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sabato 15 ottobre 2022

Ombre - 617

All’improvviso, Putin compare anche sui media italiani. Che non ne parlano più come di un Hitler. Anzi lo fanno perfino ragionevole. Cosa è cambiato? Chi ci informa e perché? Dopo averci mandato, nel caso, al disastro economico.

Grandi cronache sempre su Londra e quanto vi succede. Ora di una premier imbranata, che ha sprofondato in pochi giorni la Gran Bretagna nell’inflazione, e la recessione. Senza che a noi ci interessi nulla, non abbiamo nulla a che spartire con Londra. Mentre non sappiamo nulla della Germania. Che ha difficoltà economiche gravi, e ci porterà con sé alla recessione. 

“La Russa in Senato ha citato Pertini… Berlusconi Beppe Grillo”: la vignetta della “Nazione” dice tutto. Sono bastati pochi attimi, Berlusconi che espone ai teleobiettivi gli epiteti contro Meloni (una prima volta espose i nomi di chi cercava raccomandazioni: tutte donne) e il siparietto con – contro - La Russa, per dire tutto Berlusconi. Molto meglio dei tanti libri di Travaglio e delle migliaia di pagine dei grandi quotidiani in trenta anni di “cronache”. Si può pensare che sia l’età, ma il vizio è vecchio: è tornato in Parlamento ma non finisce di distruggere il (suo) partito.

Però, Meloni sarà pure una “ragazzetta”, ma ha saputo dire no a una ministra di Berlusconi inquisita per lenocinio – per avere procurato allo stesso Berlusconi fanciulle disponibili. Dice: il processo a Ronzulli è parte dell’accanimento giudiziario contro Berlusconi, del filone dell’improvvida Boccassini, tricche e ballacche. Però, intanto Meloni ha detto no.

“Se Putin ci toglie il gas, contrazione del pil dell’1,5 per cento” – in realtà dell’1,8 per cento. È la previsione, come sempre cauta, della Banca d’Italia sui conti dell’Italia nei prossimi trimestri. Italia sotto inflazine, e con un calo della ricchezza lorda di 25 miliardi, in un colpo. Le sanzioni saranno indiscutibili, ma fanno danni: le guere si combattono in un solo modo.

Il Pd organizza a Roma due manifestazione, una contro gli ayatollah davanti all’ambasciata iraniana e una contro Putin davanti all’ambasciata russa. Organizzato? No, annunciato, perché davanti alle ambasciate si vedono poche persone, sparse: i manifestanti si saranno perduti per strada? Ma le due ambasciate non sono remote, basta fare la Nomentana, tutta dritta. 

Insomma, siamo alla vigilia della guerra nucleare, in Europa, sopra le nostre teste, e non ce ne preoccupiamo? Forse il build-up di false notizie di guerra che ci affligge da sette mesi ormai non fa più presa.

Chi ha messo fuori uso i gasdotto Nord Stream nel Baltico? Silenzio. Chi sarà stato mai? Un danno alla Russia. E alla Germania, più grave.

La National Security Strategy di Biden, di confrontation con la Cina, potrebbe essere contrastata in Europa dai governi di destra, compreso il nuovo governo italiano? Gli Stati Uniti del presidente democratico mettono le mani avanti. Ma la prima risposta l’hanno avuta da sinistra, con l’annuncio di Scholz del viaggio in Cina, a caccia di nuovi affari e a consolidamento della prima partnership industriale e commerciale, ormai “strategica<”, della Germania.

Gli Stati Uniti hanno imposto la globalizzazione, che ha dimezzato l’Europa. Ora, in nome dell’America First, vogliono imporre il decoupling con la Cina. Sempre all’Europa. Sembra che ce l’abbiano con l’Europa.

Lo spolpamento di Mps non ha fine. Da parte delle altre banche, quelle che formano il consorzio di collocamento dell’ennesimo aumento di capitale. Normalmente si pagano commissioni per il 4 per cento dell’operazione, qui si paga il 15 per cento. Paga il Tesoro, lo Stato italiano. Sarà stato proprio un governo delle banche, quello di Draghi. Ma di alcune banche.   

