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sabato 16 settembre 2023

Cronache dell’altro mondo – sindacali (247)

Tre americani su quattro sostengono lo scipero proclamato dal sindacato Uaw, United
Auto Workers, secondo due sondaggi indipendenti, Gallup e Morning Consult.
È il primo sciopero in contemporanea contro i tre grandi fabbricanti americani di automobili, General Motors, Ford  e Chrysler-Stellantis. Non contro i fabbricanti giapponesi, sudcoreani e tedeschi in America.
Uaw sciopera per una piattaforma rivendicativa così composta: aumento della paga del 46 per cento; miglioramenti dell’assicurazione medica e pensionistca; ricalcolo degli adeguamenti automatici della scala mobile; abolizione delle gabbie salariali per i lavoratori anziani o principianti; settimana lavorativa di 32 ore pagata per 40 ore.
Il sondaggio Morning Consult dà due americani su tre a favore dello sciopero. Anche nella parte riguardante l’orario di lavoro, 32 ore a settimana pagate come 40.

New York in broccolinese

Un racconto curioso del 1935, pubblicato dalla rivista il 15 giugno 1935, riproposto per la ricorrenza della morte di Wolfe, il 15 settembre 1938. Curioso perché è uno scherzo, linguistico: scritto come era il parlato di Brooklyn novant’anni fa, italo-americano, in “broccolinese”.
Tre persone si ritrovano in attesa del treno a scambiarsi informazioni su indirizzi e destinazioni in Brooklyn, e ne nasce una babele. Da cui la considerazione finale, che Brooklyn è troppo grande o profonda perché uno possa conoscerla. Il racconto è nel linguaggio, scritto come è parlato, e cioè nell’inglese parlato dagli italo- americani.
Il linguaggio parlato nella narrativa non era una novità, la lezione di Verga era già in uso per gli afroamericani, o per gli americani del Sud – in Faulkner per ambedue le categorie. È un unicum questo dell’italo-americano. Non detto, i tre non si qualificano, ma i riferimenti topografici che li angustiano sono ai qaurteri che gli italo-americani abitavano a Brooklyn, e che ancora oggi abitano.
All’epoca Little Italy era dominante a Brooklyn. Da qualche decennio la città è “gentrificata”, ristrutturata per intellettuali e ricchi, con quartieri trendy, di locali alla moda, negozi e ristoranti di lusso, ma è stata a lungo la città satellite popolare di New York. Gli italo-americani mantengono una presenza ancora larga, come residenti, non più animatori, nel quartiere di Bensonhurst, e nella prospiciente Staten Island.
Tom Wolfe, Only the Dead know Brooklyn, “The New Yorker”, free online

venerdì 15 settembre 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto

Giuseppe Leuzzi


Nicola  Gratteri, nove anni fa ministro in petto del governo Renzi, segretario del Pd, viene portato alla Procura di Napoli dal centro-destra unito, contro il Pd. Destra e sinistra al Sud sono solo indicazioni.
 
Frequenti i nomi di origine, che si conservano, anche se, probabilmente, solo per inerzia anagrafica, burocratica, un nome è per sempre: i Lombardo, i Piemontese, i Napolitano, I Pugliese e i Calabrese in Calabria e in Sicilia, i Palmisano, Stillitano, Gallico, Siciliano in Calabria.
 
Insieme con la Versilia e la Romagna il Sud ebbe nel dopoguerra un boom turistico. D’avanguardia: Club Mediterranée a Cefalù, club Valtur a Nicotera, in Calabria, a Taormina il treno delle svedesi. Un turismo promozionato bene, con motivi d’attrazione, preso sovrastato dalla burocrazia, dal disordine, dalla sporcizia, dalle fogne, dalle selve di non-finiti. I club hanno chiuso, Taormina vive di turismo mordi e fuggi – con un po’ di zibibbo, in bottigliette falliche. Si discuteva in quegli anni dello sviluppo del Terzo mondo, di tecniche di accelerazione dello sviluppo. Al Sud certamente non è possibile: si può violentare, forse, una società composita, recente, non una tradizione.
 
Come si distrusse il risparmio
Non manca Corrado Alvaro di rivendicare , da buon “intellettuale della Magna Grecia”, il passato glorioso. Ma senza arabeschi, come “la più realistica tradizione del mondo”. E arpionato a una solida, ancorché breve, fulminante, sintesi storica dell’unità. Lo fa in “Memoria e vita”, lo scritto redatto nel 1942, in ricordo del padre, all’interno di una pubblicazione commemorativa che intitolò “Il viaggio”, titolo di un poemetto d’occasione, con la raccolta “Poesie in grigioverde” e altre liriche – il padre lo avrebbe voluto “poeta”, come scrittore non lo considerava.
La madre dello scrittore era di una famiglia di pastori, che erano i ricchi del paese. “Il nostro era un paese di pastori, più che di contadini, e aveva tutto l’Aspromonte pei suoi armenti,  ricco, prospero”. La famiglia della madre non voleva accettare il pretendente: “Quando si presentò mio padre, fu combattuto da tutto il parentado. Era un uomo a stipendio (era maestro, n.d.r.), e perciò considerato un cattivo partito”.
Su questa notizia Alvaro fa una digressione: “Coloro i quali pensano all’Italia meridionale come a una contrada che ha per ideale di vivere a spese dello Stato, riflettano a come è nata tale disposizione. Non è qui il luogo per tracciare quella storia dolorosa, né per dire come la nostra parte di meridionali nel miliardo annuo che fruttava l’emigrazione, assorbita dalle grandi banche attraverso il sistema delle piccole banche locali, adoperato per fondare la grande industria, e non precisamente da noi, fu alla fine distrutto attraverso le piccole banche che fallirono puntualmente travolgendo tanta economia meridionale faticosamente conquistata. Priva d’industrie, rovinata, divenuta un terreno di sfruttamento dell’industria non locale, al livello di poco più che una colonia, si capisce che la sola speranza fu il pane dello Stato. Dico queste cose brevemente per i signorini che reputano l’Italia meridionale economicamente e intellettualmente una contrada di moretti convertiti, dimenticando quanto sudore di sangue essa diede, e quando al pensiero italiano di veramente sostanziale, nell’orbita universale, da Vico a questa parte, fuori della retorica provinciale che tuttavia ebbe il tempo di guastare la più realistica tradizione del mondo”.
Le piccole banche “fallirono puntualmente", per non onorare i depositi.
Il matrimonio dei genitori di Alvaro si faceva nel 1894: ancora trent’anni buoni dopo l’unità il “posto” non era a premio. Il “posto” di Checco Zalone (“Quo vado?”) è un esito dell’unità, dell’impoverimento dopo l’unificazione. 
 
