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sabato 10 settembre 2022

Problemi di base obituari bis - 715

spock 

Scalfari, Angela, Pasolini per il centenario, Gorbaciov, Elisabetta, ci consoliamo per loro o per noi?

 

O conta l’età - chi la dura la vince?

 

È l’età della terza età, anche nelle emozioni?

 

Non si crede più, solo ai morti?

 

Era il funerale arte gesuita (Gioberti), poi sovietica (Togliatti, Pasolini in morte), ora laica: non ci restano che i morti?

spock@antiit.eu

Elisabetta o della leggerezza

Per il matrimonio di Carlo con Camilla Parker Bowles la regina Elisabetta regalò una broadmare, una cavalla fattrice, racconta la biografa Tina Brown. L’equitazione era la passione della nuova principessa ereditaria, come lo era stata e lo era di Elisabetta.

Alla cerimonia, al castello di Windsor, la regina si assentò alcuni minuti, in una stanza appartata,  per seguire il Grand National, il più importante steeplechase inglese, che si correva quel giorno. Gli organizzatori lo avevano ritardato di 25 minuti su sua richiesta. Lo seguì in televisione, accanto a Andrew Parker Bowles, il precedente marito di Camilla.

L’aneddoto non vuole dire nulla, giusto l’inaffettività di Elisabetta, se non per i cavalli, e i corgi. E porre il quesito: perché tanto affetto invece, in tutto il mondo, per questa regina? Che di suo, in quanto capo di Stato, si è segnalata anche per non impicciarsi di politica, e neppure dello Stato, se non per quanto concerne prerogative, e obblighi, della famiglia reale. Se è un archetipo, un caso esemplare, è della leggerezza con cui ha attraversato i tanti drammi che ha vissuto, bellici, politici, etici, familiari. Da donna fortunata.

Giallo inglese, complicato e rapido

La morte di un padre tirannico nella più pura (complicata) tradizione inglese, di congegni che si attivano per simulare un suicidio. Indagata e messa a nudo da un’investigatrice ovviamente anch’essa inglese, Maria Black, come la “black Maria” dello slang della mala (il cellulare per  trasporto detenuti), un’occhiuta direttrice di una scuola per signorine, che per questo si trasferisce in America: il ricchissimo affarista morto odiato è ben suo fratello.  

Un niente, uno dei tanti plot di uno scrittore feracissimo negli anni 1940-1950, con almeno un centinaio di opere e serie tv all’attivo in meno di trent’anni di vita lavorativa, caduto nell’oblio con la morte precoce, nel 1962. Uno dei prodotti della vecchia Editoriale Garden, un tentativo, presto chiuso, di fare concorrenza al Giallo Mondadori – ora anch’esso in sofferenza, non c’è più romanzo che non si voglia giallo: tutto è giallo, anche il mondo.

Un racconto semplice. Lineare, salvo per il marchingegno mortale. Perfino prevedibile, ma pure abbastanza aggrovigliato da farsi leggere: è il “segreto” o ricetta del giallo inglese, complicatissimo nei congegni ma di situazioni e sentimenti semplici, e comunque di lettura. La scena madre è da Bud Spencer e Terence Hill, del futuro “Altrimenti ci arrabbiamo”. Con molti riferimenti musicali, che sono anzi la trama del tracconto: c’entra Caruso, che rompeva i bicchieri con la voce, e una soprano di coloratura con la stessa proprietà, Lucia Terrazzini, che sta per Lucia Tetrazzini, allora in grande spolvero. Gli ultrasuoni vocali, che si “sentono” sotto forma di vibrazioni, sono capaci di tutto: spaccano un vetro, rompono un filo, azionano un congegno - che ne sarà ora che, per eliminare le cuffie ma non perdere spotify, li faremo passare per le ossa, della mascella e del cranio.

John Russell Fearn, Black Maria

venerdì 9 settembre 2022

Problemi di base obituari - 714

spock

Quattro figli un po’ strani, per far vendere i giornali, e che altro?

Non crediamo più a nulla, solo a una regina?

 

E alle principesse – non a tutte, solo belle e tradite?

 

Non abbiamo altre fiabe che regali - scarse?

 

Perché le regine vengono bene nelle fiabe, anche quelle cattive?

 

Non sono uno scoglio queste regine nel femminismo?


spock@antiit.eu

La sinistra prigioniera dei vecchi vizi

Sono materiali di una polemica vecchia, di sessant’anni fa, 1963 per l’esattezza, che però sembrano ancora di oggi: il saggio di Eco “Per una indagine sulla situazione culturale”, che contestava la politica culturale del Pci, pubblicata sulla rivista ideologica dello stesso Pci, “Rinascita”, in due numeri successivi, il 5 e il 12 ottobre, la replica alle critiche di Eco confidata da Togliatti a Rossana Rossanda, e le contestualizzazioni dei fratelli Crapis, Claudio allievo di Eco e Domenico storico della cultura. Delle tesi Eco-Rossanda e del dibattito che seguì, per alcuni mesi, tra intellettuali e funzionari del Pci. Un libro già pubblicato cinque anni fa, a Bologna, con grafica e titolo da vecchia Editori Riuniti, “Umberto Eco e il Pci”, senza fortuna.

Il Pci è morto da alcuni decenni, ma la supponenza resta inalterata – ridotta, perché la “base” si restringe, ma contemporaneamente infettiva, contagiando il partito Democratico, benché a maggioranza ora cattolico, se non di sacrestia. Rossna Rossanda si era ricreduta già molti anni prima, ma la supponenza è la stessa, alla Rasi, sui giornali, nei partiti. Con la smorfia del complesso di superiorità, inscalfibile. Identici anche il “moralismo” dei “valori”, parole che Eco usava tra virgolette nel suo saggio.

Un libro sulla durata, si potrebbe dire. Ma non per ridere: sulla durezza, o inspiegabilità, della fede. Che eleva. È facile convincere, se è per elevare: succede agli ex comunisti come ai novelli islamici – di più alle novelle islamiche, felici nell’annullamento.

