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sabato 5 aprile 2025

Letture - 574

letterautore


Amore\dolore
– “È l’amore a generare la sofferenza, e certe sofferenze testimoniano l’amore?”, si chiede la Nobel coreana Han Kang negli appunti sul suo romanzo “Atti umani”, che intitola “Nella notte più buia il linguaggio ci chiede di che siamo fatti”, p.26. Colpita dal “dolore che i lettori confessavano di aver provato leggendolo”. È “il desiderio di amare gli esseri umani che ci strazia il cuore, quando quell’amore viene infranto?”.
 
Brahms
- “Brahms è la continuazione di Schubert….”, Riccardo Muti in dialogo con Cacciari in “Le sette parole di Cristo”, 125: “Brahms è di Amburgo, ma rinasce «viennese»…”
 
Camera locanda
- Usava nelle città di forti pellegrinaggi, p.es. Roma, nel Cinque-Seicento, una sorta di B&b odierno - da cui poi l’uso di “locanda” come di pensione da poco prezzo.
 
Cherubini
– Un avatar di Brahms, in epoca (post-)romantica. malgrado la differenza d’epoca? “In Brahms non c’è trascendenza, è pura immanenza”, Riccardo Muti in dialogo con Cacciari in “Le sette parole di Cristo”, p.125: “Nel suo studio alle pareti aveva le immagini di tre musicisti: Bach, Beethoven e Cherubini. Nella biblioteca di Brahms c’erano molte composizioni di Cherubini. Ora, posso capire bene che Beethoven adorasse Cherubini perché sono entrambi «architetti della musica». Cherubini infatti non ci colpisce per la bellezza delle melodie quanto per la costruzione delle sue opere. Ma Brahms? Perché mai doveva amare Cherubini? Brahms è la continuazione di Schubert….
 
Commedia\tragedia
– La commedia disfa il nodo, la tragedia lo rompe o lo taglia”, scrive Arrigo Boito a Verdi mentre prova a ricavare un libretto da Shakespeare, “Le allegre comari di Windsor” – sarà il “Falstaff”. Citando, come maestri di “scioglimento” del nodo drammaturgico, Molière, Beaumarchais e Goldoni.
 
Dutch
- Sta per “olandese”. È tutto “Dutch” nella parlata inglese fino a pochi decenni fa tutto ciò che è male. Graham Greene lo usa - ironicamente - “ ancora in “Loser take all”:“Il coraggio olandese per l’assassinio”.
 
Einaudi
- La casa editrice Calvino così sintetizza nel periodo aureo 1945-1950, in una lettera a “Chichita”, la futura moglie, il 3 febbraio 19634: divisa “tra il mitico Pavese e il vitalistico Vittorini”.
 
Incubo
- Ne fa la sintesi, nei vari linguaggi, Vittorio Lingiardi in “Greeneland, Dreamland”, premesso a G.Greene, “Un Mondo tutto mio”: “Per gli antichi romani era Incubus, spirito maligno «che giace sopra di te» nel sonno; per i greci era Efialtes, demone che addirittura, anche qui etimologicamente, «ti salta sopra». Nei miti nordici la creatura che si siede sul torace di chi dorme portando brutti sogni si chiama Mare, da cui nightmare. E poiché mare, in inglese, significa anche giumenta, ecco che l’incubo, ce lo ricorda Borges, è una cavalla che corre nella notte”.
 
Mishima
- È - si voleva - D’Annunzio. Ne ricorda indirettamente la caratterizzante influenza Edoardo Quarantelli, l’affabile ex libraio di Aseq al Pantheon, chiacchierando con Gnoli sul “Robinson” a proposito di Pierre Pascal, il segretario di Maurras che divenne un “frrancese di Roma” e suo buon cliente-conoscente: “A Parigi Pascal frequentò René Guénon, Edouard Schuré, Paul Valéry e Léon Daudet. Aveva una conoscenza piena della lingua e della cultura giapponese. Aiutò Mishima a trovare il corrispondente in lingua giapponese per certe parole che D’Annunzio aveva usato nel suo ‘Le Martyr de Saint Sébastien” – scritto in francese. 
 
Musica
- È, sarebbe, irriproducibile? È la conclusione di Muti nel suo dialogo con Cacciari sulla natura del suono, “Le ultime parole di Cristo”, p. 127: “La musica dovrebbe rimanere sul pentagramma, per non essere tradita…. È come quando si accarezzano le ali di una farfalla, la farfalla muore”.
 
Russia
- “I Russi sanno pure ridere!”, scrive, ridendo?, Michieletto sul “Foglio”, spiegando la sua messinscena di Prokof’ev, “Matrimonio al convento”, al Theater an der Wien. Un’opera buffa, attorno alla classica serva-padrona, con “il classico contorno di scambi d’identità, innamorati in fuga, frati beoni” - sull’esempio londinese della ballad opera, secondo Settecento, che però costituiva un adattamento dell’opera buffa. “La lingua russa è particolarmente adatta alla commedia”, spiega il regista: “Suoni plastici, enfatici e solenni, che Prokof’ev usa in modo funambolico e fragoroso”.

Scrittore – Un illusionista? Sì, dice Emanuele Trevi di G. Greene su “La Lettura”, lo stile, l’esperienza di mondo, lo scandaglio del cuore umano, ma “forse c’è qualcosa, nella grandezza letteraria, di più artigianale: una capacità innata di orientare la mente del lettore, di governare con destrezza la fiammella (sempre minacciata di estinzione) della sua immaginazione… (Un) talento del far vedere attraverso le parole che è sottilmente imparentato con l’illusionismo e la telepatia”.

Sistema - I giocatori al casinò che in continuo ne elaborano per “sbancare il banco” Graham  Greene, “Loser takes all”, li dice teologi: i giocatori al casinò con i “sistemi” dice “come i teologi, pazientemente tentando di razionalizzare un mistero”.

