Cerca nel blog

sabato 22 novembre 2008

Ma è già protezionismo

Grandi professioni di liberismo la scorsa settimana a Washington, mentre si perfezionavano o si lanciavano dure forme di protezionismo. L’elogio del mercato di Bush è una sorta di epicedio su se stesso che i convenuti gli hanno lasciato per compassione verso tanta sfortuna. La Merkel, che ha salvato le sue grandi banche, aveva in mente il salvataggio della Opel. Mediante garanzie sui debiti, che sicuramente passeranno a ogni vaglio di Bruxelles – Opel non è Alitalia, la Germania non è l’Italia. Barack Obama deve salvare in qualche modo Detroit. Questo è già più difficile che salvare la Opel, o la General Motors europea. Perché i giapponesi si sono fatti furbi dopo il protezionismo degli anni 1970, e ora sono grandi produttori di automobili americani. Ma non c’è dubbio che Detroit otterrà in qualche modo il centinaio di miliardi di dollari di cui ha bisogno per non saltare. In Gran Bretagna il socialista scozzese Brown ha salvato con i soldi pubblici le maggiori banche e aiuterà anch’egli l’industria dell’auto.
In Giappone, Corea, Francia e Italia i guai della General Motors-Opel trascineranno interventi di eguale peso a difesa dei fabbricanti nazionali, la gamma Opel è la stessa di Fiat, Renault-Nissan, Peugeot, dei coreani, e in larga parte di Toyota.

Problemi di base - 7

È un’impressione, o le modelle si sono d’improvviso abbronzate nelle riviste di pubblicità?

Che cos’è una barzelletta?

Odette è stata puttana, o è tutta invidia degli amici di Swann?

Quanto nuovo apparirà, a un extraterrestre, un abitante della Terra?

È il carcere che porta al pentimento dei mafiosi, o sono i pentiti che portano alla cattura dei mafiosi – di alcuni di essi (come già dei terroristi, dei corrieri di droga)?

Perché, quando gli uomini hanno ucciso Dio, Dio non li ha puniti?

Perché si mangia male?

Quanto pesa il tempo, che spessore ha? A parte l’ansia del prima e dopo, e della fine.

Ombre - 9

La studiosa di comunicazione Irene Tinagli lascia il Pd perché stufa di votare la mozione del Capo. Dopo lunghe discussioni, a ogni riunione dei direttivo, del tutto inutili. Ma cosa avrà studiato Tinagli? Non sapeva del centralismo democratico, così centrale nella vita politica italiana? O il Pci è sempre off-limits per gli studiosi.

Marinella Brambilla è assolta dopo quattordici anni in Cassazione perché “il fatto non sussiste”, e l’unico dei grandi giornali che lo dice è “il Messaggero” – poche righe, imprecise, su “Repubblica” e il “Corriere”. La signora era accusata, e per questo a Milano più volte condannata, di falsa testimonianza e di corruzione della Guardia di finanza, in associazione con un capitano della stessa Gdf, Massimo Maria Berruti, che nelle more del processo si è fatto avvocato, e poi deputato di Berlusconi. La signora infatti è anche il capo della segreteria di Berlusconi. È una persona che fa notizia, insomma.
Quando si farà la storia del giornalismo all’epoca di Berlusconi, quanta miseria! E quando si farà la storia della Procura di Milano: quanta corruzione verrà fuori, in atti giudiziari.
Più singolari del verdetto di assoluzione le condanne milanesi: sempre a pene miti, malgrado la gravità dei reati.

Scendono i tedeschi a Trieste e Berlusconi va a riceverli con corteggio di Audi e Bmw. I tedeschi, il cancelliere Angela Merkel in testa, gli vanno incontro “tutti con italianissime Lancia Delta e Thesis”, informa Stefano Filippi sul Giornale di Berlusconi. Continua la guerra dell’arricchito Berlusconi contro i nasarricciati Agnelli-Elkann. Ma non si sa se riderne: la faccia a tutti denti di Berlusconi è per invitarci a spendere in Germania? A parte l’abisso di buon gusto tra il made in Italy meneghino e il made in Germany.
Però, fa impressione: l’arricchito ha sempre tanta voglia e denti aguzzi, mentre i borghesi buoni-e-belli se ne stanno umbratili.