Altalena delle Borse, un giorno sì e uno no – anche se lungo un trend discendente: è la vera fisionomia del mercato, è inevitabile con i tassi elevati e le economie al ribasso. Ma Milano è dominata da titoli come Diasonin e Amplifon. Che ogni giorno ampliano i movimenti, battono i record. Diasorin, Amplifon di che stiamo parlando? Milano è una Borsa burletta?

Ha affossato il governo Draghi e vuole affossare il governo eletto? Forse i siparietti per le tv al Senato non sono tutto, ancora dobbiamo vedere altro di Berlusconi. Ora che non ha più di temere per i suoi affari, né dalle banche né dalla legge. 

Firenze, con un nuovo tipo di autovelox truccato ha moltiplicato per sei o sette volte le multe: erano state 81 mila in tutto il 2021, sono state 397 mila nei primi otto mesi del 2022. Una, quasi, ogni abitante, bambini  compresi. È l’ultima roccaforte del buon governo Democratico, un deperimento lungo quasi ottant’anni.

Ma tutta la Toscana è multata, oltre che pidiessina: l’autovelox è stato l’industria regionale da qua do è nato, ora moltiplicata per dieci con nuovi congegni, che seguono l’automobile prima e dopo il passaggio. Tutto studiato non per indurre la prudenza, come vuole la legge, ma per moltiplicare le multe. Con annesso punteggio defalcato. La Firenze-Pisa-Livorno, una strada dissestata, da almeno cinquant’anni, ne ha dodici su meno di 100 km. 

Incredibile ritratto di Mani Pulite, indiretto, in un ritratto che Buccini fa di Di Pietro sul “Corriere della sera”. Del traffico di notizie fra il giudice e i giornalisti, tutti suoi servi – li comandava con interlocuzioni molisane.

Dybala con la Roma si rompe – la Juventus, dice, l’ha lasciato andare per questo. Ma intanto ha fatto tanti gol, importanti. E soprattutto riempie lo stadio della Roma, che è due volte quello della Juventus, anche quando gioca con squadrette da poco. Si capisce la crisi del club torinese: non sanno che lo sport è entusiasmo, Hanno cacciato Dybala come già Del Piero, e ogni altro, Ferrara, Marchisio, Bettega, etc.. 

Si fanno cronache scandalistiche dei gran premi automobilistici, per un motivo o per l’altro, non immotivate. Ma si alzano peana al business.

Vedere giocare Juventus e Milan in Europa è sorprendente prima che sconfortante. È possibile che si giochi per non giocare?  Specie la Juventus contro la squadra cuscinetto del Maccabi Haifa. Con calciatori pagati come in tutta Europa – e tre o quattro volte più di quelli del Maccabi. Sarà l’aria dell’Italia che li fa disappetenti?

Quel Mussolini diciannovista sembra di oggi

Erano appena in 53 alla fondazione dei Fasci di combattimento, nella sala di un circolo (ex socialista?) in piazza san Sepolcro a Milano, il 23 marzo 1919. Otto mesi dopo, il 16 novembre, i Fasci partecipavano alle elezioni, nella sola circoscrizione di Milano, candidando con Mussolini due nomi celebri, il maestro Toscanini e Filippo Tommaso Marinetti. Ma raccolsero poco: Mussolini arrivò a 2.420 preferenze - l’ “Avanti!” si poteva vendicare scrivendo: “Un cadavere in stato di putrefazione è stato ripescato stamane nel Naviglio. Pare si tratti di Benito Mussolini”. Un mese dopo i Fasci aprivano sedi in tutta Italia, trentasette, con 800 iscritti. “Esattamente tre anni dopo la disfatta elettorale, il 16 novembre 1922, il «cadavere in stato di putrefazione» pronunciava alla Camera il suo primo discorso da presidente del Consiglio”. Gentile non lo nota, ma questo suo incipit spiega l’elettorato italiano, che cambia umori a ogni votazione, non da ora quindi.