Claudio Crapis-Giandomenico Crapis, Umberto Eco e la politica culturale della sinistra, La Nave di Teseo, pp. 272 € 12

giovedì 8 settembre 2022

Niente petrolio russo per la Cina, prima della guerra

La Cina non faceva affari con la Russia prima della guerra all’Ucraina. O li faceva male. Il creatore e presidente della CEFC China Energy, Ye Jianming, fu arrestao nel 2018, dopo il fallimento dell’acquisizione da lui progettata del colosso petrolifero russo Rosneft, partendo da una quota del 14,16 per cento, contrattata per 9 miliardi di dollari con Glencore e la Qatar Investment Authority. Impossibilitato a pagare il convenuto, Jianming era uscito dall’affare con una penale di 257 milioni di dollari. Un esito che non piacque a Pechino.

CEFC China Energy era nata nel quadro dell’entrata della Cina in grande nel mercato internazionale del petrolio e dei prodotti petroliferi, in sostituzione progressiva del carbone come fonte di energia. Incaricata di espandere il mercato in direzione di alcune fonti di approvvigionamento: Russia, Oman, Romania, Georgia, Kazakistan. Ma si era unicamente distinta, fra il 2014 e il 2016, per una serie interminabile di acquisizioni nella Repubblica Ceca – tra esse perfino lo Slavia Praga, il club di calcio. Ye Jianming era collegato all’esercito (Esercito Popolare di Liberazione), le cui finanziarie sono specialmente aggressive.

Cronache dell’altro mondo - razziali 2 (220)

In contrasto con la critical race theory, storicamente la tratta atlantica degli schiavi africani viene per numeri in terza posizione, nel Sei e Settecento, dietro quella araboislamica, e le guerre tribali interne all’Africa – in base alla documentazione reperita e ricostruita dallo storico marxista americano Lovejoy.

“La schiavitù in Africa”, scrive Lovejoy, “e il relativo commercio degli esseri umani ebbero la loro maggiore espansione in almeno tre periodi, dal 1350 al 1600, dal 1600 al 1800, e dal 1800 al 1900”.
Lo schiavismo moderno è nato con l’islam. “Per più di 700 anni prima del 1450 il mondo islamico praticamente costituì l’unica influenza esterna sull’economia dell’Africa”. I jihad fecero subito molti schiavi, europei soprattutto e russi delle steppe meridionali, con qualche africano. Poi, cessata l’espansione attraverso il Mediterraneo, il serbatoio del lavoro servile divenne l’Africa. I primi commercianti europei di schiavi, i portoghesi, operavano per mercati islamici, in Nord Africa, più che per le piantagioni di canna da zucchero che si venivano creando nelle isole dell’Atlantico, Madeira, Canarie e Capo Verde.

La conquista coloniale fu facile – ancora Lovejoy – perché le istituzioni africane non c’erano più. Eccetto che in Etiopia, stato cristiano, non schiavista.

Antigone senza Hegel

Gli affetti e le passioni soccombono, come sempre, alla volontà del tiranno (lo Stato), ma questa non è arbitraria ed è perfino ragionevole. Drammi e tragedie continuano a prodursi nel contrasto. Tra la famiglia, che si radica nel divino, e il potere, che è contingente. Tra gli affetti e l’interesse. Tra la dimensione personale e quella sociale. 

La tragedia di Sofocle ha una singolarità (tematica, caratterizzazioni, contrasti) più complessa delle schematizzazioni che Hegel ne opera nella “Fenomenologia dello spirito”, e che ne hanno da allora condizionato la lettura: la legge divina e quella umana, la famiglia e lo Stato, il dissenso e la legge, gli affetti e la regola, e da qualche tempo il “femminile\maschile”. Giovanni Greco ne ha fatto una traduzione-riduzione che ridà corpo, nella forma di una candida di abito e ribollente Nika Perrone, e personalità a Antigone, sfaccettandone la personalità e insieme contenendone gli impeti. Sulla questione della sepoltura del fratello Polinice, morto in battaglia contro la sua città, il tiranno Creonte spiega ad Antigone sommesso che il diritto ha un senso più alto, anche a costo di personali tragedie – del vincolo sentito personalmente come insopportabile.

Antigone impersona l’inconciliabilità della legge col sentimento, così se ne suole dire. È di fatto una donna, gentile e animosa insieme, che lotta contro un apparato, di leggi e di potere, che trova ingiusto. Ma Creonte, il nemico e persecutore, che impone il dovere della legge, anche lui sa e sente tutto questo. Il tema sarà posto da Platone, molto dopo dunque Eschilo e la sua eroina, per mezzo di Socrate nel “Critone” e nel “Fedone”. Col Socrate storico si arriva all’opposto di Antigone, all’accettazione di una giustizia dichiaratamente falsa.

La giustizia è un potere mondano, la Giustizia, che può assolvere o condannare anche senza giustizia, in base alle leggi. Antigone è la coscienza individuale, il sentimento di ogni essere vivente, che può essere e può non essere in accordo con la legge, la quale invece si vuole astratta, impersonale. Ma il tiranno Creonte anche lui ha argomenti: è, deve essere, il garante di quell’ordine che solo può dare la pace e la giustizia. Ordine che, sappiamo, è mobile, nei fini e nei limiti (divieti, pene). Mentre la ribellione di Antigone è costante, i suoi presupposti lo sono. Si può dire Antigone in astratto (prescindendo dalla tragedia cui dà il nome) l’opposizione o antitesi alle semplificazioni che la legge implica. Il motore quindi del suo costante adeguamento, della legge.    