Il Corriere dedica una pagina alla “introduzione” della tavolata unica per i clienti soli dei Grandi Ristoratori. Che c’è sempre stata, a Roma da “Fortunato” o da “Cesaretto”, a Firenze dal “Latini”, eccetera, chiunque ha vissuto o viaggiato solo lo sa. Forse si vuole fare pubblicità gratuita ai Grandi Ristoratori. Ma potrebbe essere la perdita della memoria in giovane età, un nuovo filone della sanità.

Boom di vendite dell’Espresso che avrebbe pubblicato gli indirizzi di Brunetta. Pietro Ichino sul Corriere si affretta a difendere la pubblicazione: “Chi ha incarichi politici deve sacrificare la privacy”. Non c’è un rischio terrorismo, dice il giuslavorista, neo senatore democratico, che molto criticò il governo Berlusconi per non avere protetto Biagi, e da allora, sono sei anni, vive sotto scorta. Ci ha ripensato? Vuole ora il posto di Brunetta, che Berlusconi gli aveva offerto nel suo nuovo governo? No, parla la lingua che gli ha insegnato Togliatti, Cominform puro.
L’ipocrisia di Ichino si spinge a fare un’eccezione per Rushdie e Saviano: loro, sì, hanno diritto a tenere segreti i loro movimenti.
Bisogna interrogarsi sulle motivazioni di Ichino perché gli indirizzi di Brunetta sul settimanale non ci sono.

Le Monde, Libération e i maggiori commentatori di sinistra, in Francia è un coro pro Sarkozy. Per come ha riportato la Francia alla leadership in Europa, così crede la sinistra in Francia. Come si è mosso nella crisi in Georgia, come sta lavorando nella crisi finanziaria. “I perdenti della crisi capitalista saranno paradossalmente i socialisti”, si dice, sempre da sinistra. L’efficacia, detta in Italia governabilità, è ricetta politica sempre miracolosa.

Murdoch all’opposizione. Il Tg Sky fa una cronaca da stadio della sentenza genovese sul G8. Come su ogni altro evento politico. Confinando il governo alla striscia di scorrimento. Verrebbe da complimentarsi per la libertà di cui gode il telegiornale di Murdoch. Che in America e in Inghilterra schiera invece Fox News, il Times e gli altri suoi mezzi per la destra. Se non si sapesse che Murdoch ce l’ha ancora con Berusconi. Che, “dopo consultazione con i figli”, anni fa celebratamene rifiutò di cedergli Mediaset.

Un’intervista di Berlusconi a Repubblica, richiesta e concessa, è la notizia di mercoledì 12. L’arrivo di De Benedetti alla gestione del gruppo editoriale si fa sentire: Berlusconi è tutti noi.
Ma il peggio è il corsivo che accompagna la pagina, un You tube in cui svagatamene si fa vedere un Barack Obama svagato nel 2006 mentre Berlusconi parla al Congresso Usa. Un video che invece ha richiesto molto tempo, e un’applicazione da servizio segreto, ancorché privato. Che non interessa a nessuno, tutti sbadigliano in Parlamento. Eccetto che ai lettori di Repubblica, che per questo lo pubblica. E questo è il peggio.