Non sarà probabilmente una storia innovativa, questa che Emilio Gentile, che ha già detto tutto del fascismo. Anche se presenta un’opera in sedici volumi, con un paio di migliaia di pagine di testo. Sarà l’antitesi della storia, altrettanto distesa, di De Felice cinquant’anni fa? In questo primo volume, che è molto su Mussolini giovane  rivoluzionario, socialista, dapprima anti-nazionalista, poi interventista, con un suo proprio giornale prima che con il suo partito, è molto simpatetica, tralasciando alcuni aspetti contestati del futuro duce. Il suo interventismo improvviso, finanziato da Francia e Inghilterra, confina per esempio in tre righe, a p. 49: “Aveva potuto realizzare il suo disegno in poco tempo grazie ai finanziamenti di un gruppo di industriali; e successivamente ebbe anche un aiuto finanziario dai socialisti francesi e belgi e dai governi francese e inglese”.   

Analogamente incidentale - per quel tanto che ne sottolinea il balzo politico nazionale, a 28 anni - è il suo ruolo al XIIImo congresso del partito Socialista, a Reggio Emilia il 7-10 luglio 2012, in cui propose e impose la cacciata dei maggiori socialisti riformisti, Bissolati, Bonomi, appoggiando e imponendo la frazione rivoluzionaria o massimalista. Avvelenando cioè il socialismo italiano di quei germi che cresceranno nel partito Comunista, e che impediranno in Italia, unico paese in Europa occindentale, un socialismo democratico.  

Ma è una storia gradevolmente narrativa. Soprattutto segnata dalle immagini: tantissime fotografie d’epoca, che dicono anch’esse molto, e forse di più. La foto segnaletica di Mussolini, 1903, che pure è nota, assume anch’essa un altro significato: molti destini contemporanei vi si possono ravvisare, anche se, felicemente, non così decisivi.

Emilio Gentile, Storia del fascismo - 1.Fasci di combattimento, “la Repubblica”, pp 191, ril. ill. € 14,50

 

venerdì 14 ottobre 2022

Problemi di base americani - 718

spock

Era necessario privare l’Europa del gas russo per comprare quello americano, che costa enne volte tanto, più gli oneri di sistema e le spese di trasporto?

 

Anche a costo di portare l’Europa alla recessione – disoccupazione, fallimenti, debolezza economica e sociale?

 

Era necessario portare la Nato sotto il Cremlino?

 

Siamo in guerra e il presidente Biden è sempre gaio: si diverte?

 

Ma questa è la guerra di chi contro chi?

 

L’Europa è da proteggere o da distruggere?

 

Il problema è sempre quello: America First, nei confronti di chi?

spock@antiit.eu

La libertà si fa

Sul solco di “L’essere e il niente”, il “saggio d’ontologia fenomenologica” di Sartre, pubblicato l’anno prima, e a contestazione di “Lo straniero”, il racconto di Camus (“Oggi la mamma è morta. O forse ieri…”), comparso l’anno prima, nel 194e, de Beauvoir debutta nel 1944 con una riflessione composita sulla libertà: quale etica per la libertà. Avviandola col paradosso che Cinea cinico pone a Pirro, re assetato di conquiste: “E poi?”  Ci dev’essere una fine: un fine. Non si può errare a vuoto, tanto per tentare, provare.

Ma più che sullo “Straniero” di Camus, il trattatello, in piena occupazione “felice”, si direbbe una riflessione sullo sull’“Ecclesiaste” di san Girolamo, “vanità delle vanità e tutto è vanità”: perché fare (imparare, viaggiare, operare….)? È articolato per temi: l’istante, l’infinito, Dio, l’umanità, la situazione, la dedizione, la comunicazione, l’azione. Concludendo alla necessità del fare, contro l’inerzia del “cinismo”.

L’infinito è tema che oggi si ripropone, nel dibattito sull’immortalità, il prolungamento della vita. La finitezza è l’infinito dell’uomo, argomenta de Beauvoir: “La finitezza dell’uomo non è subita ma voluta: la morte non ha qui quella importanza che le è spesso attribuita. Non è perché muore che l’uomo è finito. La nostra trascendenza si definisce concretamente al di qua o al di là della morte”.

Storicamente, all’uscita, una dimensione diversa dell’esistenzialismo. Non un fare per fare, un’agitazione sterile – “ansiosa”, “angosciata”, “disperata”, come voleva la vulgata - ma una ricerca, coscienziosa: “Qual è dunque la misura di un uomo? Che scopi si può proporre, e che speranze gli sono permesse?”. L’ambiguità se si vuole, ma come ricerca in continuo, contro l’assurdità, contro la vulgata dell’esistenzialismo come filosofia dell’assurdo.

