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sabato 5 settembre 2020

Problemi di base ecoballistici - 592

spock


Dove vanno le sneakers, che a ogni stagione bisogna cambiare, nell’indifferenziata?
 
Se la gomma accumula elettricità statica, non saranno le sneakers all’origine del millennio afasico?
 
Abbacchiato, inerte, arrabbiato?
 
Si cammina o si è camminati?
 
Si cammina molleggiando o si molleggia camminando?
 
Ci vogliono le sneakers per innalzarci?
 
Più alti di che?


spock@antiit.eu

Il Millennio di Saturno

Un repertorio “completo” della malinconia – oggi depressione, al limite con la follia, ma compreso anche l’“entusiasmo”,  il furore religioso. Non malinconico, avendo la forza di percorrerlo per intero – ma si può fare a pezzettini: non è un trattato, è un’antologia, commentata, con lievità.  Frutto di un secolo, il Cinquecento,  in cui l’uomo conquistava il mondo – l’opera fu scritta e pubblicata ai primi del secolo successivo. Con la sola riserva che, l’autore professando la fede anglicana, di cui era ministro a Oxford, al fondo c’è una sorta di resa alle passioni: l’uomo è debole, solo lo Spirito Santo può salvarlo. Del resto, storicamente era la vigilia della guera civile, in un paese letteralmente infestato dalle sette religiose, ne sono state contate almeno trecento, tutte fondamentaliste. Quanto di più lontano dal buon parroco Burton, che dell’entusiasmo, o possessione divina, en theós ousia, fa uno dei due terreni di caccia preferriti, insieme con le pene d’amore.
Un repertorio non un saggio, che che il bibliomane Burton aggiorna nelle varie edizioni dopo la prima del 1621- nel 1624, 1628, 1632, 1638, 1651 - con consistenti ampliamenti, e con modifiche. La ricerca ebbe infatti grande successo, benché bilingue, con lunghi tratti in latino, accanto all’inglese.
Un’opera didascalica. Che Burton stesso presenta e spiega  con un’ampia introduzione, in prosa e in versi. Nelle prime due parti esuma tutti i tetsi sulla malinconia in generale. Nella terza parte tratta della malinconia d’amore e di quella religiosa, dell’entusiasmo.
Un repertorio del sorriso, per quanto profuso. Sul presupposto, che l’autore ricorda spesso, che tutto si può salvare, basta anche solo una passeggiata, un teatro, un’occupazione qualsiasi, pur triviale, e il sorriso: la chimica degli umori è insidiosa, ma non letale. Digressioni, curiosità, le stesse citazioni, sono scelte e presentate in stile lieve, anche umoristico.
Si veda il repertorio dei suicidi. I più secondo Burton li porta al suicidio il mal di pancia o malinconia, la vecchia bile nera, “the doom of all physicians”, l’incubo dei dottori, da Ippocrate e Galeno a rabbi Moses, Avicenna, Ezio, Rhasis, Gordonio, Valesco, Altomare, Salviano, Capivaccio, Mercato, Erode di Sassonia, Pisone, Bruel, Fucsio, Fracastoro. Il freddo all’anima che il mwedico matematico Cardano dirà la peste, “quasi carneficina hominum, angor animi” – e che Malaparte grottesco vide in Lapponia tra i tedeschi: gli Alpenjäger tirolesi e bavaresi, di guardia contro russi e norvegesi, si lasciavano morire dopo rapido invecchiamento. I dotti di Burton sono certi che la malattia dell’anima è la più dannosa, ma senza tragedia: “Non sarò mai uno schiavo”, dice il ragazzo Lacone buttandosi al fiume.
Il lavoro interminato di un ricercatore curioso, aggiornato ai contemporanei Galileo e Bacone – con Ariosto, per il “furioso” Orlando (ma non il Tasso, che pure era stato già tradotto in inglese). . Di proposito bonario, a firma Democritus Junior, in omaggio al “ridente filosofo atomista” greco. Per l’umore positivo, e più per l’erudizione: Democrito passa per uno che sapeva tutto di tutto, Burton per avere letto tutti i libri della biblioteca di Oxford.e ha condotto
Tradotto e presentato in équipe da Luca Manini, Amneris Rosselli e Yves Hersalt, per i Classici della Letteratura Europea, in traduzione e con l’originale.
Una malinconia, questa di Burton, imperiosamente d’attualità. Dopo non essere stata tradotta per quattro secoli. Una nuova traduzione integrale si annuncia a settimane di Einaudi nei Millenni. Una parte è stata proposta da Castelvecchi a fine 2019, quella riguardante le pene d’amore – riedizione della primissima edizione italiana dell’“Anatonia”, la “Malinconia d’amore”, a cura di Attilio Brilli, nel 1981. Alcuni estratti erano annunciati per Universale Feltrinelli a giugno, quelli curati da Franci e Fonte Basso nel 1983 per Marsilio, introdotti da un saggio di Starobinski, lo specialista contemporaneo della materia (in una con Panofsky, autore di celebrati studi specificamente sulla malinconia intellettuale o artistitca, saturnina): Starobinski, morto quasi centenario l’anno scorso, era anche psichiatra, e ha condotto in materia una ponderosa ricerca storica, sistematica e non avventurosa alla Burton, “L’inchiostro della malinconia”, che sintetizza mezzo secolo di ricerche, in aggiunta a saggi sparsi, sulla malinconia in Baudelaire, le possessioni in Sofocle, i Vangeli, Füssli, per cui resta famoso. I curatori citano il poeta Bonnefoy, che la malinconia dice “l’elemento che forse caratterizza più specificamente la cultura dell’Occidente” – ma l’Oriente non si direbbe da meno, in Giappone, in Cina, in India, specie in questo inizio di Millennio.
Robert Burton, L’anatomia della malinconia, Bompiani, pp. LXXXIII + 3008 € 65

venerdì 4 settembre 2020

Problemi di base maschili di mezza estate - 591

spock

Bisogna depilarsi, per soffrire?
 
Per tatuarsi?
 
E poi detatuarsi, per soffrire?
 
Dentro un pantalone collant, senza aria?
 
Le sneakers ai piedi, di gomma irrespirabile, per soffrire?
 
Imbruttirsi, per l’odio del corpo?
 