 
Sogni
- “Una volta che ci si educa a tenere una matita e un quaderno vicino al letto, si sogna per lo meno quattro o cinque volte per notte”, Graham Greene dice dei sogni che infine sta raccogliendo in “Un Mondo tutto mio”. Lo conferma lo psicoanalista James E. Grotstein, in “Chi è il sognatore che sogna il sogno?”: “L’atto del sognare suggerisce con vigore che l’essere umano deve nascere con una propensione alla narrazione di storie, alla ricerca di storie e alla reazione alle storie, propensione che scaturisce dal vertice estetico”
 
Vero\Falso
-Di un racconto non si saprebbe dire. “Lo starno caso del dottor Jekyll e del signor Hide”, che lo rese famoso, e “Olalla”, le due storie Stevenson ebbe in sogno. Ma da sveglio gli sembravano falsi - scrisse “Dottor Jekyll” perché “mi ritrovavo veramente senza un soldo” - e la prima stesura arrivò perfino a bruciarla.  Con “Olalla” non si conciliò. A un amico lo confronta negativamente cn “Markheim”, che si direbbe invece un racconto falso: “Il guaio di Olalla è che mi suona falso, ma non so come… C’è un problema singolare; che cosa rende vero un racconto?  Markheim è vero”, scrisse, “Olalla falso, e non so perché”.
Non per il setting, l’ambientazione? “Markheim” racconta di un ladro che il giorno di Natale uccide il negoziante che sta derubando, e ne rimane sgomento. “Olalla” è un racconto che Stevenson pubblica per Natale, ma costruito, con generi alla moda, non tutti a lui consueti: la Spagna, il romanzo gotico, il vampirismo, il soprannaturale – Stevenson lo aveva scritto sulla base di un sogno.

letterautore@antiit.eu

L’opera buffa di G. Greene in morte

Con Henry James in barca verso Bogotà. T.S. Eliot “coi baffi”. Auden capo guerrigliero - un giorno, quello dopo cattedratico in America, genere scienziato. Sartre lo complimenta per il francese, ma non capisce quello che Greene dice. Solženicyn pittore.
Il titolo è in Eraclito: “I desti hanno un mondo unico e comune, ciascuno dei dormienti si ritira in un mondo tutto suo”. Il contenuto è meno impegnativo: un mondo di “divertimenti” in realtà. Pieni di humour. Questo “Diario dei sogni”, cui G. Greene si è dedicato negli ultimi mesi di vita, è una girandola di mini-buffonate. Scritte, non buttate giù come nei diari di sogni. E organizzate, sotto una ventina di rubriche, da “Felicità”, e “Scrittori famosi che ho conosciuto”, a “Malattia e morte” – ma con esclusione programmatica degli “Incubi” (e, per motivi di opportunità, oggi si direbbe di privacy, del “Sesso”). Specie nella sezione “Servizi segreti”. Ma anche negli “Scrittori famosi”. Nei “Viaggi”. O nei “Brevi contatti con i reali” – ci sono anche gli animali parlanti, il mestiere di scrivere, e un pizzico di religione.
È uno scherzo? “Greeneland, Dreamland”, il saggio di Vittorio Lingiardi che prefazione questa ripresa – e che è la lettura forse migliore, più appassionante, della pubblicazione – lo tratta come un vero diario dei sogni. Accomunandolo a quello che lo scrittore, sedicenne, tenne per alcuni mesi, su consiglio dello psicoanalista a Londra, al quale i suoi avevano ritenuto necessario affidarlo in cura - sei mesi, “i più felici della mia vita”.
Il taglio - la “sistemazione” dei sogni, ammesso che siano occorsi – è comunque da sottile “addio”, da opera buffa. Affidato alla compagna Yvonne Cloetta per una pubblicazione postuma. Cui Cloetta provvide sotto un’etichetta editoriale Verdant. Di cui non si trova traccia nelle storie dell’editoria, ma è il francese di Greene (G.Greene e Yvonne Cloetta vissero insieme a Antibes, Parigi e Vevey).
In questo mondo tutto suo G. Greene situa anche, per una volta nella sua profusissima produzione, anche diaristica, la famiglia d’origine – da buon “cattolico”?: la madre morta, la sorella maggiore, morta due ore dopo la nascita, la cugina Barbara, la sorella Elisabeth, il fratello maggiore Raymond, nella vita medico di fama. Cromwell pure appare, giustamente come “ombra proiettata da un granchio”.
Scarpa, che cura l’edizione, lo vuole “una prefazione  - postuma - all’opera tutta intera di Greene - “un commiato, un indizio, una verità e uno scherzo, tutto insieme”. Avendo premesso che “i sogni di Greene sono singolari”.
Con qualche sassolino. Contro Orwell, romanzi “scadenti”, “solo i saggi buoni”. C.P.Snow. Sacherell Sitwell, 133, e sua moglie (“La solitudine insieme con un’altra persona non è condivisa – è moltiplicata”). La conclusione è un addio classico, in poesia e in rima: “La fine per me\ arriva come la merenda con il tè”.
Appassionante è il breve saggio di Lingiardi sulla non semplice psicologia di G. Greene, e sulla letteratura psicoanalitica dei sogni, Freud, Jung. La collazione, spiega, “si presenta come un’autobiografia della propria irrealtà, piena di realtà”. E in una pagina, una pagina compressa, fa la disamina di tutto ciò che è sogno – che, è bene ricordarlo, è il ricordo del sogno, selettivo, e un  diario, cioè una messa a punto: “La testimonianza di un’altra vita? Una forma di autoterapia? Un esercizio clinico? Un esperimento letterario?  E perché teniamo quel quaderno accanto al letto…? Ogni quaderno dei sogni è un’autobiografia parallela….”. Per Greene è “una casa”. La casa. “Orfano di una stanza tutta per sé: sempre inviato nel mondo, sempre lontano e sempre innamorato”, in realtà fuggitivo, estraneo alla casa propria, anche quella elettiva, con la moglie e i figli, e con le amanti, a Anacapri, Antibes, Parigi, Vevey, “alla fine la casa se l’è costruita da solo.  Ed è la casa dei suoi sogni”. E sui diari dei sogni in generale: “Ogni quaderno dei sogni è un’autobiografia parallela. L’atto del sognare suggerisce con vigore che l’essere umano deve nascere con una propensione alla narrazione di storie, alla ricerca di storie e alla reazione alle storie, propensione che scaturisce dal vertice estetico.
Graham Greene, Un mondo tutto mio, Sellerio, pp. 168 € 14

venerdì 4 aprile 2025

Ma l'America non ci lascia

Lo scioglimento della Nato non è deciso, malgrado tutte le “decisioni” già prese a Bruxelles, a Berlino e a Parigi. L’alleanza con gli Stati Uniti è sempre in piedi, e forse resisterà alla decisione di Trump di svuotarla.
Trump sembra andare oltre, in questo suo periodo di grazia politico, lo scontro economico con l’Europa - “la Ue è nata per frodare gli Usa”. Parla ancora con Rutte, il burocrate Nato, ma senza vero interesse. E non degna di attenzione un solo paese europeo - diversamente che col bistrattato Canada, o con il Messico. Ma questo possibile decoupling Usa-Ue non sembra il “consensus” americano, o deep state.
Un ritorno di atlantismo è atteso, fra un anno, all’avvio delle primarie per le elezioni politiche di medio termine, ma probabilmente anche prima. Non tanto in un’ottica di civiltà comune o di Occidente, quanto per il timore, già manifesto, di un asse militare Berlino-Parigi. Della Germania riarmata pesantemente e sganciata dall’“ombrello” americano, non più controllabile.