L’assunto si preciserà, alle condizioni storiche di quegli anni, nel saggio successivo, 1947, “Per una morale dell’ambiguità” - al quale “Pirro e Cinea” verrà sempre collegato nelle successive riedizioni: uno “studio sull’azione” richiesto a de Beauvoir da Camus... Alla rilettura, la felice sorpresa di una de Beauvoir che si fa sempre leggere, anzi ora meglio di prima, mordente e precisa.

Simone de Beauvoir, Pyrrhus et Cinéas, Folio pp. 117 € 3

giovedì 13 ottobre 2022

Problemi di base cinesi - 717

spock 

Era necessario portare la Russia, che si voleva europea, a fianco della Cina?

 

È necessario privare l’Europa, che ne ha bisogno, dei semiconduttori cinesi?

 

E del mercato cinese?

 

È necessario portare la Nato nel mare Cinese?

 

E perché?

 

(ritornello) Se vogliamo la guerra con la Cina non era meglio avere i missili russi, e le atomiche, dalla nostra parte?


spock@antiit.eu

Spinello e misticismo, la California com’era

Un volumone farcito di cose, eccetto che di senso. Se non come ritratto di un’epoca, gli anni 1970 nella California del Sud. Non ci sono storie: begli inizi e poi divagazioni. Si parla di tutto, profusamente, dei temi più diversi. Suicidi, reincarnazioni, predestinazioni, e scoperte di Dio: letture sacre, da bibbia, vangeli, veda, con una spruzzata di buddismo e molta gnosi, rinfocolata dalle scoperte dell’epoca, i rotoli di Qumran, o del Mar Morto, Nag Hammadi, la divinità femminile. Intervallati da incontri con Dio stesso. Il sottotitolo, editoriale?, è la cosa più giusta: “Impazzire è talvolta la cosa più appropriata alla realtà”.

L’approccio è ironico, anzi comico, di tutt’e tre i racconti o romanzi. Sui vari tipi e ragionamenti che si incontravano a Berkeley e dintorni. Nelle pause, se non per effetto, delle droghe. A partire da un ristorante Bad Luck nella “zona pianeggiante” di Berkeley, probabile sobborgo o borgata, aperto da un “Fred Hill”, supposto agente sovietico delegato a sopprimere in qualche modo i compagni non in linea, socialisti, comunisti, anarchici. Si scherza anche sulla Bibbia e i testi sacri, sugli spiriti maligni cacciati da Gesù in un branco di maiali. Ci si inerpica, tra uno spinello e una birra, oltre che per i rotoli del Mar Morto, fissa questa costante, per san Paolo, la Bibbia di re Giacomo e quella di Gerusalemme, la tradizione rabbinica, gli zadochiti – gli zadochiti a più riprese. Ma poi ci si prova a scalare, interminabilmente, sentieri impervi. Specie quelli esoterici, come sempre inconcludenti: gli Amici di Dio, Meister Eckhart, i Dogon del Mali, Ikhnaton, Jung, Paracelso, Osiris e Seth, il libro di Giobbe, con Vishnù e Shiva, e Zoroastro, e Eraclito, la costante di Fibonacci, la Cabala, affastellati per maggior peso, più spesso in una pagina. Da compulsatore assiduo della Enciclopedia Britannica. Per ridere?

Valga per tutti il plot del terzo racconto, “La trasmigrazione di Timothy Archer”. Il vescovo Tim Archer, vecchio avvocato, è sotto inchiesta per eresia perché nelle prediche “non trova la minima traccia dello Spirito Santo dal tempo degli apostoli” – e in privato aggiunge: “La concezione apostolica dello Spirito Santo si basa sula ruah ebraica, lo spirito di Dio”. Che sembra da ridere. Ma seguono digressioni su Whitehead, Böhme, Hegel, sant’Agostino, e la sinteticità del latino. Mentre si saprà – anche lui è vittima di Fred Hill, la spia – che il vescovo non solo convive, vedovo, con una norvegese molto volitiva, ma che questa è in qualche modo diabolica, e che entrambi abusano dell’“obolo episcopale”.

