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sabato 29 luglio 2017

Problemi di base protezionisti bis - 347

spock

Ma il protezionista è Trump o Macron?

E diremmo l’Europa sub-protezionista?

Stx all’Italia no, Telecom alla Francia sì, per farne una tv a pagamento?

Perché non rinazionalizzare Telecom?

Certo, de Macron è Napoleone, perché non dovrebbe cominciare con una campagna in Italia?

Ma, a proposito di Napoleone, non sarà Macron Napoleone III?

C’è ancora un partito francese in Italia – c’era, dai Savoia al giovane Mussolini?

Raggi, per esempio, cha ha regalato la Olimpiade a Parigi?

Si proteggono Germania e Francia, e gli altri?

Stx poteva essere coreana, ma non italiana: questo non è sublime?

Anche Napoleone non temeva il ridicolo? E i francesi?

spock@antiit.eu

Il modello renano è targato City

Si fa ancora riferimento al modello renano per l’economia tedesca, ma solo nei appesi culturalmente attardati, cioè in Europa in Italia. Mentre è da una dozzina d’anni un modello renano che parla City. Il “Financial Times Deustchland” ha chiuso, non reggeva, ma il verbo è intatto.
Il modello renano si perpetua come coabitazione dei lavoratori in azienda, la cui buona salute è il fine ultimo di tutti – che sembra ovvio, ma in Italia un certo sindacalismo se ne augura piuttosto il fallimento, l’Alitalia per esempio, come un tempo non remoto la Fiat, e opera per questo. E come protezione: le aziende tedesche, bancarie e manifatturiere, sopo sul mercato, ma ben difese dal Parlamento e dal governo. Dove queste condizioni non sono a rischio, la Germania è attiva e vorace come i pescecani della City.

Alla rete le colpe del giornalismo

Giuseppe Alessandro Veltri, professore di Sociologia a Trento, e Giuseppe Di Caterino, “consulente politico in ambito parlamentare”, presumibilmente Pd, resuscitano l’immagine della bolla, del “Truman Show”, il film di Peter Weir vent’anni fa, per dire il vuoto della politica. Il bla-bla inalterabile. Lo svuotamento delle parole chiave, informazione, democrazia, fiducia.
Una regressione indubbiamente, non è una novità: la perdita della speranza, che è l’anima della politica. Di cui però fanno la colpa alla rete. Per l’effetto egemonia delle parole, se non delle idee (Gramsci). E per l’elettrificazione della comunicazione e quindi del mondo, unificato e istantaneo (McLuhan). È il “tramonto delle grandi narrazioni”, dice Di Caterino, di cui, “da un certo punto di vista Berlusconi, Renzi, Grillo sono figli”.
Molte molto buone intenzioni. Ma la rete ha questo e molto altro - è una macchina gigantesca di miti e riti. E c’è più “grande narrazione”, peraltro televisiva, di Grillo o Berlusconi, o dello stesso Renzi prima della “tramvata”? È il giornalismo che invece non ha altro, la vecchia opinione pubblica – ma dirlo è indigesto?
Giuseppe A.Veltri-Giuseppe Di Caterino, Fuori dalla bolla, Mimesis, pp. 103, ill. € 11 

venerdì 28 luglio 2017

Il mondo com'è (311)

astolfo

Colpa - Ci fu un filone revisionista, subito dopo la guerra, sulle sue cause, remote e prossime. Ma di storia coniugata sempre col giornalismo specie nella forma radiotelevisiva.
 L’opera di A.J.P. Taylor cinquant’anni fa, “Le origini della seconda guerra mondiale”, fu anche un classico, subito studiato alle università, tradotto da Luciano Bianciardi. Charles Beard, storico americano tra i più quotati tra le due guerre, ci arrivò prima di tutti – addirittura nel 1946, prima ancora che a Norimberga la Colpa fosse chiusa a carico di Hitler e dell’Asse. Con la tesi polemica che invece era da attribuire a Franklin Delano Roosevelt. Una tesi doppiamente polemica, Beard volendosi di sinistra, come il presidente Roosevelt, ma pacifista estremo e isolazionista.
Entrambi gli storici curiosamente si sono assicurati, con queste posizioni eretiche, revisionista in anticipo, ruoli suggestivi di pubblicisti, commentatoti radiotelevisivi, animatori di convegni. Beard lasciò la Columbia University, dove era cattedratico stimato, per fare liberamente il pubblicista. Anche Taylor, prima che pubblicista e intrattenitore radiotelevisivo, fu un cattedratico, specialista di storia diplomatica, e di quella italiana in particolare – “The Italian Problem in European Diplomacy 1847-1849” – e esponente appassionato del partito Laburista. La revisione, insomma, fu di sinistra prima che di destra. E storica prima che giornalistica.