Chi dice che l’uomo, il maschio, è più intelligente?

spock@antiit.eu

Il mito Sherlock Holmes

Bellissimo illustrato, di copertine e oggetti d’epoca e di foto, il personaggio e l’autore sintetizzati con grande precisione. Dalla formidabile presentazione con Watson: “Vedo che siete stato in Afghanistan”. Alla “morte” di Sherlock Holmes decisa un mese dopo la morte del proprio padre di Conan Doyle. Alla partecipazione di Franklin D. Roosevelt, il presidente americano, a un club holmesiano. Ai due film di Sherlock Holmes che i russi trovarono nel bunker di Hitler. Alle statue erette al personaggio in Svizzera e in Giappone. Ai francobolli di San Marino e del Nicaragua.
Ci sono anche gli imitatori. Non proibiti all’epoca, il diritto d’autore non era esclusivo. Ma Conan Doyle non gradì, e Leblanc prima poi tutti gli altri dovettero storpiare il nome celebre. Non male per un soggetto che era nato con un nome diverso, Sherrinford Holmes – poi Conan Doyle sentì dire di un vecchio nome irlandese, Sherlock, e lo adottò. Morto Conan Doyle le imitazioni sono state moltiplicate, senza più nomi storpiati, a iniziativa del figlio Adrian, e del biografo principe, John Dickson Carr, il giallista. Sono americane più che inglesi. Anche Oudin, con dieci racconti vittoriani, di Sherlock Holmes ai quattro pizzi dell’impero, si è esercitato, in “Sherlock Holmes et le cobra d’or”.
Di italiano figura solo, nell’indice, il nome di Umberto Eco. Cui però nel testo corrisponde un riconoscimento: “Con questo romanzo (“Il nome della rosa”, n.d.r.) il pastiche holmesiano ha conquistato i suoi quarti di nobiltà”. Oudin dice holmesiano il protagonista di Eco, Guglielmo di Baskerville: “Fiancheggiato dal discepolo Adso, oppone agli inquisitori la logica dei metodi deduttivi”.
Un repertorio vasto. Con i grandi interpreti al cinema, Basil Rathbone, Christopher Plummer, Roger Moore (in un tentativo di resuscitare Irene Adler, con Charlotte Rampling quindi, e John Houston di contorno), e al teatro, William Gillette. I club, più americani che inglesi. I luoghi, e i musei. Il “canone”, avviato da mons. Reginald Knox per scherzo – il monsignore, teologo (autore di un classico “Enthusiasm”, contro il fondamentalismo religioso), giallista in proprio di buona reputazione, umorista (“Come scrivere un cattivo romanzo poliziesco”), cappellano cattolico di Oxford, lo avviò nel 1911, dopo la ripresa di Sherlock Holmes da parte di Conan Doyle per le insistenze dei lettori, con una conferenza, “Studies in the Literature of Sherlock Holmes”, in cui parodiava le analisi seriose applicate al personaggio. Con un dizionario essenziale dei personaggi – e la questione, a proposito di Watson: “È o no un imbecille?” Una guida al turismo. Una bigliografia di Conan Doyle e una di Sherlock Holmes. L’indice dei tanti nomi.
Sherlock Holmes, “la creatura che ha superato il suo creatore”, al debutto non era piaciuto. “Uno studio in rosso” fu rifiutato da alcuni editori, e  non vendette. Conan Doyle si affermò col successivo “Micah Clake”, un romanzo storico, che fu un successo. Sherlock Holmes fu salvato dagli editori americani. E il mito è tuttora fiorente in America più che in Inghilterra, per il numero di club holmesiani, le celebrazioni, le imitazioni. Per il cinema anche: Sherlock Holmes è il personaggio più filmato, più di Napoleone: nel 2008 contava già 204 film, Napoleone solo 194.
Bernard Oudin, Enquête sur Sherlock Holmes, Découvertes Gallimard, pp. 96, ill. € 13,10


giovedì 3 settembre 2020

Letture - 431

letterautore

Corrida – È la rappresentazione del “sacrificio”, secondo Leiris (“Età d’uomo”), che se ne dichiarava appassionato: “Una sorta di dramma mitico, con questo tema: la Bestia domata, poi uccisa dall’Eroe”. Un  sacrificio, “il” sacrificio: “Una messa a morte, un sacrificio, più valido di non importa quale altro sacrificio propriamente religioso, perché il sacrificatore vi è costantemente minacciato di morte, e di un colpo materiale – incassato tra le corna – invece della morte magica, cioè fittizia, a cui si espone chiunque entra in contatto troppo brusco col soprannaturale.

 
Femminismo - Fra “le cento donne che cambiano il mondo, attiviste, scienziate, economiste, politiche, artiste, ambientaliste, scrittrici, sportive…”, il settimanale “D” de “la Repubblica” celebra le musulmane col velo, anche se è imposto dagli uomini. Il velo è progressive? Il femminismo è sorprendente, non nuovo - è la vecchia letteratura: maschile? maschilista?. 
 
Italiano – Bach ne aveva concetto preciso, di “italiano” in musica, spiega András Schiff sul “Sole  24 Ore” domenica 23, “lui che non andò mai fuori dalla Germania”, perché “era molto colto, studiava sempre”, e “dalle musiche che trascriveva nelle biblioteche” costruì il “Concerto italiano”. Di cui il pianista dice: “Non riesco a immaginare un omaggio più grande all’Italia del movimento centrale, Andante, che guarda a Benedetto Marcello e a Vivaldi con una melodia bellissima e infinita, per la mano destra, mentre la sinistra tiene un ostinato che è un vero battito del cuore”.
Ancora: “Lo stesso modello Bach lo userà nelle venticinquesima variazione delle “Goldberg”, l’Adagio in sol minore, anch’esso in stile italiano. Così perfettamente identificato, miracoloso, in un uomo che non aveva mai viaggiato, come facevano tutti, dai grandi pittori fiamminghi e olandesi fono a Mozart (che è per metà italiano)”.    
La sensibilità ai mutamenti reali, invece che agli epifenomeni, alla politica, alla chiacchiera, da entomologo, con un occhio “marxiano” alla “struttura” dei fenomeni, ne aiuta gli equilibri, ne evita gli impegni, gli entusiasmi, sempre in qualche modo traditori. Ma non da remoto, dall’iperuranio della letteratura, muovendosi invece al contrario al centro, al nucleo, dei fenomeni - un autore in ogni evento contemporaneo, partecipe.
 
Memoria – “Il Benin di Patrice Talon (il presidente, un uomo d’affari) ha deciso di ribaltare tutto: i luoghi della tratta degli schiavi e le vestigia del colonialismo non verranno nascosti sotto il tappeto” – “7”: sono restaurati e restano in mostra. Il Benin, ex Dahomey, da sempre la Sorbona dell’Africa per l’altro numero di studenti, anche laureati, già in epoca coloniale, sa di che si tratta. Sono gli afroamericani che distruggono il passato, cioè americani di pelle nera – “perfino i nomi delle stelle considerati razzisti vengono azzerati dalla Nasa” (sempre “7”),. È l’America che vuole continuare a prosperare senza storia – pensa di avere prosperato perché senza storia, la nota presunzione americana, dei belli perché poveri, dei sapienti perché ignoranti. E si cancella, ma non si recupera, né la storia degli africani d’America né quella dei nativi americani.
 