Una messinscena incredibilmente semplice, e insieme evocativa, che immerge lo spettatore nel dramma. Greco, autore di suo, è anche insegnante all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico. Con una compagnia dilettantistica, ha portato “Antigone” un anno fa a Segesta, nelle rappresentazioni suggestive dell’“alba” e del “tramonto”. E quest’anno nel Parco archeologico bruzio che sovrasta la scogliera di Palmi, entro la piccola cavea di un borgo recentemente riportato alla luce. La tragedia si enuncia e si svolge in piano con gli spettatori, sopra una distesa lattea. Con il solo ausilio dei canti e dei cori creati e interpretati da Daniela Troilo. La musica greca è un mistero, si sa, ma Troilo ne fa momenti sempre aderenti: una tessitura semplice e insieme robusta, con effetti da grand opéra, benché con il solo ausilio della sua voce.  

Sofocle, Antigone, Parco Archeologico dei Tauriani


mercoledì 7 settembre 2022

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (502)

Giuseppe Leuzzi

La casa al Sud

I paesi di emigrazione, cioè i paesi del Sud, da dove si emigra da un secolo a mezzo, sono doppi: quello vecchio, che sta in genere in alto, arroccato, per timore secolare di un qualche nemico, anche se in posizione rischiosa per frane e terremoti, in gran parte o del tutto abbandonato, e quello nuovo, in piano, in genere di grandi edìfici, a tre e quattro piani, in molti luoghi, specie in Calabria,  mai finiti. Non si recupera al Sud, non si restaura, e quindi c’è questa doppia anima dei paesi, o borghi come ora usa in termine franco-tedesco. Ci sono stati e ci sono, in Abruzzo, in Calabria, dei tentativi di rianimare i paesi vecchi, ma con poco esito: la “casa”, come deposito emotivo dell’emigrato e dei suoi aventi causa, è il paese, ma non l’edificio in cui si è nati e cresciuti. Non è un cambiamento da poco: si ritorna al paese, se si ritorna (spesso l’investimento è fatto per altri, discendenti o collaterali) con animus diverso, creando un ambiente diverso.

Vito Teti, teorico e testimonial della “restanza” – radici, tradizione, durata - non apprezza il tentativo di recupero o restauro, nei piani comunali di ripopolamento, con la cessione “a un euro” di case abbandonate. “Un’idea devastante” dice il recupero delle case abbandonate con nuovi titolari – le new town probabilmente rifiutando per il sentore di affarismo che accompagna le ricostruzioni, specie quelle pubbliche, post-terremoto o post-alluvione. Devastante sotto un duplice profilo. “Restituisce l’idea che la casa venduta al prezzo di un euro valga esattamente un euro”. Mentre, “sotto un profilo simbolico, è come svendere la memoria comunitaria”.

La “restanza” è progetto intricato – Teti si obbliga a ritornare spesso sul già detto. In epoca di nuove migrazioni, e in Italia per la prima volta dopo secoli di vasta immigrazione, le due esigenze vanno conciliate, di chi “torna” e di chi arriva. E si conciliano, malgrado tutto: lo spirito di comunità è oggi più vivo di prima grazie ai nuovi apporti. Nello sport, nelle arti, nella letteratura, nei social naturalmente, e anche nei quartieri e nei borghi.

Teti è anche contro i progetti di ripopolamento, specie a ridosso delle aree urbane. In Abruzzo, per dire, satellite di Roma con l’autostrada, in Terra di Lavoro di Napoli, in Cilento dell’asse Battipaglia-Salerno. Che invece sono realtà vive e vivificanti. Lo sviluppo è troppo facilmente dimenticato e anzi vilificato, mentre è il motore di ogni cosa – l’evoluzione, il miglioramento, la creazione di ricchezza: si può fare finta di deprezzarlo, il concetto e la pratica, ma a che fine? Le case dei padri e dei nonni rivivono, tornano a respirare, l’aria di oggi certo, non quella di due e tre generazioni fa. Perché non sarebbe valido, anzi entusiasmante, il progetto di rivitalizzare i centri classici come Riace con africani e asiatici – sia pure solo per entrare nel business dell’accoglienza? È già successo, in Calabria forse più che altrove, popolata di arabi e berberi, albanesi, ebrei di ogni provenienza, bizantini a lungo, e di latini certo, bruzi latinizzati – perfino Rohlfs aveva difficoltà a disincastrare e classificare le tante fonti del dialetto.

Teti parla di chi parte e chi torna come di un unico soggetto. Che può essere – tra gli intellettuali – vero. Ma non è lo stesso il paese, la realtà che si è lasciati e quella che si ritrova: le identità sociali sono in continuo e rapido cambiamento, specie in questo dopoguerra. Nell’arco di una vita è dato osservare almeno due cambiamenti radicali. Di assetti e, al Sud, dove il cambiamento materiale è più lento, di mentalità – si assorbono i comportamenti dominanti anche in mancanza dei presupposti materiali (economici, intellettuali, di saperi pratici) dominanti. Restare, cioè tornare, dopo lunga assenza, è duro. E per lo più improduttivo. Specie se si ritorna in età, con solo bagaglio i consigli da dare, che nessuno vuole.

Smog in montagna

La “conversazione jonica” di un lontano appunto

(http://www.antiit.com/2015/08/a-sud-del-sud-il-sud-visto-da-sotto-255.html)

è degenerata, sull’Aspromonte, sui Peloritani, nel basso salernitano, sul Pollino, in smog. Non che si veda, ma si sente: il respiro è faticoso, sotto l’afa d’estate - e nel freddo umido, lamentano tutti, l’inverno. Anzi no, si vede anche: già in autunno in passato è stato possibile vedere folate di nebbia che si alzano la mattina presto dalle valli, anche densa, ignote a queste latitudini fino a pochi anni fa.