Etnocentrismo – È ben europeo, come critica più che come fatto – etnocentrismo è termine diminutivo, accusatorio. È etnocentrista, molto, fare la critica dell’etnocentrismo, in quanto  europeo e occidentale, solo tale. Come se l’Europa vivesse, avesse vissuto e operato, nel vuoto pneumatico. Un vezzo a cui la storia in Europa indulge, ma che è ridicolo nella critica dell’etnocentrismo, quando essa stessa è etnocentric.
È terminologia desueta, ma dice bene la cosa: è l’europeo che critica l’Europa, l’occidentale che critica l’Occidente, da una prospettiva europea e occidentale, in un contesto europeo e occidentale. Il razzismo aveva – e ha – altri negrieri. Altri mondi avevano – e hanno – le caste, la fossilizzazione della società tra ergastolani di fatto e primi della classe, un ergastolo e un privilegio a vita per discendenza. Ci sono, nel Duemila, stati patrimoniali, a beneficio di famiglie, tribù e partiti (le Nomenklature). Ci sono tante forme nel mondo di disuguaglianza, di fatto e perfino di diritto, e di sfruttamento. Ma l’etnocentrista anti-etnocentrista guarda fuori contesto. Si potrebbe dire che si guarda l’ombelico.
Da quando sessantacinque anni fa con i “Dannati della terra” Frantz Fanon scandì la colpa dell’Europa e dell’Occidente, niente è cambiato nella critica, mentre tutto si è radicalmente rivoltato di fatto. La critica veniva allora in un terzomondismo benefico – di acquisizione di diritti minimi e di uguaglianza. Ormai sorpassato, altri sono i pericoli, non il neo capitalismo, non  l’Occidente.
Fordismo – È finito nel discredito. Da ultimo con la raccolta delle brevi note di Aldous Huxley che ne possono illustrare la memoria all’insegna di “Una società ecologica e pacifista”. Il fordismo viene liquidato come un invito al consumismo quasi obbligato, una sorta di condizionamento biologico nella catena di produzione. Introiettato fino a diventare un condizionamento biologico. Un sesto senso. Mentre fu questo ma molto altro: la stagione migliore del sindacalismo, e più precisamente nell’operaismo, nella difesa del lavoro manuale. Che confluirà nel neo capitalismo e ora è un miraggio sepolto. Nella crisi fiscale dello Stato che ha divelto la protezione sociale, e nella globalizzazione che più non consente il lavoro-reddito per tutti.
Questo fu nell’essenza il fordismo. Quale un testimone eccezionale, e affidabile, lo scrittore Céline allora dottor Destouches inviato della costituenda Organizzazione Mondiale della Sanità, testimoniò nel rapporto conclusivo della sua ispezione ( ora in “I sottouomini. Testi sociali”, a cura di G.Leuzzi). Del salario parte della retribuzione, in un sistema articolato e protettivo di organizzazione, dentro e fuori della fabbrica. Il lavoro per tutti, anche per i disabili. Un’abitazione igienica. Il controllo, con un corpo di assistenti sociali, dei consumi, a vantaggio della famiglia, dell’accudimento dei figli, della scuola, delle cure sanitarie, etc. Un sistema paternalistico ma efficace. E molto produttivo: la creazione del reddito attraverso il lavoro.
Si valuta correttamente il fordismo in rapporto all’evoluzione odierna, dell’ultimo quarto di secolo, post-globalizzazione. Di produzioni di massa per circuiti d massa – i non luoghi, che sposseranno, hanno spossato, i consumatori. Per consumatori sempre più di massa, indotti a spendere comunque per l’acquisita (imposta) incapacità di decidere o scegliere. Questo è il proprio del mercato o globalizzazione, non del fordismo.

Idranti – In funzione ordine pubblico anti-sommossa li inventò un maresciallo di Francia, conte napoleonico, nel 1831. L’uso estensivo che la polizia tedesca ne ha fatto a Amburgo contro i manifestanti anti-G 20 hanno origine antica. Per la prima volta furono usati a Parigi in un lontano Maggio, del 1831, dal conte de Lobau. Georges Mouton, conte dell’Impero (di lui Napoleone diceva: “Il mio Montone è un Leone”) per i meriti acquisiti nel 1808 in Spagna e nel 1811 in Austria,  nominato da pochi mesi a capo della Guardia Nazionale di Parigi dal neo re di Francia,, Luigi Filippo d’Orléans. A maggio del 1831 Lobau organizzò con successo, d’accordo col prefetto di Polizia di Parigi, Gabriel Delessert, la dispersione della folla che manifestava contro la monarchia orleanista, all’inaugurazione della statua di Napoleone in pazza Vendôme, usando a tutta manetta le pompe antincendio dislocate in città.
Il conte era un liberale, per questo inviso, oltre che per essere stato un generale di Napoleone, a Luigi XVII e Carlo X, i re francesi restaurati. Ma nel 1828 era riuscito a farsi comunque eleggere al Parlamento, schierandosi con i Liberali. Dopo le “Tre Gloriose”, che sostituirono Luigi Filippo a Carlo X, fu nominato a capo della Guardia Nazionale della capotale. A Natale del 1831, in riconoscimento della campagna idranti di maggio, Luigi Filippo lo nominò Maresciallo di Francia, con uno scranno alla Camera dei Pari. “Il maresciallo umido” lo chiamarono i giornali satirici per la sua invenzione.
 .
Pena di morte – È popolare più che autocratica. Lo è certamente negli Usa, per esempio, ove non si abolisce per non perdere il favore e il voto popolare. E non è detto che un referendum in Iran e in Cina, se un referendum popolare fosse possibile nei due regimi autocratici, non si pronuncerebbe in favore della pena di morte. Nella stessa Turchia di Erdogan, la sua introduzione è minacciata dal presidente-dittatore in quanto ne amplierebbe il consenso popolare.
Furono gli Asburgo ad abolirla, sotto l’influsso di Beccaria, e della militanza massonica. In Toscana nel 1786, ventidue anni dopo la pubblicazione di “Dei delitti e delle pene”. L’anno dopo a Vienna, a valere per tutto l’impero austriaco, su iniziativa dei sovrani, l’arciduca Leopoldo II e Giuseppe II. Ma ci furono rivolte in Toscana contro l’abolizione, e la pena di morte fu reintrodotta dal figlio di Leopoldo II, Ferdinando III, nel 1790, e confermata nel 1795, benché non applicata. A Vienna fu reintrodotta per alto tradimento nel 1796. 
La Rivoluzione Francese, che pure aveva debuttato con la distruzione di una prigione, la applicò in massa, come pena minima.