La questione pastorale – 2
Nel 1895, quando i genitori di Corrado Alvaro si sposarono, i pastori erano i signori del paese, San Luca: “I pastori e i loro anziani e capi abitavano una contrada alta detta il Petto. Erano ricchi, avendo “tutto l’Aspromonte” per i loro armenti – “le sorelle di mia madre furono date per l’appunto a pastori ricchi” (la famiglia della madre era di pastori).
Corrado Avaro lo ricorda nel 1942, nel memoriale in morte del padre, “Memoria e vita”. Ma già qualche anno prima, nel racconto “La cavalla nera” (apre la raccolta “Settantacinque racconti”, la sezione “Incontri d’amore”…), scherzosamente ma con severità, registrava un cambio radicale d’identità dei suoi concittadini, ora reputati emeriti ladroni. Quando i potamesi sbarcano in città (Potamia era il nome del paese fino al terremoto del 1592 che lo distrusse: fu ricostruito a valle, verso la costa, e chiamato col nome del santo protettore, la cui statua era rimata illesa nel sisma, ed era stata trasportata via dai paesani), “strilli, grida, richiami; si chiudono le porte e i cancelli di legno, si ritira la biancheria” messa ad asciugare, “si ritirano i sacchi dalle soglie delle botteghe…”. Con la sottolineatura: “Perché chiamarli ladri? Non hanno il senso della proprietà”. Sono pastori, abituati a prendersi ciò che vedono: “Non sono gente cattiva, i potamesi sono religiosi e fedeli, ma soltanto non distinguono tra la roba loro e quella degli altri…. Un potamese che andò a Napoli , credeva che le fioraie per la strada regalassero i fiori ai passanti”.
In pochi anni, chiusi i boschi e gli alpeggi dal demanio e dai latifondisti, i pastori che facevano la nobiltà del paese sono diventati abigeatari e violenti. I potamesi, spiega il protagonista del racconto a un suo compare, che come lui ha lasciato il paese molti anni prima, non pensano a quello che sarà – non hanno il futuro, i potamesi come tutti i pastori: rubano gli armenti e “non ci pensano, né ai carabinieri né all’arresto. Sono potamesi e i potamesi non pensano mai a quello che verrà”. Con l’omertà: “Sono bravi, troveremo la montagna deserta”, si dice il narratore, ”e siccome sono tutti d’accordo i potamesi, nessuno ci dirà di aver veduto un armento. O ci dirà di averlo veduto da tutt’altra parte. E poi si avvertono tra di loro, e l’armento si sposta di qua e di là”.
(fine)
 
La quarta mafia
Una quarta mafia si è provato qualche decennio fa a impiantarla in Puglia, chiamandola Sacra Corona Unita o qualcosa del genere. Non ha funzionato – si basava sul contrabbando, da ultimo di albanesi, che però se la cavano da soli. Ora è a Foggia.
Questo sito ha rilevato un mese fa una serie di iniziative di Foggia, delle istituzioni e dell’ambiente, per schivare la maschera del malaffare. Coprendosi col Kilometro Zero, polo tecnologico leader nazionale nel campo delle fonti di energia rinnovabili, e col Gargano, la Foresta Umbra, i pomodori, il grano, la bellezza e la produzione. Ma niente. “La Lettura” del “Corriere della sera” la incorona “capitale della mafia”. A
 Foggia, spiega, “si respira lo stesso clima della Sicilia di tanti anni fa” - che era invece di guerra, terroristica, e comunque senza paragoni: “Il 6 agosto 2018 «La Lettura» andò in Puglia per raccontare l’emersione furiosa di una nuova delinquenza in un diffuso disinteresse generale. Siamo tornati per vedere come stanno le cose. Male. Al punto che si respira lo stesso clima della Sicilia di tanti ani fa. «La mafia non esiste». Foggia 2023 come Palermo 1960”. Nel 2018 con tre articoli di Gianni Santucci, “La guerra di Foggia”, “La Gomorra del Gargano”, “Pioggia di bombe”, oggi con uno ampio di Alessandra Coppola, con il colonnello dei Carabinieri Miulli e il capo della Dda Roberto Rossi, e un’intervista di Santucci con lo scrittore Piernicola Silvis, ex questore di Foggia, foggiano.

È così che nasce una mafia, basta chiamarla. La società può fare tutto quello che vuole per sfuggire alla condanna, non c’è scampo. Manca solo il nome. Anche la cupola.
 
Cronache della differenza: Puglia
Raffaele De Giorgi, sessantenne di Squinzano, commissario tecnico della nazionale di pallavolo ora in finale al Mondiale, già parte della “generazione dei fenomeni” della pallavolo nazionale, tre volte campione mondiale, una volta campione europeo, é per tutti Fefé. Oggi non sarebbe più possibile, il diminutivo per raddoppio, come Fofò per Alfonso, Mimì per Domenico o Domenica, Cecé per Vincenzo, Pepé per Giuseppe, Sasà per Saverio, Totò per Antonio. Ninì per Antonino… - resistono Ciccio per Francesco e  Gigi per Luigi ma sono 
italiano. Il Sud non esiste nemmeno più nell’onomastica.  