Forse è per questo che nessuno cammina. A tutte le ore i paesi si attraversano deserti. Sembra impossibile ma in decine di paesi, attraversati a tutte le ore, non si è mai incontrato nessuno a piedi sulla strada. Per un’informazione bisogna fermarsi, parcheggiare, scendere davanti a qualche laboratorio o negozio. O è viceversa? Forse c’è l’afa nelle montagne al Sud perché nessuno più cammina, tutti si muovono solo in macchina, e si muovono sempre, anche per percorsi brevi e brevissimi, di pochi metri, i paesi più abbandonati sono aree di grande continuo traffico - e l’uso è diffuso anzi questa estate di tenere il motore della macchina sempre acceso, anche da fermi, per alimentare il raffreddamento interno. I paesi sono vuoti di persone ma pieni di macchine, in movimento, da ore di punta in città. Anche di donne casalinghe e giovani, che prendono un po’ d’aria con una girata in automobile, spesso due, tre e quattro girate in automobile, i percorsi nei paesi sono forzatamente brevi. È l’afa dello smog, anche se poco visibile nella bella stagione, di polveri e residui bruciati, volatili ma non troppo.

Camminare in paese è ora in effetti anche inutile. Oltre che rischioso e stancante, dovendosi fermare a ogni passaggio di automobile, cioè in continuo, per strade più spesso strette e dissestate, senza  marciapiede. Proprio inutile no, può servire a evitare i blocchi della circolazione – bisogna pure farsi una ragione. È diffusa infatti ovunque, nelle aree citate, la pratica della “conversazione jonica”: di due macchine che incrociandosi si fermano, perché i conduttori hanno qualcosa da dirsi. E non fuggevoli “telefoniamoci”, o “vediamoci stasera”. Sono conversazioni. Distese - dagli spezzoni captati riguardano un po’ tutti gli argomenti: gli impegni reciproci, la salute in famiglia, le lamentele, di salute o di lavoro o di amici\nemici comuni, le celie (queste ribattute, ribadite: lo humour meridionale è all’opposto di quello fulminante britannico).

Si va a Sud come a un mondo specialmente favorito, in questa epoca di ritorno alla natura e all’ambiente. Aria buona, acque limpide, alimentazione sana. E invece no. Si è già detto del gran numero di obesi, soprattutto fra i più giovani. Dovendo mangiare fuori, l’alimentazione comunque raramente è genuina, seppure di sapori semplici e forti – non si sa cosa si mangia, perfino le verdure sono surgelate. I paesi “nuovi”, in piano, vanno con le grandi catene alimentari e i centri commerciali – piazzali immensi, pieni di automobili, cui si accede per lunghe code.

I medici d’importazione

La Regione Calabria ha stipulato col governo cubano un accordo per 500 medici caraibici, poco meno, per un anno e mezzo, a 3.500 euro al mese, più alloggio. Erano cubani, in prevalenza, i medici nell’Africa “socialista” quarant’anni fa – oppure rumeni. Come aiuto allo sviluppo del blocco sovietico. Ma prendevano poco e niente.

Anche Puglia e Sicilia cercano medici all’estero, in Albania la Puglia, in Argentina la Sicilia. Alle stesse cifre – anche se nei paesi d’origine le retribuzioni sono molto basse. E questa è l’Italia. Che ha bloccato le assunzioni di personale dieci anni fa, ma per lo stesso personale, magari non qualificato, può spendere cifre folli. Per esempio per servizi ospedalieri in outsourcing, con finte cooperative di finti specialisti.

O, per restare alla medicina, bloccando ogni anno con numeri ristretti la formazione di medici. Di cui c’è ampiamente carenza.

Calabria

Si fa l’annuale maxi-retata di politici e ‘ndranghetisti in Calabria, ogni anno un’area, quest’anno Cosenza-Rende, ridotta a 200 plus, al netto forse delle omonimie, su denuncia degli interessi che il sindaco di Rende aveva defalcato dagli appalti pubblici per poca trasparenza. E di una pentita polacca, naturalizzata calabrese, del 2014.

Questa della polacca può essere consolante: il tempo non passa. 

 

“Sabato (3 settembre), sull’isola (Sicilia), si sono registrati complessivamente 6 sbarchi, con 537 persone”. È la cronaca nazionale della “Gazzetta del Sud”, in un articolo sulla (non) politica della ministra Lamorgese. Nella cronaca locale – il giornale serve soprattutto la Calabria – si registra in basso che a Roccella Jonica, nello stesso giorno, “nel giro di circa 16 ore sono sbarcati poco meno di 400 migranti”. Con l’aggiunta: “Nei primi 8 mesi del 2022 al Porto delle Grazie (Roccella, n.d.r.) sono arrivati circa 10 mila disperati”. Molti di più che in Sicilia, ma la Calabria non “fa notizia” - se non per gli arresti, in massa e naturalmente “eccellenti”, anche se poveri di condanne.

 

Si direbbe il luogo delle incompiute. Al Nord, al Sud, al Centro della regione ovunque cantieri fermi da anni e decenni, strade, gallerie, ponti, palazzi di varia destinazione (scuola, ospedale, uffici) di opere per lo più imponenti, mai terminate. E soprattutto case: si costruisce molto, molto in grande, case unifamiliari di tre e quattro piani, malgrado i terremoti, senza mai, quasi mai, finire. Un segno di provvisorio più che di speranza? Con la ruggine sì.

 

I palazzi giudiziari invece sono nuovi, grandi, disegnati da architetti, completati, e ben tenuti. I piani di costruzione trent’anni fa dell’allora ministro della Giustizia Martelli fa sono stati attuati speditamente – per i palazzi di Giustizia, per le carceri no.

Si costruiscono anche in tempi record, mesi, palazzi di Giustizia di metraggio sterminato, ”aule-bunker”, ogni volta che una Procura impianta un maxi-processo. Per desiderio di giustizia? Più probabile è che gli appaltatori siano giusti, non si denunciano fra di loro.

 

Il porto turistico di Saline, verso Capo dell’Armi, è completato da quarant’anni, e ora progetta (Pnrr?) di “infrastrutturarsi” con i servizi ai diportisti. Quello di Palmi, completato da quindici, non ci pensa – è un rimessaggio gratis.