Putin ha riarmato l’Europa

Putin ha riarmato la Germania, una sorta di miracolo, e tutta l’Europa.
Con o senza l’Italia, e forse la Spagna, ma attorno alla Germania, la Francia, la Polonia, e col concorso attivo della Gran Bretagna, l’Unione Europea si avvia a breve a diventare una potenza militare. Una potenza europea, anche se per la forma dentro la Nato.
Inefficace nei tre anni della guerra, la reazione europea all’attacco di Putin all’Ucraina (le sanzioni hanno danneggiato l’Europa, la Germania soprattutto, più che la Russia) diventa temibile su piano militare. È come se il “tedesco” Putin, che la Germania conosce meglio di ogni altra realtà, avesse riarmato da solo la Germania, dopo ottant’anni di antimilitarismo.

Un onesto Putin

Lo “zarismo” di Putin è stato, ed è tuttora nell’opinione russa, anche nella Russia urbana, a Mosca e San Pietroburgo, la “salvezza”, dopo il decennio della “dissoluzione” gli anni di Yeltsin, i 1990. Delle mafie e le ruberie. Con la liquidazione degli “oligarchi”, che si erano presi tutto della Russia, banche, miniere, una enrome, fantasmagorica, ruberia.
Questa di Putin è anche la storia di un lungo corteggiamento dell’Occidente. Degli Usa dopo la Torri Gemelle. Dell’Europa su ogni questione. “Adesso è difficile dirlo…. ma c’è stato un tempo in cui Putin era un nostro amico. Per amore o per affari”. Anni in cui Putin diceva la Russia “parte inalienabile” dell’Europa. Anni in cui “gli Usa sembrano convinti di avere trovato un nuovo, meraviglioso, amico”. Fino a che, a febbraio del 2007, alla annuale Conferenza sulla Sicurezza a Monaco di Baviera, Putin scopre e denuncia il progetto di allargare la Nato tutt’attorno alla Russia.
Imarisio non dice che era un cambiamento di strategia che gli Stati niti avevano impresso, senza tener conto dell’Europa, di Berlino, Parigi, Roma, ma riporta la risposta di Putin: “L’allargamento fino ai confini con la Russia è un fatto grave….. Abbiamo il diritto di chiedere dove sono finite le vostre garanzie, quando fu sciolto il patto di Varsavia (la Nato sovietica, n.d.r.), che non ci sarebbe stato alcuno stazionamento di truppe atlantiche a Est della Germania”.
La Nato in Ucraina, Georgia, Kazakistan - con un occhio al Caucaso, da sempre, non solo nei racconti di Tolstoj, tallone d’Achille della Russia - fa impazzire Putin. E ora, dopo la lunga guerra, otterrà quello che si proponeva - Imarisio lo fa dire a Tatiana Stanovaya, “una delle figure più serie nella diaspora dell’opposizione russa”: “Un’Ucraina priva di potenziale bellico, con una Costituzione riscritta e con la garanzia del non-ingresso nella Nato”. Una Ucraina non ostile, semi-demilitarizzata.
Un ritratto equilibrato, del personaggio e del paese.  Dopo anni di cronache annientanti. Forse perché   in contemporanea col disvelamento del “Grande Gioco” americano: l’ennesima “guerra civile” europea, “controllata”, come ora vuole l’arte militare.
Marco Imarisio, Nella mente di Putin
, “Corriere della sera”, pp.63, gratuito col giornale

giovedì 3 aprile 2025

Dazi pasquali

I dazi di Trum dureranno - se dureranno - un anno, fino a Pasqua: da una Pasqua all’altra, si può dire. Quando cominceranno le primarie per il voto di medio termine di novembre, per il rinnovo dei Rappresentanti, di un terzo dei Senatori, e di molti Governatori. E i Repubblicani di Trump, che oggi controllano (quasi) tutto a Washington e fra gli Stati si sentiranno franare il suolo sotto i piedi.
La bolletta dei dazi la pagheranno i consumatori, americani, per i consumi primari - gli elettori di Trump. Mentre i benefici sono dubbi, nella misura che Trump sconta, dell’autosufficienza.
Ci vorranno molti più dollari per pagare le importazioni, per quanto ridotte. Molte importazioni non sono sostituibili: prodotti stranieri non replicabili, nell’agrindustria (a cominciare dalle uova pasquali, uova di gallina, o la carne vaccina per i McDonald’s) e nei servizi. Mentre nell’industria, p.es. l’automotive, ci vorrà tempo per l’effetto sostituzione - programmare investimenti, metterli in opera, arrivare al consumo: da due a cinque anni.
Forse l’America, come dice Trump, si farà pagare quello che i partner le rubano, una parte del valore aggiunto - come se il valore aggiunto aziendale fosse un valore aggiunto nazionale. Ma l’effetto dei dazi lo pagheranno i “suoi” consumatori. Che in quanto risparmiatori già si trovano decurtato il patrimonio in azioni e fondi.

Se antifascista è la destra

Nella destra che avanza in America e in Europa non ci sono violenze: squadracce, leggi, giudici. Anzi, in molti posti è il contrario. Nelle università americane con il movimento che si vorrebbe filo-palestinese, p.es. O con i tribunali, in Francia e in Romania - per ora. Mentre in Germania, come ebbe a rimproverare il vice di Trump, Vance, famosamente a Vienna due mesi fa, ci si industria di abrogare per legge un partito di destra, colpevole di prendere molti voti. In Italia si sa, si vede: l’antifascismo punta molto su giudici e media. E questo è una tipica procedura fascista.
Si dice: la sinistra non c’entra. La giudice che in Francia ha ingabbiato Le Pen non è di sinistra - non che si sappia. Diciamo che è macroniana, è nota per avere assolto, prima della condanna di Le Pen, uno dei ministri del Lavoro del volubile Macron, poi condannato in appello. Quindi macroniana, cioè di centro? Non importa, molti giustizieri in Italia, in tribunale e nei media, erano stati (e sono, ex) democristiani, con le loro molteplici anime. Ma l’unico beneficiario, se non ne è l’ispiratore, della giustizia politica e dell’opinione corretta è l sinistra - senza colpe specifiche della destra. Una sinistra che forse anche per questo non vince le elezioni.

