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sabato 7 febbraio 2009

Con Napolitano obiettore finisce la Repubblica

Il boia a Udine è all’opera, mentre il capo dello Stato si dichiara obiettore contro un decreto del governo che vorrebbe fermarlo, e il governo lo sfida. Se la prossima settimana, per ipotesi, il Parlamento votasse la legge del governo, il presidente obiettore dovrebbe dimettersi. Non sarà così, nessuno si dimette mai in Italia. Ma dalla lutulenta storia gotica di tutti morti che è diventata la vicenda Englaro, gli ultimi lacerti della prima Repubblica usciranno necrotizzati – anche se la Repubblica è passata indenne a molte esecuzioni di massa, ancora di recente con Scalfaro.
Quella di Udine è un’esecuzione capitale, sia pure a opera di un padre nei confronti di sua figlia, e su ordine dei giudici. La sentenza della Cassazione che decreta la morte di Eluana è ideologica e illegale, basandosi su un atto di volontà che starebbe nello “stile di vita” di una ragazza a diciotto anni - cos’è uno “stile di vita”? di solito è una vita “eccessiva”, fino all’uso dell’ecstasy per ballare in discoteca. Non è peraltro una vera sentenza, essendo il caso di volontaria giurisdizione, una sorta di arbitrato, ma i giudici superbi la fanno valere come tale. E Englaro avrebbe potuto, come tutti, risolvere il caso secondo il decorso naturale della vita, ma ha voluto farne un caso esemplare e un precedente giuridico. Berlusconi lo sa, la legge non consente condanne capitali, e su questo dà battaglia aperta.
Ma l’aspetto giuridico non è prevalente, anche se caratterizzerà il duello con le solite estenuanti diatribe. Del resto, non ci sono giudici in Italia ma cordate di potere, più faziose e determinate anzi di altri gruppi di potere.
Il presidente con i suoi nemici
Berlusconi punta sul disagio reale per questa vicenda, in cui un padre si ostina con le carte bollate e col pregiudizio ideologico a dare la morte a una figlia, e che domani vedrà tanti figli dare la morte ai padri e ai nonni, compassionevolmente certo. Per dare una spallata all’ultimo architrave della Repubblica, il potere esecutivo frazionato e di fatto bloccato. Benché si mostri agitato, è anzi insolitamente calcolato. Il plebiscito elettorale con cui minaccia il capo dello Stato è proceduralmente confuso, ma compatterà nel voto in settimana come niente altro i becchini di casa, compresi quelli ai quali la vicenda pone un reale caso di coscienza - Bossi non rischierà il successo inatteso di otto mesi fa, gli uomini di Fini non sanno quanto durano.
Il presidente della Repubblica si pone a difensore della Costituzione, dei poteri che la Costituzione gli dà, per obiettare in favore del boia di Udine. È una decisione che lui riterrà, caratteristicamente, doverosa ma tre volte paradossale. La sua comprensibile propensione personale per la “buona morte” lo trasforma di fatto in portabandiera del veterocomunismo che ha sempre aborrito, e del partito dei giudici che lo aborre. Per non dire dell'anticlericalismo,
che è il motore vero, non compassionato, della storia Englaro, con i suoi poteri oscuri che in realtà sono palesi se non dichiarati, duri ma non segreti. Napolitano, inoltre, si batte in difesa di un’ingovernabilità su cui da presidente della Camera e cultore della materia ha più volte avuto da ridire. Con l’esito inevitabile di un potere esecutivo finalmente unico, ma senza i necessari contrappesi parlamentari.
Duello di vivi morti
Con i duellanti già in campo è difficile dire chi prevarrà, o anche fare il tifo. Sarà una scena lunga e quindi poco interessante, come tutte quelle tra i vivi morti. E c’è altro di cui occuparsi, con la crisi: della sopravvivenza ora e non del testamento biologico dei nonni o le zie – l’eutanasia è questione di popoli satolli, il grasso ha bisogno di stimoli sempre più trasgressivi. Ma ci sarà alla fine un solo potere esecutivo. Forse non in settimana, come vorrebbe Berlusconi, ci vorrà qualche mese. Un potere esecutivo unico che potrà essere a Palazzo Chigi oppure al Quirinale, ma arriverà senza i necessari contrappesi in Parlamento.
L’esito certo è infatti che giunge a compimento la deriva plebiscitaria, o all’americana, del sistema politico, col “partito del presidente”. Ma senza le guarentigie fermamente fissate dalla costituzione americana per il contropotere parlamentare, e con una giustizia politica.