 

Appena eletto il presidente della Regione Occhiuto ha messo fine al commissariamento disastroso della sanità, di commissari mandate da Roma, tutti più strani e incapaci dell’altro. Cioè ha preso su di sé i poteri commissariali. E ci ha preso gusto, evidentemente. Subito dopo ha deciso lui di commissariare la Calabria, i depuratori della Regione. Sono alcune centinaia, e quindi alcune centinaia di persone, nominate motu proprio dal presidente, avranno un ottimo stipendio - si discute se dovranno pagarli i comuni comprensoriali, in aggiunta agli operatori normali dei depuratori, oppure la Regione.Una ventina di milioni, l’anno.

 

Occhiuto commissaria i depuratori perché le acque reflue depurate non vengono riutilizzate, ma disperse. Se non che la riutilizzazione doveva essere opera regionale e non comprensoriale, con una rete di bacini e di condotte. La Regione ha strani modi di ragionare.

 

Inevitabile è nella vacanza in Calabria la deprecazione della Calabria, faticosa. Di amici, conoscenti, vicini (ombrellone, ristorante, caffè): non c’è calabrese che se ne esima, anzi tutti ne sentono il bisogno. Come di un paradiso perduto. Si stava meglio quando si stava peggio? È però vero che la democratizzazione non smette di produrre rifiuti.

 

Gioia Tauro ribolle di commerci, magazzini, negozi, centri commerciali, ogni anno le sue strade  commerciali si allungano di centinaia di metri, con edifici anche curati, come si conviene a una città di denari – forse più che a Milano… - o di eredi dei commercianti amalfitani che vi si sono stabiliti un secolo fa, col non trascurabile capitale mentale della vecchia repubblica marinara. In mezzo all’abbandono, di strade disselciate, marciapiedi impraticabili, rifiuti mai raccolti. Un caso da manuale di ricchezza privata e povertà pubblica. Dopo quarant’anni di antimafia – cioè di gestioni commissariali. Ha chiuso il vecchio ospedale, doveva farsene uno nuovo, non se ne parla.

Gioia Tauro è ricca e può pagarsi i commissari. Ma cos’è, una taglia? Dei prefetti, del ministro dell’Interno?

 

Non un solo personaggio, una personalità di carisma politico, come capolista in Calabria, solo nomi di fuori. I giudici Cafiero de Raho, uno che è stato tre anni a Reggio Calabria, e non usciva di casa per non contaminarsi, e Roberto Scarpinato, quello della “mafia di Dio”. Col solito Salvini. Però, una novità c’è, Mara Elena Boschi.


leuzzi@antiit.eu

L’Italia canta in italiano

Una curiosa ricerca dell’“Economist” su Spotify per misurare la diffusione dell’inglese scopre che l’inglese sta perdendo spazi in tutto il mondo - eccetto che nei paesi anglofoni – rispetto a trent’anni fa, quando “era dominante”.

Il settimanale non è nuovo a queste ricerche eterodosse: celebre è il suo indice annuale dell’inflazione per paesi da hamburger MacDonald’s. Tre anni fa, sempre su Spotify, ha individuato  febbraio come il mese degli ascolti più malinconici.

Gli ascolti sono stati suddivisi per tre grandi gruppi di ascolto: anglofoni, ispanofoni, lingue locali. Perfino nell’area anglofona l’inglese è meno usato nelle canzoni di successo (il campione è costituito da 100 canzoni da hit parade, n.d.r.), anche se di poco, scendendo dal 92 per cento al 90. Nell’area ispanofona è passato dal 25 al 14 per cento. “Nel gruppo lingue locali, in paesi con forti, indigene culture musicali - come Brasile, Francia e Giappone – l’inglese è declinato anche più precipitosamente, dal 52 per cento dei successi ad appena il 30 per cento”.

La ricerca dà l’Italia come il paese dove è più in uso nelle canzoni di successo l’italiano, con percentuali minime di spagnolo e di inglese.

 “The Economist”, What Spotify data show about t<he decline of English, free online


martedì 6 settembre 2022

La guerra non tocca la Russia – 11

La bilancia dei pagamenti russa registra ogni mese attivi record. Per l’effetto congiunto dell’aumento del petrolio e del gas, che la Russia esporta, e della contrazione parziale delle importazioni per effetto delle sanzioni europee.

Il pil russo registra un calo rispetto al 2021, ma limitato, del 3-4 per cento.

Le consegne di gas russo sono in calo per effetto delle sanzioni. E in Germania per problemi tecnici al gasdotto con la Russia – che le aziende occidentali già fornitrici dei ricambi confermano, ma solo in parte. La Russia sovietica era sempre stata partner commerciale affidabile. Anche nei momenti dì maggiore tensione politica con l’Occidente – mai la “cortina di ferro” si era applicata agli scambi commerciali.

In una bilancia ipotetica di perdite\benefici delle sanzioni, le “perdite” europee sono superiori a quelle russe.

L’indebolimento dell’euro che ne è derivato, ai minimi storici, penalizza ulteriormente l’Unione Europea, negli scambi con l’area dollaro, dominante nel commercio mondiale delle materie prime, come gli idrocarburi e i minerali rari.

Cronache dell’altro mondo – poliziesche (219)

La giudice federale che aveva pubblicato la prima lista dettagliata dei materiali confiscati dall’Fbi nella incursione sulla residenza di Trump in Florida l’8 agosto, Aileen Cannon, ha deciso di affidare a un esperto indipendente l’esame della documentazione sequestrata dall’Fbi nel raid. Sottraendola  all’Fbi, e al ministero della Giustizia cui l’Fbi a capo. Per una questione di “equità e probità”.

La decisione è stata presa su ricorso di Trump. Per ristabilire, spiega la giudice, “almeno l’apparenza di equità e probità” dell’affare: “Ai sensi dell’equa giurisdizione e dell’inerente autorità di controllo della Corte, e rispettosa del bisogno di assicurare almeno l’apparenza della equità e probità sotto le circostanze straordinarie rappresentate, la richiesta della parte lesa è accettata in parte” – così la giudice motiva la sentenza.

