Cerca nel blog

sabato 6 maggio 2023

Ombre - 666

“la Repubblica” da Monaco di Baviera,  al congresso del Ppe, i Popolari europei : “A sostegno di un’alleanza tra il Ppe e Fdi ci sono i geci, i croati e i bulgari. Contro, invece, sono schierati i paesi del «nord» Europa, Belgio, Olanda e Lussemburgo, con portoghesi e polacchi”. Tacendo che a favore è il Ppe tedesco, che decide – con quello spagnolo, che è il secondo più importante.
 
“L’Onu e le ong non aiutano?”, chiede Francesca Borri al governatore di Dara-i-Suf in Afghanistan – montagna arida, a quel che si vede dal reportage anche fotografico della giornalista sul “Venerdì di Repubblica”. “Ogni tanto compaiono con un progetto pronto. Dici che la priorità è l’acqua potabile, ti rispondono che i fondi sono per insegnare alle vedove a confezionare marmellata biologica”. Gli aiuti umanitari servono agli umanitari.
 
Ma non è tutto, il governatore sa altro: “Degli aiuti americani due terzi sono finiti in profitti per le imprese americane”, così Borri sintetizza il proseguimento del colloquio. Si sa da molti anni – i primi studi furono di P.T. (Peter Thomas) Bauer, l’economista ungherese della London School of Economics nel 1965-66, in seminari con Angela Davis – che la bilancia delle partite correnti dei paesi donatori è sempre a favore dei donatori stessi, che una parte dell’aiuto lo spendono in casa, per stipendi e merci, e l’aiuto utilizzano per posizioni privilegiate nei paesi beneficiari, per compravendite di merci e servizi, e per le stesse gratuità. Ma vige sempre la favola degli aiuti, che al meglio aiuta i cooperanti – più spesso le cooperanti, anime buone.
 
Spiega Al Bano in poche parole a Cazzullo sul “Corriere della sera” il “mistero” della scomparsa della figlia Ylenia nel Mississippi, su cui si scrivono da decenni le cose più inverosimili. Studiava molto, imparava molto, ma in America s’incapricciò del mondo homeless, del vagabondaggio, droga compresa. Disintossicazioni, ricadute. La scomparsa. L’ultima persona che l’ha vista in vita, un guardiano che la rimproverò di non stare seduta in riva al fiume, spiegò ad Al Bano: “Disse «io appartengo alle acque» e si tuffò nel fiume, nuotando a farfalla”. Era lei, conclude Al Bano: “Ylenia diceva quella frase da bambina, prima di tuffarsi, e nuotava a farfalla”.
 
Il Grande Inviato del giornalismo italiano fa due pagine del “Corriere della sera” con  Al Bano. Che è simpatico ma è un cantante, in età. Non  cerca un generale o un boiardo russo anti-Putin, come avrebbe fatto il Grande Inviato qualche anno fa.  Nemmeno uno scienziato politico americano che gli spieghi come la Nato, cioè l’Europa, debba assediare Putin, cioè la Russia. O anche solo un pubblicitario, che spieghi le “notizie di guerra” con cui ci assedia.
 
“Il potere? Fa perdere il senso della realtà”: Obama a Berlino incanta gli spettatori. Che hanno pagato da 80 a 3 mila euro (ticket compressivo di un selfie) per ascoltarlo. A beneficio di una fondazione, naturalmente.
 
L’ex ministro Paolo Cirino Pomicino è confinato alla rubrica delle lettere dal “Corriere della sera” per dire due verità dopo la sentenza della Cassazione che ha ridicolizzato lo Stato-Mafia. Che il giudice di Palermo Guido, che ha coordinato l’arresto di Messina Denaro, si rifiutò all’epoca  di sottoscrivere il rinvio a giudizio “per la trattativa ritenendolo poco meno che una commedia dell’arte”. E soprattutto che quando Ciancimino accettò di parlare alla commissione parlamentare Antimafia, allora presieduta da Violante, la Procura di Palermo lo arrestò, “qualche giorno prima dell’audizione” - “Ciancimino capì e non parlò più, né fu più convocato”. Pericolo scampato? Da chi?
 
L’arbitro di Bologna-Juventus che fa dirigere la partita dal Var perché non ha il televisore in campo, o ce l’ha ma non gli funziona, conferma che nel calcio non c’è gioco, ma (un po’ di) potere: il residuo del democristianesimo dei Lotito-Galliani, e del loro protegé Gravina .
 
La cosa sembra incomprensibile perché si accredita alla Juventus un grande potere. Che invece non ha – la Famiglia è poco democristiana. Una partita diretta in cabina di regia si doveva ancora vedere. Come se in cabina si vedesse meglio che in campo, mentre si vede quello che si vuole. Ma  niente è impossibile a questo potere non tanto occulto.
 
“Perché nel nostro Paese”, ruggisce Landini alla manifestazione  del Primo Magio, criticando la politica restrittiva delle immigrazioni, “sono più i giovani che debbono abbandonare per cercare lavoro all’estero che gli immigrati che vogliono stabilirvisi”. Cioè?

Ci sarà la logica “landiniana”. In un famoso convegno a Venezia sull’energia  nucleare, Donat Cattin, un  ministro che voleva assolutamente le centrali nucleari, enucleò una “logica paparelliana”, secondo la quale “saremmo tutti morti e non lo sappiamo”. Un sindacalista di nome Paparella (anche lui Cgil), per opporsi alle centrali, aveva argomentato che ogni essere produce la sua parte di radiazioni – intendendo: in concentrazioni non pericolose.
 
Ruggeri, il cantante, è di destra? Lui pensa di essere di sinistra, confida a Renato Franco sul “Corriere della sera”. Ma: “Vengo da un mondo nel quale c’era una dittatura, al liceo dominavano i comunisti, le Br erano i compagni che sbagliavano, stavo in una scuola in cui assemblea e professori applaudirono l’uccisione di Calabresi”. Si capisce perché è una storia che non si fa.
 