E venne Trump, e soli ci ha lasciati

“Gli Stati Uniti si ritengono il guardiano dell’Europa. Lo sono veramente?” E la Russia? “Qui, nella politica russa degli Stati Uniti, si trova uno degli impedimenti decisivi alla sovranità europea e agli interessi tedeschi”. Per questo bisogna “capire” gli Usa, che anche con la Russia dichiaratamente imperialista, degli zar, e poi con Stalin, trovarono accordi e provarono perfino entusiasmi. E dunque? Sottinteso: non c’entrano i “diritti”, la democrazia, la libertà nella politica americana di confrontation con la Russia. Lo stesso ora con la Cina. Per “ora” intendendo l’epoca, ma premonitrice del confronto armato, via Ue-Ucraina,  con Mosca, formalizzato da Biden due anni dopo, il 20 e 24 aprile 2024, con le due leggi “21st Century Peace through Strength” e “National Security package”. Non detto, ma chiaro: gli Stati Uniti ci hanno portati al disastro con la Russia, e ora ci vogliono portare al disastro con la Cina.

A 94 anni il decano della Spd, il partito socialista tedesco, già al governo, all’Economia e agli Esteri, nonché sindaco di Amburgo, dice quello che pensa - 94 all’epoca della pubblicazione, tre anni fa (già recensita su quest sito), 97 oggi. Decano e quindi diretto, esplicito, ma non isolato in Germania: il suo libro (che non viene tradotto), è stato un best-seller, malgrado la materia irta. In più dice il non detto della politica europea: gli interessi degli Stati Uniti possono non essere, e sempre più spesso non sono, quelli dell’Europa. Una politica estera basata sui valori (idee, principi) è un malinteso e può portare a brutte fini. La linea dura contro la Russia può essere negli interessi circostanziali degli Stati Uniti, della loro bilancia strategica mondiale, ma va contro l’Europa, la sua geografia e la sua storia, e i suoi interessi. Così pure nei confronti della Cina: la politica di potenza degli Stati Uniti è in questa fase rischiosa, e compromette il futuro della Unione Europea.
Non è il solo punto critico della trattazione, ma è il primo. Attraverso una semplice ricognizione degli Stati Uniti quali si vogliono e sono. In due pagine si mette sotto scrutinio l’“anima” geopolitica degli Stati Uniti, così spesso sottaciuta, benché dichiarata, per essere una potenza diversa: senza grandi nemici potenziali ai confini, protetti da due oceani, con una costituzione “divina”, intoccabile da 230 anni, elezioni ogni due anni, guerre in continuazione, e la “eccezionalità”, la “nazione unica” di John Quincy Adams, il sesto presidente, figlio di John Adams, il secondo presidente che aveva proclamato la “dottrina Monroe”, o l’America agli Americani, una dottrina imperialista a ridosso della nascita della nazione, con applicazioni costanti, dapprima nel continente americano e nel Pacifico, contro la Spagna, il Giappone e la Cina, poi, nel Novecento, in Europa e nel mondo. Lo storico Foster Rhea Dulles, cugino del futuro ministro degli Esteri John Foster Dulles, poteva celebrare a metà Novecento “America’s Rise to World Power. 1898-1954”.
Il secondo punto, sempre alle prime pagine, è tratto da Brzezinski, il consigliere per la Sicurezza del presidente Carter. Che mezzo secolo dopo Foster Rhea Dulles, nel 1997, fotografava 
così la realtà in “La grande scacchiera” (sottotitolo “Il mondo e la politica nell’era della supremazia americana”): “L’Europa è la testa di ponte geopolitica essenziale col continente euroasiatico”. Per concludere da subito, anche se interrogativamente: che farne, come regolarsi? L’Europa come “testa di ponte” della strategia mondiale americana non è voce dal sen sfuggita a Brzezinski, si può aggiungere, è una costante. Non dichiarata prima di Trump, ma nei fatti. .

Sono anni di ri-nazionalizzazioni, si può aggiungere. Negli Usa ma anche in Europa, con la Brexit, e in forme meno radicali in più aspetti della Unione Europea. Mentre nessuna stabilizzazione si è raggiunta sulle molteplici frontiere con la Russia, come sarebbe nell’interesse (e d’obbligo) per la Ue, a parte la borbonica “faccia feroce”, o in Medio Oriente, in Israele, in Libia, nel mar Rosso, in Siria, in Iran, in Afghanistan - e, benché non se ne parli, in Turchia.
Il sottotitolo è anche ambizioso: “Orientierung für deutsche und europäische Politik in Zeiten globaler Umbrücke”, in tempo di rivolgimenti globali. Un “senza fronzoli”, lo vuole Dohnanyi nell’introduzione. “Ho scritto questo libro anche come amico sincero e ammiratore degli Stati Uniti, cui ho molto da ringraziare per i settant’anni della reciproca conoscenza e amicizia”. Un’aggiunta alla premessa, alla seconda edizione con la guerra imminente, ricorda: “Già a fine novembre 2021”, licenziando il libro, “scrivevo che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato avrebbe comportato grossi pericoli”.
Klaus von Dohnanyi, Nationale Interessen, Siedler, pp. 238, ril. € 22

mercoledì 2 aprile 2025

Ombre - 768

Scompare e riappare il drone russo su Ispra. L’unico “fatto” sono le paginate di ricostruzioni, ipotesi, pareri di esperti, dietrologie. Oggi la “notizia” è: forse non è un solo drone, o lo stesso, ma unico potrebbe essere il suo manovratore.
E perché non più manovratori? Un drone non intercettato, non fotografato, nemmeno visto. Su Ispra che non è più Ispra (centro Euratom per la sperimentazione del nucleare al plasma), da tempo. E russo perché, aveva la bandierina?
 
Il disarmo nucleare cominciò dopo la crisi dei missili a Cuba. Perché non avviare un’altra epoca di pace-con-disarmo dopo l’Ucraina? Giorgio Parisi trova spazio sul “Corriere della sera” per questa semplice proposta, avanzata al convegno Cgil sabato su pace e diritti. Ma solo perché è premio Nobel. Poi, come non detto. Anche perché premette: “Uno dei nodi critici è la gestione delle minoranze etniche. Sappiamo tutti che ci sono minoranze di lingua russa in Unione Europea e minoranze di lingua non russa in Russia, perché non darsi reciproche garanzie?” Non si può cacciare la Russia dall’Europa, vuole dire il Nobel giudizioso, ma forse nessuno più legge.
 
La condanna di Le Pen all’ineleggibilità bloccherà le destre, in Europa e nel mondo, o le favorirà? Le favorirà. Una sentenza di 152 pagine. Con l’ineleggibilità applicata nell’immediato, prima dell’appello - cioè prima del voto presidenziale nel 2027. La propaganda di destra, in Europa e negli Stati Uniti, ne può fare grancassa. Curiosamente, la sinistra applica compiaciuta la violenza giudiziaria tipica della destra.
 