Nominata giudice federale da Trump in Florida, Cannon è entrata in funzione il 13 novembre 2920, dopo la sconfitta di Trump a opera di Biden.

La chiesa dà ragioni

Il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti cui è toccata la redazione della sentenza che riporta agli stati della federazione il potere legislativo sull’aboto, Samuel Alito, fu nominato nel 2006 dal presidente Bush jr. con la fama di conservatore moderato - metodico, attento, e non ideologico. I cambiamenti culturali degli anni successivo lo avrebbero poi reso “semrpe più deluso e arrabbiato”. Specialmente per l’aspetto secolarizzazione, con la marginalizzazione, e perfino la persecuzione giudiziaria, di persone per via delle loro credenze religiose. Per esempio in materia di matrimoni omosessauli. La sua radicalizzazione sarebbe stata completata, secondo il settimanale nella presentazione del suo intervento, dalle nomine alla Suprema Corte di Trump, i giudici Brett Kavanaugh e Amy Comey Barrett. La sentenza che rivede la decisione di cinquant’anni fa sul diritto di aborto, Roe vs. Wade, delendando la materia ai singoli stati, lo testimoerebbe, per tono, tempestività e sostanza.

Il “New Yorker” così commenta il discorso che il giudice ha tenuto a Roma il 21 luglio, alle assise speciali della Notre Dame Law School, la facoltà di Legge dell’università cattolica Notre Dame, intitolate “Notre Dame Religious Liberty Summit in Roma”. Un convegno per analizzare e garantire le libertà religiose. Il nostro paese ha il merito, esordisce il giudice americano, di aver reso “possibile una riuscita e stabile società nella quale gente di fedi diverse vive e en lavora insieme armonicamente e produttivamente. Questo è stato sicuramente un successo storico”. Ma, aggiunge subito, come Roma ci rende chiaro con le rovine del suo impero, niente è permanente. Ricorda i tanti casi di persecuzioni in corso per fedi religiose non tollerate, i Copti in Egitto, i Cristiani in Nigeria, gli Yazidi in Iran, gli Uiguri in Cina. E il motivo è che la libertà religiosa è libertà. “La libertà religiosa è sotto attacco in molti posti perché è pericolosa per coloro che vogliono il potere totale”. In un quadro generale in cui il fattore religioso non è più ritento importante.

La libertà religiosa promuove la tranquillità domestica, ha insistito Alito, e apre la possibilità per popoli diversi di prosperare insieme. La libertà religiosa ha anche alimentato le riforme sociali – per esempio i movimenti contro la schiavitù: “La società civile può contare sulle persone religiose come motori di riforma”. La libertà religiosa è anche strettamente legata alla libertà di parola, e di associazione.

La lezione di Alito si chiude con un aneddoto, di una conversazione con uno studente dell’università di Pechino. Lo studente era cresciuto in una città cinese che, per un insieme di ragioni storiche, aveva parecchie chiese. Quella cattolica vi era nota, disse, come “la chiesa che dava ragioni”.

Samuel Alito, Religious Liberty. “The New Yorker”, free online

lunedì 5 settembre 2022

Cronache dell'altro mondo - protezionistiche (218)

La legge voluta dal presidente Biden a Ferragosto per accelerare il passaggio della circolazione automobilistica all’elettrico applica i vantaggi fiscali previsti solo alle auto fabbricate in America.

Nel 2022 solo per 21 modelli si avrà diritto al sussidio, tutti americani. La legge in pratica alza una barriera alle auto europee e asiatiche non fabbricate negli Stati Uniti.

Non solo l’assemblaggio, anche la componentistica deve essere americana per avere accesso al sussidio di 7.500 dollari introdotto dalla legge. In particolare, nel 2024 avranno accesso al sussidio solo i veicoli che abbiano i “componenti per batteria” non prodotti o assemblati “da un’entità straniera”. Che s’intende la Cina. Ma il divieto vale anche per le auto importate dall’Europa, specie dalla Germania - vi esporta mezzo milione di auto, in aggiunta alle 800 mila prodotte annualmente negli Stati Uniti.  Nonché dal Giappone o dalla Corea del Sud. Fiat-Stellantis dovrebbe proteggersi con la produzione Chrysler.

Entro il 2025 le batterie  fabbricate in America devono escludere “minerali critici” estratti, processati o riciclati da paesi stranieri. Da qui al 2025 una percentuale crescente di questi materiali dev’essere americana, o di “selezionati partner commerciali”.

L'Africa senza rimedio

“Si stima che in 48 dei 55 paesi africani i palazzi governativi di fattura cinese siano 186, e che, secondo uno studio della Johns Hopkins University, dal Duemila Pechino abbia investito nel continente 148 miliardi di dollari, “con una spesa, secondo alcuni dati, che supera quella di Asian Development Bank, Commissione europea, Banca Europea per gli Investimenti, International Finance Corporation, Banca Mondiale e G 7 messi assieme” – Marco Del Corona, “La Lettura” 4 settembre. Con che esito?

In aggiunta alla Cina, altri investimenti, in palazzi, moschee, strade, campi da gold e da polo, di dimensione probabilmente analoga, sono stati effettuati dai paesi della penisola arabica, nel quadro della politica di islamizzazione del continente. Anche questi senza esito, se non di costruire una classe di arricchiti, “emiri” – i vecchi chiefs – e altrettali.

L’Africa sembra un grande tubo digerente in grado di far passare tutto senza esito visibile. Dei sessant’anni dalle indipendenze, poco resta. E in molti casi, alla Costa d’Avorio all’Uganda, in peggio.