 
Uno non fa in tempo a nominare Foggia, la sua campagna per l’onorabilità, che “la Repubblica” c’inzuppa il pane. Foggia dà un premio ad Alain Elkann - un premio letterario. Che però non ha pubblicato nulla di recente, il premio è al nome, sperando che i giornali del figlio diano una mano al rilancio? È probabile - le strategie di marketing devono anzitutto sorprendere il committente. Ma lo scrittore in viaggio verso Foggia s’è messo di malumore. Il grande nodo ferroviario della Puglia, verso Napoli e verso Bologna-Milano ha ridotto a bivio provinciale (via Casera, Benevento). E i suoi giovani compagni di viaggio a trogloditi. Su “la Repubblica”.

Il “treno per Foggia” di Alain Elkann ha avuto il merito per Paola Sacchi, su “Start Magazine”, di riportare alla memoria lontane vacanze, da ragazza, partendo da Orvieto, con “maman”, col padre in attesa. Foggia non è Orvieto, ma “è stata bombardata”. Ma l’hotel Vicolella, ai bordi del Gargano che cominciava a spuntare nel turismo internazionale, è ancora un ricordo lieto. E poi, nota, i ragazzi ciarlanti che distraevano Elkann dalla lettura viaggiavano in prima classe.

Cicerone parla del Salento, ora opimo, come di un paese perso, al di fuori di ogni commercio con il resto del mondo, e lo apparenta al montuoso, impraticabile, Bruzio. Nell’orazione “Pro Roscio Amerino” compiange “coloro che abitano fra i salentini o i bruzi, da dove posso ricevere notizie appena tre volte l’anno”.
 
Già in questo, e negli anni di Cicerone, Salento e Calabria erano appaiati: per la mancanza di vie di comunicazione, o perché recalcitranti alla latinizzazione? O fuori dal perimetro commerciale gli interessi con la Grecia fermandosi a Brindisi, e con la Sicilia intrattenuti via mare? La grecità perdurante nelle due regioni potrebbe essere stata trascurata per la sua scarsa incidenza nell’economia dell’impero – la Sicilia, granaio di Roma, fu latinizzata subito.
 
leuzzi@antiit.eu


Lo stupro avvelena gli affetti

Il racconto del titolo, che chiude la raccolta, è una variazione sul tema dell’amore nel matrimonio, tra la moglie sola in città, insidiata dal Direttore Generale, e il marito che la città non ama (la città è Roma) e vive in provincia - l’inizio di un romanzo che poi non fu scritto? L’amore nel matrimonio è il tema anche del romanzo breve che apre la raccolta, “I nemici” - subito dopo un flash d’avvio, “Frontiera”, una variazione sul mondo alpino subito dopo la guerra, dove il confine si sposta con gli eventi. La vita immaginata dalla sposa giovane come al cinema. Compreso il desiderio di avventura, che una notte le costa lo stupro. La stuprata si deve uccidere, secondo il vecchio “codice di onore”?, dopodiché il marito si vendicherà e la vendicherà sull’aggressore. Ma niente avviene: il marito salva disperatamente la moglie che si è buttata dalla finestra, e all’aggressore riserva solo disprezzo, un fallito, un miserabile. Nemici diventano i coniugi, indissolubilmente legati, e non dalla lege, l’uno immaginandosi dell’altro una parola o un gesto che potrebbe ma non verrà: “Così Teresa e Leoni impararono ad essere nemici, d’una inimicizia tranquilla e sicura come un amore, piena di abnegazione, di slanci improvvisi, di lacrime solitarie. Era un legame indissolubile come l’amore”. Nel mezzo il rimpianto: “Come compagni di viaggio li legava il fatto di essersi veduti logorare lentamente, un lieve logorio che avvertivano soltanto loro, come ognuno lo avverte su un oggetto prezioso che egli possiede. Amavano qualcuno scomparso nei loro anni…”.
Un altro piccolo tesoro dello scrittore dimenticato. Aneddoti semplici, ma sempre sapidi. Bizzarri anche, strani, ma sempre realisti. Di una scrittura gradevole, piena di colori e odori, ogni immagine un quadro composito. Semplice, senza preziosismi: di linguaggio ricco ma di costrutti semplici. Racconti ordinari e scintillanti. Di prima del diluvio, quando uno scrittore, uno maschio, poteva e sapeva entrare nel mondo femminile, specie quello complesso della prima giovinezza. Temi anche di mondi desueti. Il ragazzo che fa la realtà. Il ragazzo povero che non sa di esserlo e illumina il vicolo. La pietà religiosa. La fantasia infantile. I turbamenti adolescenziali. Il ricco sempre bislacco.
Corrado Alvaro, La moglie e i quaranta racconti, Bompiani, pp. 499 pp.vv.