astolfo@antiit.eu

Lo spione carne di porco della giustizia politica

L’elenco è lungo ma uno specialista come Caligiuri lo sa riassumere in poche pagine, di una serie di “disguidi” tra i servizi d’informazione, che hanno il compito di preservare lo Stato e la democrazia da attacchi esterni e interni, e i giudici. Quasi tutti in forma gravissima, di colpi di Stato, o tentati colpi di Stato, di terrorismo, di mafia. Il piano Solo, la britannica (la inventò il “Sunday Times”) strategia della tensione, il golpe Borghese, la P 2, Gladio, Contrada e Mori, alcui dei casi più celebri  Quasi tutti poi conclusi con assoluzioni, tutti a coda di pesce.
Caligiuri, che da tempo sviluppa una metodologia scientifica di studio e organizzazione dei servizi segreti, sintetizza gli studi analitici precedenti in questo saggio in forma di appello, alla collaborazione invece che alla guerricciola tra due funzioni fondamentali dello Stato. E nota con soddisfazione che nell’ultimo decennio “non c’è stato alcun coinvolgimento in Italia e all’estero di esponenti dei Servizi in indagini giudiziarie per tentativi di deviazione o corruzione”. Il merito attribuendo alla legge di riforma dei servizi segreti, giusto dieci anni fa. O non al venir meno della giustizia politica, meglio al suo indebolimento – non c’è più l’ideologia a supporto, e non facilita la carriera? I cui residui sono ancora attivi nei media e nella politica – per esempio nel siluramento della riforma costituzionale (opera della P 2, di Gladio, dei Servizi deviati….). 
La storia dei servizi segreti in Italia sarà una storia della macelleria politica, i forma giudiziaria, più che di deviazioni. Che dopo i tanti processi ancora non si vedono.
Mario Caligiuri, Intelligence e magistratura, Rubbettino, pp. 93 € 12

giovedì 27 luglio 2017

Come far fallire l'Italia

Tra il lusco e il brusco, facendo finta di nulla, ma con gioco di squadra e schemi di gioco provati alla perfezione, Angela Merkel propone di valutare i titoli di Stato in portafoglio alle banche, le assicurazioni,  i fondi pensione,  come titoli di rischio. Cosa cambia? Per l'Italia tutto, sarebbe la fine. Cosa non cambia è che la Germania ha sempre ragione, anche nei comportamenti delittuosi - di cui peraltro si compiace, col gergo della grande speculazione, del mercato, della City, dei canini aguzzi.
È l'iniziativa più radicale della Germania
mercantilista post-Kohl, o post-riunificazione: aggressiva, e più contro i coinquilini. Nel caso, l"Italia andrebbe alla bancarotta: banche e assicurazioni, che detengono il grosso dei Bot, dovrebbero sbarazzarsene - e precipitarsi sui Bund tedeschi.
Una proposta eversiva. Il silenzio, quasi fosse cosa di routine,  dà la misura di quanto l'opinione in Italia sia infetta.

La pace, perché no, subito

Ha sistemato Merkel, poi Trump, Grande Amico, poi Putin, o Putin prima di Trump, stai attento a non scherzare col fuoco, ha semplicemente chiuso la questione immigranti, non li vogliamo,  l'Italia se li tenga, e quindi,  d'un colpo, in un momento libero, sistema la Libia: elezioni libere,  e chi vince governa. Come no, hanno detto i due contendenti (ma sono molti di più) tripolini convitati a Parigi, e se ne sono andati, tanto l'aereo non si paga.
Ha suscitato più sorrisi che altro (indignazione, dispetto) l'intrusione del presidente francese Macron sulla Libia. Come di chi non sa nemmeno di cosa si tratta, quale è il problema. Come se il presidente francese, si dice, si proponesse risolutore in Ucraina, in Siria, dove non ha nessun riferimento e nessun ruolo, e perche no della questione Is, del terrorismo islamico, e della questione israelo-palestinese? Magari, si aggiunge perfidamente, cominciando da qualcuno dei conflitti africani dimenticati nei quali la Francia è impegnata con i suoi soldati.
Questa diplomazia del sorriso il ministero degli Esteri dismette come diplomazia per ridere. I due tripolini,  Serraj e Haftar, non sono nemmeno nuovi a queste convocazioni perentorie. Poche settimane fa ne hanno avuto una anche ad Abu Dhabi, e la hanno onorata, perché no.