Non poteva mancare sui grandi giornali il “rapporto” dell’Economist sulla Spagna, positivo malgrado la crisi, e tanto più per il raffronto con l’Italia, “nella morsa di un declino senza rimorsi”. Gli spagnoli sono anche più alti, avendo un cestista di m. 2,13.
Ora, non è vero che gli spagnoli sono più alti degli italiani. Se dieci banche italiane, due o tre ministeri e sei o sette industrie ne comprassero venti pagine, l’Economist non avrebbe problemi a riconoscerlo: i “rapporti” dell’Economist si fanno in base al numero delle pagine pubblicitarie che vengono prenotate.
Tanto, Italia o Spagna, sempre paesi latini sono per Londra, buoni per scherzarci su. Non a torto, visto il credito che danno all’Economist.

Galliani in un certo senso è onesto, che difende l’ex arbitro e designatore degli arbitri Collina contro il suo allenatore Ancelotti. Collina non era un commensale settimanale del Milan, e un pensionato della Opel, sponsor del Milan? Ancelotti forse si ricorda di quando Collina gli fece perdere un campionato già vinto, con merito, all’ultima partita, il suo promo da allenatore - ma allora allenava la Juventus, Collina era leale al suo Milan..
La meraviglia del calcio è che i potenti sono sempre impuni.

Andrea Camilleri, dopo aver più volte augurato la morte al suo editore Berlusconi, che l’ha riempito di soldi, va spiegando agli scolari romani che il ministro Mariastella Gelmini “non è un essere umano”. Avrà un contratto anche col ministero? I fascismi, si sa, sempre jugulano i maestri.

Il Comune di Torino sorteggia cento mutui casa privilegiati fra 1.400 giovani coppie. Eva Cantarella plaude commossa al ritorno della democrazia ateniese. Lo spettacolo politico non ha bisogno della lucetta rossa, l’applauso scatta condizionato.

Roma aveva un assenteismo del 40 per cento. Centinaia di licenze di taxi a cooperative di comodo. Un migliaio di cellulari all’Ama, l’azienda della nettezza urbana, con uso illimitato, anche per le intercontinentali. Un’azienda dei trasporti, l’Atac, che abolisce le linee e riduce (“razionalizza”) le tratte. Una Polizia provinciale che gira in Bmw e grossi Suv. Ma né la Corte dei conti né la Procura della Repubblica hanno mai detto o fatto nulla.
Solo contro Alemanno la Corte dei conti è ora severa: ci ha messo tropo tempo a rifare le strisce bianche e blu. Il comportamento del sindaco è “gravemente colposo” per il vice procuratore generale della Corte: invece che in cinque mesi le strisce doveva rifarle… in quanti mesi?.

Un provvedimento, la detassazione degli straordinari, entrato in funzione a luglio, ha determinato in tre mesi un calo di un terzo delle nuove assunzioni. Lo ha accertato prontamente, già a ottobre, la Banca d’Italia. Nei tre mesi d’estate in cui, in Italia, si lavora la metà delle giornate lavorative. Lotta dura\senza paura\¡hasta siempre! In Banca d’Italia?

Quanto peserà l’orrido humour di Berlusconi sui rapporti tra Italia e Usa? Niente. Per l’ovvio fatto che l’Italia pesa zero nella politica internazionale. È giusto un nome nella lista degli amici e alleati – come si vuole, mai in antitesi con nessuno.

Rimproverare a Berlusconi l’antiamericanismo? In effetti è ridicolo l’americanismo di chi bruciava le bandiere Usa e ne parodiava i funerali. Il virus della terza Internazionale è indelebile? Senza essere mortale, purtroppo.

Con le barzellette Berlusconi imita lo small talk che l’uso americano antepone alla trattazione degli argomenti seri: l’oratore debutta con una battuta che alleggerisca la trattazione. E allontani la noia. È un uso simpatico che diventa tragico nel pidgin english, nell’adattamento dello stilema a tutti i parlatori che fanno proprio l’inglese, gli arabi sopratutto e gli asiatici in genere, alcuni latinoamericani, i tedeschi (con gli olandesi e gli svizzeri), e da qualche tempo i francesi. E nel suo trasferimento, per abitudine o vezzo, anche alla propria lingua.
Avendone fatta esperienza decennale per motivi professionali, non se ne saprebbe dire l’orrore. Lo humour va con la lingua, non si traduce.