Il secondo racconto della trilogia, “Divina invasione“, è di parole in libertà. C’è perfino una chiesa cristiano-islamica.  Con i Lakers e i Giants del baseball. E molta filosofia, da sant’Anselmo e la prova ontologica dell’esistenza di Dio, fino a Russell (Bertrand?). Feti di donne vergini. Un Elias che è stato Beethoven. Questi “rozzo e impetuoso, appassionatamente dedito alla causa della libertà umana”, dopo avere “camminato mano nella mano col suo amico Goethe, per creare con lui la nuova vita dell’illuminismo tedesco” – rozzo? amico Goethe? Illuminista precoce? E poi Tom Paine, il solito Böhme, e Martin Buber.  Carlo Pagetti intrepido prova a dare un filo alla trilogia, ma con poco costrutto - a parte le informazioni sulla vita, sempre semplice e complicata, di Dick quando progettò e scrisse la trilogia, con estratti corposi da “Exegesis“ che avrebbe dovuto essere la Grande Opera di Dick: “una tragicommedia sulla vita in America negli anni Settanta“.

Bizzarramente, rispetto agli altri suoi numerosissimi racconti, Dick ha qui però anche narrazioni molto fattuali. Del business spiritualista, tra psicoterapeuti pazzi o furbi, professori all’università, revenants. Di vecchie amicizie riscoperte. Di vecchie letture, rivisitate in dettaglio, di Dante soprattutto, il “Paradiso”, e di Schiller, “I masnadieri”. Di molti dischi cult, da gestore di negozio di dischi. Con un anticipo di “nuovi filosofi”. Dell’ideale, che è il Rinascimento, “l’uomo poliedrico del Rinascimento” – che era però il mondo di Dante, la rilettura è sofisticata: “Il Rinascimento non era il trionfo del vecchio mondo pagano sulla fede, ma piuttosto l’estremo e più pieno fiorire della fede, in particolare della fede cristiana”. Di Santa Barbara, il “giardino” dell’università di California, popolata di spiritisti. E soprattutto di Berkeley, l’università e la città. Con i “realisti medievali”, delle “parole come cose reali”. E altri riferimenti non avventurosi. Tra essi la nostalgia di come avrebbe potuto essere: l’arcangelo (ermafrodita?) del terzo romanzo, Angel Archer, di sé può dire: “Non è stato l’ultimo canto della ‘Divina Commedia’ a formare la mia identità, il giorno che lo lessi la prima volta a scuola?…. Quella notte ho letto la ‘Commedia’ sino alla fine, e non sono più stata la stessa. Non sono più tornata a essere quella che ero prima”.  

Con alcune novità, anzi, poi correnti. Il segno cristiano del pesce che è la doppia elica del dna. “Valis”, Vast Active Living Intelligence System, il sistema di controllo satellitare, attuato negli anni di Obama, che tutti ora sperimentiamo, nel nostro piccolo (sei stato al gabinetto?) sul cellulare. C’è anche un presidente Fremont dove c’era Nixon, che ha un’armata civica, i Fapper, Friends of the American People, come poi l’armata brancaleone di Trump all’assalto del Congresso. E ci sono le morti per sfida, da dark web – quella di Sylvia Plath pure crudele: “una gara a chi riesce a tenere la testa nel forno più a lungo”. Con qualche incongruneza. Il protagonista di “Valis”, Fat, all’agenzia di viaggi parla con la signora al banco e il suo “terminale di computer” – negli anni 1970? è anch’essa una pre-visione?

L'effetto è però di confusione. A meno che la vena di Dick fosse, più che la fantascienza, l’umorismo, anche feroce. Tutt’e tre i “romanzi” della trilogia potrebbero essere infatti comici. Di sfigati, o fumati, o svitati, che si perdono in chiacchiere, nel mentre che si svuotano, si stroncano, benché volenterosi. “Valis” comincia con Philip K. Dick che anagramma il suo nome in greco, philippos, amante dei cavalli, e in tedesco, dich, grasso, e si nomina conseguentemente Horselove Fat. Sdoppiandosi con uno sparring partner, il Narratore, in dialoghi a volte esilaranti. Nel terzo romanzo, “La trasmigrazione di Timothy Archer”, il narratore Dick si traveste da donna, Angel Archer, una sorta di Arcangelo, una che è laureata in lettere e vende dischi, come già Dick, e fa da parafulmine, o spalla d’appoggio, ai suicidi – che qui diventano maschi, mentre quelli di Horselove Fat erano femmine. Ma poi, specie nel secondo volet della trilogia, “Divina invasione”, la vena lieve si perde.

