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giovedì 31 gennaio 2008

B.avvisato sul "Corriere" da Milano

La crisi ha liberato un segreto e alcune verità.
Il segreto copriva l’avviso di reato a Berlusconi nel 1994, pubblicato dal “Corriere della sera” il giorno precedente l’apertura a Napoli, da parte dello stesso B. presidente del consiglio, di un vertice Onu sulla criminalità. L’avviso si dimostrò poi inconsistente, ma lo scandalo fu enorme. Ora Scalfaro, a Marzio Breda sul “Corriere” del 17 gennaio, dice che non fu lui a darne notizia allora al giornale. Fu quindi la Procura di Milano (solo la Procura emittente e il Quirinale sapevano quel giorno, una domenica, dell’avviso).
Molte moine e grande freddo fra ex Dc e ex Pci nel partito Democratico, in vista delle elezioni subito. Molti ex Dc temono un’emorragia del voto a favore dei democristiani residui e dichiarati, Mastella, Casini, e lo stesso neonato del centrosinistra partito della Rosa.
Oggi non si può dire perché vittima della crisi sembra Prodi, ma il governo è caduto per una manovra interna al partito Democratico. Una tipica manovra democristiana da parte di ex Dc. Questo è nei fatti: l’avventurosa offensiva contro Mastella è partita dai Democratici bianchi di Capua. Quanto a Prodi è ancora da vedere se, o quanto a lungo, resterà vittima della crisi. L’obiettivo suo e degli amici era di cortocircuitare il contatto di Veltroni con B. da una parte, e dall’altra di sabotare il suo programma di “vincere anche perdendo”. D’imporsi come capo dello schieramento sfidando tutti da solo col Pd.
Nella crisi Veltroni si vuole ingenuo ma rischia di risultare sciocco: l’analogia o simmetria del Pd oggi, che il voto coglierà nella fase ancora costituente, con Forza Italia nel 1994 è solo apparente e fuorviante. Il voto d’opinione non sposta dieci milioni di elettori. Forza Italia era preparata alle elezioni da una diecina di mesi, aveva accuratamente selezionato i candidati uno per uno, aveva alleanze con tutti i centri di potere locali.

Zitti tutti per Thaci, Giuliano del Kossovo

Hanno imbarazzato più che altro la Rai e la grande stampa italiana le rivelazioni, la settimana scorsa, sui giornali sloveni e serbi, che il governo di Lubiana, che presiede l’Unione Europea, ha avuto dettate a Natale al dipartimento di Stato dai consiglieri di Condoleezza Rice l’agenda dell’indipendenza del Kossovo. Uno scandalo, non c’è dubbio: sull’altrimenti vigile antiamericanismo hanno pesato questa volta le indicibili ragioni del sostegno europeo allo smembramento della Serbia. Alle porte dell’Italia si creerà domenica un focolaio di tensione e forse di guerra, ma nessuno deve saperne nulla – “muti!”, direbbero i boss in Sicilia. Non che l’Italia ci possa far molto, ma che l’Italia appoggi Thaci, e questo non si possa dire, questo è sicuramente importante. Uno vorrebbe complimentarsi per l’irredentismo, che è un valore patrio, ma non può. Anche se resta il dubbio che gli Usa riescano in Kossovo quello che hanno fallito in Sicilia con l’irredentismo di Giuliano.
Il primo ministro Hashem Thaci sarà dunque domenica il padre della patria del Kossovo indipendente. E sarà fra dieci anni, o venti, il leader della Grande Albania, con l’Albania propriamente detta e mezza Macedonia. Che detta così sembra fantapolitica, e lo è. Ma nessuno avrebbe detto dieci anni fa, quando Scalfaro e D’Alema dichiararono guerra alla Serbia, che Thaci, un piccolo Giuliano del Kossovo, sarebbe divenuto capo di uno Stato indipendente. Riverito dall’Occidente tutto, l’America non soltanto che lo ha creato, ma anche l’Europa.

Editoria superstar in Borsa

Malgrado la crisi finanziaria, e malgrado gli errori di collocazione del “Sole”, l’editoria premia i cassettisti, con dividendi del 6-7 per cento: L’Espresso, Mondadori, Mediaset, Class sono le vedettes quest’anno della stagione dei dividendi. L’editoria era un settore maturo, sovradimensionato, da ristrutturare. E maturo lo è ancora, è un settore dove non si sa dove investire, se non comprando all’estero. Per questo tutti i guadagni vanno quest’anno in dividendi. In Mediaset, che è anche l’unica azienda dei media che tenta investimenti innovativi, nel digitale, nel pay-per-view, in America Latina, va in dividendo il cento per cento degli utili. I benefici vengono dalla pubblicità, trainata, checché si dica, dalla televisione, dal rinvio ormai triennale dei rinnovi contrattuali, dall’affinamento dell’outsourcing per la stampa e la distribuzione.