giovedì 14 settembre 2023

L’immigrazione non è questione di polizia

“L’immigrazione al centro del dibattito politico”, apriva ieri “Le Monde”, un titolo a tutta pagina, a caratteri di scatola. Il presidente della Repubblica Macron ha annunciato una revisione delle leggi in materia. L’immigrazione in Francia, che da più tempo, sono quasi due secoli, e su scala incomparabilmente maggiore degli altri paesi europei ha sperimentato l’immigrazione di massa, l’esodo dall’Africa è un fatto che va studiato e risolto. Lo stesso giorno, o il giorno dopo, che la Germania, altro paese a forte e sperimentata immigrazione, notifica all’Italia, in tutta amicizia, che non riceverà più immigrati cui la burocrazia italiana abbia riconosciuto l’asilo politico o per motivi umanitari.
Il sottinteso del no tedesco, e della stretta che si annuncia in Francia, è che l’Italia, come paese di primo approdo, non è affidabile. Non solo nella concessione dell’asilo. I migranti economici, che sono la stragrande maggioranza, non vengono espulsi, per le lungaggini giudiziarie (i giudici dell’immigrazione sono come quelli degli affitti bloccati, che per venticinque o trent’anni non hanno mai aperto un dossier). E la vigilanza sugli indesiderati è lasca, cioè assente: una volta sbarcati in Italia, c’è libertà di movimento per tutta l’Europa oltralpe.
L’immigrazione è un problema serio. In Italia sotterrato sotto le cronache isteriche da Lampedusa, dell’hotspot, che non si sa cosa sia, che passa da 10 a 10 mila immigrati in un giorno – e degli inevitabili naufragi, veri o presunti. O sotto i blocchi alle navi di soccorso ong – divieto che i trafficanti pronti bypassano mandando direttamente a Lampedusa flotte di barchini, invece dei comodi trasbordi sulle navi ong al limite delle acque territoriali libiche o tunisine.  
Non si conosce l’Africa, che sta a un passo, e che pure molti europei frequentano. La politica è ignorante. La diplomazia inerte. La stampa d’informazione non si fa più. E gli studiosi si danno a occupazioni comode, repertoriare le specie floreali o animali, le tribù e le "lingue", anche i tesori scomparsi dell’Ashanti – l’Africa non rifiuta mai una storia che vi piaccia. Un mondo dove non ci sono, o sono rari, i regimi politici elettivi, e dove sono elettivi sono a partito più o meno unico, senza libertà di espressione. Dove la corruzione e, tra virgolette, normale. Tutta l’Africa, più o meno, è eleggibile per l’asilo, ma allora questo non è più un criterio.
Non ci dice nulla dell’Africa nemmeno la chiesa, e questo è assurdo. Perché la chiesa sa tutto dai vescovi, che in Africa ha numerosi, e dalle sue organizzazioni umanitarie, ex missionarie. Fare le anime belle e proclamare l’obbligo di accoglienza certamente non basta più a salvare l’anima - l’accoglienza è un business, per quanto miserevole. E non fa più buona impressione.
Non si conosce nulla, dopo un quarto di secolo, del traffico, che è organizzato. Sia in Africa, nell’arruolamento e nelle lunghe traversate fino al Mediterraneo, e poi negli imbarchi, sia in Italia. Dove molti sbarcati possono dileguarsi. Né i servizi italiani né quelli di altri paesi dopo un quarto di secolo di tratta dei migranti hanno provato a fare luce.
Dopo l’hotspot di Lampedusa la frase fatta è il deficit demografico. Che c’è, ma non si colma a caso. I flussi si programmano, impossibile non è: lo ha fatto la Germania, con i turchi e gli ex jugoslavi prima, poi con i siriani, gli iracheni e gli iraniani. L’Italia ha avuto i filippini, i rumeni, gli albanesi, i marocchini, le ucraine. Ma forse non lo sa nemmeno, non ci fa caso. Si è fatta una legge striminzita, vent'anni fa, la Bossi Fini, una legge di polizia, che non le garantisce nessun apporto utile, e quello utile, per esempio i nati in Italia e scolarizzati, li rifiuta – con la polizia non si governa l’immigrazione, come si fa a pensarlo?
A Bruxelles e Strasburgo è perfino peggio. Una settimana fa il “ministro degli Esteri” Josep Borrell ha scritto al suo collega per l’Allargamento e la Politica di Vicinato Vàrhelyi contro i “documenti d’intesa” singoli a protezione dall’immigrazione selvaggia con i Paesi nordafricani, perché il regolamento dice che vanno ratificati dalla Commissione Ue in seduta plenaria e all’unanimità. In chiaro: non dare i 100 milioni promessi al “dittatore della Tunisia” con il memorandum sottoscritto a Tunisi da Meloni, von der Leyen e il premier olandese Mark Rutte. Borrell è un catalano di nazionalità argentina, quindi può non sapere: ma qualcuno gli avrà detto che in Africa è impossibile non trovare “dittatori”.
Borrell pretende di parlare da socialista, e in questo senso ha ragione – spiega perché i socialisti, che un tempo sapevano come va il mondo, gestiscono ora in Europa la scomparsa, la propria. Martedì Iratxe Garcia, capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, ha chiesto la sospensione immediata dell’accordo – “esternalizzare la gestione della migrazione è un errore politico”. Come se si potesse “internalizzarla”. Il giorno dopo centinaia di “barchini” dalla Tunisia hanno depositato a Lampedusa diecimila migranti. Così Elly Schlein ha potuto commentare: “Pagare i dittatori per tentare di bloccare i flussi non blocca i flussi” -  
la solita battuta da social. I socialisti governano a Bruxelles e a Strasburgo con i Popolari, si capisce che i popolari cerchino un accordo con i conservatori - con Meloni (Orban è un popolare).

Problemi di base cazzulliani - 768

spock


“La sinistra italiana è l’unica forza politica al mondo che vuole tassare di più i suoi elettori”, Aldo Cazzullo?
 
“Nel nostro paese ci sono ancora molti fascisti e moltissimi che del fascismo non hanno un’opinione negativa”, id.?
 
“Che Marine Le Pen diventi presidente di Francia resta improbabile. Anche se non più impossibile”, id.?
 
“Che Alternative für Deutschland vada al governo in Germania è assolutamente da escludere”, id.?
 