La comicità in filigrana rende la fatica completa della lettura meno gravosa. Da non sottovalutare questa vena surreale, che vira sul comico – questo non si rileva di Dick come a suo tempo di Gogol’, fatte le proporzioni, un altro che finì per parlare con Dio. L’impressione è che Dick abbia provato a rientrare con questi romanzi nel mainstream, liberandosi dell’etichetta ingloriosa di scrittore di genere. Di cui a lungo ha sofferto - come Vonnegut, che però malgrado le lamentele si era imposto. L’avvio del terzo romanzo è promettente: è il giorno dell’assassinio di John Lennon, la narratrice si reca da un Richard Barefoot, a Sausalito, in una casa galleggiante, per un seminario sulla spiritualità sufi, dopo avere pagato in anticpo cento dollari: “In California l’illuminazione si compra come si comprano i piselli al supermercato, a peso”. Riflettendo: “Daterò questo seminario dalla morte di John Lennon”. E poi: “Che maniera di avviarsi sul sentiero della comprensione. Vai a casa e fumati uno spinello”.

A tratti l’ironia si direbbe pirandelliana, bonaria e insieme distruttiva – ma non si disdegnano le barzellette. A tratti arbasiniana, da social scientist: di uno che annota la storia mentre la vive, con occhio cinico.

Philip K. Dick, La trilogia di Valis, Fanucci, remainders, pp. 678 € 10

mercoledì 12 ottobre 2022

La Germania teme e critica le sanzioni

Vere manifestazioni, non come quelle rituali della sinistra politica in Italia, di massa, con partecipazione larga, si susseguono in Germania contro le sanzioni. Non a favore della Russia, ma per il caro-energia che le sanzioni comportano. Le manifestazioni sono più numerose e seguite infatti nei Laender orientali, quelli che hanno avuto i russi in casa fino al 1989. E soprattutto in Sassonia, nelle importanti città di Dresda, Lipsia, Chemnitz, Zwickau. Alle critiche si unisce la Cdu locale.

Nasce da questa protesta la decisione unilaterale del governo del cancelliere Scholz di adottare un piano tedesco contro il caro-energia, senza attendere le decisioni di Bruxelles. Dalla protesta popolare, e dal ragionamento ormai familiare degli industriali tedeschi che senza il gas a buon mercato della Russia la Germania va fuori mercato: un sistema produttivo energy-intensive non può pagare l’energia quattro e cinque volte di più – senza contare, si aggiunge, che gli Stati Uniti invece col caro-gas ci guadagnano, un malumore sempre più esplicito.

Si spiegano così anche le ambiguità di Scholz. Che sostiene l’Ucraina militarmente, ma ritardando o rinviando le forniture di armi. E ha ora deciso in autonomia, dopo il fondo di 200 miliardi che ne ha segnato la distinzione dalla Ue, di recarsi in Cina per moltiplicare gli affari. Qui anzi in contrasto con l’isolamento che l’amministrazione Biden vuole creare attorno alla Cina.

Bella Ciao a Teheran

Un film in quattro episodi sulla pena di morte. Sulle impiccagioni – in Iran usa l’impiccagione, ma senza cerimonia: al chiuso, all’alba, per vie spicce, appendendo i condannati e poi togliendo loro il supporto di sotto.