Appena riconfermato all’Eni, Descalzi per prima cosa lancia un buy-back, il riacquisto di azioni proprie, dell’Eni. Per aumentare la capitalizzazione  di Borsa e illustrare il titolo. Come già aveva fatto Enel – che in Borsa era in caduta libera da un paio d’anni, benché privilegiata dalla crisi internazionale delle materie prime e dell’energia. Ma soprattutto si segnalano le banche, Unicredit in testa, per questa tecnica. Un’azienda non è più indifferente alle logiche di Borsa, alle altalene? È questione d’immagine. E di sostanza? Per il (piccolo) trading una (piccola) manna sicura.
 
Fuoco e fiamme in Francia per un aumento dell’età pensionabile di due anni. In Italia il balzo fu di sette anni. Quello di Macron viene definito “gravoso” dagli stessi giornali “montiani” di dieci anni fa, del balzo di sette anni, “Corriere della sera” e “la Repubblica”.

Il figlio della regina, della regina Elisabetta – a Bagheria

C’è “Il figlio della regina”, è siculo ma è lui, figlio della regina Elisabetta, e fa le stesse cose – “è un lupo nottambulo”. “Francisi e taliani” pari sono, come oggi, litigando. C’è un mondo variegato, per lo più di poveracci, che non fanno le cose dei romanzi ma quelle di vita ordinaria. Il fattorino di banca, sette figli, trasferito solennemente da Palermo a Milano. Il “maresciallo di carrriera nella fanteria,\ congedato per alienazione mentale,\ aveva fatto la prima e la seconda guerra mondiale”, con dodici medaglie. Su una tela di “sicilitudine” diversa, velenosa, di chiacchiere vuote e nessuna compassione - qual è di fatto, si può attestare. Un “Invito a cena” con sospetto di cannibalismo.
“Racconti in versi” è il sottotitolo. In lingua, di versi sciolti, al ritmo teatrale. Con un’appendice in siculo e in lingua, di ballatette cantabili, in ottonari e settenari rimati. Un tentativo di Ignazio Buttitta di uscire dal cliché  del cantastorie vernacolare. Con una nota e un poemetto dallo stesso titolo del libro, per dire il desiderio: “La mia vita vorrei scriverla cantando”. Limitandosi poi a evocare la balia che lo inchiodò alla preghiera notturna. Fino alla prima amante, “una vecchia bigotta, visionaria”.
Racconti fantasiosi, ma di aneddoti reali, singolari. Con la prefazione di Roberto Roversi, che però conferma Buttitta e lo consacra  teatrante: il libro “è molto spettacolare, l’attore è sempre in scena, adattando la voce, fingendosi diverso”, one man’s band, “ma è lui, lì, con la sua (bella) faccia che ride, ruumoroso, sapiente”.  E in conclusione l’elogio, in lingua, del paese – “c’è un paese straordinario in Sicilia.\ è Bghneria, il paese di Renato Guttuso.\ Eccelle in tutti i campi”.
La ballata, in siculo e in lingua, “I fratelli Cervi” introduce una nota di Zavattini, che racconta, nemmeno per scusarsene, come non sia mai andato a trovare papà Cervi, siamo nel 1968, anche se “Campegine dista una ventina di chilometri dal mio paese, basta salire in una delle tante auto” - o dell’inutilità delle prefazioni (“le prefazioni sono un vizio”, lui stesso premette).
Ignazio Buttitta, La paglia bruciata, Universale Feltrinelli, p. 165b pp.vv.

venerdì 5 maggio 2023

Baruffe lepeniste - Darmanin vuole fare Meloni

Gérald Moussa Darmanin, pupillo del presidente Macron, parte del suo partito En Marche, ora Renaissance, fin dalla creazione nel 2016, è in corsa per la successione a Macron. E in questa aspettativa deve dimostrarsi muscoloso - quello che non sa essere in Francia, con le tante violenze di piazza.
Da un buon quarto di secolo le presidenziali in Francia si decidono al secondo turno: tutti contro uno. L’uno sono i Le Pen, il padre e poi la figlia. Tutti sono tutti gli altri. Vince chi al primo turno rimane in gara contro i Le Pen. Dopodiché il gioco è fatto: al secondo turno avrà i voti di tutti, contro Le Pen.
Il copione è ora in discussione perché all’ultima applicazione, a giugno, Macron ha rischiato al primo turno, vincendo di poco il ballottaggio, benché presidente uscente, contro Mélenchon, della nuova sinistra. Contro questa sinistra non più ingessata (socialista) e anzi piazzaiola, Darmanin deve quindi provare a scavare un po’ nel voto della destra moderata, i Républicains ex gollisti, e meglio ancora nella destra lepenista, stanca di fare l’opposizione.
Di fatto Darmanin vorrebbe essere Meloni: rubare voti alla Lega-Le Pen.

I prigionieri in Germania non erano resistenti

Si fa confusione sui 600 mila italiani, militari e non, che finirono in Germania dopo l’8 settembre, in larga parte prigionieri di guerra, oppure al lavoro forzato, da renitenti alla leva. Erano per lo più addetti ai lavori in agricoltura, per sopperire alla mancanza di manodopera tedesca, tutta ai fronti  di guerra, compresi gli adolescenti.
La scelta dopo l’occupazione per gli italiani adulti era o combattere o prigionieri in Germania. Per un italiano era una non scelta – si contano quelli che si arruolarono. In Ucraina e in Croazia invece la Germania aveva trovato una risposta larga, con arruolamenti sia nella Wehrmacht sia nelle SS combattenti.
La Repubblica Federale ha poi pagato a questi combattenti le pensioni di guerra. Anche nella forma reversibile, a  mogli e figli.

Appalti, fisco, abusi (225)

Non si riesce a riformare il. “codice degli appalti”, quello che fa durare le opere pubbliche venti e trenta anni, e spesso le lascia incompiute. Il suo pilastro, il “massimo ribasso”, è una stupidaggine –subito dopo l’assegnazione si fa causa, la prima di tante, con Tar, Consiglio di Stato, e ritorno – per ricominciare subito dopo, dopo la prima tranche. È evidente che il giuridicismo non funziona. Perché allora non si cambia? Perché ci prospera la burocrazia. Ci prospera in senso lato, con beneficio economico oltre che di potere – il potere si esercita per interessi privati e privatissimi.
 