Sherlock Holmes non ha naso

Sherlock Holmes superstar in America, anche nel villaggio più remoto, di minatori abbrutiti, viene vergognosamente sconfitto, in una sfida al colpevole, da un ragazzo. Con uno strumento semplice, l’odorato, più sensibile di quello dei cani – coltivato, utilizzato coscientemente. A questo Conan Doyle non aveva pensato, sembra dire sornione Mark Twain: con l’odorato ogni traccia è “visibile”, e affidabile, molto meglio delle elucubrazioni cervellotiche – che qui gli fa esercitare in astruse ridicole certezze.

Il racconto è doppiato dalla vicenda personale del ragazzo, che sembra di oggi. Figlio di una madre violentata e abbandonata, il giorno dopo le nozze, da un marito violento, viene inviato dalla madre, a una certa età, alla ricerca del padre a lui ignoto, per una giusta vendetta.   

Definito una “novelette”, un romanzo breve, è disponile online in originale, ma non a stampa nemmeno negli Stati Uniti. In traduzione è stato pubblicato da Garden Editoriale – che poi ha cessato le pubblicazioni – come “Giallissino Estate” del 1987. In una traduzione ancora più vecchia, con tanto di “camerati” invece di compagni, di bevute, di fatica.  

Mark Twain, Sherlock Holmes battuto

A Double Barrelled Detective Story, free online

domenica 4 settembre 2022

Letture - 498

letterautore

Cancel culture- Emilio Isgrò, l’artista delle “cancellature”, ci vede “una particolare forma di decadenza occidentale. La mia cancellatura è concettualmente ed esteticamente il contrario: distruzione apparente, custodia reale, silenzio dell’anima, desiderio di nuove verità”.

Conan Doyle – Passa in tarda età agli spiriti e alle fate per l’eredità del padre “squisito pittore visionario minato dalla follia dall’alcolismo, la cui vena allucinatoria e antimondana coverà, tenuta a bada, nel più solido figlio”, che, “giovane scozzese di antica famiglia irlandese studia, viaggia. Scopre le sue vocazioni – dapprima medico, poi scrittore – e si sposa”: “La farà affiorare senza pudori negli anni del declino, quando si immergerà tra spiriti e fate (pur se con pretese di razionalismo scientifico)” – Sandro Roffeni, introduzione a A .C.Doyle, “Il demone dell’isola”.

Umberto Eco – Cominciò l’attività divulgativa sull’“Avanti!”, il giornale del partito Socialista, e sul “Corriere della sera”, da filosofo tomista e funzionario editoriale e Rai, consacrato nel 1962 dal successo di “Opera aperta”. L’anno dopo la collaborazione sul “Corriere della sera” cessò, dopo la polemica col Pci (sul settimanale del Pci, “Rinascita) sulla politica culturale – Eco rimproverava al Pci, in puro Eco, la “persuasione segreta che l’ideale per il proletariato rigenerato sia una lettura di poeti ermetici, ma a causa di alcune sfortunate circostanze ci si piega a trattarlo da coloniale sottosviluppato”. Eco non vorrà più riprendere la collaborazione col quotidiano, benché corteggiato da Barbiellini Amidei e Nascimbeni – per tornare sui giornali aspetterà il successo di “Repubblica”, dopo gli occasionali contributi al “Manifesto” – animato tra  tanti da Rossana Rossanda, sua oppositrice, per conto di Togliatti o del Pci, nel dibattito del 1963 su “Rinascita”.  

Erotismo – Compare nei romanzi inglesi a fine Ottocento: Wilde, “Il ritratto di orian Gray”, Stoker, “Dracula”, Arthur Machen, “Il Grande Dio Pan”, Arthur Conan Doyle, “John Barrington Cowles”.  Opera di scrittori per altro non inglesi ma irlandesi, scozzesi, gallesi – fino naturalmente all’intronizzazione con l’“Ulisse” di Joyce, irlandese ma giusto in tempo, con l’indipendenza dell’Eire, per non figurare scrittore inglese.

Hemingway – Omerico lo vuole Matteo Nucci al festival della Mente di Sarzana: “Lo scrittore americano, fra i più imitati del Novecento, fa uso, probabilmente senza accorgersene, delle tecniche narrative con cui Omero descrive il movimento degli essere inumani nello spazio. Descrizioni dettagliate e prive di commento in cui domina l’omissione del centro, del motivo principale, del cuore della storia. Il modo più efficace, dunque, per superare lo spazio della scena entrando in un’altra dimensione”.

Perché senza accorgersene? Gli scrittori americani sono fra i più colti della specie..

1963 – Uscivano quell’anno – e la lista è di Bartezzaghi per spiegare la polemica di Umberto Eco col partito Comunista (sul settimanale “Rinascita”, dello stesso partito) è incompleta – “La cognizione del dolore” in volume, di Carlo Emilio Gadda, “Fratelli d’Italia” di Arbasino, “Lessico familiare” di Natalia Ginzburg, “La tregua “ di Primo Levi, “Libera nos a Malo” di Meneghello,”Marcovaldo” di Calvino, il “Pinocchio” di Carmelo Bene, “8 e 1\2” di Fellini, “I mostri” di Dino Risi, “Il Gattopardo” di Visconti, “Le mani sulla città” di Rosi, il “Diario minimo” di Eco, la “Storia linguistica dell’Italia unita” di De Mauro. E a Palermo si lanciava il Gruppo 63, preceduto, accompagnato e seguito da forti polemiche.

Montale – Pettegolo, come lo rappresentava Arbasino già nel pro “Fratelli d’Italia”, 1963, senza nomonarlo, lo dice espressamente Emilio Isgrò a Paolo Bricco sul “Sole 24 Ore” oggi, ricordandolo a Venezia, dove Isgrò era giornalista: “Passavamo ora e passeggiare su e giù per i ponti e le calli, lui sottobraccio a me, impegnato a parlar male, con affetto e stima però, di Quasimodo e di Ungaretti”.