Quel genio del male era Macron

Lo scrittore anglo-francese primo e piu letto autore di spionaggio inventa un complotto, l'ennesimo, della Germania contro l'Inghilterra, 1909 - "Plotting the Downfall of England" è il sottotitolo. Un romanzo non romanzo, che si vuole anzi una inchiesta, alla "Gomorra" poi di Saviano. Ma è il prototipo della potenza cieca - il mito della potenza - che animerà Ian Fleming e i suoi James Bond, del male maiuscolo contro il male ordinario, quotidiano,  della piccola gente quale in fondo sono le spie.
È anche un racconto curioso. Sulla paranoia delle spie ("Ci sono almeno cinquemila spie tra di noi al momento al lavoro per conto dei Servizi di Informazione di Berlino") fu creato l'MI 5, il controspionaggio inglese. Mentre il cattivo che tira le fila è un francese, ubiquo, inafferrabile, risoluto. Una specie di Macron oggi - Le Queux, francese di origine, sapeva tratteggiare un buon francese: oggi è  a Parigi, ma forse è a Marsiglia, o a Mosca, e ha già risolto un caso, che ancora magari non si era proposto.
William Le Queux, Spies of the Kaiser
free online

mercoledì 26 luglio 2017

Appalti, fisco, abusi (107)

Dai Carabinieri equiparati necessariamente alla Pubblica Sicurezza in fatto di salario e ordinamento. Alla contingenza per tutti i pensionati. E ora all'"intesa" obbligatoria degli enti locali per la dismissione delle ottomila società partecipate, cioè alla non dismissione, un fondaco del sottogoverno.: la Corte Costituzionale è il primo e più oneroso incubatori della spesa pubblica impositiva.

Tutti o quasi di nomina presidenziale, alla Corte Costituzionale. Una sorta di vecchio Consiglio degli Otto o dei Dodici, le maschere del potere delle repubbliche oligarchiche dell'Italia disunita. A presidio oggi della paleopolitica, compresa la corruzione.

Trecento euro l'anno pagano le seconde case solo per avere l'allaccio all'elettricità. È la "rifirma" del settore elettrico, varata in tutta segretezza dall'Autorità prt l'Elettricità e il Gas.

Ventisei euro l'anno pagano tutti gli utenti elettrici, anche i residenziali,  per l'affitto del contatore. Che non costa la tassa di un anno.

La stampante - Canon nella fattispecie - costa 55 euro, le cartucce 75.

Il nuovo Dio è un sognatore

"Con riflessioni sui miracoli di Gesù e sul sogno di un'esistenza alternativa"è il sottotitolo. L'uomo è un sogno di Dio. Ognuno può scoprirlo cercando i verbi di Dio e guatdando-analizzando i miracoli di Gesù. I verbi dell'agire - del fare e pensare, non de ll'essere: essi sono un altro mondo, il mondo di Dio.
È il testo di un corso di esercizi spirituali tenuto dal card. Martini in Terra Santa, dove si era ritirato nel 2007, al pensionamento dall'arcivescovo di di Milano,;a Kiryat Yearim. Il tema degli esercizi è semplice: cosa c'entravano con la vita, con la mia vita? E perché  tutto ciò che è amore, e tutto è amore, riconduce a Dio. "Dio sogna" è la risposta. E "rischia per noi, si sporge, perde l'equilibrio". Lo svolgimento inconclusivo: Dio è un farsi.
È teologia ultima forse dei gesuiti, la ricerca di una nuova strada di accesso all'inconoscibile. Dio "rischia e piange", predicava papa Bergoglio, gesuita, a maggio, un paio di mesi dopo la pubblicazione del volumetto. E: "Il nostro Dio è un sognatore". Ma la lettura lo avvicina - avvicina l'arcivescovo di Milano - al Rilke di "Storie del buon Dio", referente di irriverenza. Che anche lui fa Dio un po' imballato e anche pasticcione - che si fa coi farsi.
Carlo Maria Martini, I verbi di Dio 
Terra Santa, pp. 137 euro 14

martedì 25 luglio 2017

Recessione – 64

Cresce il numero dei poveri e il grado di povertà tra il 2015 e il 2016 (Unione Europea).

In aumento i Neet (id.), i giovani ventenni che non hanno e non cercano lavoro. I ventenni che non studiano e non lavorano, i più numerosi in Europa, in assoluto e in rapporto alla popolazione.

La disoccupazione giovanile, in crescita costante nella decade, è l’effetto perverso della riforma Fornero, che ha imposto la prosecuzione coattiva del lavoro per cinque-sette anni, interrompendo il ricambio naturale dell’occupazione.

La crisi è ancora un buco impossibile da rimpire: rispetto al 2007 il pil è a meno 10 per cento, la produzione industriale a meno 25 per cento, gli investimenti poco meno del 31 per cento, la dicsoccupazione il doppio.