Curioso che in tante revisioni della spesa pubblica, per esempio di Cottarelli, che pure ha pensato e pensa di se stesso come un presidente del consiglio in aspettativa, non si rilevi questa che è la falla più grossa dei conti pubblici: le opere, gli appalti, il “codice” degli appalti. Di furfanterie alimentate dalla legge - dal giuridicismo, dal leguleismo.
 
Dovendo fare benzina in autostrada, capita che le stazioni di servizio fai-da-te addebitano l’ammontare massimo utilizzato prima o dopo il personale utilizzo. Poi, il giorno successivo lo cancellino, cancellino l’anomalia. Ma non del tutto. Con l’ammontare massimo ne addebitano infatti uno modesto, 18-20 euro. E questo non lo cancellano. Costringendo, oltre che alla perdita dei 18-20 euro, a cambiare carta – una procedura faticosa e lunga. Si clonano le carte con una frequenza spaventosa alle stazioni di servizio. Sono extra legem?

Il “primo russo” era africano, un po’

Il “primo russo” di Dostoevskij era africano – mezzo africano: Puškin. In un brillante saggio sul primo romanzo (incompiuto) di Puškin, “Il negro di Pietro il Gande”, la giovane slavista afroamericbana della Penn State University analizza sentimenti e risentimenti del lignaggio africano di Puškin. Il suo bisnonno materno essendo stato un ragazzo africano del lago Ciad, sponda odierno Camerun, vittima di una razzia, cresciuto alla corte di Pietro il Grande, da questi personalmente accudito, come figlioccio, ed elevato socialmente, col grado di generale, e un matrimonio nella vecchia nobiltà dei bojari.
Jennifer Wilson, The First Russian, “The New York Review of Books”, 22 settembre 2022, free online

giovedì 4 maggio 2023

Cronache dell’altro mondo – democratiche (231)

Biden è il candidato di Wall Street, l’America ricca vota di nuovo per il presidente. Partita la campagna per le primarie democratiche, in vista delle presidenziali 2024, il fondo spese del presidente ha già in cassa cospicui contributi.
Tra i più sostanziosi quelli di: Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, patrimonio valutato  in 2 miliardi di dollari; Alexander Soros, trentasettenne figlio di George Soros; Haim Saban, il centesimo uomo più ricco del mondo secondo la classifica “Forbes”, patrimonio 2,9 miliardi, un israeliano nato ad Alessandria d’Egitto naturalizzato americano, musicista e imprenditore tv; Jeffrey Katzenberg, cofondatore di Dream Works, 1 miliardo; Charles Myers, fondatore di Signum Global Advisors, 1 miliardo; Donald Sussman, dello hedge fund Paloma - che paragona Biden a Franklin D. Roosevelt.
Biden è il candidato preferito degli ambienti finanziari. Alle passate presidenziali, almeno trenta grandi finanziatori della sua campagna avevano attività finanziarie, secondo un’inchiesta della Cnn – avevano “legami con Wall Street”, virtualmente “tutte le grandi istituzioni di Wall Street”.

L’amore povero e ricco, tra i ghiacci

Una storia d’amore, delicatissima. Malgrado la disgrazia cupa, incombente. Tra spiriti semplici. In un mondo di solitudini. Una campagna aspra, una comunità quasi primitiva. Nonché, sottotraccia, ma più notevole per essere oprtacdi una scrittrice, il fantasma della virago, la donna americana, il cuore duro, distruttore. 

Un racconto lungo, longform, che a ragione in più edizioni si ripropone. Questa è la prima del dopoguerra, periodicamente ristampata, nella traduzione di Greti Ducci, Bur 1963, che tiene banco dunque da sessant’anni.

La sorpresa di questo racconto lungo è il tono West, da epica povera del West. Di una scrittrice molto italianata e molto francesizzata. In un New England che si conosce come la parte più classica e più europea degli Stati Uniti, più colta e anche più turistica, di lusso, ed è invece anche agreste, montuosa, tutta granito d’estate, “un paesaggio squallido e triste”, dal “terribile clima”, ghiaccio d’inverno, ed era come abbandonata, isolata, ancora un secolo fa. Un racconto a cui Wharton teneva, che ha dotato di una introduzione. 
Edith Wharton,
Ethan Frome, Bur, pp. 149 € 10

mercoledì 3 maggio 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (524)

Giuseppe Leuzzi


“Romanziere del Sud” lo scrittore americano Tom Wolfe, che faceva il gusto negli anni 1960-1970 (specie con  la formula del “new journalism” da lui coniata, la cronaca raccontata, che avrà autori celebri, Truman Capote, Gay Talese) diceva di scrittori di forte realismo, alla Faulkner. Alla Alvaro, diremmo, Domenico Rea, Scotellaro, per il poco che ha potuto scrivere. Non Sciascia, realista con dispiacere – secondo questo criterio non è un “romanziere del Sud”.
 
Più che agli scrittori, la definizione di Wolfe calza alle scrittrici, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Alice Walker, Harper Lee, Eudora Welty. In Italia a Deledda – oggi a Murgia, Di Pietrantonio? Non con la stessa pietas – amore (accettazione) di se stesse.   

Sudismi\sadismi

Delle lettere al giornale “la Repubblica” sceglie quella del solito siciliano che si lamenta della Salerno-Reggio Calabria, tutta cantieri a suo dire, code etc. Mentre non è vero, è forse la migliore autostrada da qualche tempo in Italia. I cantieri sono limitati al tratto Cosenza-Altilia Grimaldi, nella valle stretta del Savuto, 30km,. che il rifacimento della Salerno-Reggio vent’anni fa aveva trascurato. Andare in Sicilia è lungo, ma che dire, p. es., della Firenze-Roma? Il Meridione è un complesso, d’inferiorità.

Sui siti dei media calabresi la retata europea dei narcotrafficanti scattata oggi si dice che ruoti attorno al porto di Gioia Tauro. Mentre ruota attorno al porto di Anversa. I comunicati ufficiali lo specificano, ma il riflesso condizionato, o la pigrizia, dice Gioia Tauro.