Letture - 5

letterautore

Citazione. Si parla con la lettura, per non parlarsi da soli. Si moltiplica nell’isolamento, nella decadenza che è sempre triste.

Manzoni - È carnefice o vittima? Non c’è dubbio, è stato lui a improsare gli italiani, con i suoi preti, e non l’Italia lui, il parigino, conte, cosmopolita, che mai dovette faticare tutta la vita. In Italia si pensava e si scriveva liberamente, con forza, con arguzia, fino a Manzoni e alla sua Milano pauperista, antimperialista, furba. Ma è pure vero che Milano è bigotta. Milano è lavorerio, come disse quel tale.

Molière, o della verità doppia e tripla, relativa, elusiva. Umoresca ma malinconica. In personaggi e situazioni in difetto e insieme nel giusto.
Non mette sul palco il male, la stupidità, l’intrigo, ma lo spettatore. Che perciò si spaesa: deve fare uno sforzo per riprendere la sicurezza del giudizio e tirarsi fuori della scena. Con un atto di ipocrisia, o con l’esame di coscienza, sempre penoso. Che si tratti del misantropo, del tariffo, del borghese, e perfino dell’avaro, o del medico per forza.

Pasolini – Rileggendolo di fila, anche nelle memorie di amici, parenti, estimatori, è un piccolo borghese, irrimediabile (naturaliter cioè, e controvoglia naturalmente). Di estrazione e formazione, come lui stesso diceva, ma anche in proprio. In tutto. Nell’abbigliamento, le frequentazioni, il calcolo, non sempre difensivo. Anche quando ha ragione. Abolire la scuola, che è roba di Papini - che due preti, Ivan Illich e don Milani, argomentavano con ben più ragionata sapienza. O salvare Napoli. E quando ha torto, per l’opportunismo, sapendo cioè di avere torto. La negazione di Palach. La lode dello sbirro, figlio del popolo. La militanza di Partito, che in tutte le occasioni lo ha riprovato - ma è poi un Ersatz del padre rifiutato. Dichiarato in tutto, meno che nell’essenziale. L’amore reciproco con la madre, a esclusione del padre e del fratello. Il fascismo a Bologna. Il sadomasochismo, di cui infine è rimasto vittima. Quanto coraggio a infierire contro la Dc – ha scoperto di sapere, anche lui, come l’Idiota del Cusano. I capelloni. L'aborto. Con un direttore di giornale lezioso ipocrita. Mentre scoppiavano migliaia di bombe. O, mentre si dilettava di creara una Academiuta de lenga furlana, il Friuli era sotto il tallone tedesco, e il fratello giovane Guido, combattente generoso della Resistenza, veniva ucciso a tradimento da comunisti impuniti.
Di un maledettismo che si vuole antropologia. Sempre frettoloso e definitivo, molto inferiore alla sua esperienza vissuta. Maestro e profeta, quale si atteggiava, ma nel risentimento. Nella poesia gnomica (civile) e anche nella narrativa, libero e felice solo nei film classici e nella trilogia, in parte, o grazie a Totò. Con l’imbarazzante “discorso libero indiretto”, la lingua “inventata per esprimere la propria particolare concezione del mondo” – così “buona” e povera di fronte a Brecht. È l’italiano indignato (è quello che, con Montanelli, più si è dimesso dall’Italia). Sapendo che “il conformismo si presenta sempre sotto forma di moralismo scandalizzato”. È in tutto, la durezza e l’indulgenza (“la discrezione e il ritegno non mi abbandonano mai”), un po’ Elettra, che “ora è fascista come\si è fascisti nel cupo rimpianto di errate origini”.
Si può leggerlo da adolescenti, da provinciali, da gente di partito, e allora è un’utopia e una bandiera. Oppure si può leggerlo da lettore di libri e del “Corriere della sera” e trovarlo scrittore da “Battibecco”, l’eterno “maledetto italiano” di Malaparte. Che non è poco, ma non ne fa l’Uomo del Secolo. E ancora: Malaparte era anticonformista per carattere, atteggiato ma ironico, in Pasolini il moralismo appare sincero e violento. Nella parte migliore: quando ama le borgate, e quando le disprezza, delle stesse facendone una trasposizione magica - quella che distingueva le narrazioni di Bontempelli e Alvaro, seppure mai citate a suo proposito.
Piccolo borghese non significa nulla. Se non, appunto, la tigna. Piccolo borghese era una categoria nel secondo Ottocento analoga al filisteo, chi non aveva gusto per il bello. Con il Cominform e il Comintern è diventata una cateoria propagandistica. Quando tutto si sarà quietato, Pasolini rimarrà un buon intellettuale di partito - del Partito? O forse un commediante. Solo in maschera si vede felice - Naldini, introducendone la raccolta di lettere, nota della sua scelta di una tesi su Pascoli: “un mondo magico, altamente artificiale, falsamente ingenuo, molto vicino al suo gusto”.