La ripresa certificata dal Fmi si ridurrà l’anno venturo: dall’1,3 per cento del pil, la metà della media europea, all’1 per cento.

La ripresa resta un miraggio per i più, solo il 7 per cento degli italiani ci crede.

Boccia (Confindustria): “Le diseguagliuanze pesano,. Crescono poche imprese”.


La colpa è della società

Un racconto omoerotico. Un racconto di orrore, anche. E la pietra d’inciampo per un’arringa, nei fatti, senza parole vuote, contro il carcere di redenzione dell’illusione progressista e contro la pena di morte. La pietra di fondazione della colpa sociale: il crimine del povero è colpa della società, delle disuguaglianze, dell’istruzione carente, del disinteresse o incapacità delle istituzioni  – il Parlamento del 1834 faceva e diceva le stesse cose di oggi, scemenze: “Questa testa dell’uomo del popolo istruitela, non avrete bisogno di tagliarla”, la lezione è semplice.
Victor Hugo trentenne è giuà personalità e scrittore complessi. Reduce peraltro da quella sorta di manifesto del romantisicimo che era stata l’introduzione due anni prima al dramma “Cromwell” in edizione cartacea.  
Claude Gueux era un onest’uomo, con una compagna e una figlia in tenera età, “capace, abile, intelligente”, che un inverno, rimasto senza lavoro, ruba per sopravvivere. Non grande cosa: “Non so che cosa rubò né dove”, premette Hugo, “quello che so è che dal furto ricavò tre giorni di pane e di fuoco per la sua donna e la bambina, e cinque anni di prigione per l’uomo”. In prigione, perseguitato dal soprastante ai lavori utili dei carcerati, lo uccide – decide di ucciderlo, col plauso di tutti gli altri 80 o 81 internati. La condanna a morte è una formalità. Ma non è così semplice, due anni dopo Hugo produce sulla “Revue de Paris” questo testo che provoca un mezzo sommovimento – un commerciante di Dunkerque, Charles Carlier, ne ordina 500 estratti  e incarica l’editore di recapitarli ai deputati.  
Claude Gueux è sì colpevole di avere accoppato il sorvegliante, ma la sua identità è sociale – che lo stesso nome sottolin ea, gueux è mendicante in francese. Il Gueux della storia ha tentato il suicidio dopo l’assassinio. È stato tenuto in vita con mille cure e precauzioni per cinque mesi. Quindi giudicato in pochi minuti, e ghigliottinato. Una storia peculiare, ma tutte lo sono. Questa di Victor Hugo s’impose per la polemica contro la prigione rieducatrice. Cara, dice critico, all’orientamento progressista, il suo proprio orientamento. E contro la pena di morte.  In contemporanea col “Claude Gueux” Hugo ripubblicava l’“Ultimo giorno di un condannato”, del 1829, il racconto immaginario di un condannato a morte, con un prefazione horror su alcuni casi di esecuzione capitale.
Con Gueux è il popolo che, vanamen te, è tenuto in prigione. È il popolo che è condannato alla decapitazione, per nessuna ragione sufficiente: “Tutti i paragrafi di questa storia potrebbero servire da titoli di capitolo di un libro in cui fosse risolto il grande problema del popolo nel diciannovesimo secolo”.
Un testo che si direbbe datato, ma di grande lettura. Il torto che Gueux vuole vendicare è la privazione dell’amico del cuore, che il soprastante allontana, per nessun motivo se non il suo arbitrio. Il finale evangelico richiama il Tolstòj di fine Ottocento – anche lui peraltro “svegliato” da un’esecuzione capitale a Parigi, già in gioventù. C’è in anticipo perfino l’anti-Lumbroso: “Le nazioni hanno il cranio bene o mal fatto secondo le loro istituzioni. Roma e la Grecia avevano la fronte alta”.
Il tascabile francese è annotato e illustrato – da Daumier e da un sorprendete Hugo.
Victor Hugo, Claude Gueux, ebook Faligi € 1,99
Livre de Poche, pp. 95, ill.  € 1,50

lunedì 24 luglio 2017

Ombre - 375

Trump solo alla Casa Bianca,senza nemmeno un cane. Pino Sarcina si supera oggi sul “Corriere della sera” - da Nobel, quando lo istituiranno contro Trump: mai nessun presidente, da un secolo e mezzo, aveva vissuto alla Casa Bianca senza un cane,

L’atomica all’Is, i decapitatori  islamici?  Come no, ce l’avevano a portata di mano, a Mossul o a Raqqa, in quelle loro “capitali”. Ormai si può scrivere di tutto – pur di non dire le cose come stanno.

Fubini spiega sul “Corriere della sera”, con molte cifre documentate, il vesso problema dell’immigrazione: che l’Italia si riempie di persone senza mestiere. In Gran Bretagna un immigrato su due è laureato, in Italia uno su dieci.  

Abbiamo un’immigrazione utile, va aggiunto, ai lavori domestici, o servili nell’industria del turismo e dell’intrattenimento - che però dequalifica. Oltre al numero strabiliante di ambulanti, e mendicanti. Un onere anche in chiave previdenziale: è un’immigrazione che pesa e peserò sull’assistenza (sanità, abitazione, reddito sociale o di sussistenza).

