Scienze – di fisica, matematica e scienze naturali - con esclusione per statuto di discussioni su argomenti di retorica, benché anch’essa fosse parte dell’Arcadia, col nome di Aspasia Tentidia. Genovese di origine, della ricca e nobile famiglia Grillo, sposata a Milano con una Borromeo, al quale dette otto figli, ma invisa al suocero, e all’amministrazione austriaca della città, in quando filospagnola, come da famiglia, visse a lungo, dal 1684 al 1777. È ricordata da Montesquieu, che ospitò nella sua accademia. E da Pietro Verri, che a lungo ne discute il ruolo nella città. L’accademia casalinga di Scienze animò attorno al naturalista padovano e medico Antonio Vallisneri.

Eugenetica 2 – Elaborata in Inghilterra, si può dire una “scienza” americana. Ora trascurata, ma sempre attiva, nei confronti dei nuovi immigrati. Fu forte, perfino dominante nel dibattito, nei primi tre decenni del Novecento, negli anni 1910-1920, a danno degli immigrati latini, sopratutto italiani.
Il termine, di conio di sir Francis Galton, esploratore, antropologo, climatologo e psicologo britannico, si pone nell’alveo del razzismo biologico. Inteso non come sopraffazione di un popolo o una razza su un’altra, ma della purezza della specie. In riferimento all’uso di Sparta, e poi di Roma, di selezionare i nati in base a certi crismi di robustezza, ed esporre o eliminare i più deboli.
Il termine eugenetica Galton coniò nelle “Inquiries into Human Faculty and its Development”, 1883, per dire “della coltivazione della razza o, come si potrebbe anche chiamare, delle questioni eugenetiche”.  Spiegandola in nota come “scienza del miglioramento della discendenza umana”. Ma oscillando. Fra un anodino “domande e ricerche che riguardano ciò che in greco si definisce «eugenes», cioè buona discendenza, caratteri ereditari dotati di più nobile qualità”. E un più decisamente razzista, nella stessa nota, “prendere coscienza di tutte le influenza che tendono poi a distanziarsi in certo grado per poter concedere alle razze, o ai ceppi sanguigni più adatti, una maggiore possibilità di prevalere rapidamente sul meno idoneo, rispetto a quello che altrimenti avrebbe ottenuto”. In un’ottica cioè di selezione naturale applicata alla società.
In un ambito culturale positivistico, le idee di Galton si fecero strada negli ambienti liberali socialisti, e alla London School of Economics and Political Science. Ma non ebbero seguito pratico in Inghilterra. Non negli anni di Galton, fino alla guerra mondiale. Furono invece riprese con notevoli effetti negli Stati Uniti. Propagandate da John Fairfield Osborn, paleontologo, a lungo direttore nei primi decenni del Novecento, dell’American Museum of Natural History. Nel quadro degli studi di zoologia.
Sterilizzazione
Ne furono campioni l’avvocato Madison Grant, molto ricco, e molto ambientalista, e il futuro presidente Progressista e Nobel per la Pace Theodor Roosevelt, i quali fondarono nel 1895 la New York Zoological Society al fine di bloccare l’emigrazione dall’Est e Sud Europa e sterilizzare gli immigrati da quelle zone: italiani, iberici, balcanici. Il blocco divenne legge, e la sterilizzazione fu libera fino a tutti gli anni Venti, fino a che la Depressione non la rese onerosa.
Il filone zoologico si giovò anche dell’attivismo dei salutisti, fautori della sterilizzazione degli incapienti. Di Charles Davenport in particolare, il teorico degli “amori intelligenti”, tra partner astemi, danarosi e nordici. Al quale Margaret Sanger subentrò, che gli amori intelligenti praticò di persona, consigliata da Havelock Ellis, il sessuologo. E del sostegno del giurista liberal Oliver Wendell Holmes.
La sterilizzazione coatta dei poveri si praticò su larga scala, diecimila casi nella sola California. Oliver Wendell Holmes jr., pilastro del liberalismo americano, e per trent’anni della Corte Suprema, fino ai suoi novant’anni, la autorizzò nel 1927, quando ne aveva 86, per i “mentalmente disabili” – di Grant, Davenport, Sanger, Wendell Holmes molto si può leggere su questo sito.