“Qui non si fa politica”: così la giudice che poi l’ha condannata, Bénédicte de Perthuis, ha bacchettato Le Pen impegnata nell’autodifesa. Il “de” è autorevole in Francia. Ma “qui non si fa politica” non era di Mussolini?
La giudice, oltre che nobile, è macroniana: si era illustrata per avere assolto il ministro del Lavoro di Macron, Olivier Dussopt - poi condannato in appello.
 
Sarà un caso, ma tutte le sentenze mozzateste sono opera da qualche tempo, in Italia e ora in Francia, di giudici donne. In Italia sull’immigrazione e sui centri sociali, in Francia e in Belgio (Europarlamento) direttamente sulla politica - in Francia contro la destra, in Belgio-Ue contro la sinistra.
 
“Sono arrabbiato”, tuona il primo ministro inglese Starmer, contro gli immigrati irregolari, “sono i lavoratori che ne pagano il prezzo”, per l’uso dei servizi pubblici, specie della sanità, e per il caro-alloggi. “Ne ho espulsi 24 mila in nove mesi”, precisa, “e non mi fermerò”. Da sinistra, Starmer è laburista, altro che Meloni. Me si vede che le giudici inglesi non “marciano”.
 
Ora si dice - un’inchiesta del “New York Times” in 55 pagine - che la guerra in Ucraina contro la Russia l’hanno fatta gli Stati Uniti. Al costo di 66,5 miliardi di dollari - notare l’esattezza del conto: munizioni, razzi contraerea, artiglieria, missili a lungo raggio, carri armati, elicotteri, assistenza operativa, anche in territorio russo e nel mar Nero. Da Wiesbaden con più continuità,  cioè alla luce del sole.
Ora si dichiara apertamente, gli Stati Uniti avendo deciso di chiudere il capitolo, la cosa che si sapeva. Ma l’Europa ha fatto finta di nulla, e ancora tace.
 
Iss, proxy advisor, società di consulenza in materia di diritti di voto, che dice come l’offensiva di Mps su Mediobanca e Generali sia come la pulce che si vuole elefante (lanciata senza due diligence, senza prezzo, senza certezza di chiudere l’offerta, e senza studio o progetto d’integrazione post-fusione), è dismessa sprezzante da uno dei soci, il “renziano” Serra. 

Alcuni soci, Serra come il kombinat Caltagirone-Del Vecchio, hanno fatto una puntata grossa, da leccarsi i baffi. Ma per gli altri soci che non praticano il trading? Mps sarà ormai sinonimo di ammazza-azionisti?
 
Il più curioso dell’offensiva Mps su Mediobanca-Generali è che non si rilevi l’evidenza: che è un’entrata a gamba tesa del governo, nello specifico della Lega, in piazza Affari, senza falsi pudori. Sembra incredibile, ma così è. Sì, il Tesoro vede rivalutata la quota residua in Mps, ma non è solo questo, anzi. Per l’operazione Mps-Mediobanca-Generali tutto è possibile, ci sono problemi solo per Unicredit-Bpm. È solo questione di tifo?
 
Due torri sono state erette nel centro storico di Roma, una al Celio (Colosseo) e una in Prati (San Pietro). Non torri medievali, alla San Gimignano, due grattacieli grigi. Dono di una società telefonica. Con autorizzazione della Sovrintendenza alla Belle Arti di Roma. Potenza di Iliad.
 
Il piano Rearm? “Non è mai una buona notizia quando la Germania si arma”. Ursula von der Leyen? “Una tedesca che serve gli interessi dei tedeschi”. È il capo della Lega, Salvini. Che una volta, non molti anni fa, voleva invece il marco al posto della lira, con la secessione della Padania, in direzione teutonica. Sono scemenze? Si, ma della Lombardia, e del Veneto.
 
Il Comune di Roma mette a bando le concessioni balneari di Ostia, e i bagni esistenti vanno a fuoco, sette la prima notte - altri a seguire? Sono concessionari in scadenza che si rifanno sull’assicurazione? È un piromane, o più di uno? È un attentato green, naturalista, ambientalista, anarchico, etc.? Sono “loschi figuri” che si aggirano. Per conto dei prossimi vincitori delle gare? Non c’è onestà in affari pubblici. Anche in chi ha imposto le gare per ogni appalto pubblico (si sa, si vede, dagli abusi - enormi - nel dopo-appalti).
 
Giunge a conclusione con la richiesta di sette anni di carcere il processo all’ex presidente Sarkozy  per essersi fatto finanziare la campagna elettorale 2007 da Gheddafi. E pensare che il personaggio, neo sposo romantico della modella cantautrice Bruni, nel 2011 si vorrà illustrare ammazzando Gheddafi, e buttando la Libia nel caos, solo per un dispetto all’Italia. La politica, a ripensarci, è difficile che sia pulita, la democrazia.

La mano invisibile è il lavoro fatto bene

Che voleva dire Adam Smith, la cui “mano invisibile” ricorre una sola volta nei due volumi della “Ricchezza delle Nazioni” (1.200 pagine nella più sintetica delle traduzini, n.d.r.), e una sola volta, in altro contesto con altro significato, nella voluminosa “Teoria dei sentimenti morali”? Non diceva nulla di quanto s’intende. Glielo hanno fatto dire Paul Samuelson e Friedrich Hayek dopo la guerra, a supporto della loro “logica del libero mercato”.
Smith ne parla a commento del caso di chi si arricchisce “con il sostegno dell’industria domestica a preferenza di quella straniera, anche soltanto per la propria sicurezza”, e da questa attività industriandosi di ricavare il maggior valore possibile. Sono “queste condizioni, accanto alla «libertà», (che) sono i prerequisiti di un sistema capitalistico funzionante”.
Poche pagine ma con tutte le pezze d’appoggio necessarie.
Oren Cass, In Search of the Invisible Hand, Imf, “F&D Finance&Development”, March 2025, free online

martedì 1 aprile 2025

Problemi di base daziari - 851

spock


“I microbi non pagano dazio e non s’arrestano alle frontiere”, Massimo Livi Bacci: e Trump?

“I dazi sono un atto di guerra”, Warren Buffett?

 

“Contro se stessi”, id.?

 

“E poi”, id. ?

 

O sono una furbata - il proverbiale “fare il furbo per non pagare dazio”?