venerdì 21 novembre 2008

Berlusconi eretto a statista

Che la politica estera, dove si finisce sempre per sbattere nella guerra, debba andare disgiunta dalla politica interna, dagli interessi di questo o quel gruppo, è vecchia saggezza da (vecchia) scuola elementare. Non è dunque da annoverare tra gli exploits del vantone Berlusconi la sua politica estera: tenere ora aperta la questione della Russia, chiudere quella dell’Afghanistan, stabilizzare il credito, come già disimpegnarsi con onore in Irak. D’accordo con Sarkozy, rispetto al quale si assume il ruolo dello smargiasso e anzi del vilain, lasciandogli poi la gloria dello statista assennato, per la grandeur di Le Monde e Libération.
Meglio: non sarebbe da annoverare. Perché Berlusconi su questo campo rischia di conquistarsi i galloni di statista, uno dei tre o quattro statisti italiani da un secolo in qua, dietro De Gasperi e Giolitti. A fronte delle scelte vacuamente belliciste dell’attuale Partito democratico, con la pretesa che siano anzi pacifiste. L’oltranzismo vacuo contro gli oligarchi russi, e ora la guerra per i diritti umani degli afghani, che invece apprezzano di più il papavero - porta più dollari che non tutto l’impegno Nato e Onu congiunto. Per cui non si sa vogliamo liberarci noi, dell’antiamericanismo, oppure liberare gli afghani: le guerre umanitarie sono insidiose.

Il regime è la Rai - senza e con Zavoli

Fa pena Marco Pannella che minaccia il digiuno per la Commissione Rai. Per un organo cioè di sottogoverno, che “governa” l’azienda che ha inventato e perfezionato la lottizzazione, e cinicamente la esercita, proprio e solo in materia di lottizzazione. Se c’è un regime, quello è la Commissione Rai: che quaranta parlamentari debbano occuparsi di controllare l’emittente pubblica. In aggiunta all’Autorità di garanzia per la Comunicazione. Per controllarne i contenuti, la ripartizione dei ruoli e dei posti (l’infausto pluralismo di Norberto Bobbio), e soprattutto l’informazione. Martellante, ogni pochi minuti, da ogni cantone, roba da Unione Sovietica. Nella versione “Fattoria degli animali”, che si pensava satirica ma è evidentemente reale per il Parlamento italiano. Con un grano di sollazzo: se Villari non rinuncia, il senatore è un leguleio espeto, il presidente designato è uno che invece lo fa. Sergio Zavoli Woller ha accettato la candidatura per spirito aziendale, ma non ha gradito non essere stato la prima scelta, e poi è un senatore di 85 anni.
Per un cronista è sempre stato facile accantonare i diversi provvedimenti di privatizzazione che si sono succeduti negli anni: non c’è diga meglio protetta della lottizzazione. Tra i partiti, nel Parlamento democratico, e nella magistratura – che non foss’altro che per questo si conferma uno dei più solidi bastioni del potere antidemocratico: mai un’intercettazione nei corridoi della Rai, che fermentano di corruzione. Anche per reggere il duopolio con Mediaset, che è poi facile monopolio berlusconiano della tv privata, fare da specchio alla Rai.