Opera – “Il teatro nobile tra tutti, per il concentrato di gravità tragica di ciò che vi si rappresentava, della solennità del monumento, e dell’apparato col quale ci si recava” – tale appariva a Michel Leiris da piccolo: una “sorta di iniziazione”. Tale è in effetti, al fondo, l’opera: tragedia, e commedia.
 
Racine – “Una versificazione che presenta una sorta di sofficità di alcova, in cui tutte le linee si fanno fluide come quelle del corpo in amore” – M.Leiris, “Età d’uomo” (“Don Giovanni e il Commendatore”).
 
Wagner – “Ha condizionato Hollywood, infiltrato ogni fase della storia del cinema, dal muto ai supereroi”, è argomento di Alex Ross , l’illustratore famoso per i fumetti della Marvel, sul “New Yorker”. Non è vero, le immagini del cinema hanno altri riferimenti, tutte, dal muto ai supereroi, ma c’è sempre il bisogno di imporre Wagner. Che però, se  non per altro solo per questo, è sicuramente influente. Inquietante – “The New Yorker” non manca giorno in cui non presenta plurime denunce contro Trump: le due cose sono distinte?

Jünger - Rivoluzionario conservatore per collocazione (frequentazioni, riviste e sedi editoriali, corrispondenza), non per professione di fede e alla rilettura, e più o meno volontario nelle due guerre imperialiste tedesche, ma immune da sciovinismi giù nel corso delle confrontazioni.  Rivoluzionario senz’altro ma di fatto non conservatore. Militare pacifista. Aggressore perplesso - perplesso durante, non dopo. Mai nazista. Mai nazionalista - al confronto con Thomas Mann, p.es.. Aperto alle droghe, come sperimentazione di altre percezioni o stati di coscienza - checché questo voglia dire non è certo reazionario. Analista avvertito e anche sottile del contemporaneo: guerra, lavoro, immagini. Entomologo, quindi rispettoso della diversità. Radicato nella libertà - non nella “libertà tedesca” che fu l’equivoco dominante dei suoi anni, tra le due guerre. Immune, una rarità, allo sciovinismo dell’ideologia Volk. Viaggiatore senza paraocchi - p.es. in Italia, immune ai luoghi comuni e le frasi fatte. Naturalmente cosmopolita, caso forse unico in Germania.

Latino – S’intende sudamericano. “Le star latine dei tormentoni estivi”, titola il “Corriere della sera” una pagina con la prorompente Anitta, brasiliana. Le altre star sono Ana Mena, spagnola, la portoricana-cubana Mariahm e il colombiano Feid. Che cantano i successi italiani. Non si camta più in Italia – Napoli, specialmente, è scomparsa.

letterautore@antiit.eu

Sherlock Holmes lo Svitato

Recuperate da Roberto Pirani, specialista princeps in Italia di Sherlock Holmes, alcune avventure di una lunga serie. Che Cami, prolifico autore di cabaret per trent’anni di successi, tra il 1910 e il 1940, produsse a spese delle doti di cui Sherlock Holmes si fa forza: l’intuito, l’immaginazione, la deduzione.
Una serie di fulminanti parodie, esilaranti. E anche cattivelle. Per le “deduzioni” fantasiose, e per i casi, sempre iperstraordinari – il corpo crivelato da 960 colpi, i ladri che fanno le mucche ma non ne hanno la curiosità, il pelo mancante nella folta parrucca, il ladro in bici sott’acqua a Venezia, Sherlock Holmes che lo insegue sott’acqua praticandosi da sé la respirazione artificiale.
IlL successo di Sherlock Holmes fu istantaneo e amplissimo. Anche in Francia: Leblanc e Cami se lo fecero proprio. Conan Doyle non gradì, e i due, come ogni astro imitatore, adottarono varizioni sul nome. Cami scelse Lufock, dal francese loufoque, svitato, stravagante, strambo, pazzerellone.
Cami, Le avventure di Lufock Holmes, Sellerio, pp. 100 € 6

 

mercoledì 2 settembre 2020

Imperialismo cinese

L’Occidente resta atterrato dal virus cinese, mentre la Cina conquista i mercati? È quello che sta avvenendo: meno 9,8 per cento il pil dei paesi Ocse – dell’Occidente cioè – nel secondo trimestre 2020, più 3,2 in Cina. Un incremento trainato dalle esportazioni: il post-lockdown della Cina si condensa nella dotazione di 116,6 miliardi di dollari di esenzioni fiscali decise dal governo a favore delle esportazioni.
La Cina esporta per duemila miliardi di dollari, e importa per meno della metà. Nell’ideologia del mercato, la Cina si rappresenta - ed è rappresentata dagli interessi enormi che arricchisce nei paesi occidentali, la nuovissima borghesia compra dora - come la fabbrica del mondo. Di fatto è una specie di cravattaro: credito facile oggi (forniture facili, per il lavoto facile, senza orario e senza minimi), asfissia dell’acquirente domani. Di un mercato d’importazione che non avrà più di che (lavoro, reddito) pagare la Cina.
Una forma di suicidio economico? Ricardo inorridirebbe. Ma non in una logica imperialistica.

Secondi pensieri - 428

zeulig

Analisi-Confessione – “Alla base di ogni introspezione c’è un gusto di contemplasi e al fondo di ogni confessione c’è il desiderio di essere assolti”: Michel Leiris, che molto vi ha indulto, in confessioni sotto forma di autoanalisi, in “Della letteratura considerata come una tauromachia” - in apertura  a “Età d’uomo”.
 
Aronta
– L’angelo della storia di Walter Benjamin col viso rivolto all’indietro è già Aronta di Dante, al canto XXmo dell’ “Inferno” (è il canto in cui Virgilio rimprovera Dante che si commuove: “Qui vive la pietà quand’è ben morta”)?
Quello di Dante è l’Aronta della “Farsalia” di Lucano, il poema delle guerre civili fra Cesare e Pompeo, che a un certo punto, dice, “piacque far venire gli indovini etruschi, dei quali il più vecchio è Arunte”, che predirà le guerre e la vittoria di Cesare. Lucano lo fa venire da Lucca, mentre Dante lo mette più in su, “ne’ monti di Luni, dove ronca\ lo Carrarese che di sotto alberga”, in una spelonca “fra’ bianchi marmi”, con la vista eccezionale delle Apuane, “onde a guardar le stelle\ e ‘l marmo non era la veduta tronca”.
Philippe Sollers ne “La Divine Comédie” lo dice, come se citasse Dante, “che del seno fa le sue spalle perché ha voluto guardare troppo avanti\ guarda indietro e si muove all’indietro”. Mentre Dante lo dice solo attaccato con le spalle al ventre di chi lo segue nella processione infernale. Ma è vero che introducendo il canto gli indovini Dante stupefatto vede procedere di spalle: “Mirabilmente apparve essere travolto\ ciascun tra ‘l mento e ‘l principio del casso;\ ché da le reni era tornato ‘l volto,\ e indietro venir li convenìa,\ perché ‘l veder dinanzi era lor tolto”.
La storia come condanna.
 