 

Chi abbaia non morde?


spock@antiit.eu

Viricidi a Roma, nel Seicento

“Mogli avvelenatrici e mariti violenti nella Roma del Seicento” è il sottotitolo. Come dire una storia di “viricidi”. In esergo un “Le Donne sono state sempre un veleno della Natura!”, citazione dalla “Faustina”, il romanzo della figlia dell’imperatore Antonino Pio, del semi-dimenticato Antonio Lupis da Molfetta, attivo a Venezia nel Seicento. E subito dopo il bando pubblico: “Sabbato saranno impiccate in Campo di Fiore cinque donne artefici di veleno che uccideva senza darne verun segno”. Come nei casi di Poirot quattro secoli dopo. Il veleno era liquido, l’“acquetta”, una pozione non immediatamente letale, da somministrarsi a piccole dosi per più giorni.
Non un’epidemia. Un caso su cui la storica si è imbattuta in ricerche d’archivio, documentato dalle carte del processo, segreto. Di cui però dà il contesto. Con qualche precedente, che però non documenta un eccesso di avvelenamenti, né di venefici a opera di donne. Nella Francia medievale sono vittime degli avvelenamenti quasi sempre uomini, l’89 per cento. Ma tra gli autori dei venefici solo una su quattro è donna. “Nell’Inghilterra della prima età moderna”, Cinque-Seicento, “solo56 degli oltre 3.600 casi di omicidio presi a campione sono di avvelenamento”, e solo 34 ascritti a mano femminile. A Roma tra 1535 e 1630 il tribunale criminale esamina solo 29 casi di veneficio, su circa 3.500 procedimenti, di cui solo 11 vedono imputate donne, e per lo più in concorso con uomini.
Il caso qui documentato e raccontato si direbbe quindi unico. Ma poi un lungo capitolo intrattiene su “memoria e fortuna dell’acquetta!”. In tutta Europa, nell’immaginario e nella realtà. Benché il processo romano fosse stato segreto. Il “dopo” si direbbe, al contrario del “prima”, un’epidemia. Mentale e pratica. Una “Memoria” che è già un libro a parte, sulla formazione dell’opinione pubblica. E probabilmente sui tanti processi e le stragi di stregoneria, che imperverseranno oltralpe.
La ricostruzione del processo e della condanna è anche uno spaccato di Roma a metà Seicento. Della conformazione e la vita nella città. Specie nei ceti e gli ambienti popolari.
Una corposissima ricerca, con molti materiali d’archivio. Assortita da una bibliografia di 40 pagine.
Feci, specialista di storia delle donne in età modenra, Cinque-Seicento, specie a Roma, su “diritti e patrimoni”, su “linguaggi e politiche del diritto”, sulle strategie e pratiche di autodifesa, tratta la vicenda come una forma di autodifesa. Da mariti o avventurosi compagni violenti, e\o nullafacenti, e\o ubriaconi. Ma, poi, le donne sono state implicate, giudicate cioè colpevoli. La stessa storica dice l’acquetta “uno dei complotti tutti al femminile della storia”, anche se aggiunge “pochissimi”. Ma non era il secolo anche, come lei stessa ricorda, di Artemisia Gentileschi, di Cristina di Svezia, della Monaca di Monza? Cioè di una condizione femminile certamente svantaggiata ma non repressa - non una situazione da donne velate.
Simona Feci, L’acquetta di Giulia, Viella, p, 366 € 28

lunedì 31 marzo 2025

Secondi pensieri - 557

zeulig

Ambizione - “È solo i moribondi che sono liberi dall’ambizione”, Graham Greene fa dire al suo personaggio Dreuther, ricco, potente e svagato, in “Loser takes all”: “E loro probabilmente hanno l’ambizione di vivere. Alcuni mascherano la loro ambizione - e questo è tutto”.

Democrazia - È verità - le procedure (voto, rappresentazione, istituzioni) vengono dopo, tutte buone e cattive.

 
Digitale - “Una specie di Stato fallito” lo dice Giuliano da Empoli parlando con Stefano Montefiori del suo libro “L’heure des prédateurs” su “La Lettura”, “con dinamiche simili ovunque, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud alla Nigeria.”
Di Stato fallito nel senso del disordine organizzato: “Non è il mondo reale, democratico, che colonizza lo spazio digitale. Accade il contrario: è la Somalia digitale, con le sue logiche, le sue dinamiche, i suoi personaggi, a conzionare il mondo reale”.
Il problema è quel “reale”: non è più reale il digitale, più dello “Stato democratico”, cioè autocratico (burocratico)?
 
Eugenetica - È in essa che s’inquadra l’eutanasia: la buona morte nella buona razza. L’avviso cinque anni fa della Siaaarti, la società italiana degli anestesisti, di fare posto negli ospedali ai più forti prima che ai più deboli, minimizzato e anzi occultato in Italia, è stato ripreso in grande dai media Usa, dove è forte la teoria (e forse la pratica) della “buona morte”, o “morte misericordiosa”, in greco eutanasia: la morte con una spintarella, medica. Nella tradizione eugenistica, ormai secolare, della purezza della razza. Opera dell’avvocato Madison Grant, che la teorizzò in “The passing of the Great Race” - non di una corsa, automobilistica o podistica, ma della “razza grande”, nordica – nel 1916, e la mise in pratica promuovendo una serie di leggi: per l’immigrazione negli Usa, restrittiva per i latini, gli slavi e gli asiatici neri; contro la misgenation, i matrimoni interraziali; e per la “morte misericordiosa” dei poveri. Con l’amico e socio Theodor Roosevelt, poi presidente Progressista e Nobel per la pace, col quale fondò nel 1895 la New York Zoological Society, al fine di bloccare l’emigrazione dall’Est e Sud Europa e sterilizzare gli immigrati da quelle zone: italiani, iberici, balcanici.
Il blocco divenne legge, e la sterilizzazione fu libera fino a tutti gli anni Venti, fino a che la Depressione non la rese onerosa. La sterilizzazione dei poveri fu invece coatta e si praticò su larga scala, diecimila casi nella sola California. Il giudice Oliver Wendell Holmes jr., pilastro del liberalismo americano, e per trent’anni della Corte Suprema, fino ai suoi novant’anni, la autorizzò nel 1927, quando di anni ne aveva 86, anche per i “mentalmente disabili”. Bisogna temere i vecchi?
Le leggi americane in tema di immigrazione, razze, procreazione e “buona morte” furono studiate da Hitler, prima di varare le leggi razziali di Norimberga, contro gli ebrei e altre minoranze, e la legge denominata Aktion T 4, per l’eliminazione “indolore” dei minorati, fisici e mentali. Molto “Mein Kampf” si rifà esplicitamente a “The passing of the Great Race”.
Nell’autunno del 1935, dopo l’emanazione delle leggi di Norimberga, una delegazione tedesca di 45 professori di diritto sbarcò a New York per approfondire le leggi selettive americane, accolta con grandi onori. 
Una eco della crociata e delle leggi eugenetiche in tema d
’immigrazione si ha oggi nella proposta Trump di favorire l’immigrazione negli Usa dei bianchi del Sudafrica.