“I governi perdono sempre  i referendum, è accaduto pure a De Gaulle e a Pinochet”, id.?


spock@antiit.eu

 


Destra e sinistra stile Ottocento

Un dibattito che si apre con una curiosa notazione di De Masi, il curatore del volume: “Per la prima volta nell’Italia repubblicana, tre partiti di destra hanno vinto le elezioni, stanno testando le loro strategie e governando”. E Berlusconi? Trascurato è pure il mondo - non una novità nella cultura italiana, ma qui è dirimente. In teoria non manca: alla prima riga della presentazione, prima di cancellare  Berlusconi, De Masi guarda al mondo, ma in questi termini: “A livello internazionale, dopo più di trent’anni, una nuova guerra fredda distanzia nuovamente l’Occidente dall’Oriente e rende conflittuali i reciproci rapporti”. L’Occidente? Una riflessione sul concetto sarebbe stata necessaria, parlando di destra e sinistra. Non c’è altro Occidente che quello americano. E qui manca: manca l’imperialismo americano, che pure è manifesto. Da ultimo con le propaggini islamiche, che poi si sono ribellate (Khomeini, Al Qaeda, il Gis, e le “primavere arabe” o della Fratellanza Mussulmana) – nonché delle “rivoluzioni colorate”, in Ucraina (arancione), Georgia (delle rose), Kirghizistan (dei tulipani). O la nuova guerra fredda in Ucraina, dopo quella contro il sovietismo, che fu l’ultimo respiro dell’Europa. Mentre la riedizione nel conflitto ucraino sanziona l’eclisse “storica” successiva dell’Europa, tecnologica, commerciale , militare e, con la fine del socialismo, anche politica.
Manca pure l’economia. Cose anche semplici. È di destra il referendum sulla scala mobile, che abbatté l’inflazione dal 23 al 3 per cento e difese i salari e i vitalizi? È di sinistra la politica economica produttivistica di Biden?  O la tassazione del risparmio, come è d’uso in Italia? O, a proposito dell’assente Berlusconi, la riforma delle pensioni del 1994, il famoso “scalone”, che il presidente Scalfaro sabotò con tutto il governo, che avrebbe allentato considerevolmente il nodo scorsoio del debito pubblico (la riforma che ora tanta Macron) era di destra o di sinistra? È di sinistra il rigore fiscale su retribuzioni e vitalizi, specie in tempi d’inflazione, e lo stillicidio di “patrimonialine” sulla casa e sul risparmio? È di destra o di sinistra una politica che riduce le risorse per le rendite e le amplia per la produzione? Ma anche teoricamente: Marx sopravvive, fallito il combattentismo della “classe”, dello Stato dei lavoratori, per il residuo hegelismo, cioè per il liberalismo , che bene o male lo animava nel profondo, un’idea di liberazione e di libertà.
Il libro nasce alla Scuola di cittadinanza del “Fatto Quotidiano”. La quale ha promosso in tema un ciclo d’incontri settimanali, dal 29 gennaio al 2 aprile, in un cinema centrale di Roma, il Farnese, ad accesso libero, ognuno articolato su due “relatori di alto profilo”, che presentavano una relazione di trenta minuti, e poi la discutevano con il pubblico per altrettanti minuti. E come è inevitabile in questi forum, la materia finisce per trovare tutti d’accordo. De Masi, che chiude la pubblicazione in parallelo con Veneziani, fa la storia della felicità, da Eraclito a Valéry, Koyré, George Braque e Juan Gris, gli scontenti del mondo qual è. Per poi trovarsi d’accordo col correlatore, corifero degli intellettuali di destra – l’unica differenza è che De Masi è ottimista e Veneziani pessimista.
Sono più i punti interrogativi trascurati che quelli a cui gli interventi rispondono. Che poi sono tre e tre: Dio, Patria, Famiglia, e Libertà, Uguaglianza, Felicità. Che peraltro suonano, e sono, categorie obsolete - ottocentesche.
Domenico
De Masi (a cura di), Destra e sinistra, PaperFIRST-Il Fatto Quotidiano, pp. 206 € 14

mercoledì 13 settembre 2023

Problemi di base di sostanza - 767

spock


 Ai tempi di Maradona il doping non esisteva – “Faceva uso di sostanze e io lo sapevo. Sono andato tante volte a casa sua perché non si presentava al campo. Dormiva e stava ridotto male, ma poi gli bastava un po’ di recupero e ci faceva vincere le partite anche se non si era allenato”, Corrado Ferlaino?

E l’antidoping?
 
E ai tempi di Lance Armstrong?
 
Perché si è voluto colpire Schwazer quando si fece seguire da Sandro Donati, artefice dell’antidoping, in Italia e nell’atletica mondiale?
 
Il Napoli di Maradona aveva una licenza speciale?
 
E la nazionale argentina, quella della mano de Dios?

spock@antiit.eu

La scoperta dell’Aspromonte

Un cumenda brianzolo si avventura in Calabria perché deve consultare per una decisione importante il fratello musicista, sperso nell’Aspromonte con la sua band. Il fratello si nega, e il cumenda si convince che è stato rapito, che presto gli arriverà la  richiesta di riscatto. Partono le ricerche – con i Forestali, altra specialità calabrese.  
Un’idea di Tonino Perna, il primo presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte, 2000-2005. Che dà l’occasione dieci anni fa a Hedi Krissane, già attore e documentarista di nome, di cimentarsi nel film a soggetto. Per un racconto soprattutto naturalistico e vedutistico: una sorta di scandaglio o anagrafe dell’Aspromonte, che cominciava a uscire allora dalle tenebre del terribilismo.
Hedi Krissane, Aspromonte, youtube, dvd, PrimeVideo