Dialetto – Arricchisce o impoverisce (delimita, riduce) l’espressione? Entrambe le cose.
Moltiplica l’espressività, la capacità di dire, nello stesso tempo in cui la delimita territorialmente, geograficamente, a una specifica area dialettofona. Dal punto di vista linguistico e anche mentale. Rafforza l’identità, comunque la individua, seppure in certo modo, ma la isola, più che integrarla, e in questo modo la indebolisce invece che esaltarla – una vera identità (forte, robusta) si misura col diverso.
 
Felicità – Da qualche tempo si vuole “nordica”, anch’essa – la felicità come ogni virtù, capacità, potenziale, possibilità. Per il terzo anno consecutivo la Finlandia viene classificata come il paese più felice dal “World Happiness Report”. Anche se lo stesso “World Happiness Report” non omette di segnalare che il possesso di armi, indice d’insicurezza,  vi è “molto diffuso”, e il tasso di suicidi “alto”.
 
Heidegger - I “Quaderni neri” sono il compimento dell’opera omnia, una sorta di annotazione a temi e posizioni, anche se privi di riferimenti al tutto. Poiché così li ha voluti Heidegger. Il quale li ha preparati: scritti “in bella copia”, con la precisazione da pubblicare in fine, e nell’apparente disordine, di pensieri non sistematici, benché invece coerenti, sempre e comunque. Sugli stessi “Quaderni”, e quindi sull’opera, ponendo un interrogativo dubitativo, come di opera aperta e non sistemica.
Del suo pensiero parla a più riprese come di un “risveglio” – il suo ruolo quindi come di un profeta?
 
Perché non ammetterne il nazismo? La militanza – primo rettore in Germania a nazificare la sua università, contro anche il parere del senato accademico che lo aveva eletto. E in parte anche gli atti, seppure non eclatanti. Se non la professione di fede (ma la tessera lo è. Per non dare consistenza, e durata, al nazismo – con e senza antisemitismo (molto ebraismo è con Heidegger, come con Wagner, non teme il disprezzo)?
È bene liquidare il nazismo nel bunker di Hitler suicida, oppure no? Potendo esso contare, oltre che su Heidegger, su una vasta panoplia di scrittori e artisti d’eccezione, Pessoa, Céline, Drieu, Benn, Pound, Pirandello, Hamsun, Pabst, Riefenstahl – con la vasta coperta del destino eccezionale che, senza lo squadrismo, arriva a Thomas Mann.
 
Minoranze  - La minoranza fa aggio su tutto, basta il nome, anche se violenta, bigotta, illiberale, prevaricatrice. La minoranza totalitaria.
Una forma di narcisismo dilatato, come è nella natura del narcisismo - il narcisismo è invasivo. Che si innesta nella comunicazione digitale, comunque autocentrata, da vizio solitario, ma era antevisto, da Christopher Lasch, nella riflessione sul narcisismo, già  quaranta anni fa. È anche il segno dei tempi, non c’è misura. Non si combatte (ci si impegna) per un giusto equilibrio ma per la sopraffazione. La bambina palestinese ottimamente cresciuta in Germania venuta alle cronache per essere scoppiata a piangere davanti a Angela Merkel, quando la cancelliera in visita disse che la Germania non avrebbe potuto accogliere tutti gli immigrati, in un secondo momento, inseguita dai giornali, ha spiegato che lei non vuole vivere in Germania ma in Palestina. In una Palestina “dove lo Stato di Israele non ci sia più ed esista solo uno Stato palestinese. In America non c’è un editore per le memorie di Woody Allen, si abbattono i monumenti del passato, si censura un artista perché bianco, e si può far condannare un uomo, un maschio, con cui si avuta, o non si è avuta, una relazione, per capriccio – e per soldi.
Nella stessa America la minoranza totalitaria viene in discussione nei moti di questi mesi, a favore della minoranza nera, per torti antichi e nuovi. Che emerge sul terreno del razzismo anti-razzista dell’“Orfeo nero” di Sartre, come un movimento di Resistenza, ma non si pone limiti. Qui la materia c’è, la discriminazione c’è stata, regolamentare fino a recente, e tuttora nei fatti. Ma nel nome della minoranza si prova a imporla di fatto e nei fatti come unico criterio politico, di azione politica - generando una spinta uguale e contraria, ma questo non importa, è la dialettica politica. Il problema è: minoranza è un limite, seppure in pari condizionali, costituzionali e di fatto?
 
Surrealismo – Caso, sogni, immaginazione, psicoanalisi (ricordi, rimemorazioni, coincidenze, accostamenti, analogie, de-rimozioni). E realismo , specie a letto. A fini ludici (letterari) e anche terapeutici. Ma è mettere i piedi nel piatto, invece che librarsi-liberarsi sulla e della fanghiglia.
 
Wagner - Wagner, che ammira e lo fa fantasticare, soprattuto per “L’Olandese volante”, al giovanissimo Leiris, “Età d’uomo”,  pone il problema di “comprendere”, “poiché si parlava davanti a me di persone che «comprendono» Wagner e persone che non lo «comprendono»”. Per il ragazzo è un di più al “mistero” della musica, dell’opera, come il mistero del Natale o il mistero della nascita”.  Ma comincia con Wagner l’arte che necessita di comprensione – di una spiegazione, una iniziazione. Dell’arte come testo sacro, che necessita l’ermeneutica.