Nazione È la stirpe? Più diffusa, dacché rientra nel nazionalismo, quindi ormai da due secoli e qualche anno, dalla “rivoluzione” napoleonica contro gli Stati dinastici, è quella che si costruisce storicamente. Alexandre Koyrè ne sintetizza due elementi ricorrenti (“La quinta colonna”, p. 19 n. 8): “L’unità nazionale emerge dall’unità dinastica e la sostituisce; oppure si oppone all’unità dinastica e finisce per distruggerla; i legami religiosi rimangono e rafforzano o, al contrario, indeboliscono il legame nazionale - una minoranza religiosa è sempre sospetta”.

Ma, di fatto, passando cioè sopra all’ideologia della nazione stessa, o della liberazione napoleonica, non si sa - è discutibile - se ha fatto più per la nazione, per la liberazione dei popoli, il nazionalismo, p.es. i “primati” ottocenteschi, dell’Italia, della Germania, delle tante tribù slave, oppure il concetto monarchico, del re protettore dei suoi sudditi, della loro vita, della sopravvivenza, della libertà. P. es. nelle guerre di Giovanna d’Arco, della resistenza francese con l’occupazione inglese. O dello zar  di Russia contro Napoleone.


Storia - Si contesta alla commissione incaricata dell’adeguamento dei programmi scolastici di avere aperto le sue proposte con la frase: “Solo l’Occidente conosce la storia”. Con l’obiezione semplice, quasi ovvia, che è un’affermazione d’ignoranza (e l’India allora, e la Cina, e gli Inca e gli Aztechi, e il mondo intero?). Ma senza distinguere fra storia come eventi e storia come storiografia - ricostruzione e analisi (ragionamento) degli eventi. È possibile?

Non tutte le contestazioni sono “politiche” (tra destra e sinistra, conservatori e progressisti, e altre categorie giornalistiche), ci sono delle critiche anche “pensose”. Quindi abbiamo già smarrito anche questa, pur così semplice, fondamentale distinzione?


Verità - Si dice negli atti giudiziari “la verità a verbale”. La verità cioè evade nel segreto, è il segreto non segreto dei Carabinieri - dell’Autorità, o comunque di chi la “accerta”. È cioè un invito (un’apertura) alla rivolta, alla contestazione dell’Autorità.
 
Tradire è allora possibile, non solo rivoltarsi. Come lo è (stato) essere traditi, dai Carabinieri. E così lo spergiuro: è l’effetto della verità, che non vuole concorrenti.
Ma non necessario, molti si divertono senza malanimo, per superficialità o superbia.
Diverso è se si muore. La verità deve andare oltre la vita.

zeulig@antiit.eu



La guerra per il Canada e gli altri allargamenti Usa

Si accredita il Trump imperialista, che “vuole”, per ora, il Canada, la Groenlandia e Panama come unamerican, contrario alla tradizione americana. E invece le acquisizioni, per denaro o come semplici annessioni, sono ciò che connota gli Stati Uniti nella storia, degli Stati e anche degli imperi - compreso l’impero romano sul quale i padri della patria americana intesero conformare il Paese.
Il primo passo fu l’acquisto della Louisiana dalla Francia, nel 1803. L’ultimo l’acquisto dell’Alaska, dalla Russia, nel 1867 (per 7,1 milioni di dollari, che oggi ne varrebbero 120).
La Louisiana del 1803 non era lo stato di oggi, ma poco meno di un terzo degli attuali Stati Uniti, a sinistra del Mississippi, degli Stati Uniti originari, dal golfo (ex?) del Messico su fino al Canada. Lasciando fuori la Florida un alto, dall’altro i cosiddetti “territori spagnoli”, praticamente un altro terzo degli Usa oggi, con gli attuali Texas, Nuovo Messico, Arizona, Colorado, Utah, Nevada, California. Per sapere che cosa aveva comprato, il governo americano organizzò una grossa spedizione di scoperta, la Lewis e Clark,1804-1806 - una spedizione in pieno stile coloniale, con gente capace di leggere i quadranti, gente capace d’intendere le lingue locali, gente in contato con altra gente un po’ più avanti (le guide). La spedizione viene ritenuta ora l’atto di avvio della “corsa al West”.
La Florida è stata annessa poco dopo, nel 1812, ufficialmente per far fronte alle incursioni che da quel territorio gli indiani effettuavano negli Stati Uniti. Nello stesso anno si fece guerra all’Inghilterra per il Canada. In questo caso l’Inghilterra poté resistere, grazie alla flotta, e nel 1818 si fece un accordo per definire il confine al 49mo parallelo. Ma gli Stati Uniti continuarono ad allargarsi, anche con la forza, e sottrassero al Canada l’attuale Nord-Ovest, gli stati Oregon e Washington - acquisiti formalmente nel 1846. Altri tentativi - infruttuosi - di annessione del Canada si ebbero dopo la guerra civile, tra il 1865 e il 1870.
L’acquisizione dei “territori spagnoli” fu fatta a pezzi e bocconi nella prima metà dell’Ottocento fa fatta senza pagare. Con incursioni di bande armate, con l’introduzione di coloni, con la “difesa” dalle ostilità locali, degli indiani. Per il Texas si dovette fare una guerra contro il Messico, conclusa nel 1845.
Nella guerra di Fine Secolo contro la Spagna, la splendid little war del 1898, avviata in seguito all’affondamento a Cuba della corazzata in semi-disarmo “Maine” - un affondamento misterioso, forse un autoaffondamento - gli Stati Uniti si presero Guam e Porto Rico, insieme con Cuba e le Filippine. Un’ondata di rivalsa si suscitò in America “Remember the Maine! To Hell with Spain!”, che portò alla “splendida piccola guerra” contro la Spagna. Cuba si proclamò indipendente - ma fino al 1958 sotto protettorato americano informale. Le Filippine resistettero variamente, e nel 1946 ebbero riconosciuta dagli Stati Uniti l’indipendenza. Lo stesso anno le Hawaii, su cui gli Stati Uniti esercitavano da vent’anni il protettorato politico-militare, si offersero a Washington, come territorio americano - Pearl Harbour, che portò gli Stati Uniti alla guerra nel 1941, è nelle Hawaii.
George Washington vedeva i futuri Stati Uniti come “la creazione di un impero”. E subito dopo la nascista, il liberale Jefferson ne auspicava l’allargamento in quanto “impero della libertà”. 