martedì 12 settembre 2023

Le cento scemenze della burocrazia Ue

Dunque, cento e più richieste d’informazioni al governo italiano da Bruxelles sulla vendita di Ita a Lufthansa. Richieste preliminari, prima ancora di avviare l’indagine antitrust. Richieste tutte sciocche, E qualcuna assurda. Tanto da far pensare a un boicottaggio della odiata Vestager e della sua direzione Concorrenza.
Può darsi. Tutto a Bruxelles può darsi, la logica è poca – ma, quando mai Bruxelles ha contestato o contrastato la Germania?
Si mette anche la questione Ita-Lufthansa sul piano politico, uno scontro o una vendetta contro il governo romano di centro-destra. O viceversa, del governo romano di centrodestra che sfiducia Gentiloni, il commissario italiano a Bruxelles che “non difende l’Italia”. Può darsi anche questo. Anzi, questo sicuramente avviene – questo, cioè che il governo di Roma critica il commissario italiano: Gentiloni è esponente di primissimo piano del Pd.
Ma di fatto i “cento e più” quesiti sciocchi e preliminari sono la rappresentazione finalmente in chiaro della commedia di Bruxelles. Che è una burocrazia. Cioè un potere pavido, che si difende – non sapendo e non potendo decidere – con la moltiplicazione dell’arcano.
Sono stai scritti repertori gustosi, in Inghilterra, in Germania, in Francia, sulle scemenze di Bruxelles. Solo in Italia la maestra di scuola, è qui lo scandalo.

Ecobusiness

Sul “Corriere della sera” Paolo Artemi può proporre una Bmw I 7, “Berlina completamente elettrica”, del peso di tre tonnellate, e costo da 150 mila euro – “a partire da”.


Si moltiplicano i volumi delle automobili, anche di piccola e piccolissima cilindrata, e il peso. Per consumare più combustile e creare più inquinamento? Su dice per la sicurezza. Forse per la propria, ma il peso e l’ingombro sono una minaccia per tutti gli altri. Bisognerebbe allora avere la patente di camionista, e gli stessi limiti di velocità - pick-up e suv per uso urbano sembrano una follia, e lo sono.


Si punta a una macchina nuova per tutti: elettrica. Un’idea geniale - o demoniaca se l’automobile è l’inquinatore massimo: obbligare il mondo, un miliardo, due miliardi  di individui, a comprare una macchina nuova. Il “tutto elettrico” è solo una sostituzione del parco automobili. Sarà sempre auto, con polveri e particolato, e il consumo del territorio, per strade e parcheggi – e di energie, alla guida veloce, alla ricerca del parcheggio, un esercizio di usura. Un business santificato, pagato, perfino, dallo Stato.

La donna al potere, tirannica

Un film forte, si va di corsa. Ma Cate Blanchett, già antipatica di suo, fa un’antipaticissima maestra – o si dice ancora maestro? – d’orchestra, la prossima prima donna (ma si vuole donna?) sul podio dei Berliner Philarmoniker, Lydia Tàr. Donna in carriera e quindi tirannica come tutti. Per di più essendo una donna americana, quella che un tempo si poteva dire virago. Anche se il personaggio dovrebbe essere europeo, germanico. Egoista con tutti, anche con le compagne e amanti.
La trama è troppo complicata, non si può semplificare. Basti dire che è una successione di atti d’imperio, in amore e nel lavoro. Blanchett, femminista capofila, già coppa Volpi e Golden Globe per questo film, è probabile prosimo Oscar. Ma fa di tutto, col regista, per dire - è la prima volta che Hollywood osa, sempre canonica, conformista - che le donne in carriera non sono diverse. Cioè non sono donne? Cioè, il femminismo non le vuole donne?
Le sue vittime e antagoniste sono donne per lo più, pure loro. Una prefigurazione sinistra. Anche le famiglie al femminile non sono diverse – non c’è il femminicidio ma perché non si sa come chiamarlo.  
Todd Field, Tàr, Sky Cinema

lunedì 11 settembre 2023

Problemi di base - 766

spock


“Se uno si ricorda tutto, non perdona mai”, Michela Murgia?
 
“La buona memoria è nemica della serenità, così come a volte lo è la verità”, id?
 
“Se sai sei, se non sai sarai di qualcun altro”, don Lorenzo Milani?
 
Non è perché muore che l’uomo è finito”, Simone de Beauvoir?
 
“Nessun genitore sano di mente opera per far crescere un figlio inquieto e teso”, Maria Pia Veladiano?
 
“Se un ragazzo non impara dalla strada è perché non ha la facoltà di imparare”, R- L. Stevenson.?

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Un paese di pastori nel primo Novecento, e il padre di Alvaro