zeulig@antiit.eu

Montalbano si spegne a Bologna

Primo e unico caso di collaborazione tra Grazia Negro e Montalbano, tra Bologna e Vigata. Freddino - gli autori torneranno a collaborare, ma senza i rispettivi beniamini.
Inizia Bologna, l’ispettrice Grazia Nigro, Vigata risponde. La corrispondenza va avanti a pizzini, straccetti di carta appuntati a matita o a biro. Era l’epoca di Provenzano, un capomafia da poco arrestato, che parlava solo coi “pizzini”. Era anche l’epoca di Ciancimino figlio, un “traggediaturi” che avviò il processo allo Stato invece che alla mafia, nel quale ha impantanato l’antimafia siciliana per un decennio, e forse ancora non è finita.
Sfortunata è forse la trama. Che è quella di Ciancimino jr: il cattivo è lo Stato. Questo Ciancimino oggi è dimenticato, ma dieci anni fa dettava legge - la legge italica è fatta così. Ciancimino jr. comunicava coi “pizzini”, e questo fanno anche i due Supereroi, come a dire: “Non prendeteci sul serio, siamo fuori concorso”. In più Lucarelli, che scambia la violenza con l’inventiva, fa commettere al mite Camilleri inverosimili crudeltà. Con un errore: lo Stato, seppure deviato, non ci molla mai.
Un giallo “superiore” direbbe lo stesso Ciancimino jr. Una cattiva azione, verso lo Stato e verso il lettore.
Massimo Ciancimino la trama la svolgeva meglio (era, è ancora, suo questo “Stato”), il suo agente deviato tedesco (altoatesino) era geniale - se non era opera dei suoi avvocati (dei servizi segreti?). Non era però una cima, e presto è stato abbandonato a se stesso: un pupo nelle mani di un puparo, la mafia stessa, che sempre trova e illustra qualcosa di più mafioso della mafia. Ma Lucarelli – si deve a Bologna, cioè a lui, l’iniziativa del quattro mani – non vuole osare. Camilleri è la prima cosa che avrebbe detto, ma si adegua.
La nuova edizione, a prezzo raddoppiato, è più corposa: la versione grafica della prima bozza, poi sveltita di alcune lastre - ma anche la prima era bene illustrata.
Camilleri-Lucarelli, Acqua in bocca, minimum fax, pp. 125 € 24

martedì 1 settembre 2020

Ombre - 528

 Pil indietro nel secondo trimestre del 12,8 per cento rispetto al primo e del 17,7 rispetto al secondo trimestre 2019.  Crolla la componente estera, esportazioni e importazioni, ma anche la domanda interna - dell’8,7 per cento i consumi finali e di quasi il 15 gli investimenti. Il calo è maggiore in Francia e  Spagna, ma sensibilmente minore in Germania. Meno male, dice il ministro dell’Economia, per l’Italia è legata alla Germania. E questa è tutta la politica economica.

S’impantana alle prime piogge intorno a Malo, il borgo immortalato da Meneghello (ma è una cittadina), la Pedemontana Veneta, i 5 km inaugurati a giugno. Un’arteria in costruzione dal 2011, lunga 90 km, di cui in dieci anni sono stati realizzati non più di una quindicina. Dai costi lievitati da 2,5 a 13 miliardi - il Mose della terraferma. Nel Veneto dove tutto è di eccellenza.
 
Mobilitazione generale e toni catastrofisti dei giornali sul referendum, se vince il sì: “Sono la nuova casta”, “Dicevano di volere cambiare invece volevano solo sostituirsi”, etc.. Come se “gli italiani” non lo sapessero – Di Maio e Salvini stanno lì perché “gli italiani” si dicono “loro sì e io no?”, per che altro?

“Matteo e Gigi gemelli del Si”, lamenta Damilano sull’“Espresso”, cioè interscambiabili. Ma la rottamazione, già universalmente osannata, non voleva dire semplicemente questo: levati tu che mi ci metto io? Per fare che, poi si vedrà.
Le rivoluzioni generazionali purtroppo sono di basso livello, bassissimo. 

Raddoppiano i contagi e i morti, anche se a piccoli numeri, riaprono le terapie intensive, focolai si manifestano ovunque, anche se vengono imputati “alla Sardegna” , ma non ce ne preoccupiamo, il governo non lo dice. Questo governo di nessuno – di Grillo che a quest’ora rappresenta solo se stesso.
 
Medici e insegnanti obiettori: i test non sono affidabili, il personale non è qualificato, io ho 55 anni, io ne ho sessanta… L’Italia che non ti aspetti, dopo tanti secoli di beatificazioni scolastiche. Anche: il ceto dirigente è questo, per lo più “indignato”, se non proprio grillino.
 
Onorificenze, ambite, ai capi russi – “un cavalierato non si nega a nessuno”. La “scoperta” del cinema italo-russo in un bellissimo volume. Durante la fase acuta del Covid una lettera periodica ai connazionali in Russia che non parlano russo, con tutte le regole di comportamento e gli ausilii in vaso di congtagio. Può un ambasciatore fare una politica, quanto meno sopperire a una mancanza di politica? L’ambasciatore a Mosca Terracciano ci prova, con risultati notevoli – la Russia sempre ci vuole bene (è un ottimo cliente, e paga).
 
La giudice amministrativa Quiligotti, presidente della Terza Sezione del Tar della Sicilia, dopo essere stata consulente di Zingaretti alla Regione Lazio, arde d’impazienza e subito cassa l’ordinanza regionale che blocca gli hotspot senza ascoltare le parti e senza consentire il deposito di memorie. “Pare”, dice, e “non pare”. Che non sia sotto sotto di destra? Un mucchio di palle alte ha servito a Musumeci, il berlusconiano moderato dell’ordinanza, oltre che a Salvini. “Ogni tanto, quando c’è di mezzo un governatore di centro-destra, la giustizia amministrativa è pure rapida”, può twittare Maria Stella Gelmini. O: la sinistra non si rende conto.
 
“Viviana e Gioele: nulla di certo, inchiesta resettata”, titola con soddisfazione la “Gazzetta del Sud”, il giornale di Messina. Pagine ogni giorno su tutti i giornali sulla madre col bambino scomparsi e infine ritrovati morti da giorni nella campagna di Caronia, a Messina. Quando la dinamica era chiara da subito: la madre ala guida ha avuto un incidente, il bambino ha battuto, ed è morto, o la madre lo pensa morto, si allontana col bambino in braccio, e poi si suicida. Tutto, meno che la verità?
 
Le leonesse bianche sbranano in Sudafrica l’albergatore che le ha allevate da cucciole. Come fanno i lupi con gli agnelli. O i gabbiani con i piccioni. L’animalismo deve fare ancora molta strada.