Scrivere - È un atto di “mobilitazione totale”, con la levée en masse, le strategie, le tattiche, le marce, gli schieramenti, i duelli. La mobilitazione dell’uomo pacifico, per immagine.
Insufficiente per i combattenti reali, quelli delle guerre – con l’eccezione di Cesare. Il combattente, quando ha vinto oppure si arrende, perde, con la convinzione, ogni forza. Napoleone, che sempre ordinava “Qu’on se fasse tuer”, fatevi uccidere piuttosto che arrendervi, lo certifica, che non si uccise alla resa e fu scrittore mediocre – quanto a Cesare, non fu quello degli “Astérix”, un farfallone e uno spaccone, non un militare sul campo?

Nella formazione dello scrittore pubblicare viene prima di scrivere: lo scrittore è schiavo dell’editore, e non c’è liberazione possibile. È la cesura nella natura, fisica, della scrittura, fra la scrittura di oggi e quella di cui si legge fino a Proust.Ma già nell’Ottocento la formazione era di tipo nuovo, l’opinione contava più dell’autore, o della scrittura. È lo scrittore-intellettuale rispetto allo scrittore-autore, e il mercato rispetto al diletto. Che anche quando era intellettuale (Leopardi, Manzoni) era sempre molto autoriale.
Invece dell’esercizio e le buone letture, conta la società. Le buone frequentazioni, riviste, circoli, partiti, “caffè”, case editrici, giornali. Anche noiose o indigeste.

Sogni – Narrare i sogni è d’uso dopo Freud, in letteratura dopo “Giardini e strade”, la mobilitazione ambigua di Jünger nella guerra totale e finale. Col trionfo nella “Insostenibile leggerezza dell’essere”. Una coincidenza porta alla lettura contemporanea di tre narrative piene di sogni. Che gli autori esumano e illustrano in funzione non terapeutica ma affabulatoria. Inerte, della stessa natura dei sogni. Sia i sogni che i racconti dei sogni non riescono, malgrado Freud, a prendere vita. O a causa di Freud.

letteautore@antiit.eu

giovedì 5 febbraio 2009

Problemi di base - 9

spock

Adamo e Eva furono creati infanti, come Romolo e Remo, oppure a un a certa età?

Perché Dio non si è riposato prima?

Perché bisogna fare la fila alla posta, da cinquant’anni?

Dio che conosce tutte le risposte, perché non ci dice le domande?

In quale stagione fu creato il mondo?

C’erano i giorni, le settimane, i mesi, quando Dio creò il mondo?

E Adamo, creatura unica, non sarà nato Narciso?