Si sgretola il Cominform uolteriano

Farsi intrappolare da Di Pietro. Da Epifani. Da Villari. Non da uno degli storici, no, da un senatore, o è deputato, napoletano che è la quintessenza del democristianesimo. Non volendo. Per volere, cioè, tutto, ma non sapendo che. Per voler essere tutto, senza essere niente. A parte naturalmente che essere antisocialista e contro ogni altra sinistra. È il dramma del Pd. Che non è unito. Ma è anche mal condotto. Ed è già vittima del linguaggio doppio. La solita storia da vent’anni in qua della sinistra. Che i residui sbandati dello stalinismo togliattiano hanno occupato e tengono in cattività.
Dirlo del sorridente Veltroni sembra un nonsenso. L’uomo vuol’essere diverso dal durissimo gestore della Rai e dell’informazione, quale è, e del Comune di Roma fino a maggio. E forse ha una doppia personalità. Ma la prima e preminente è quella di epigono della Terza Internazionale, che il Cominform ha perpetuato nel dopoguerra, ipocrisia e durezza. Non si spiegano altrimenti gli errori in serie che accumula da quando s’è impadronito del partito Democratico. Col tipico colpo di mano terzinternazionalista, l’uso a testuggine del proprio nucleo duro come in Spagna e nell’Est Europa, per battere ogni altra concorrenza a sinistra – la prova fu l’“affluenza di massa” alle primarie, inferiore allo stesse truppe cammellate. Manca solo il socialfascismo, per il resto quella violenza c’è tutta.
Ma Villari non si dimette, il senatore, e non per testardaggine: gli (ex) Dc cominciano a tendere le trappole. E molti compagni di strada drizzano le orecchie. Sir Uòlter continua a farsi osannare dalla sua propria propaganda nei grandi giornali, ma ovunque si vedono volti perplessi, perfino nella fedelissima Rai. Già il centauro Follini, mezzo Dc e mezzo giornalista Rai, fa le pulci al suo nuovo Capo, è tutto dire.

Il governo socialista di Berlusconi

La professione di fede socialista di Brunetta sarà il “non detto” più clamoroso di questa stagione politica. Di un classe politica, e del ministro della Pubblica amministrazione in particolare, di cui sono ammanniti anche gli starnuti, questa dichiarazione in tutta evidenza sorprendente è caduta nel nulla. I tg, che non hanno potuto fare a meno di registrarla, l’hanno illuminata di lividi grigi. E non c’è solo l’informazione cominfomista: nessun commentatore vi si è soffermato. Su un fatto che è forse paradossale, e che comunque costituisce il perno del “ciclo berlusconiano”: che la destra prende molti voti della sinistra, un buon dieci per cento, ormai stabilmente.
L’evidenza è che ci sono in questo governo di destra più socialisti che in qualsiasi altro governo repubblicano e italiano. Con Brunetta, Frattini, Tremonti, Sacconi, Bonaiuti, Stefania Craxi, Eugenia Roccella. E Chiara Moroni, Margherita Boniver, De Michelis, i tanti giuslavoristi che hanno dato un qualche assetto al mercato del lavoro, da Marco Biagi a Michele Tiraboschi. Al suo primo governo Berlusconi diede un’impronta liberale, trovandosene a mal partito, tra l’ideologia dei buoni ragazzi Martino, Marzano, Urbani, Biondi, Costa, e i lazzi dell’Avvocato, ma ebbe il coraggio di nominare Emma Bonino e il professor Monti alla Commissione europea. Il secondo inefficientissimo governo Berlsuconi del 2001 fu dominato dal democristianesimo: dei Letta, Fini, Fazio, Casini, Follini, Scajola. Il terzo Berlusconi è marcatamente riformista, e quindi ha come riferimento i socialisti, con la Gelmini di Comunione e Liberazione.
Si può argomentare che questa sinistra è diventata destra. Non sarebbe una novità. Ma, restando nell’ambito della costituzionalità e della moralità politica, ciò sempre denota un cambiamento. Non tanto dell’opinione – raramente si muta un’opinione – ma dei riferimenti. Succede che tanti moderati votano a sinistra se la sinistra assicura la legalità e il buongoverno. Per quale altro motivo mai tanti destrorsi professi sono colonne della sinistra, Di Pietro, Travaglio, Zucconi, D'Avanzo? Mentre tanti riformisti – i socialisti, se sono ancora qualcosa, sono riformisti, per l’efficienza e il buon lavoro delle istituzioni – devono votare a destra.