Il Congresso Usa, repubblicani e democratici uniti nella lotta, prepara nuove sanzioni contro la Russia,  che gli europei dovranno applicare. Un vero gioco dei furbi.

Sfrondata della mafia e altri misteri, la vicenda di Buzzi e Carminati è quella di due ex galeotti che, senza violenza, hanno sbancato il terzo settore primeggiando nella sua stessa arma, la corruzione (come dice Buzzi: “Se vuoi mungere la vaca, devi ingrassarla”). Ottimi manager. A loro agio nella sinistra, benché venissero da destra. Nel mondo che si bea dei suoi buoni propositi, del recupero, la seconda possibilità, il reintegro. Più integrati di loro?

Aria irresistibilmente democristiana tra Alfano e il giovane ministro austriaco degli Esteri Sebastian Kurt. Che vuole Lampedusa ridotta a un lager. Senza essere un nazisra – è un democristiano (è uno vero, Wikipedia lo dice capo della Dc austriaca, a 30 anni, deve avere molto pelo sullo stomaco).  Con la guerra fredda si sono impadroniti dell’Europa, e ne fanno quello che vogliono – che loro non sanno. L’esito è il salasso, inesauribile.

Però è vero che, pur continaundo a dire e fare scemenze, sia Angela Merkel che  suoi amici in Europa, fino a Berlusconi compreso, gli europei li continuano a votare. Liberamente: un’intossicazione volontaria, un suicidio di massa mitridatico.

La prova regina. Per il delitto Gambirasio una traccia sbiadita di Dna, rilevata con kit scaduto, da un  reparto specializzato dei Carabinieri finora noto per la sua impotenza e gli errori, diventa la prova regina. Sembra assurdo, e lo è. L’esito di un’indagine senza senso: la giovanissima scomparsa non cercata subito, e probabilmente nemmeno dopo, trovata per caso dopo tanto tempo, e una serie di aggravanti a carico dell’unico imputato con la “prova fregina” che si sono dissolte. Imputato dal ministro, Alfano, con un tweet.

Non potendo colpire il loro papa con infamie personali, i tedeschi lo fanno tramite il fratello centenario. Colpevole, quando era in età, di educare i ragazzi coi ceffoni. Lo facevano tutti, anche in Italia, ma per Ratzinger è da Tribunale speciale.
La cattiveria nei tedecshi vuole anch’essa essere radicale, come ogni loro svolta.

Al primo viaggio in Germania, 1962, una delle impressioni più vive fu la durezza dei padri, molti peraltro mutilati (zoppi, monchi, etc,) di guerra, con i figli adolescenti – i figli maschi: continui rimbrotti e ceffoni, in treno, in piazza, al mercato, per strada. La Germania se ne fa ora scandalo per colpire i Ratzinger. Lasciandoli nell’onta, protervia suprema: il propcesso si intenta quando entrambi non potranno terminarlo.

Brexit. Il grande business internazionale (americano, asiatico) che aveva scelto Londra come sede europe minimizza la Brexit nei suoi bilanci 2016, e ancora nelle trimestrali 2017. Cioè, si dà per scontato che Londtra resterà nel Mercato commune, solo fuori da Schengen. La libera circolazione delle merci ma non delle persone.

Grande successo dell’Ape Social, il pensionamento anticipato non a pagamento. Che si pensa verrà reiterate dalla’Ape onerosa. Perché la legge Fornero aveva innalzato un muro, da 60 a 65-67 anni per il pensionamento. La causa maggiore della enorme disoccupazione giovanile di tutti questi anni, attorno al 40 per cento. L’effetto più perverso della crisi: l’eslusione di una generazione.

Leggendo “La Nazione” come giornale locale in Toscana è sorprendente quante notizie di cronaca siano riprese, il giorno dopo, dai giornali nazionali. La Nazione” ha più fonti – ma la fonte è probabilmente unica, l’Ansa? Ha più fiuto? Si applica, un minimo?

Belle pagine lo stesso giornale ha ricavato a Giffoni, con le attrici e gli attori che, per un giorno, sono andati a divertirsi coi ragazzi. Una festa. Non ripresa, questa, dai giornali nazionali – dov’è Giffoni? Che fanno in vece molte anticipazioni, pubblicitarie, immemorizzabili, del festival di Venezia tra due mesi.

Trendsetter = Influencer = Fashion Influencer = Blogger. C’è da pentirsi.  