Come farsi uomo attraverso le donne

“A cinque o sei anni fui vittima di un’aggressione”. Gli levarono le tonsille. “Tutta la mia rappresentazione della vita ne è rimasta segnata: il mondo, pieno di botole, non è che un vasta prigione o una sala operatoria; io non sono sulla terra che per divenire carne da medici, carne da cannoni, carne da bara”.
Oppure si può cominciare così. Michel Leiris ha un problema. Ha “tendenza a vedere l’organo femminile come una cosa sporca e come una ferita, non meno attraente per questo, ma pericolosa per se stessa, come tutto ciò che è sanguinolento, mucoso, contaminato”. Bataille, in qualità di psicoterapeuta, lo consiglia di scrivere, ed ecco un lavoro fervoroso di cinque anni, dal dicembre 1930 al novembre 1935, sul tema dell’“uomo ferito”.  In pratica su Leiris quand’era bambino, e su tutte le immagini, le zie – una è cantante, d’opera - e le donne cui si è dedicato nelle orge solitarie.  
Tutto, si può così sintetizzare, in questo passaggio all’età adulta è pieno di trappole. La maggior parte afferenti all’onanismo. Michel Leiris fatto uomo si è legato al surrealismo, a Breton e Bataille, e Bataille, psicagogo, gli consiglia di scrivere ciò che gli racconta – “fare un libro che sia un atto”. E così, a 34 anni, come Dante che non conosce, a “metà della vita” Leiris si racconta. O dell’inutilità dell’analisi a fini terapeutici – delle associazioni, i sogni, le rimozioni, i complessi. Forse utile a fini letterari, ma con pesantezze. Questa crescita, di sogni, ricordi, immagini di donne, si fa leggere, ma lascia insoddisfatti: e allora?

Delle  donne il catalogo è vasto. Ma sui modelli classici, di Lucrezia casta e Giuditta vendicativa,  su cui si ritorna a più riprese in esteso, specie nel quadro di Cranach. E con ambientazioni implausibili. L’antropologo e antichista Leiris al museo si sente come al bordello, e viceversa, al bordello si sente come al museo: “Nell’uno e l’altro posto si è, in certo modo, sotto il segno dell’archeologia: e se ho amato a lungo il bordello è perché partecipa anch’esso dell’antichità, per il suo lato mercato di schiavi, prostituzione rituale”.
Non è la sola agudeza. L’opera romantica, “Tosca”, “Sansone e Dalila”, è “spazzatura” – l’opera ricorre, ma è Richard Strauss e Wagner (Puccini Leiris recupera nell’edizione 1964, dopo essere stato ospite a Torre del Lago, con due pagine emozionanti, le due finali del volume). E “se il tempo è molto bello, càpita che io ne sia leggermente angosciato: non è cattivo segno che faccia così bello?”. Quando ci si guarda non si finisce più: l’angoscia, o la depressione, quello che è, si moltiplica e dilaga, invece di allentarsi. Leiris stesso finisce con l’autoanalisi, sospeso tra la materna Lucrezia e la determinata Giuditta - dopo aver passato in rassegna una vasta serie di rapporti, anche inconcludenti, con femmine per qualche verso borderline:  fra “terrore e pietà”, si dice di se stesso. Da “specialista, maniaco della confessione”. Pur sapendola “umiliante, unitamente a ciò che comporta nello stesso tempo di scandaloso e di esibizionista”. Una lunga esposizione all’aperto del cosiddetto rimosso? Che Leiris però non aveva rimosso, se lo racconta, in dettaglio.
Avviato all’antropologia dopo studi inconcludenti, a un primo “ubi consistam”, Leiris si diverte a ricordare e si interroga – raccontare se stessi era un’epidemia anche negli anni 1930. Sui problemi in amore, naturalmente. Sul “gusto dell’ermetisno”, dell’allegoria. E sull’“abitudine che ho di pensare per formule, analogie, immagini”. Come fa in questo libro. E negli altri? Certo, quando uno si interroga, non la finisce più, la miniera è inesauribile. Forse anche produttiva, a fini terapeutici. Ma quando bisogna comunque legarsi a ricordi, immagini, pruriti sessuali, la cosa può riuscire faticosa – irritante per il lettore, ma quanto benefica per il paziente, se non per lo spin-doctor?  Leiris stesso lo sa, nel momento in cui scrive. Si giustifica. Ho scritto il libro, spiega, “verso la fine di una cura psicologica che, malgrado la mia ripugnanza per tutto cià che pretende di guarire i mali altri che quelli del corpo, il mio malessere interiore mi aveva forzato a subire”. Contradetto da Zanzotto, nella postfazione a questa edizione, che spiega come le autobiografie (e le chiacchierate con lo strizzacervelli?) siano per ogni aspetto selettive, fuorvianti.
Preceduto da “La letteratura come tauromachia”, deludente, a parte il titolo: un trattatello più intellettualistico che altro, freddo - una prima agudeza: si scrive come un mano-a-mano nelle arene con il toro, lo scrittore contro il lingiaggio, contro se stesso.
Michel Leiris, Età d’uomo, SE, remainders, pp. 192 € 9 

lunedì 31 agosto 2020

La morte dell’opinione pubblica in Italia

Mobilitazione generale e toni catastrofisti dei giornali sul referendum per il taglio dei parlamentari. A ogni evidenza troppo tardi, dopo tanta antipolitica giornalistica. “Gli italiani” non vedono l’ora di punire i loro parlamentari - eccetto i 5 Stelle e i Leghisti, che sono invece in gamba. E se anche gli altri italiani prevarranno col no, i giornali non se ne gioveranno – i buoi, come si suol dire, sono scappati, i buoi-lettori.
Mobilitazione e sconcerto da costituzionalisti? O i media hanno scoperto che l’antipolitica che da quarant’anni impongono non paga? Non paga i giornali, che hanno distrutto l’opinione pubblica, sulla quale si reggevano – e altrove si reggono, per esempio negli Usa del pur antimedia Trump.
Troppo sottile questa analisi? Probabilmente sì. Ma è quello che si vede. I giudici dell’antipolitica se ne sono serviti per le carriere, sempre meglio che lavorare. I giornali che gli hanno fatto da tappetino sono ridotti al caporalato – pagano un articolo meno di quanto Stagno d’Alcontres a Milano pagava, all’ora, i suoi africani (che non licenziava, ne voleva perfino di più).

Appalti, fisco, abusi (181)

Il decreto agosto prolunga fino a gennaio la moratoria sui debiti bancari. Con un impatto sul sistema creditizio molto più vasto che in qualunque altro Paese europeo. È una buona ricetta? Non per il sistema bancario, e questo si sa – si sapeva dall’analogo errore compiuto dopo la crisi del 2008.
 
Quella italiana è la moratoria più elevata, oltre che più lunga, del credito bancario in Europa. Oltre quattro volte quella decisa in Spagna: mentre gli accantonamenti bancari in vista di eventuali perdite sono analoghi nei due paesi, attorno ai 3 miliardi nel secondo trimestre, i crediti congelati sono quattro volte tanto – quelli del precedente decreto, fino a tutto luglio, ammontavano a 260 miliardi (per circa due terzi, 169 miliardi, di piccole e medie imprese).