Dove è andata a finire Eva?

E Adamo, è poi morto?

Perché ogni cocomero è diverso dall’altro?

spock@antiit.eu

Secondi pensieri (22)

zeulig

Amore - È costante nella storia più della natura di Dio e di ogni altra legge morale.
È ritenuto insoddisfacente, ma l’alternativa che si cerca, contrattualistica, è inconsistente. O agghiacciante, dovendo essere coercitiva.

Se assoluto, è invenzione intellettuale. Romantica, ma del genere intellettuale: riflessiva a metà. È il frutto, avvelenato, degli otia, il tramite della dépense – l’uomo non è mai pratico Le donne, e gli uomini politici, ne conoscono invece i limiti.
L’amore assoluto entra nella storia con la nobilitazione della borghesia, insieme con lo sport, il viaggio, la conversazione, e altre superfetazioni. È parte costitutiva dela nobiltà dello spirito, quando ce n’era una.

Angeli – Non volano. Appaiono.

Dio – Originariamente quello morto, quello di Nietzsche, era il Dio cristiano. Quello che muore da qualche tempo è il mondo in realtà: la morte di Dio è la morte del mondo. Per disappetenza, più che altro: la disperazione da sazietà è un po’ confusa.

Diritti – Si fanno valere contro lo Stato ma li fa valere lo Stato. Possono valere contro gli usi, la tradizione, la mentalità, contro la discriminazione razziale, o sessuale, o naturale (animali, piante), ma sempre in ultima istanza contro lo Stato: i diritti sono degli individui, anche quelli di genere e razziali. C’è in questo una contraddizione, che fa capire l’insufficienza che l’epoca dei diritti presenta per le libertà, anche se non la spiega.
Resta ancora da risolvere il problema dello Stato.

Fede – Si crede sempre, anche quando non si crede. La più profonda depressione, il rifiuto più radicale del mondo, si genera ed è possibile nel suo alveo. Si crede anche nell’annullamento d sé, che è un atto di grande disperata volontà.
Se è un imprinting, è il più solido e universale. O non è la forma della mente? Il meccanismo della vita della mente, un altro modo di dire la sopravvivenza
O è nella natura delle cose – Jünger: “Il visibile contiene tutti i segni che conducono all’invisibile”.

Immortali – Sono le cellule dei tumori del sangue, e per questo mortali.

Iniziazione – È l’ingresso alle forme della vita non familiari. Altrettanto “naturali” che la famiglia, ma non protette dalla corazza natale: il sesso, il lavoro, il potere – si potrebbe parlarne in termini di totem e tabù, ma ormai a nessun fine, giusto per parlarne.
Si forma se c’è la predisposizione, un nucleo di fede originario – di credenze, sentimenti, intuizioni.
È necessario che avvenga con procedure buone (riconosciute, favorevoli), altrimenti una parte notevole dell’esperienza viene impedita, o cade nel rifiuto e la deiezione. I vecchi esami di maturità - le forme esoteriche di iniziazione – erano protettivi.

Lavoro – Non c’è, né si trova. Si crea: il lavoro, anche del manovale, è creazione.

Legge – Quella di Cristo è la verità. Una cosa da iniziati, per la quale bisogna cioè avere fede. Magari nei diritti umani, checché essi siano.
È in questo suo senso la forza della legge nei paesi antichi, in Cina, in Inghilterra, in Francia. Negli Usa anche, dove il Paese è recente, e la popolazione si rinnova incessantemente, ma la fede è la stessa dei Padri Fondatori. Gli altri hanno bisogno dileggi incessantemente aggiornate, sia pure in forma di costituzioni, e non sono più del manganello.