La Colpa di Hitler fu di Roosevelt

Si sfoglia questa riedizione per il nome del traduttore, Camillo Pellizzi. Intellettuale marciante durante il ventennio, amico di Ezra Pound, letterato riciclato sociologo negli anni 1950, al liberale istituto fiorentino di Scienze Politiche “C.Alfieri”, ma evidentemente ancora “marciante”, se nel 1948 traduceva questo “la Colpa è di Roosevelt”. Il libro di Beard è lungo, ma è tutto nelle intenzioni: dire male di F.D.Roosevelt. Fino ad addossargli la guerra contro Hitler?
Una lettura come testimonianza di quello che avrebbero potuto essere gli Usa. Ma giusto a futura memoria: potranno mai diventarlo ora? Soli e isolati. Fuori dal conetsto mondiale.
Beard, storico di professione, ma isolazionista di proposito, dipana bene il suo argomento, con piglio polemico: F.D.Roosevelt invocava la pace, alle elezioni, ma voleva e preparava la guerra. Per imporre la supremazia americana sull’Atlantico e il mondo. Con un errore grossolano però per uno storico contemporaneista: annullare il contesto. E tanto più per uno storico con gli orientamenti “marxisti” di Beard, famoso per studiare i fenomeni, a partire dall’Indipendenza Usa, nel comtesto anzitutto economico.
Charles Beard, La colpa fu tutta tedesca?, Oaks, pp. 423 € 25

domenica 23 luglio 2017

Che volevamo dire

Le frasi famose si moltiplicano per il caldo?
“Trump perde il portavoce”, Corriere della sera. Che ha licenziato.

“Aru all’assalto del quarto posto”, La Nazione. Alla penultima tappa.

“Kureishi, no al sesso capitalistico”., Corriere della sera.

“È crimione organizzato”, il procuratore Capo di Roma Pignatone. Tra Buzzi e Carminati.

“Non si può relegare la mafia solo a certi fenomeni”, monsignor Marciante, vescovo ausiliare di Roma. A tutti i fenomeni? Esclsja la chiesa?

“Perché è attualissimo il libro di Jacques Ploncard d’Assac”, formiche.net: “L’autore lo concepì alla fine degli anni Sessanta”.

“Le coalizioni in agguato della Merkel”, Il Sole 24 Ore. Per azzannare la Merkel, o la tigre è la Merkel?

“I veri musei sono luoghi dove il tempo si trasforma in spazio”, Orhan Pamuk.

“Pignatone: ho perso ma resto convinto che sia vera mafia”, la Repubblica. Per una intervista in cui Pignatone dice: “Non ho una concezione agonistica della giustizia” e “Roma non ha nulla di Palermo o di Reggio Calabria”.


Secondi pensieri - 313

zeulig

Caso – È l’effetto del corpo, della parte materiale della costituzione umana. L’errore, l’imprevisto, il sorprendente lo sono per la ragione, per la parte psichica della costituzione: ordinata, ordinabile. Ma sono anch’essi un effetto, di agenti che la razionalità non regola, non padroneggia. 

Comprensione - Va in ordine e misura inversi alla – con la – conoscenza. Nel senso di compassione, accettazione. È così di fatto. Nella coppia. Con gli animali domestici, dei quali si accetta ogni capriccio a motivo della relativa incomunicabilità, rispetto agli infanti. Negli affari pubblici, dove (quando) la presunzione d’innocenza fa aggio.

Coscienza – Porta Rousseau al lirismo, “Lettere morali”, finale della Lettera 5, in un eccesso di solitudine che sconfina senza più finzioni nell’orgoglio: “Coscienza, coscienza, istinto divino, voce immortale e celeste, guida sicura d’un essere ignorante e limitato ma intelligente e libero, giudice infallibile del bene e del male, sublime emanazione della sostanza eterna, che rendi l’uomo simile agli dei; sei tu sola che fai l’eccellenza della mia natura.
“Senza di te non sento niente in me che mi elevi al di sopra delle bestie, che il triste privilegio di sperdermi di errore in errore spinto da un giudizio senza regola e da una ragione senza principio”.
La coscienza come un istinto. Personalizzato – non fisiologico, o di specie. Anche se riflesso, non automatico come nell’animale.

Dio – La storia ondivaga del divino Rilke sintetizza, “Storie del buon Dio”, in tre tappe, circolari. La vecchia fede, che spalancava le braccia - Dio, “e Dio si gettava dentro tutti quegli abissi ricolmi di tenebra e d’umiltà”. Poi “una nuova fede si diffuse per il mondo”, un nuovo Dio. Che volle essere pregato con le mani  giunte. “E il gesto delle braccia spalancate divenne allora spregevole e tremendo, e più tardi lo fissarono sulla croce per mostrarlo a tutti come simbolo di dolore e di morte”. Infine,  con le mani giunte, “migliaia e migliaia di chiese gotiche” furono costruite, irte di guglie , “rigide e aguzze, come armi nemiche” che lo costrinsero ad allontanarsi sempre più in su, fino alle tenebre, che lo accolsero “in silenzio”, una “penombra, che gli ricordava i cuori degli uomini”. È qui che fa la scoperta “che le loro teste sono chiare, i loro cuori colmi, invece, di oscurità”. Proseguendo il cammino, il cerchio andrà a chiudersi – “non v’è sapienza più perfetta del cerchio”:  “Dio che ci è sfuggito per i cieli tornerà a noi dalla terra, con le fradici e l’erba fresca”.

Dio è nelle narrazioni, anche lui. Le religioni sono rappresentazioni: riti, procedure, formule,  significato spesso stratificato, attorno a un nucleo centrale che è una storia. Lo storytelling di Dio è abusivo, ma, seppure in forme sacrali, il procedimento è quello.