Il Sud non esiste
Sembra impossibile, che si sia fatto un processo lungo vent’anni, che ha posto sotto accusa i Carabinieri e lo Stato in generale (perfino la presidenza della Repubblica) sulle accuse di un “papello” del figlio di Ciancimino, un pluricondannato per mafia, detto “papello” perché non documentato: una divagazione (si spera non dettata, a scambio con i “benefici di legge” dei “collaboratori di giustizia”). Ma si è fatto. E ancora c’è gente, soprattutto giornalisti e giudici, che non ci credono veramente, ma dicono di credere, che lo Stato si vendetta alla mafia.
E non è un atto ostile del Nord contro il Sud. Lo Stato-mafia è invenzione del Sud a suo carico. Per la carriera di pochi, tra Palermo e Napoli: una decina di giudici e giudichesse, che tuttora ne ricavano ricche comparsate in tv, un paio di giornalisti tournés scrittori, e qualche editore milanese lieto di tanto scandalo.
Un Sud violento, in questo caso. Della mafia come affare. E non per cinismo, non solo: soprattutto per spregio, cosa non si fa per piacere a “Milano”. Il Sud, al meglio, “non esiste, si direbbe a Roma.
 
Si è profeti oltralpe
Si esegue in tarda prima italiana a Roma, al Parco della Musica con l’orchestra di Santa Cecilia, il “Vangelo eterno”, il poemetto del poeta ceco Jaroslav Vrchlický musicato da Leoš Janaček. Sul Terzo Regno di Gioacchino da Fiore Il Monaco profeta si ritrova “qui, sulla rupe scoscesa in Calabria,\ dove i lupi nelle caverne ululano\ sfidando I venti”. Ma poi la Calabria è il luogo che gli allarga la vista: “Ho abbassato gli occhi\ dagli altri cieli di Calabria\ verso l’oscurità del mondo…”.
Il “Vangelo eterno” è del 1914, testo e musica, della paura della Guerra. Gioacchino è figura della speranza ben diffusa nella cultura tedesca, cui Praga all’epoca ancora aderiva. E perdura la Calabria come nome mitico, di una natura naturans.
Gioacchino si può pensare come uno dei tanti suoi conterranei che fanno fortuna altrove – e solo altrove, quasi un destino. Di lui, persona pia e mente eccelsa, lo studioso dell “Apocalisse”di san Giovanni,  e del tempo della storia (che ribalta) di sant’Agostino, profeta del Terzo Tempo, quello dello Spirito, dopo quello del Figlio e quello del Padre – un mondo di purezza e libertà, il tempo dell’amore, e quindi di maggiore grazia divina (i temi degli ultimi due papi, Benedetto XVI e Francesco) - nessuno si è incaricato di promuovere la beatificazione. Ci ha pensato nel 2001, a distanza di quasi un millennio, l’arcivescovo di Cosenza mons. Agostino, ma in questi venti anni non un passo avanti è stato fatto.
 
Milano in buona coscienza
È – più che volersi? – diversa? L’archivista e storico Fausto Fonzi cinquant’anni fa, prima di Bossi, prospettava in un voluminoso saggio, di quasi seicento pagine, “Crispi e lo ‘Stato di Milano’”. Milano come  Stato, che fece guerra a Crispi tra il 1893 e il 1896, a una politica militarista ed espansionistica, nel nome del moderatismo, e la vinse – o piuttosto non vinse Menelik, a Adua?
Anche Giorgio Rumi, pacioso storico cattolico, ha “una alterità lobarda” nella raccolta “Perché la storia. Itinerari di ricerca”.
Finzi accredita a Milano anche la nascita dei aprtiti democratici dell’era che sarà chiamata di Giolitti – fino a Mussolini nel 1922: il socialismo riformista di Turati  e la democrazia cristiana di Meda. Ma il socialismo italiano era stato napoletano, siciliano, genovese, prima e più che milanese. E lo stesso i cattolici in politica contro il “non possumus”, quelli del conte Gentiloni, uno dei “cattolici del papa”, marca di Ancona.
Torna a onore della città dirsi buona socialista (rifornista) e buona popolare o democristiana. Di ripudiare la violenza. Di volere la democrazia, uguale per tutti. Ma di propriamemte milanese nella storia politica c’è la Lega, con l’autonomia differenziata oggi come già col celodurismo di Bossi, portato da Milano 1, il terrorismo rosso, nel ricordo di Gaetano Bresci?, Mussolini, la giustizia sommaria o politica. Senza contre la Borsa “parco buoi”.
 
Oggi come 150 anni fa
“La Calabria è essenzialmente il paese delle rovine: la fisionomia geologica del suo territorio, i monumenti degli uomini e dei secoli fan risaltare in ogni passo le tracce di questa caratteristica malaugurata. Nelle sue contrade giacciono seppellite sotto a frantumi d’ogni genere la Magna Grecia con tutte le sue città, leggi, scienze, arti, scuole, istituzioni; il medio evo con tutt’i suoi castelli feudali, vizi e virtù, diplomi e titolo di gloria e di vitupero; l’età moderna con tutte le opere novelle del suo risorgimento, stabilimenti religiosi, accademie, arti. Il popolo calabrese che vive su tante macerie, non è esso stesso che una vasta rovina! […] Sembra che tutt’i grandi agenti di distruzione si siano data la posta per rappresentare le scene del loro dramma sanguinoso: le guerre intestine dell’antiche repubbliche; il sistema di universale assorbimento della vecchia Roma; le scorrerie di tanti barbari, Goti, Saraceni, Turchi, Pirati, e di altri popoli più moderni ancora, non meno prodighi di sventure, dispensate però come tesori di carezze affettuose: e poi il tempo che lentamente corrode; i tremuoti spaventevoli così spesso disastrosi e funesti; le più scarmigliate passioni e le più apate [sic!], malattie di contagio e di effetti tristissimi, come l’ira fremente dei partiti, e la rabbia municipale, la torpida ignavia, e il gelido indifferentismo, il melenso egoismo e il turpe guadagno, il vertiginoso delirio delle false dottrine, e il capriccio delle novità e della goffa imitazione, tutto concorse…”
Da “Poliorama Pittoresco 1857-58”, p. 114 – ripreso da Vito Teti, “Il senso dei luoghi”.
 