Parola – È sempre trainante. Se il dilemma dell’uovo o della gallina si applica al linguaggio, l’uovo parola viene senz’altro prima dell’uomo che la articola. Anche oggi che il linguaggio è inespressivo, non significante. È sempre nella tenaglia delle parole: la parola non significante fa l’uso non significante delle parole.
Cosa disse Materazzi a Zidane. Nulla secondo Materazzi, troppo secondo Zidane. “Ogni amplificazione del suono è una modificazione del senso”, Carl Schmitt avvertiva difendendosi a Norimberga. La parola non è l’asino che si attacca a un qualche anello, è l’asino, l’anello, e la corda o la catena.

zeulig@antiit.eu

Rutelli contadino polacco

Vanno ormai in ordine sparso, i cattolici del Partito democratico, perplessi su ogni aspetto della attualità, non solo più sula gestione del partito. Divisi sulla questione Englaro e perfino sul testamento biologico, su Napoli, sulla giustizia, dopo gli ultimi recenti affondi contro di loro, e su Casini, che riemerge al loro orizzonte. Non parlano, e questo indicherebbe che sono più allo sbando che combattivi, perplessi sul Pd ma più ancora sulla loro rappresentatività, che pure fino a un paio di anni fa era cospicua.
Nel loro seguito si respira aria di smobilitazione: non pochi cercano collocazione. Qualcuno con Veltroni direttamente, qualcuno con Casini, e qualcuno con Lombardo. Perseguitati dal ricordo, malinconico più che ironico, dei cattolici comunisti che il sovietismo polacco si apparentava come Partito dei contadini. Giusto per poter dire la Dieta pluralista. La depressione è tale che nessuno ricorda che quella Polonia aveva in seno, per dire, il futuro Giovanni Paolo II, che poi sbaragliò il sistema comunista, praticamente da solo.
Rutelli appare, e non lo nega, il più disperato di tutti. Combattivo - è il solo - ma sulla difensiva e, si vede, poco convinto. Scomparsi sono i Fioroni, Marini, Bindi - è scomparso peraltro pure Parisi, che se si vuole un ulivista e non un ex Dc. Rutelli è in posizione difficile per via dei giudici, e della gestione del Pd. Da presidente del Copasir deve giudicare gli atti del De Magistris che da Napoli ne chiede il rinvio a giudizio. Vorrebbe poterne dire male, ma dovrebbe essere sostenuto dal Partito. E il Partito, come ha sperimentato personalmente ad aprile contro Alemanno, non è affidabile, nessuna solidarietà, in nessuna forma, gli è pervenuta.

martedì 3 febbraio 2009

Un Corallo per Cabello

È il “Corallo” delle feste, la grande narrativa Einaudi. Che inaugura la letteratura senza parole. In avvertenza spiegando: “Alessandro Baricco ha scritto la sua Intervista Impossibile insieme a Victoria Cabello, immaginando che a condurre l’Intervista sul palco fosse la stessa Cabello, storica veejay di Mtv e uno dei volti giovani più apprezzati della televisione italiana. Victoria Cabello è stata una delle Iene dell’omonimo programma televisivo e ha condotto un’edizione del festival di Sanremo. Attualmente su Mtv è la padrona di casa del talk show Very Victoria”.
Nient’altro di losco tra i due. E comunque lei non ha colpa. Forse è la stessa che a Sanremo un paio d'anni fa si faceva adorare i piedi da uno stravolto Travolta, una che fa professione di spirito, mordace, salace, audace eccetera.
Baricco e Cabello scelgono, dunque sono secondo la bandella, Rossini.
Baricco-Cabello e altri, Corpo a corpo. Interviste impossibili, Einaudi, I Coralli, pp. 220, € 16