Le banche sembrano attrezzate a far fronte al momento della verità, quando la moratoria verrà a cessare. Ma il prolungamento della moratoria, e dunque del momento della verità, non è bene augurante, a giudicare dal post-2008. Prolungandosi la moratoria, s’ingrossa il nodo crediti deteriorati, che emerge tutto insieme invece che progressivamente, man mano con la ripresa dell’attività economica dopo il lockdown.
 
La Tari è raddoppiata – come minimo - dal 2007. Per il business della raccolta differenziata. Si spera a qualche fine. La raccolta differenziata, dovendo ogni sua parte, carta, vetro, umido, plastiche, produrre nuovi beni, dovrebbe costare di meno e non di più
 
È interminabile la fissa della Bce sul Monte dei Paschi. A ogni mossa dell’istituto senese per tornare in bonis impone condizione gravose e anche letali. Ora un altro, un quinto?, aumento di capitale – come se qualcuno fosse disposto a pagarlo. Mps era così corroso, o già fallito? Perché allora autorizzarne il rilancio a spese dei risparmiatori?
Gli aumenti di capitale farlocchi di Mps:
2011 per 2,15 miliardi
2014 per 5 miliardi
2015 per 3 miliardi
2016 per 5 miliardi (fallito).

Morante liberata nella natura

Una drammatizzazione lieve delle canzoni di Elsa Morante, pdel suonando salvato dai ragazzini  del Sessantotto, più dette che rappresentate, con fondo musicale dal vivo – semplice, chitarra, percussioni. Su uno scenario naturale. Su uno dei temi morantiani, la felicità dei pochi, l’infelicità dei molti - la felicità degli infelici molti, l’infelicità dei felici pochi, etc.
Il poema, che si vuole celebrazione dello spirito lieve del movimento giovanile, libertario senza aculei (i “ragazzini” sono gli F.P., i “felici pochi”, che Morante elegge nelle note a “sale della terra”, per essere “infine, sempre, i veri rivoluzionari”) è in realtà strutturato, su forme e lemmi di tipo alto, classico. “Un romanzo. Un memoriale. Un manifesto. Un folletto. Una tragedia. Una commedia. Un madrigale. Un documentario a colori. Un fumetto. Una chiave magica”, Morante si sforzò anche nella presentazione di caratterizzare la raccolta con la lievità. Ma la sua scrittura è sempre letteraria, elevata – perfino retorica in molti dei componimenti. Di Clemente le trova il tono sbarazzino che era nei propositi con la rappresentazione svagata, senza scena, quinte, entrate e uscite, costumi. Come la raccolta voleva essere.
La scenografia naturale dà come spontaneità al teatro, che invece concepiamo come rappresentazione chiusa al chiuso, al buio, notturna. Perfino l’acustica è riuscita perfetta benché all’aperto, degli interpreti finalmente non più microfonati, il suono naturale non si disperde.
Maria Teresa Di Clemente,Felici tutti, Rifugio Biancospino, Piani di Carmelia, Aspromonte

 

domenica 30 agosto 2020

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (435)

 Giuseppe Leuzzi

A metà della “Tragedia del Korosko”, il romanzo del fondamentalismo islamico di fine Ottocento, Conan Doyle si interroga - p. 86: “Se un impulso comune li travolgesse, se un grande condottiero o una guida carismatica si levasse in mezzo a loro e si servisse del materiale eccezionale a sua disposizione, chi potrà affermare che non sarà proprio questo lo strumento con il quale la Provvidenza spazzerà via il corrotto, decadente, apatico Meridione d’Europa, come fece migliaia di anni fa, per fare spazio a una stirpe migliore?”
 
A proposito delle forniture Covid, un business da dieci miliardi: “In Lombardia il 35 per cento dei bandi è stato annullato o revocato” – “Corriere della sera”. Per non “trasparenza”. Erano cioè bandi per gli amici. Uno su tre. E non c’entra la mafia.
 
Sudismi\sadismi
Il porto di Gioia Tauro è al primo posto in Italia per connettività, per collegamenti con gli altri porti minori, da stazione di transhipment. È la graduatoria di Mds Transmodal, che fa testo nel settore, in collaborazione con l’Unctad. Gioia Tauro è al terzo posto per connettività nel Mediterraneo, al dodicesimo in Europa, e al trentaquattresimo nel mondo. Merito anche del gestore terminalista, la Msc del gruppo svizzero-napoletano Aponte. Di questo primato c’è notizia solo nei quotidiani locali, nemmeno una breve altrove.
 
“Inizio delle lezioni in ordine sparso. Il Nord punta al 14. Al Sud il fronte del 24 settembre”, “Corriere della sera”. La virtù sta a Nord. Ma nel mezzo non c’è il voto, le scuole occupate dai seggi? Si apre il 14 per chiudere il 17, e riaprire il 24.  
 
Il Sud del Nord
Scandalo al “Quotidiano del Sud” - “l’altra voce dell’Italia” del lombardista pentito Roberto Napoletano - per Straberry, la start-up del bocconiano Guglielmo Stagno d’Alcontres, che a vent’anni s’inventò frutta e verdura dal campo a casa, entro 15 km. da piazza Duomo, allevata in serre a pannelli solari e recapitata in apecar, meritandosi nel 2013 e 2014 il premio Oscar Green della Coldiretti, e arrivando a fatturare a trent’anni sette milioni, finito sotto processo a trentadue per caporalato, per “sistematico sfruttamento illecito della manodopera agricola a danno di circa 100 lavoratori extracomunitari”. Una vergogna, tuona il quotidiano. Solo che Stagno d’Alcontres suona messinese.
È anche vero – ma il “Quotidiano del Sud” nella foga non se lo chiede – che solo Stagno d’Alcontres pratica il caporalato in Lombardia. Non perché è un bocconiano tarato, oriundo siciliano?
Ma è pure vero che – secondo l’accusa – pagava i braccianti solo 4,50 l’ora. Cioè quanto al Sud si paga un bracciante del Sud senza qualifica, pura manovalanza.
 