Calabria
Nella serie di guide fotografiche SIME la Calabria figura in copertina come Terra Incognita. In effetti, soprattutto ai calabresi.
 
Ha il record italiano degli omicidi (dati del quinquennio 2016-2020): quasi uno (0,96) per centomila abitanti. Una ventina l’anno. Senza essere specialmente facinorosa, non come in contesto urbano – il parcheggio, il vicino di casa, l’ubriachezza (specie quella giovanile, delle cronache di Roma, Milano, Napoli). È perché si possiedono trope armi, denunciate e non.
 
Di fatto, c’è un che di brutale, accanto alla mitezza. Si legge con raccapriccio la vicenda del ragazzo Davide Ferrario, ridottto im coma vegetativo, cioè praticamente ammazzato, a pugni, da una famiglia di Crotone - da una famiglia Passalacqua, madre, fratello, figlio, figlia. Anche per la stupidità –  la violenza è spesso stupida. Ma sia il Comune che la Provincia sono parte civile.
 
Cresce e matura solo in Calabria, e in un punto specifico, Villa San Giovanni-Villa San Giuseppe, l’anona o chirimoya . Che ricorre curiosamente nella cronaca della Conquista (spagnola dell’America Latina) di Ah NakukPech, signore di ChacXulub Chen, da cui la cronaca prende il nome. Una storia “indigena” della Conquista, riferita al Chiapas, in Messico al confine col Guatemala: “Il 1519 fu il primo anno che vennero gli spagnoli qui”, tra Cozumel e Chichén Itzà: “Quell’anno giunsero a Chichén i mangiatori di anone”. I locali non le mangiavano?
 
Ha avuto, come è inevitabile, vicende storiche varie nei secoli. Ma con un marchio bimillenario. Nell’impero romano quello dei Bruzi infidi e violenti. Nel Medio Evo dei “fustigatori di Cristo”. Nel Sei-Settecento di “popolo di Giuda”. Come annotava lo storico Umberto Caldora sessant’anni fa, in apertura di “Calabria Napoleonica”: “Se i Bruzi della Calabria antica, infatti, erano visti come ribelli e infidi dai Romani, essi verranno ritenuti addirittura fustigatori di Cristo nel Medioevo. Se in età controriformista e barocca la Calabria sarà per i missionari gesuiti una parte significativa delle Indie di quaggiù, la cultura spagnola del tempo giungerà a identificare Giuda come calabrese”.
 
Reggio Calabria esce da un dodicennio di amministrazione controllata dopo un periodo di spese incontrollate con sindaci di destra, Scopelliti e Arena – quest’ultimo dichiarato decaduto per sospetto di mafia. Falcomatà figlio, di famiglia già Ds e poi Pd, saldamente legato (a suo tempo) a Renzi presidente giovane del consiglio, è riuscito a evitare il dissesto (fallimento) e affrontare un difficile risanamento. Ora il Comune può nuovamente programmare il suo futuro, ma si parla solo di liti, tra assessori e ex assessori al bilancio, dello stesso partito (Pd): la città può attendere.
 
Non è facile fare il sindaco a Reggio? Giuseppe Falcomatà, figlio d’arte (il padre Italo è stato il sindaco della Primavera di Reggio – c’era perfino la scala mobile tra i diversi piani della città, a gradoni sullo Stretto - a cavaliere del Duemila), è lui stesso inibito, condannato in primo grado un anno fa per abuso d’ufficio, avendo ceduto un albergo storico confiscato a un imprenditore amico. Doveva aprire un’asta – elementare, ma ci vuole un po’ di senno.

leuzzi@antiit.eu

Quando la virago faceva paura

Il romanzo della vita “suburbana”, il genere che avrebbe dominato la narrativa americana negli anni 1960 e oltre, in libreria e al cinema: la vita di coppia, la casa nuova, la community, le liti, l’alcol, i figli sperduti o perduti. Una narrativa socio-urbanistica. Ma con grandi ambizioni nel caso di Dick, che parte dall’alto: “Io sono fatto di acqua” è l’incipit, “non ve ne potete accorgere perché faccio in modo che non esca fuori. Anche i miei amici sono fatti di acqua…” - ancora meglio l’incipit che sarebbe stato cassato, il “paradosso del cretese”, o del mentitore: “Lasciate che vi racconti tutto di me. La prima cosa è: sono un bugiardo patologico”.
Chi parla è Jack, uno dei tre personaggi portanti del romanzo. Il principale si rivelerà Fay, sorella di Jack, che anch’essa parla in prima. In terza invece suo marito Charley. Fay cresce a dismisura, soda, tosta, vorace, capricciosissima. Con un che di autobiografico, se a Fay si sovrappone Anne, la moglie pro tempore di Dick, la terza, sposata nel 1959 e divorziata sei anni dopo, dopo anni di liti, a romanzo ormai finito. Con l’autore nella doppia veste dell’artista inconcludente (Jack) e del marito servizievole e oltraggiato (Charley). Scrivendo le memorie dei suoi anni con lo scrittore, “Search for Philip K. Dick”, nel 1996, l’ex moglie Anne Rubinstein parlerà come Fay: il romanzo è stato concepito dopo un intenso rapporto fisico. È il romanzo, anche, della virago temutissima, la donna  americana.     
Un romanzo degli esordi, di un Dick trentatreenne indeciso tra la fantascienza e la narrativa di caratteri. Molto semplice e molto svelto. Uno dei migliori del genere, borghese suburbano, se non il migliore – anche se il genere conta calibri come Salinger, Mailer, e naturalmente Philip Roth. Il più scopertamente critico, beffardo - insieme con il contemporaneo, e altrettanto sfortunato, Richard Yates, “Revolutionary Road”: le “Confessioni” sono uscite a distanza di anni, in edizione minima, semisconosciuta, e sono state riprese in chiave di opera omnia nel revival Dick di fine Novecento,.
  