I primi due episodi claustrofobici, in grigio. La vita normalissima di un impiegato modello: lascia la mattina il luogo di lavoro con una interminabile serpentina dal garage multipiano, col sacco di riso avuto in premio, di un edificio che s’intravvede essere il tetrissimo carcere di Evin, fa il marito e il padre amorevole, va a letto presto, si alza alle tre, procede alle abluzioni ordinarie, esce senza far rumore, nella città vuota si ferma ai semafori, ritorna dentro l’ufficio angusto che ha lasciato. A questo episodio, “Il Diavolo non esiste”, segue la notte agitata di un plotone di disciplina, soldati di leva addetti alle esecuzioni: agitata perché uno di loro si rifiuta di farlo. Con action movie finale, che finisce in una gioiosa “Bella ciao” cantata da Milva - tutta intera come solitamente non si ascolta, con le parole in sovrimpressione.

Gli altri due episodi sono nella natura, idilliaca. Un giovane che da soldato ha dovuto sottrarre la sedia a un condannato, si rovina e rovina per questo il gioioso ritrovamento con la fidanzata una volta libero dalla naja. Un anziano medico “morto civile” nella fattoria in montagna che si è costruita per sopravvivere, senza patente, passaporto, professione, assistenza, minato dal cancro ai polmoni, vuole vedere una volta sua figlia: l’ha concepita dopo la fuga rocambolesca da Evin, e prima della sua rimozione dallo stato civile in quanto disertore, seguita dall’emigrazione della fidanzata, che non si sapeva incinta, col migliore amico di entrambi.

Quattro film in realtà. Quattro storie complesse, e sceneggiate per un lungometraggio, compresse in quattro episodi, per quasi tre ore di proiezione. Storie attraversate anche da considerazioni sulla legge: la leva obbligatoria, pena la morte civile, la pena di morte. Sullo sfondo dell’Iran degli ayatollah, quindi cupo, anche se senza una denuncia diretta, o polemica. Ma, nelle immagini, di un Iran inconsueto per gli amatori del cinema di questo paese: ambienti montani, verdeggianti, di rifugi e torrenti, lieti solo a vedere. Non remoti, sono i dintorni di Shemiran, il quartiere settentrionale di Teheran – che è città di montagna, dai mille metri di Teheran Sud, dei bazarì, il commercio minuto, ai 1.700 metri di Shemiran: la valle di Darband e le altre numerose alle pendici dei monti Elburz, alle propaggini del Demavend, il vulcano spento che è la cima più alta del Medio Oriente fino al Pamir, e troneggia con le nevi perenni dei 5 mila metri sulla giungla afosa del Caspio da un lato e sulle tramotane di Teheran dal lato sud.

Rasoluf ha una lunga storia, anche lui, di carcerazione e divieto di operare, a partire dal 2010, dagli anni neri della presidenza Ahmadinejad. Poi tollerato. Il film è stato Orso d’Oro al festival di Berlino del 2020.

Mohammed Rasoluf, Il male non esiste, Sky Cinema Due

martedì 11 ottobre 2022

Secondi pensieri - 495

zeulig

Assoluto – Si può dire l’individuo, la persona umana, benché deperibile. Che si è riprodotta ormai in molti miliardi di esseri, nessuno dei quali è uguale o riducibile all’altro, e ognuno “il più insostituibile degli esseri” di Gide.

Complessità – È il mondo fisico di Platone, uno dei suoi aspetti. Nella sua cosmologia Nóus, la mente, opera per assoggettare Ananke, la necessità. Ma scopre il cieco caso, il caos, e si applica a rimetterlo in ordine.

Anche il problema resta lo stesso: Platone non dice come, anche se presuppone che Nóus ci sia riuscita. 

Creazione – “«La divinità creatrice» disse Fat «può essere folle, e quindi l’universo è folle. Quello che noi sperimentiamo come caos è in effetti irrazionalità. C’è una differenza»”, Philip K. Dick, “Valis”, 102.

Può essere una “spiegazione” del male, una risposta al problema del male: che Dio stesso sia imperfetto – invece che buono, giusto, onnisciente, eccetera.