Fascino – È ceduo. In  relazione al contesto. Immaginario. Autosuggestivo: concresce con se stessi. Misia Sert, giovane amica di cortigiane importanti, poi musa e ispiratrice di mezzo bel mondo artistico e letterario ( Proust, Cocteau, Chanel, Picasso) sulle sole virtù del “detto”, della suggestione.

Globalizzazione – Non è più un diritto di libertà, contro le discriminazioni commerciali, e quindi nazionali e sociali, ma un attacco al cristianesimo. Cristiano s’intende non il missionario col latinorum – mai peraltro squalificato dagli stessi indignati, specie se aveva buone mani, in grado di fare, con la siringa o la cazzuola – ma il diritto costituzionale. I diritti umani e civili. Dopo l’attacco deliberato dell’islam, terrorista o pacifico (finanziario, demografico, legale) che si presenti, passa all’attacco l’induismo. Attribuendo al cristianesimo coloniale il sistema delle caste. Per negarlo, caratteristicamente: le caste le ha inventata l’Occidente coloniale cristiano. Anche se sono reali, codificate secondo il diritto comune, operanti. E presenti nella costituzione indiana per censurarle e condannarle, provvedendo ai diritti di garanzia per le minoranze - quella costituzione è “cristiana”, quindi coloniale, quindi ingiusta. La Cina che perseguita una sola religione, la cristiana, lo fa a motivo delle implicazioni nei diritti soggettivi che essa si trascina.  

Induzione Come metodo conoscitivo è inservibile: ogni induzione (deduzione) è pretestuosa. Vale come sguardo sul mondo. E anche quello con limiti: storici, sociali, tribali, anche caratteriali.

Morte – È stagionale, periodica. A volte assente, a volte impregnante. Ma senza ragione apparente. Nella poesia e filosofia latina viene con la decadenza, dopo l’ottimismo creativo augusteo. Lo stesso in Italia: il secondo Novecento – il più ricco della storia e il solo non funestato da guerre e epidemie - ne è pregno, per temi e motivi ideologici, che si perpetua nel Millennio per la catene della globalizzzazione. A  fronte di un lungo Rinascimento, indenne alle disgrazie quasi quotidiane, di violenze, guerre, carestie, epidemie, dove la gara è stata a cantare la vita.

Occidente – Beh, il nome dice tutto: è il tramonto, La fine delle cose. La morte (vi) si vive rifiutandosi di morire, un altro giorno. Vive in suspense.

Opinione pubblica – È segreta. La migliore opinione pubblica, quella dei grandi media che fanno l’opinione, la più informata, e informativa. Come in Italia negli anni 1970, tra golpe e terrorismo. I grandi settimanali pubblicavano a settimane alterne notizie e rapporti circostanziati, di chiara origine spionistica, per “tenere alta la guardia”. Succede ora negli Usa: il migliore fronte anti-Trump, il più informativo se non considerato, è quello dei servizi di polizia e di informazione. Gli stessi che indirizzarono Obama verso una nuova guerra fredda contro la Russia. Mentre il grande mondo gira altrove, nel Pacifico e nell’Oceano Indiano. Una sorta di informazione di retroguardia. Ma che fa il gioco del vecchio complesso militare-industriale. Ed ha l’effetto di tenere l’Europa sotto scacco anche a guerra fredda finita da un pezzo, incerta, debole.

Stupidità – Non governa il mondo, il mondo è dei furbi? Ma li facilita. Il web ne è il reagente: non c’è scemenza (bufala), per quanto artefatta, che non convinca.

Uomo – Democrito ride, Eraclito piange, nel dipinto immaginario descritto da Marsilio Ficino, di cui Bramamte ha fatto i tema dell’affresco di casa Panigarola a Milano, ora a Brera. Dell’umanità.  

zeulig@antiit.eu

Contro il lutto collettivo

Un libro estivo, da personaggio tv, usa e getta, ma di sostanza. Per l’anticonformismo. Che sembra merce di largo consumo, e invece è rara - imperversa ancora il beghinismo, nel mondo della lettura, anche se non si sa di quale santo.
“Aprire la mente e chiudere con le stronzate” è il sottotiolo.  Da maestro di scuola. Ma lo svolgimento non manca di sorprese. In termini di frizzi e lazzi, ma su una robusta tela di fondo. Contro il “lutto collettivo”, d’obbligo. Contro i “ridicoli parallelismi tra povertà e virtù”, effettivamente insostenibili eppure obbligati, anch’essi. Con “l’idea che l’opinione di chiunque”, grazie ai social, “stia alla pari “ con quella di Mario Draghi” -  più probabilmente in materia monetaria.
Della Gherardesca un po’ di fa un po’ ci è. Che si presenta come attore, giornalista, conduttore radiofonico, personaggio tv, conduttore tv, discendente del conte Ugolino. E detta un pentalogo, nientemeno - più presuntuoso di Dio. Ma si fa perdonare: osa lirriverenza perfino con Grillo e con Travaglio, che uno non supporrebbe potessero divertire. Sono un povero che ama il lusso e il benessere” può essere una giustificazione, un richiamo alla realtà.
Con le illustrazioni di Ciro Fanelli.
Costantino della Gherardesca, Punto, Rizzoli, pp. 192, ill., ril. € 16