Philip K. Dick,
Confessioni di un artista di merda, Fanucci, remainders, pp. 231 € 8

martedì 2 maggio 2023

Letture - 519

letterautore

Bicenzone – Sono le  cambiali in dialetto napoletano, in alcuni testi lievi dell’abate Galiani, l’economista.  Derivato, secondo Antonio Altamura, specialista del dialetto napoletano (“una lingua”), dai “tempi in cui giungevano (a Napoli) da Besançon i primi avvisi di tratte e cambiali per merci acquistate in Francia”.

 
Colonie – Hanno generato serie fantastiche di francobolli: grandi, colorati, esotici. Pondichéry e Chandernagor, Zanzibar, con lo yacht Hohenzollern, come il kaiser, Trinidad&Tobago ancora con la faccetta della regina Elisabetta.
 
Crasso – Viene da Crasso, come non pensarci, Marco Licinio Crasso, l’uomo più ricco della Roma repubblicana, e probabilmente della storia, se il suo patrimonio poteva essere valutato da Plinio il Vecchio in 200 milioni di sesterzi, oggi qualche trilione di dollari. Il nome prende il senso comune dal desiderio dell’arcimilionario romano di ulteriormente arricchirsi con le prede di guerra, nonché di nobilitarsi militarmente, che lo portò nel 53 a.C., a sessant’anni, a proporsi per la “pacificazione” della Siria. Una vittoria militare gli avrebbe meritato il “trionfo”, il segno di massima distinzione aristocratica – suo padre, console, l’aveva ottenuto per meriti militari. Dalla Siria, dove si distinse per il primo saccheggio del tempio di Gerusalemme, pensò di conquistare la Partia - più o meno l’attuale Persia. E gli finì male: il suo interprete-guida tra i
Parti lo fece perdere nel deserto, lui e le sue legioni,  girando in tondo, finché, stremati, non divennero preda facile. La sua testa fu mandata al locale signorotto, che gli versò oro fuso in gola, pronunciando la solita frase famosa: “Saziati di ciò che bramavi in vita”.
 
Destra-sinistra – La sessuofobia le accomunava, accomunava le estreme, non molto tempo fa, ancora nell’ultimo Novecento.  Racconta Ruggeri, il cantante, a Renato Franco sul “Corriere della sera”: “Ricordo una volta in tram, avevo un album di David Bowie, venni fermato da alcuni «compagni» che mio chiesero: «Perché ascolti quel frocio qualunquista?». In quegli anni la sinistra era omofoba, oggi non lo ricorda più nessuno ma era così”.
 
Mamma mia  - “Grazie all’albumn e alla franchise (licenza. N.d.r.) Mamma mia, gli Abba sono stati in grado di dominare l’industria della musica”, è il blurb promozionale del docufilm sul gruppo svedese.
 
Manomorta – Anche l’appropriazione dei beni pubblici, questo esercizio fondamentale della cosiddetta borghesia, in Italia viene da Crasso, il corrotto-corruttore per antonomasia, al punto che nessuno vi faceva caso. Di famiglia illustre, ebbe padre e fratello maggiore trucidati dai partigiani di  Cinna nella guerra civile dell’87 a.C.. Quando Cinna a sua volta fu trucidato e Silla vecchi tornò in campo, Crasso dalla Spagna dov’era esiliato armò una legione per ricongiungersi con lui a Roma. Nella lunga marcia si appropriò personalmente di gran parte del bottino di guerra. Ottenne un successo militare nella battaglia di Porta Colline, fuori Roma (contro truppe avversarie composte soprattutto da Sanniti), quello che chiuse la guerra avviata da Silla, e nelle proscrizioni susseguenti si attribuì la cura degli espropri. Che fece a vantaggio suo e dei suoi amici.
La fortuna era già considerevole ma non gli bastò. E a Roma inventò i “pompieri”: gli incendi nella città di legno erano giornalieri, i suoi uomini intervenivano, e se il padrone dell’immobile acconsentiva a cedergliene la proprietà, intervenivano, altrimenti se ne stavano a guardare,  applaudendo al fuoco divoratore.
Fu console, più volte. Quando la sua ricchezza fu minacciata dalla rivolta “di sinistra”, di Spartaco, organizzò una repressione radicale. E nel 60 si prese il. potere politico, promuovendo il triumvirato con Pompeo e Cesare. Si fece proconsole nella grassa Siria, dove saccheggiò il tempio di Gerusalemme. E nel 53 puntò a estendere le depredazione nei confinanti territori dei Parti, parte del moderno Iran, dove fus comfitto e ucciso.  
(Curiosamente, anche il ricchissimo Crasso ebbe il suo processo per una questione di donne, non una minorenne, nel suo caso, né una
sex worker, ma una vestale, accusatrice ancora più insidiosa, che lo denunciò per molestie: Crasso di difese asserendo che, per quanto lo riguardava, la vestale era sempre vergine, e che lui solo un contatto aveva avuto, per comprarne i beni a buon prezzo).
 
Manzoni
– Si dà il romanzo storico come diffuso e dominante nei suoi anni formativi, sull’onda del successo di Walter Scott a partire da “Waverley”, 1814. E molti si lanciarono nel genere. Puškin per esempio ci provò in tutti  modi, anche se spesso non portò a termine le ricerche - e i racconti a esse legati. Ma è anche vero che la storiografia, il modo di fare storia, era  nel primo Ottocento molto discusso. Anche per effetto delle sue trasposizioni romanzate.
 
Si vuole che “la sventurata rispose”, la storia della ”Monaca di Monza”, l’abbia tratta da un fatto di cronaca – un’importante mostra è stata allestita su questo alla Villa reale di Monza. Alla Stendhal - da cui però Manzoni era alieno. Un precedente analogo, anche se i particolari sono diversi, è invece il romanzo dell’inglese Aphra Benn, “Storia di una monaca” – un romanzo del secondo Seicento, ancora noto a fine Settecento-primo Ottocento.
 