Nel 1942, in ricordo del padre  venuto a morire che aveva costruito per lui “un futuro da poeta”, e quindi non ne apprezzava l’opera, benché di successo, Corrado Alvaro mise assieme un volume, con  le “Poesie in grigioverde (1914-1916)”, già pubblicate nel 1917, più 25 liriche sparse degli anni successive, 1917-1921, di persone e cose di famiglia e di paese, e il poemetto dell’anno precedente  che dà il titolo al volume. Ma, soprattutto, assortì la raccolta di un lungo ricordo del padre, “Memoria e vita”, con la famiglia, la madre, il nonno materno, i fratelli, le sorelle, la conformazione e gli usi del paese. Memoria è vita, si direbbe: il ricordo è affettuoso e riconoscente, malgrado la burberia di facciata, per l’uomo invadente.
Un documento anzi perfino commovente di rispetto filiale. Il matrimonio dei genitori era stato una mésalliance: la famiglia della madre, pastori, quindi ricchi secondo il catalogo censuario locale, assolutamente non voleva il piccolo dipendente pubblico. Il matrimonio si fece – “quando io nacqui mia madre aveva sedici anni”. Ma il nonno materno, alto, enigmatico, ammise poche volte alla sua presenza il nipotino Corrado, senza mai confidenza. Il padre passò la vita a farsi perdonare. Dopo morto, “scoprimmo che mia madre non sapeva quasi dove fossero le cose di cui disponeva la casa, poiché il marito ne aveva tenuto l’ordine  per quarantasei anni, cercando di non darle un solo pensiero né una cura molesta”.
Una memoria accurata anche della vita di paese, San Luca, sospeso tra la Montagna (Aspromonte) e il mare, estremamente interessante dal punto di vista storico. Una testimonianza a futura memoria e una sorta di indagine antropologica sul campo. Di un paese, un mondo, all’alba del Novecento. Degli adulti e dei ragazzi.
Il padre apre la scuola che non c’era – per imparare a leggere si è dovuto trasferire da uno zio, “che aveva una scuoletta”, sull’altro versante aspromontano, sul Tirreno. I fratelli del padre tutti emigrati, negli Stati Uniti e in Australia. Il pranzo di san Giuseppe, dei ricchi per i poveri. E il Carnevale, con l’inversione dei ruoli, tra i padroni ricchi e i poveri. La passeggiata serale di mano col babbo sull’aia vuota. La povertà della casa, che pure si voleva distinta. La povertà: “Non avevamo medici, né farmacisti, né avvocati”. “Senza botteghe”, altro che “un’osteria e un negozio di manufatti, tenuti da forestieri, gente di Amalfi” – anche qui gli amalfitani, nella miseria, come nell’opulenta Gioia Tauro sul versante opposto dell’Aspromonte. Il pane non si comprava, né i generi alimentari: “Ognuno aveva le sue provviste annuali d’ogni cosa che serve al vivere. Era una vergogna comperare il pane, il segno della vera povertà”. I tre figli maschi mandati a fare gli studi in collegio dai gesuiti a Mondragone, con varia artifci per riuscire a pagare la retta.
Una ventina di pagine, questo memoriale, ancora sorprendenti, ogni riga sapida. Vivo anche delle dinamiche paesane, tra rispetto e invidie, tra ricchezza (anomala: pastorale) e povertà. E per la caratterizzazione variamente articolata del padre, oltre che della vita di paese. Uno che “faceva tutto lui”, specie nei confronti dei figli, come della moglie. E scrivendo le lettere per tutti gli emigrati, era a conoscenza di tutti i fatti e segreti del paese. Un padre fisicamente gemello del figlio, e caratterialmente all’opposto, onnipresente, determinato, apodittico.
Anne-Christine Faitrop-Porta,  che si è assunta la fatica di recuperare editi e inediti di Alvaro, fa precedere “Memoria e vita” e le raccolte poetiche da una introduzione ampia, su due temi: “Corrado Alvaro poeta”, e la Calabria, “paradiso terrestre dell’infanzia” dello scrittore.  Che lo dice in “Memoria e vita”: “Avevo passato dieci anni in quel mucchio di case presso il fiume, sulla balza aspra circondata di colli dolcissimi digradanti verso il mare. I primi dieci anni della mia vita, e pure essi furono i miei più vasti e lunghi e popolati. Il paese era gramo e povero in confronto alla ricchezza del mondo, e a me pareva il più ricco e il più vario” - un paese che allora contava novecento abitanti. Correda poi “Il viaggio”, come organizzato da Alvaro , di altre liriche sparse, 62, e sei prose poetiche, da lei recuperate su varie pubblicazioni.
L’edizione si completa con una bibliografia delle antologie scolastiche curate da Alvaro, per ragioni “alimentari”, da lei con qualche difficoltà archivistica ricostruita, e con una bibliografia critica abbastanza nutrita.
Corrado Alvaro, Il viaggio, Falzea, pp, 315 € 18

domenica 10 settembre 2023

Ombre - 684

Il “Corriere della sera” pubblica in testata i messaggi di solidarietà al Marocco di Macron, di Scholz, e di Blinken (si vede che Biden se ne è dimenticato). Niente di Mattarella o Meloni. Provincialismo? Sì. Ma anche stupidità?
 
650 milioni ai procuratori del calcio nel 2023, una cifra enorme, di 200 milioni superiore al 2022. Solo per trattare il prezzo del cartellino, il valore del calciatore alla compravendita. Il 10 per cento di tutto il “valore” delle compravendite di calciatori nella stagione. Difficile non pensare che le direzioni sportive dei club che questo business favoriscono non ne siano parte, a Parigi, in Inghilterra e altrove.
   
È in Inghilterra, calcio degli sceicchi, che più di tutti si spende per i procuratori - in realtà mediatori (i procuratori veri fanno la parte umile, scrivono i contratti, i codicilli, le clausole). Poi, quest’anno, in Arabia Saudita, da sempre paradiso dei mediatori d’affari – un tempo si pagavano anche in oro, non remoto.
 
Abigail Disney, l’ereditiera supermiliardaria americana che vuole i ricchi tassati, “magnifica traditrice” per “Il Venerdì di Repubblica” che la magnifica, ce l’ha con Elon Musk. Ma solo per i razzi: “Non ho niente contro le gigantesche aspirazioni di Musk. Ma avete visto la forma fallocratica dei suoi razzi?”, chiede. Li voleva concavi? 
 
Si può dire la guerra in Ucraina l’ultima, ennesima, guerra fra cristiani: l’Europa e la cristianità si affossano insieme. Con la nomina del nuovo titolare della Difesa, l’Ucraina è difesa da un presidente ebreo e da un ministro della guerra mussulmano.
 
Ora si capisce la missione del papa in Mongolia: per parlare da vicino alla Cina. Il papa è convinto che Xi si può convertire, con la buona parola? Un buon uomo, di buone intenzioni?
 
Una seconda missione via Mongolia è possibile: la conferenza stampa al ritorno, in un viaggio lugo mezza giornata. L’aereo papale viaggia con i giornalisti.
 