Perché lo sboom sarà profondo e lungo

Ci sono almeno tre fattori per cui la crisi finanziaria si aggraverà e durerà, non casuali e non assorbibili. Anche se uno solo basterebbe a spiegarne la profondità: se dieci banche sono bacate (e lo sono), mille lo saranno, tanti sono gli intrecci interbancari - e salvare tutte le banche del mondo si può solo negli incubi.
Le perdite sui mutui sub prime non sono ancora esaurite, e non hanno passato il momento peggiore. E dai mutui si sposta al credito al consumo, che è ancora meno garantito, con carte di credito e credito personale. Le indagini del Controllore di Borsa New York, su quaranta banche, e dell’Fbi, su quattorodici, si basano su ipotesi di una crisi più radicata. I problemi stanno poi investendo le società di assicurazione e riassicurazione sui mutui non garantiti, le monoline, e quindi un'altra falla si aprirà. Né l'Europa può restarne indenne, per i casi inglesi, dell'Ubs, che ha iscritto perdite per dieci miliardi, sembra impossibile, e di Société Générale, per la quale pochi credono che un operatore infedele abbia realizzato frodi per 50 miliardi di euro, cifra enorme, e perdite per cinque miliardi, cifra altrettanto enorme.
Le due precipitose riduzioni del costo del denaro in America potranno rilanciare la domanda, ma a termine. Mentre subito riducono i margini per le banche, già indebolite. Ciò si riflette nell’interbancario, dove nessuna banca si fida più dell’interlocutore.
La caduta del mercato immobiliare americano esplicherà tutti i suoi effetti nel medio-lungo termine. Condizionando negativamente l’insieme dell’economia negli Usa e nell’Ue, quali che possano essere gli incentivi al rilancio della domanda.

domenica 27 gennaio 2008

La sinistra vittima della sinistra

Non è vero che l’Italia vota a destra - Galli della Loggia sul "Corriere" - e la sinistra solo casualmente va al governo. L’Italia repubblicana ha sempre votato a sinistra, per il 55-60 per cento del voto, a meno di non considerare i socialisti e i repubblicani parte della destra, roba da Comintern – i successi di Berlusconi nel 1994, nel 1996 (sì) e nel 2001 sono dovuti al voto laico e dei socialisti, da Bonaiuti a Sacconi, Tremonti, Frattini, La Malfa eccetera.
Non è vero che la sinistra è vittima del suo programma. Delle due o trecento pagine del programma. Queste sono americanate - la maniera italica, cioè democristiana, di recepire l’America - di per sé innocue. È vittima del non programma. Il programma è nei fatti: la competitività, la precarietà (del lavoro, delle retribuzioni, e ancora di più della previdenza), la riduzione o compressione del reddito reale, per effetto dell’inflazione e, soprattutto, delle tasse. Il fisco, tariffe pubbliche comprese, è insostenibile. Lo vedono tutti, eccetto la sinistra, che si rappresenta nei giovani non lavoratori, e nei lavoratori dipendenti – con la ritenuta alla fonte l'imposta sul reddito è pagata dal datore di lavoro e non dal lavoratore. Ma per il sessanta per cento degli italiani la voracità dello Stato, delle Regioni, dei Comuni è disastrosa, per i pensionati in particolare e per i nuovi lavoratori. Il programma di Prodi invece si sperdeva nello zapaterismo. Che voleva realizzare con un buon terzo della maggioranza di osservanza confessionale….
La sinistra è vittima della sinistra, l’Italia è vittima di questa sinistra. Consegnata a Prodi. Che è un figlioccio di Andreotti, quando è al meglio. Quando Veltroni neo segretario degli ex comunisti dieci anni fa andò nel suo torneo cimiteriale alla tomba di Dossetti ma non di Nenni, il presunto nuovismo disse subito la sua confusione. L’Italia è vittima del non detto di questa sinistra. I prodiani non hanno mai fatto ammenda di tutti gli abusi della Dc. Basti citare la cessione della Sme a De Benedetti, caso oltraggioso di strapotere e malgoverno, poi rigirato da giudici compiacenti a carico di Berlusconi. I nipotini di Togliatti si limitano a non citare il nonno, nel mentre ne perpetuano la lezione.
Questa sinistra è compiaciuta, questa la sua tara. Non critica, ma trionfante. Per la superiorità morale che si attribuisce, anche quando ruba. La superiorità di cui la incensano gli imbonitori tv e i giornali dei padroni. E' rumorosa, occupa la piazza, in città e in televisione, sempre vincente e strafottente. Dalla Sapienza ai cannoli di Palermo fa male vedere tanti giovani già pronti in divisa, irreggimentati, all’ora giusta, al posto giusto, con gli slogan calibrati, tutti uguali, implacabili. È una sinistra conformista, per quanto sia assurdo. Ed è resistenziale. Questa sinistra è da oltre trent’anni al governo, con brevi interruzioni. Ma si vuole resistenziale, in senso negativo, della rivalsa. È cioè vittimista: rancorosa, anche contro l’elettorato, revanscista, sarcastica.
È anche, paradosso dei paradossi, una sinistra bancaria, e un po’ speculatrice. In altri tempi si sarebbe detta sinistra dei padroni, con la scusa della modernizzazione. Campioni della sinistra sono i grandi banchieri, Draghi, Profumo, Bazoli e lo stesso Geronzi, che dopo le liberalizzazioni fanno la banca più cara al mondo, più lenta, più vessatrice. O i grandi speculatori, quelli degli affari dubbi, a danno sempre dei risparmiatori e delle regole: Soru, De Benedetti, Colaninno – nella tradizione dei Soros, Maxwell, Stavisky, Parvus, i grandi signori del denaro? È di questa sinistra perfino Montezemolo, il presidente della Confindustria.
È così che Berlusconi, un avversario ridicolo, stravince. Tronfio, baüscia, noioso, superficiale, il suo voto non è, non può essere, una scelta, ma una protesta. Continua, perseverante. Se questa sproporzione, di arroganza e scioccheria, non gli giova. Può essere, visto che si circonda di consulenti e sondaggi. Nei suoi quindici anni di politica almeno un centinaio di feroci best-seller sono stati pubblicati contro di lui. Alcuni diffamatori, che lo dicono mafioso, e trafficante di cocaina. Ma non si querela: l’arroganza degli altri gli fa gioco. È tuttavia, al tirare delle somme, meno dannoso, molto meno di chi occupa le poltrone per amici e parenti, degli orridi magistrati sbirri, della giustizia politica, e delle vestali a cachet, della politichicchia isterica.