Otto cilindri
– Si volevano a otto cilindri le macchine americane gran turismo ancora negli anni 1970, dopo la crisi del petrolio. Mentre le grandi macchine europee, Rolls Royce, Mercedes, spiega Jack, uno dei personaggi del romanzo “suburbano” di Philp K. Dick, “Confessioni di un artista di merda”, andavano a sei cilindri.
 
Proust
– Si potrebbe dire un benpensante. L’omosessualità che praticava nei bordelli (arrivando a fornire, a uno di questi da lui particolarmente apprezzato, il mobilio di maman, l’odiosamata), e anche nella “Ricerca” nel personaggio femminilizzato di Albertine, ridicolizza nel barone Charlus.
E si profonde, e la testimonia nella “Ricerca” e in altri scritti, nella pietà religiosa, cristiana, cattolica.
Sull’omosessualità, maschile e femminile, punterà la pubblicità, come novità della sua narrazione, prude, scandalosa, per promuovere le vendite. Ma sarà nel 1926, quando lui era morto da un pezzo.
 
Russia
– Si è voluta anche scandinava, invece che slava - vuole essere tutto ma non sa che? Nel primo Ottocento, digerita la modernizzazione, o “germanizzazione”, del paese a opera di Pietro il Grande a fine Seicento (Pietro era anche quello che aveva sconfitto infine gli Svedesi), discusse se le origini della cultura russa andavano ricercate nel mondo slavo o in quello scandinavo. L’argomento è ancora trattato da Puškin nel tìracconto “La storia del villaggio di Goriukhno”.
 
Russia-Germania - I bojari (boiardi) che Pietro il Grande obbligò all’europeizzazione, ne parlavano come di una “germanizzazione”. Nel grande pranzo della famiglia di bojari al cap. 4 del romanzo incompiuto di Puškin, “Il negro di Pietro il Grande” – la famiglia dove il bisavolo africano dello scrittore verrà accasato dallo zar – si critica la modernizzazione forzata di un personaggio,  reduce peraltro dalla Francia, con i “meeesyou, le mamzel e i pardò”, e come “non il primo e non l’ultimo a tornare alla santa Russia dal quelle terre tedesche senzadio come un completo buffone”. La modernizzazione di Pietro il Grande guardava a Parigi quanto ai modi in società e al linguaggio (all’Italia per l’architettura e le arti figurative), e alla Germania (con Olanda) per le tecniche industriali e di costruzione.
Due generazioni più tardi, quando in effetti molti tedeschi, fino a un paio di milioni, si stabilirono in Russia, aderendo ai piani di ripopolazione di Caterina II, si trattava per lo più di contadini, emigranti per bisogno (gli emigranti “economici” di oggi) – sceglievano la Russia invece delle Americhe, o delle colonie: i tedeschi del Volga, i tedeschi del mar Nero o di Crimea, i tedeschi di Bessarabia (poi Romania, poi Ucraina e Moldavia). Grandi masse che nel secondo Ottocento-primo Novecento riemigrarono verso il Nord America, e verso il Paraguay. Ma una robusta minoranza è rimasta in Russia: circa 600 mila russi si definivano di etnia tedesca all’ultimo censimento, e quasi tre milioni tedescofoni.
 
Selfie – Fanno parte dello storytelling personale, inteso come auto-narrazione, auto-rappresentazione. È l’esito di uno studio dell’università di Tubinga, di un gruppo di lavoro guidato da Zachary Niese. Pubblicato sulla rivista “Social Psychologic and Personality Science”: le foto scattate da altri ci ricordano un momento della nostra vita, le foto fatte dalla nostra prospettiva personale aiutano invece a ricostruire le sensazioni provate durante un evento.
Un’estensione dell’autobiografia, intesa come autocelebrazione. La diaristica minore che prolifera come gramigna - e sembra esaurire tutta la letteratura: non c’è altra editoria, evidentemente non ci sono altri lettori, solo gente che si specchia negli eventi minimi, comuni. E che è all’origine della decadenza della letteratura – non ci sono più linguaggi ma rappresentazioni (autorappresentazioni di preferenza). Sul principio dell’onanismo.

letterautore@antiit.eu

Botticelli oggi andrebbe sui social media

La discussa pubblicità del governo per promuovere il turismo, con la creazione dell’account “Venere” in cui la Venere di Botticelli è rimodernata come una Instagram Influencer, non sorprende il collaboratore della rivista per Tecnologia e Cultura. L’immagine “rimodernata” della Venere di Botticelli è parte di una campagna pubblicitaria da nove milioni di euro, che forse sono troppi, e ha sorpreso molti italiani come “una modesta caricatura del patrimonio culturale” dell’Italia. Ma, “dal punto di vista mitologico la cosa non è del tutto impropria: che altro potrebbe fare la dea della bellezza, il desiderio, la prosperità oggi se non moltiplicare i likes sui social media?”
Kyle Chayka,
Italy’s Newest Influencer, “The New Yorker”, free online

lunedì 1 maggio 2023

Problemi di base da corsa - 746

spock


Ferrari fa festa - è arrivata terza?
 
Ferrari  corre per il terzo e quarto posto – c’è un campionato Ferrari a parte?
 
Tutte più veloci della Ferrari, le Red Bull, che sono una marca di bevande, e l’Aston Martin d’annata con cui il re d’Inghilterra va a incoronarsi?

Ferrari perde le gare e moltiplica gli utili: c’è un nesso?


O non sarà Ferrari il marchio di spumante invece che l’auto da corsa?
 
Ma Ferrari corre in pista o in Borsa?
 