Berlusconi vuole Fiat in ginocchio

Non solo gennaio e febbraio, anche marzo dovrà essere un mese apocalittico per la Fiat. Le vendite, che a gennaio sono diminuite di un terzo rispetto al già asfittico gennaio 2008, a febbraio si dimezzeranno. E a marzo chissà, anche la Fiat dovrà mordere la polvere, e dichiararsi come le altre case in rosso profondo. A quel punto, forse, Berlusconi prenderà i provvedimenti che sempre si annunciano e si rinviano per l’industria automobilistica, che più o meno sono quelli che si prendono ogni paio d’anni dal 1996. Non ci vuole la sfera di cristallo per sapere che il prossimo consiglio dei ministri non varerà l’annunciata rottamazione delle Euro 1 e Euro 2. E probabilmente nemmeno il successivo. Del resto, i collaboratori non ne fanno un mistero, e altra gente comunque all’orecchio di Palazzo Chigi, un po’ perplessi, un po’ incuriositi dalla forza delle passioni in politica. Berlusconi, nonché viaggiare in Audi, vuole la Fiat il crisi, l’amico-nemico di una vita, che col giovane Elkann e il non più giovane Montezemolo lo ha da ultimo sfidato perfino in campo politico, nel campo centrista che è un po’ il suo feudo. E poco importa che un mondo complesso, industriale, commerciale e finanziario, si fermi e arretri, perda reddito a aggravi le casse sociali, Berlusconi vuole la sua vendetta. Si trincera dietro l’Unione europea, ma per dileggio: tutti sanno che non c’è un piano europeo e non ci sarà. Il presidente del consiglio, solitamente piacione, è ora beffardo e cinico, e vuole anche mostrarsi tale.
L’Italia, come si sa, è l’unico paese europeo che non ha varato sostegni al mercato dell’auto.
Il governo tedesco ha salvato tre mesi fa la Opel, che ora è in grado di fare un concorrenza straordinaria alla Fiat sugli stessi segmenti economici. In Francia Sarkozy ha varato le sue misure due mesi fa, e così il mercato dell’auto si è contratto a gennaio solo del 7 per cento, contro il meno 32 per cento dell’Italia. La Spagna, altro grande produttore di automobili, pu essendo in una situazione finanziaria gravissima e prossima alla bancarotta, è riuscita con i sussidi a limitare il calo di mercato al 4 per cento. Dopo il bagno di dodici mesi fa, certo, la sola cosa che Berlusconi invidierà a Zapatero.

I viaggi nella memoria della non vita

Le storie della vita che sfianca sono viaggi. Magris usa magistralmente questo topos perfino ovvio, nei racconti come nei racconti di viaggi, “Danubio” e “L’infinito viaggiare”. Non vite però, queste dei racconti, di personaggi supponenti e mediocri: Enrico Mreule qui, l’amico di Michelstaedter, che si segnala per aver lasciato a Carlo l’improvvida pistola.
Magris costruisce un monumento alla memoria di uno che risulta aver corso l’avventura in Patagonia, mentre la Patagonia ha guardato da lontano, e più di metà della vita ha passato semimuto a piedi scalzi, lo zimbello del paese. Un tipo non mitteleuropeo ma tedesco, Magris lo condivide per certi aspetti con Svevo ma non con Joseph Roth: vago e determinato. Uno che ama i Lieder e disprezza l’opera, e l’italiano, la sua lingua quotidiana, dice “conciliante e insolvente”, mentre il tedesco è, col greco, “l’unica lingua”.
Di tali personaggi, di Mreule come del generale Krassnov di “Illazioni”, Magri estrae l'io interiore, a volte possessivo (“Illazioni”), a volte divorante, come lo è stato per i fratelli Michelstaedter, anche senza la pistola. Nel caso di Mreule, piccolo barabba della piccola Salvore, oggi Savudrije, uno strambo tollerato, al tempo del fascismo, poi dei titini, infine dei croati. Lo estrae con naturalezza, dalle vite segrete e incolori, come se esse si imponessero allo scrittore. È tutto molto moderno, contemporaneo, questo essere del non essere. Ma il germanesimo è nel caso calzante, anche in biografie a esso estranee, se questo io interiore è invenzione di Lutero, agostiniano integrale.
Incidentalmente è citato Girolamo Vitelli, il papirologo con cui Michelstaedter ha studiato la retorica a Firenze. Un incontro immaginifico ma perduto nella narrazione, sia qui per Magris, che per Luciano Canfora, l’altro filologo grande narratore, che incontra spesso Vitelli nella sua monumentale biografia di Goffredo Coppola (“Il papiro di Dongo”), ma non Carlo.
Magris, Un altro mare