Sherlock Holmes – “Muore” in Svizzera, dopo che nel 1893 muore il padre venerato di Conan Doyle, e la moglie dello scrittore, Louise, data in fin di vita dai medici per tubercolosi, si cura (e sopravvive) in Svizzera. Una morte “sostitutiva”, la Svizzera o non la decisione di Doyle di cambiare vita?

Ha tre “vite” di fatto, anzi quattro. La prima è dei racconti 1880, fino alla “morte” in Svizzera, “Il problema finale”. Poi Conan Doyle si fa romanziere storico, delle guerre napoleoniche soprattutto, nonché politico imegnato in Africa – nonché due volte candidato in patria per il partito Conservatore, senza fortuna: è corrispondente di guerra tra i dervisci del Sudan, e medico di campo e cronista della guerra anglo-boera (collega di Churchill), denunciatore del regime coloniale belga in Congo, patrono a spese sue delle vittime di errori giudiziari. Sherlock Holmes lo risuscita una prima volta tra il 1902 e il 1905, col breve romanzo “retrodatato” “Il cane dei Baskerville” e con un’altra serie di racconti, che partono dalla “resurrezione” ufficiale. Una terza vita, più pacata e prosaica, ha durante la Grande Guerra, tra il 1915 e il 1917. E un ultimo sussulto dieci anni dopo, in piena epoca “spiritista” del suo autore, quando è diventato antipatico, e prende formalmente congedo, insieme con Watson. 

Prende il nome da Oliver Wendell Holmes? È più che probabile, Conan Doyle ammirava lo scrittore americano, In un racconto ne fa anche un calco, “John Barrington Cowles”, prendendo il soggetto a prestito da  una romanzo di Wendell Holmes, “Elsie Venner”, del 1861. Ma il soggetto era comune anche all’ora “italiana” di Hawthorne, “Il fauno di marmo”, pubblicato nel 1860 – innamorato e pretendenti perdono il senno e la vita per oscuri malefici, o la torbida personalità, dell’amata-o.

Quello di Mark Twain, della parodia “Sherlock Holmes battuto”, è una sorta di Davy Crockett, che gira per l’America, anche rurale, anche tra i minatori ubriaconi, come uomo di spettacolo, benché riservato. Uno “spirito puro, poiché egli è morto già quattro volte! Tre volte è morto naturalmente e una accidentalmente”. Che esala un odore di umidità glaciale e di tomba”. Ha  anche “i baffetti”.

Vendetta -  Quella letteraria perfetta si può dire la vicenda della sparizione di Agatha Christie per undici giorni, su cui un ennesimo romanzo viene ora intessuto, “Il caso Agatha Christie”, da Nina De Gramont. Il marito le annuncia il divorzio, partendo per il week-end con l’amante, la sua segretaria, e Agatha Christie parte all’improvviso a sua volta. Finge un incidente di macchina mortale, tale da allertare tutte le autorità britanniche, nazionali e locali, e dopo undici giorni di suspense si fa trovare in un albergo, dove si era registrata undici gironi prima, con il nome dell’amante del marito. Molto fine, molto gelida, riaffermazione della propria superiorità - il romanzo non dice, né i romanzi che sulla vicenda lo hanno preceduto, che fine ha fatto il marito, con la nuova compagna, ma la distanza è stata segnata indelebile, nel momento di maggiore difficoltà (si direbbe debolezza, ma non nel caso di A. Christie).

letterautore@antiit.eu

Cronache dell’altro mondo – poliziesche 2 (217)

Forse in linea con la nuova militanza del presidente  Biden, l’Fbi continua la campagna contro Trump. Ma ambiguamente.

Dopo la perquisizione della casa di Trump non ha prodotto segreti che Trump custodisse arbitrariamente. Ha diffuso una foto di Trump con una truffatrice – un vecchio selfie di una delle tante frequentartici del suo golf club. E una foto di carte abbandonate per terra, per dire che Trump non custodiva le carte - una foto di studio, di nessun valore probatorio, se non contro  l’Fbi stesso.

Il giudice che ha ordinato la perquisizione si è eclissato. Il ministero della Giustizia, che potrebbe e dovrebbe agire contro Trump autonomamente con una incriminazione, si astiene, mentre alimenta voci di sospetti.

Nei commenti dei maggiori giornali, schierati per il partito Democratico, dal “New York Times” al “Wall Street Journal” di Bezos, l’opinione è ora che il raid di Mar-a-Lago ha rilanciato politicamente Trump. Un raid militaresco, con trenta uomini, sotto il, cappello di un mandato senza reale motivazione, di un giudice trovato all’ultimo momento – un giudice dichiarato anti-Trump cui il ministero della Giustizia, o lo steso Fbi, hanno costruito una biografia di non schierato.


Il non detto della Resistenza

Un repertorio delle donne che hanno partecipato alla Resistenza. Con alcuni racconti o testimonianze delle stesse. Parte di una “Storia delle donne” ideata per il quotidiano da Barbara Biscotti. Sempre nell’ottica rivendicazionista, contro il “silenzio” delle donne. Anzi doppiamente rivendicazionista, della “Resistenza tradita”.

Una rassegna più che una storia. Con figure e azioni anche importanti, come Carla Capponi e via Rasella. Sotto un titolo non giusto: delle donne nella Resistenza si sa, come degli uomini. Ma forse tutta la storia della Resistenza andrebbe rivista. Che si è sviluppata dopo l’8 settembre, con l’occupazione tedesca. Anzi dopo lo sbarco di Anzio, il 22 gennaio 1944. E la Repubblica non ha tradito. Non ha fatto la “rivoluzione”, nel senso bolscevico, ma ne ha fatto un’altra non male – e molto di più di quanto la Resistenza poteva intravedere: la Costituzione, la democrazia, il sindacato, la guerra fredda, l’Europa, e un paese ricco - tutto cambia, solo la storia dell’Italia repubblicana no?  

Massimo Canuti, La Resistenza taciuta, Corriere della sera, pp. 158 € 8,90