Fino a quando Ferrari abuserà del nome dell’ingegnere delle macchine da corsa che l’inventò?

spock@antiit.eu

La prima monaca di Monza

“The History of tyhe Nun” è il titolo originale. Con un sottotitolo che dice tutto: “The Fair Vow-breaker”, la bella che ruppe i voti. La ribelle Aphra Benn, romanziera polemica, la primissima romanziera moderna, fa la moralista. L’edizione italiana presenta il racconto come denuncia della “repressione del desiderio femminile”.  Che sarebbe nelle corde della “scostumata” Benn. Ma qui il racconto costruisce in chiave moralista: il desiderio viene punito per sua colpa.
La prima pagina è di perorazione femminista, quale ci si attende dall’autrice: ”Senza dubbio, le donne sono per natura più costanti e giuste degli uomini, e se i loro primi amanti non insegnassero loro il trucco dello scambio sarebbero colombe, che non abbandonerebbero mai il loro compagno, e, come le mogli indiane, salterebbero vive nelle tombe dei loro amanti deceduti, per farsi seppellire presto con loro”.
La seconda è però una perorazione contro lo spergiuro, quale sarebbe infrangere i voti. Soprattutto quelli monacali, “sacri”: “Potrei da sola, a mia sola conoscenza, dare un centinaio di esempi delle conseguenze fatali  della violazione dei voti sacri”.  Sembra uno spoiler, un’anticipazione del plot, ma il racconto non per questo perde mordente, il ritmo e gli incastri tengono – è semplice, oltre che breve, poco accade, ma memorabile
L’intento è edificatorio. Essendo stata a sua volta “designata come umile novizia in una casa di devozione”, la narratrice si rende conto che la scelta dei voti dovrebbe essere fatta in età adulta. Con cognizione di causa. E non per un “disegno dei genitori”.  Non potendo “fare le leggi, né modificare gli usi”, conclude, si affida allora alla penna. Ma parliamo di monasteri ricchi per persone ricche e belle, con parlatorio privato, anche se dietro una grata.  
Un racconto gotico in chiave realistica, di vita ordinaria. Una giovane giglio di purezza e angelo di bellezza, crescita in convento, da un padre amorevolissimo e da una zia badessa ricchissima, ammiratissima da migliori giovani di Fiandra, finisce per avere, senza sua colpa, due mariti. Una storia lenta, ripetitiva,
 per tre quarti del racconto, che assume nelle ultime pagine ritmi velocissimi e drammaticissimi. Un po’ schematici – schematizzati, non raccontati, non sviluppati: lo stesso canovaccio è in Manzoni molto più drammatico (curioso che la somiglianza dei due racconti non sia stata rilevata). Ma di un noir prima del noir, ben prima.
Una autrice che si viene rivalutando. Come prima scrittrice professionale inglese (una delle prime, in realtà), nel secondo Seicento. E come donna di liberi costumi, con amanti di ambo i sessi – per questo celebrata da Vita Ssckville-West, con una biografia romanzata, “The Incomparable Astrea”, e da Virginia Woolf, che la ricorda brevemente in “Una stanza tutta per sé”:- il prototipo del genere queer in voga, o del no gender.  In realtà donna determinata, che altre ritualità semmai ha introdotto tra i letterati inglesi. Figlia di un barbiere e di una levatrice, finita non si sa come nel Suriname, allora inglese, contestato agli olandesi. Stuartiana convinta, nell’età della Restaurazione, di Carlo II (ora si incorona il terzo Carlo….). Nata Aphra Johnson, prese il nome da un marito Johan Benn di cui altro non si sa – forse mercante olandese incontrato nel Suriname.
Prima di diventare famosa come poetessa, romanziera e drammaturga ha una vita di sua invenzione, posteriore. Compreso probabilmente il passaggio come novizia in convento, spinta da genitori per definizione ricchi e potenti. Ma in Suriname c’è stata, ha scritto da lì molte lettere, conservate.  Carlo Il l’avrebbe mandata spia a Anversa, contro gli olandesi, nome d’arte Agente 160, oppure Astrea, durante la Seconda Guerra Anglo-Olandese – primo autore inglese a volersi spia, moda perpetuata fino agli anni 1970. Salvo tornare a Londra dopo pochi mesi, a sue spese. E finire in prigione per debiti, malgrado la protezione regale, asserita. Probabilmente cattolica per molti indizi, tra essi l’attaccamento agli Stuart. Fu attiva anche in politica, tra i Tories, a Westminster, oltre che fertile scrittrice. Tutto in 49 anni di vita.
Il suo nome è stato perpetuato a lungo solo per il romanzo “Oroonoko”, il primo romanzo europeo moderno, e il primo (e a lungo l’unico) storicamente fondato. Molto “contemporaneo” anche questo: il romanzo di un principe africano ridotto in schiavitù, nel Suriname.
Aphra Benn, La monaca, Lorenzo dei Medici Press, pp. 80 € 14
 

domenica 30 aprile 2023

Problemi di base - 745

spock

 

“Nessuno può guardare nell’anima di un altro”, Hannah Arendt?

 

“Il vero miracolo è lo spirito”, id.?

 

“Il male non conosce pietà”, Svetlana Aleksievič?

 

“Si possono insegnare la menzogna e il male tanto quanto la verità”, id.?

 

Il calo delle nascite è “una perdita di speranza nell’avvenire”, papa Francesco?

 

“Poche coppie sono infelici come quelle troppo orgogliose per ammettere la propria infelicità”, P.D.James?


spock@antiit.eu

La moneta sarà digitale, meglio unifomarla

L’età della cartamoneta è al tramonto, la moneta sarà digitale. C’è stata l’era della carta moneta, dal primo Settecento (dalla “bolla” di Law), c’è, ci sarà presto, è in corso il passaggio, la moneta digitale. Si dice digitale delle banche centrali, si dice crypto delle monete pirvate. Il tonfo recente delle criptovalute ha lasciato gli investtori colpiti dalle perdite e sicuramente in dubbio. Ma il futuro della moneta è sicuramente digitale. C’è solo un dubbio: come sarà? “.
Il problema è che “non tutte le forme di moneta digitale si riveleranno praticabili”. Ci saranno quindi altri crolli. Il nuovo mercato va regolato. È quello che si sta facendo. Ma con un problema ulteriore: ogni autorità monetaria sta procedendo indipendentemente, e l’esito saranno probabilmente monete digitali o sistemi di pagamento di tipo diverso. Il che rallenterà la transizione e la renderà confusa.
Si dovrebbe arrivare all’inevitabile uniformizzazione dei regolamenti prima. Con grossi risparmi e forti benefici per tutti.
Gita Bhatt, Reimagining money in the age of crypto and central bank digital currency, Imf “F&D, Fince and Development”, settembre 2022, free online