Questa è una buona cosa: non ci sono altre occasioni per la gita a Chiasso dei giornalisti. Che pure sarebbe necessaria. Solo che quelli del papa sembrano di sacrestia: sanno poco o nulla del paese che vanno a visitare e comunque non gli interessa, devono solo fare la domandina alla conferenza stampa di ritorno, che hanno rimuginato per qualche giorno. E hanno ragione di lamentare il carico di lavoro: venti ore, o ventiquattro, di volo sono tante, senza contare i cambiamenti di fuso orario, per fare una domandina al papa.
 
Vannacci spia dei russi, questa è bella. Perché no? Solo lui? Perché ha detto la verità sui proiettili a grappolo, e a uranio? Ma è tutto qui quello che sanno i servizi di intelligence? Che costano tanto.
 
A proposito di Vannacci, che ne denunziò l’uso nelle guerre ex jugoslave, non si dice che gli Stati Uniti forniscono all’Ucraina soprattutto bombe a grappolo e proiettili a uranio impoverito. Cioè armi di difesa d’attacco, e antiuomo.
È singolare anche che fra i cento e più statì che ritengono queste proiettili illegali non ci siano, oltre gli Stati Unitil, né l’Ucraina né la Russia.
 
La Cassazione dice che il processo della Procura di Torino alla Juventus non si poteva fare, e semmai va rifatto, se la Procura di Roma lo ritiene fondato. Ma intanto il presidente del calcio Gravina e il suo giudice sportivo Chiné hanno condannato lo stesso club a una penale di svariati milioni – di decine di milioni. Ora, il calcio non è una cosa seria – Gravina? Chiné? entrambi poi al guinzaglio di Lotito… Ma i giudici di Torino, che dell’inchiesta hanno fatto mercimonio, tra illazioni, anticipazioni, indiscrezioni, pilotate? 
 
E dunque la Ue è il secondo maggiore importatore di gas russo, dopo la Cina. In forma liquefatta. Non è un segreto, ne dà notizia il “Financial Ties” sulle cifre uffciiali . E non è opera di Stati un po’ canaglia, tipo l’Ungheria: la Ue importa il gas liquefatto russo. Dopo aver bloccato con le sanzioni e interrotto con i sabotaggi le importazioni via tubo. Molto meno care. Le sanzioni si sa che costano di più ai sanzionatori che ai sanzionati, ma qui sembra che ci sia un mercato, che la Ue abbia favorito una borsa nera del gas.
 
L’ex ministro del Tesoro Gualtieri, ora sindaco di Roma, che ha lanciato il Superbonus, si difende dicendo: l’ultima finanziaria “da me varata, a fine 2020, prevedeva un debito al 151,1 per cento del pil. Oggi siamo al142,1, quasi dieci punti in meno”. No, Gualtieri ministro, l gennaio 2019, eredita un debito pari al 134,4 per cento. Nei due anni in cui è stato ministro il debito è salito al 155 per cento – esattamente al 154,8 per cento del pil. È disceso di dieci punti nei due anni successivi, dei governi Draghi e Meloni.

Inviati speciali nel destino - giallo filosofico

La premiata ditta si è presa una vacanza in Grecia, nell’estate del 1974, “inviata speciale” di Indro Montanelli direttore del “Giornale”, per scoprire il mistero dell’esistenza. E dopo varie peripezie, sull’Orient Express, come vuole Agatha Christie, e poi a Micene e Delfi, come vuole la tradizione mistico-turistica, ha prodotto un feuilleton estivo, a puntate sul quotidiano. Avendo sventato in partenza la corruzione di Cefis e Fanfani, che se li volevano comprare, come compravano tutto.

A Micene la coppia di detective speciali ha trovato “una  densità di Fato da tagliarsi col coltello”, tra assassinii, stupri, incesti, Eschilo non sapeva più che inventarsi. A Delfi si procede in fila, tanti sono i turisti dell’oracolo, per ritrovarsi in cima tra maghi e fattucchiere, tante bancarelle, col “biglietto della fortuna” – ma senza il pappagallo che lo peschi. Nel mezzo c’è la vacanza “tutto compreso”, eccetto gli extra – che sono tutto. Il telefono dell’epoca, che metteva in comunicazione a caso – uno chiamava la zia e gli rispondeva l’Enel. E un serie di novità estive, inventate dalla concorrenza - la missione segreta naturalmente pullula di spie. La Francia di Giscard d’Estaing ha adottato un ministero per la Qualità della Vita, che copre un ministero per il Vero Scopo della Vita. In Italia hanno istituito un Ente per la Ricerca Filosofica – “con 18.00 dipendenti, ma ogni Regione strilla per avere un suo istituto autonomo, dice che a Napoli l’esistenza la concepiscono diversamente che a Milano”. La Fiat “ha messo d’urgenza nelle buste paga un acconto sulla nuova indennità metafisica”. I comunisti “chiedono che venga sottratta all’iniziativa privata ogni manovra speculativa sul cosidetto destino”…  E altre amenità.
Dal campo trincerato ad Atene dell’Intourist, tra i turisti sovietici ivi detenuti una Ludmila Petrovna si fa strada tra le baracche al filo spinato, e mentre viene colpita a morte dalla torre di guardia lancia agli inviati l’estremo appello messo a punto dal suo gruppo di dissidenti metafisici: “Ma chi ce l’ha fatto fare?”. Ogni paio di pagine una sorpresina, come vuole il romanzo a puntate sul quotidiano. Compreso un compagno d’avventura inviato speciale del “Times” – per mettere “Il Giornale” di Montanelli allo stesso livello. 
Una divagazione, leggera e curiosa – filosofica di fatto. F&L passeranno per quelli che hanno fatto il giallo filosofico. Non tanto qui, dove si scherza, non ci sono disquisizioni, né situazioni di fatto metafisiche, ma nei titoli maggiori.
Futtero&Lucentini, Il significato dell’esistenza, edd. vv., pp. 127 pp.vv.