Suicidio di razza
Edward Ross, sociologo a Stanford, attorno al 1900 introdusse (l paternità gli fu disputata da  Francis Amasa Walker, altro sociologo) il concetto di “suicidio di razza”. Come effetto del differente tasso di fertilità della donna americana protestante e dell’immigrata cattolica. E cioè, spiegava, tra i“fit” (adatti), “migliori”, bianchi, affluenti, educati, protestanti,  e gli “unfit” (disadatti), “indesiderabili”, poveri, ineducati, e fisicamente “difettivi”, delle minoranze religiose, etniche, razziali.
Un  paio di anni dopo, nel 1902, Theodor Roosevelt, ormai presidente, disse il “suicidio di razza” “questione fondamentalmente infinitamente più importante di ogni altra questione in questo paese”.  L’immigrazione italiana diceva anche “la più fertile e meno desiderabile popolazione d’Europa”. Ma non bloccò l’immigrazione – l’America aveva bisogno di braccia per la ferrovia e l’edilizia. Il “suicidio di razza” imputò alle donne americane “egoiste”, che non volevano figli, argomentando per una politica demografica.
Contro l’immigrazione
Dal 1891 Henry Cabot Lodge, deputato e poi senatore, si fece campione dei limiti all’immigrazione, una specie di Trump di oggi. Inizialmente propose l’ammissione mediante l’alfabetizzazione: i migranti dovevano essere capaci di leggere. Ma l’ammissione così qualificata fu presto risentita come una forma di concorrenza, rispetto ai lavoratori americani.
Varie altre proposte di legge per discriminare l’immigrazione, votate al Congresso a larga maggioranza, furono bloccate dai veti presidenziali, di Cleveland, Taft e poi più volte Wilson. Prevarranno negli anni 1920, quando l ’eugenetica diventa dominante.
Gli immigrati italiani, che nel 1850 erano in tutto 431 (ma già nel 1857 si costruivano un mausoleo, sormontato da una statua canoviana, a New Orleans), nel 1887 si erano centuplicati, a 47.522, e negli anni 1900, nel primo decennio, saranno due milioni e più, e ancora nel 1921 erano esattamente 222.256 in un solo anno, nel 1925 saranno un centesimo, 2.662. Erano intervenute due leggi sull’immigrazione con quote selettive per le varie nazionalità, privilegiando gli immigrati dal Nord Europa.
Una prima legge che selezionava l’immigrazione aveva superato nel 1917 il veto del presidente Wilson con una maggioranza di de terzi nel Congresso. Introduceva la prova di alfabetizzazione e si risolse in un danno per gli anti-immigrazione: l’immigrato alfabetizzato diventava più temibile. Altre due leggi - senza più Wilson - introdussero quote selettive, nel 1921 e nel 1925.
Sterilizzazione bis
In Inghilterra l’eugenetica avrà un rilancio dopo la prima guerra mondiale. Non contro l’immigrazione, ma nella forma delle genetica utopista di Davenport e Sanger. che la povertà imputava ai geni poveri dei poveri. A Londra l’eugenetica di Davenport fu rilanciata da Keynes, Bertrand Russell, Wells e Maria Stipes, la quale nel ‘21 fondò una Società per il Controllo Costruttivo delle Nascite e il Progresso Razziale. Con l’obiettivo di sterilizzare i maschi di colore.
Era la parte nobile del “razzismo scientifico”: estirpare il male. Che la Germania non omise di copiare, adibendovi tipicamente una professione, l’“igienista razziale”. Nel ‘31 gli igienisti razziali Hans Harmsen e Fritz Lenz individuarono la radice della criminalità nelle malattie ereditarie, e proposero un piano per isolare le “stirpi malate”, per lo “sradicamento dei geni”. Eric Voegelin chiarì nel ‘33 in “Razza e stato” che il razzismo è utensile dell’imperialismo. Ma Harmsen insistette, e nello stesso anno elaborò con Gunther Ipsen, altro scienziato, un piano per la purezza del popolo tedesco attraverso la separazione razziale e una politica selettiva delle nascite.
Nel 1934 Hitler se ne appropriò, creando la scienza genealogica del popolo tedesco. Fino alla Aktion 4, l’eliminazione dei disabili – che poi fu bloccata da una manifestazione pubblica delle madri.
Harmsen contribuì con la sterilizzazione dei disabili nella Innere Mission, il fronte interno, una catena di cliniche protestanti di cui era l’ufficiale sanitario. Sarà medico ancora dopo la guerra, fondatore della Pro Familia, nuova denominazione delle vecchie leghe eugenetiche, di cui è stato il presidente.

astolfo@antiit.eu