C'è affarismo in America

L’America di Trump un secolo e mezzo fa? O è l’America di sempre? Ciclica naturalmente, con alti e bassi e deviazioni, come tutto, con aperture e chiusure, generosa e truce, onesta e corrotta, puritana e svergognata, democratica e non. Però, questo sì, sempre America dal destino speciale, non uno fra i tanti. Un po’ missionaria si direbbe - anche nel faceto Twain, di questo e altri libri.
“The Gilded Age” è il titolo, l’età dell’oro, ma non nel senso classico, dell’eden, in quello proprio, del materiale, della ricchezza. Un romanzo che ha dato il nome a un’epoca, gli anni 1870, che si sarebbero meglio detti in America della Ricostruzione, poiché successivi alla guerra civile, ma furono invece anni di corsa all’arricchimento facile e di corruzione. Gli anni delle due presidenze di Ulysses Grant (1869-1877), dell’affarismo, della corruzione politica, della “conquista del West”, violenta - lo stesso Twain, fra i tanti mestieri, aveva fatto anche il cercatore d’oro. Già sanzionata dal padre riconosciuto della patria poetica Walt Whitman, e successivamente da altro poeta celebrato, James Russell Lowell, nella “Ode al Quattro Luglio”.
Nel 1871 Whitman, già cantore dell’American Dream, del sogno americano o dell’innocenza, della natura e della purezza di spirito, aveva sporto denuncia con grande violenza verbale in quello che è considerato uno dei primi saggi moderni di politica comparata, “Visioni democratiche”.  Già contro il “partitismo”, contro cui si eserciterà la scienza politica di metà Novecento, “i partiti che usurpano il governo, selvaggi e voraci”. E contro il materialismo: “Non c’è mai stato qui, forse, più vuoto al cuore di oggi, qui negli Stati Uniti. I sentimenti genuini sembrano averci abbandonato”. Un appello ad “abbandonare i partiti; sono stati utili” ma “con viene non sottomettersi ai loro dittatori”. Contro l’affarismo si formò pure un partito, dei Riformatori Liberali, un partito d’opinione, e aristocratico, della deriva facendo carico alla politica di massa, cioè, in sostanza, all’egualitarismo, ma non isolato.
Il romanzo è molto altro, ma è soprattutto questo. È il primo romanzo di Mark Twain, scritto in tre mesi, così si vuole, e subito pubblicato. Tutto nel 1873. Scritto con l’amico Warren, giornalista introdotto e saggista, di famiglia puritana. Si finge scritto dai due amici su istigazione delle mogli, stanche delle loro lamentele sullo stato delle lettere in America: “Scrivetevelo da voi, il libro buono!” E tratta di molte cose: le famiglie, le “stranezze” femminili, la corsa al West. In una sorta di frenesia del fare, senza sentimenti morali - tanto più per il puritano Warner?
È un romanzo umoristico, quindi troppo lungo. Ma oggi risuona quasi contemporaneo.
Era uno dei vecchi volumoni Casini, curato da Luigi Berti, il dimenticato scrittore e poeta elbano, sodale di Luzi, Landolfi, Macri, negli ultimi sprazzi di Firenze, e di Quasimodo, traduttore importante di Dylan Thomas, Melville, Robert Penn Warren.
Mark Twain- Charles Dudley Warner, L’età dell’oro, Mattioli 1885, pp. 560 € 16
Elliot, kindle, pp. 670 € 9
Casini, pp. XII- 678 € 10,38

domenica 30 marzo 2025

Dazi e destre, rieccoli

Si ritorna a dazi e contingenti come un secolo fa, poco meno, a partire dal crac del 1929 e dalla Grande Depressione. E ai regimi autoritari, quanto meno di destra. Il crac economico, come sempre, a partire dagli Stati Uniti, dall’economia “libera”. L’autoritarismo in questo caso anch’esso americano, ma di origine, natura e diffusione più europea.
Negli anni 1930 erano una ventina i regini autoritari in Europa, sulla traccia aperta dal fascismo - o dalla rivoluzione bolscevica. Italia e Germania naturalmente, e Portogallo e Spagna, e Austria, Baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), Polonia, Balcani (Ungheria, Jugoslavia, Albania, Romania, Bulgaria, Grecia), la Finlandia, e la grande Unione Sovietica, comprensiva di Russia, Ucraina, Bielorussia, e il Caucaso (Armenia, Georgia, Azerbaigian).  
Oggi le destre europee non sono più “autoritarie”, sono tutte più o meo costituzionali, ma sono di destra, almeno nell’opinione pubblica se non al governo, una buona ventina dei 27 paesi dell’Unione Europea. Finlandia, Svezia, Baltici, Olanda, Portogallo, Ungheria, Slovacchia, Serbia, Croazia, Grecia, Italia. Con una forza crescente, e dominante nell’opinione, in Germania, Francia, Austria, Romania.

Grasse risate se scorrette

Il Feydeau più Feydeau che c’è, di equivoci e risate, resuscitato da

Rifici, a lungo assistente di Ronconi, e poi a lungo direttore della

scuola di teatro a Ronconi intitolata dal Piccolo di Milano. 

Seriosamente? Un adattamento geniale, un fuoco d’artificio

di invenzioni sceniche, mimetiche, dialogiche. Pareggiato

dalla semplicità: fondale e quinte ridotte a un semplice,

miracoloso, armadio. E un nugolo di equivocanti che

sono insieme comici, mimetici (trasformisti), saltimbanchi,

fini dicitori e anche musicisti. In un susseguirsi incalzante di

buffonate, da farsa. Scandito da scene da applauso, com usava nel

vecchio teatro.  

Feydeau nel 2025, tra woke, diritti, e correttezze - un autore e una

commedia per definizione scorretti? Eppure c’è. Prodotto da Lugano

Arte e Cultura - col Piccolo di Milano, certo. Dalla cui scuola

sono gli attori versatili, polivalenti, dicitori, ballerini, saltimbanchi,

mimi, cantanti, musicanti. Ma la prima risata, incerta, isolata, è venuta

dopo venti minuti. Il primo applause da scena madre, tiepido, dopo

un’ora. Il pubblico “impegnato”, come si diceva prima del 

woke, non riconosce più una commedia - grasse risate e molti applausi

s’immaginano in un’arena popolare, in teatro  da piazza.

Georges Feydeau (Carmelo Rifici), La pulce nell’orecchio, Teatro Il

Vascello, Roma