Se il Sud è dialettale
Il ritorno del dialetto è leghista. Con la ridicola fioritura di paline stradali nelle Venezie e altrove che ripetono le denominazioni italiane in un dialetto che è la dialettizzazione dell’italiano, non un algtro nome o un’altra identità. Il dialetto cioè è un’impuntatura, prima che il riacquisto o la concelebrazione dell’identità, smarrita o negata.
Ci sono anche molti contro il riuso dei dialetti. Uno è l’imprecisione o indefinitezza, della pronuncia e quindi del concetto. Si ricordi il Don Cicce, sillabazione errata, per don Cicciu, adottata da Guido Morselli in “Divertimento 1989” per familiarizzare l’appellativo di un amico del protagonista, il re Umberto I in vacanza in Svizzera in disguise. Morselli, che ha larga conoscenza dei dialetti, e ne fa largo uso nei suoi romanzi (prima o dopo Gadda e Pasolini? la filologia di Morselli làtita), fa chiamare Francesco Mélito duca di Portosalvo familiarmente dal suo amico il re Umberto I “don Cicce” – “non lo dovere chiamare eccellenza, no, don Cicce”, raccomanda ad alcuni commensali del “Divertimento 1889”. Ma a Porto Salvo il duca sicuramente non lo chiamavano don Cicce. Morselli si piccava di conoscere il calabrese per essere stato militare di leva su è giù per la regione, ma in nessun dialetto calabrese si sfumano le terminazioni, la-le sillaba-e finale-i.
Però, è vero che Napoli, luogo per antonomsia dei duchi e dei baroni, don Francesco avrebbe potuto essere, sarebbe stato, don Cicce. Questo è un difetto napoletano, di parlare cantando. Più che sillabe emettendo suoni, distinti ma inarticolati.
Questo è il problema dei dialetti. Che per essere ricchi sono sfumati. Imprecisi. Forse per questo si costruisce poco dove si parla dialetto, per l’imprecisione. La scienza e la tecnica vogliono essere precise.
 
Venite, adoremus
Si fatica a capire perché l’immigrazione selvaggia non venga mai considerata sotto il suo aspetto reale: un mercato di esseri umani, a opera di trafficanti di nessuno scrupolo, che li sfruttano alla partenza, durante il,viaggio, e per l’ultima traverstata, dove molti, centinaia ogni anno, muoiono annegati  Per offrire  braccia a costo minimo alle famiglie, ai campi, ai ,lavori minuti, e come manovalanza nelle fabbriche. No, di questo non si parla mai, in nessuna sede.
Di più sorprende il silenzio della chiesa. Che per mille antenne sa di che si tratta: Si può presumere il governo ignorante, il Di Maio-S alvini come il Di Maio-Zingaretti, ma la chiesa sa tutto, attraverso le sue missioni, i diplomatici, le sue ong, i suoi vescovi e sacerdoti, ben radicati in Africa, e ora anche in Asia. Ma non lo dice, si limita ad appellarsi al buon cuore. Come se fosse quello che manca.
Un’attitudine razzista, anche, sotto le buone intenzioni. Che all’africano guarda come al “bovero negro”, non a gente volenterosa e forte, moralmente, e anche più veloce di mente e di cuore. Sempre e solo la messa cantata, di buoni, buonissimi, sentimenti. È sempre e solo Natale, anche con i barconi rovesciati e i corpi ai pescecani - invece dei pastori i “boveri” africani.
 
Tra Scilla e Cariddi vince il Giappone, non da ora
La pesca del pesce spada e del tonno rosso, vanto dello Stretto, fino a “Horcynus Orca” e anche dopo, la fa il Giappone. Lo sapeva Pasquale Clemente già una trentina d’anni fa, se non quaranta, un amico che poi è morto, vecchio frequentatore di Stromboli, che il pescespada e il tonno tra Calabria e Sicilia veniva pescato dai giapoensi: “Hanno imbarcazioni elettroniche, non vanno con le spadare, non aspettano il pesce nelle tonnare. Pescano o  sbafo, il mare non è protetto, per un mercato che pare sia ricchissimo: il pesce spada da loro e il tonno rosso, di una certa qualità, quella dello Stretto, vanno a peso d’oro. A Vibo la mattina (il dialogo si svolgeva in Calabria) fanno loro il mercato: a prezzi normali, ma vendono i resti. O varietà che dicono locali e invece vengono dagli oceani”. 
Sembrava la solita esagerazione di Pasquale, “nulla di buono in Calabria”, e invece ora “la Repubblica” ci fa un’inchiesta a otto mani, di Bonini con Fraschilla, Palazzolo e Sandra Scarafia, che conferma tutto, nei dettagli. Compresa la vendita in Italia di tonno e pesce spada atlantico o indiano. Impressionante. Che tutto si sapesse ma a nessuno interessasse. Una ricchezza enorme buttata via. A Tokyo si è battuto il tonno - se ne fanno aste - a 3,1 milioni di dollari per 278 kg. di peso lordo, con coda, pinne e testa.

Impressionante che in trent’anni, o quaranta, niente è stato fatto che contrastasse la pirateria giapponese. E tuttora niente si faccia, in omaggio alla libertà di navigazione e di pesca.
Si capisce anche che il Sud non decolli mai. Si fosse trovata questa riserva di pesca tra le coste venete e romagnole, come sarebbe andata? Il Sud – questa la verità – non sa nemmeno di essere, a parte le lagne.

leuzzi@antiit.eu

L’altra Sicilia, o l’Ottamerone di Camilleri

Prosegue la serie dei racconti umoristici di Camilleri con cui il quotidiano rilancia le vendite, a quanto pare, nel week-end – quello che non fanno i giornalisti fa Camilleri? Il primo da “Gran Circo Taddei”, il secondo da “La regina di Pomerania”, le raccolte di racconti con cui Camilleri nel 2011-2012 si prese una pausa da Montalbano. Col piglio veloce della serializzazione da feuilleton, e sempre per qualche verso gradevoli. Anche dove, come in questi racconti, non è più questione di attrazioni fatali, le famose “corna” siciliane – ci sono, ma sono in subordine.
Gradevole anche “I duellanti”, che non è più un aneddoto di paese sfizioso ma, ripetitivo, una parodia dell’Italia di Mussolini - della “guerra di Mussolini” addirittura: un’Italia che non sa di nulla, si accapiglia per un gelato. L’altro è l’aneddoto della “seconda canna”: quando la moglie non resta incinta, c’è la possibilità che il seme non sia fertile, e allora si tenta con la seconda canna del fucile, con un altro uomo – dal vivo naturalmente, allora la congelazione essendo di là da venire.
L’occupazione del circolo borghese di paese, il circolo degli sfaticati, imbastire “farfanterie”, Camilleri porta a arte gradevole. Una sorta di “Decamerone” svelto configurando – un “Ottamerone”, doppio, otto racconti per raccolta – di Vigata. In siciliano o quel che è la parlata di Camilleri (lui dice “vigátese”, sdrucciola, strano parossitonismo). Anche se non c’è la peste – c’è il fascismo. Che nulla ha a che vedere con l’originale, ma per il piacere di narrare sì. Controcorrente: come quella di Montalbano non è “la” Sicilia, obbligatoriamente di mafia, così il siciliano di questi racconti non è più quello delle cartoline brancatiane di comodo, “l’ingravidabalconi”, fa la cosa senza nemmeno pensarci, lui e lei altrettanto golosi.  
Andrea Camilleri, La fine della missione
I duellanti
, “la Repubblica”, gratuitamente col quotidiano