È un linguaggio, a fronte del quale noi siamo “idioti”? Sempre Dick, “Valis”, 37: “Tutta la creazione è linguaggio, e nient’altro che un linguaggio, che per qualche inesplicabile ragione non riusciamo a leggere fuori e a sentire dentro. Perciò dico che siamo diventati idioti. È successo qualcosa alla nostra intelligenza…. Noi siamo linguaggio. Perché dunque non lo sappiamo? Non sappiamo neppure ciò che siamo, per non parlare della realtà esterna di cui siamo parte.  Il significato originale della parola «idiota» è «privato». Ciascuno di noi è diventato privato, non partecipa più al comune pensiero del Cervello, tranne che a livello subliminale. Perciò la nostra vera vita e il suo scopo si svolgono al di sotto della soglia della consapevolezza”. Un pensiero alternativo, dei tempi della conoscenza “alternativa” (autodidatta, controdeduttiva, esoterica, flusso di coscienza, etc.), ma fattuale, di dati di fatto cioè.

Futuro – “Una delle più grandi benedizioni di Dio è che ci tiene perennemente nascosto il futuro”, Philip K. Dick, “Valis”, 24.

E non è tutto: “Dio, misericordiosamente, ci tiene nascosto il passato, oltre che il futuro”, id.

Infinito – È uno spazio mentale – la vera dimensione spazio-temporale. Nulla di più (semplice) alla fine di come argomentato da Plutarco indirettamente nell’aneddoto di Pirro e Cinea – da cui Simone de Beauvoir prende l’abbrivio per contestare a Camus l’estraneità del suo “Straniero” - nel trattato che ha intitolato appunto “Pirro e Cinea” (poi solitamente accorpato in coda al saggio “Per una morale dell’ambiguità”, anche se non c’entra). Cinea obietta ai disegni di conquista dell’amico re Pirro. “Prima la Grecia”, “E poi?” “Poi l’Africa”, “E poi?” “Poi l’Asia, l’Asia Minore, l’Arabia”, “E poi?” “Andremo fino alle Indie” “E dopo le Indie?” “Ah, ci riposeremo”. “E perché non riposarvi subito?”

“Cinea sembra saggio”, può obiettare de Beauvoir: “Perché partire se non è che per rientrare a casa? Perché cominciare se bisogna poi fermarsi?” E si risponde: “E tuttavia, se non decido prima di fermarmi, mi sembrerà ancora più vano partire”. Partire senza più va contro anche al senso comune: “Anche l’architetto della torre di Babele pensava che il cielo era una volta e che la si sarebbe toccata”. O Adolphe, l’eroe di Benjamin Constant, che si dice: “Trovavo che nessuno scopo valeva la pena di nessuno sforzo” – “così pensa l’adolescente”, può commentare infine de Beauvoir, “quando la voce della riflessione si risveglia in lui”, mentre “da bambino rassomigliava a Pirro: correva, giocava senza farsi domande e gli oggetti che creava gli sembravano dotati di una esistenza assoluta”.

Si può dire una grandezza misurabile - anche se non concettualmente, di fatto: poiché il mondo conta almeno cento miliardi di galassie, ognuna contenente fino a mille miliardi di stelle (ma l’“almeno” e il “fino a” lo misurano anche concettualmente, non solo all’osservazione astronomica).

Presente – È invece ciò che non c’è. Che sfugge, inevitabilmente, come tempo e anche come sensazione, riflessione. E tuttavia è presente, anche ingombrante. Anzi, è ciò che opprimeva Borges: “Secoli di secoli, ed è soltanto nel presente che i fatti avvengono; uomini innumerevoli nei cieli, per terra e per mare, e tutto ciò che avviene realmente è ciò che succede a me”. La stessa guerra, per esempio oggi, si rapporta all’io, al proprio anche misero presente, come il covid ieri, come il terremoto probabilmente.

Umanità È unica sulla terra, checché vogliano i paleontologi e il postumano. E nel mondo. Il paradosso di Fermi e l’equazione di Drake non sono in contrasto - sono ugualmente giuste. Drake calcolò – basandosi su segnali radio – quante sono le civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione. Fermi un decennio prima, quando c’era la frenesia degli Ufo, si chiese: “Where is everybody”?, e dove sono? Una curiosità tanto più doverosa se l’equazione di Drake andasse applicata, come dovrebbe, a un mondo fatto non di una galassia ma di almeno 100 miliardi di galassie, ognuna contenente fino a 1000 miliardi di stelle – cioè l’infinito.

Vita – È nel tragitto, nel disegno, nello spostamento, anche da immobili, nella conquista, o la sconfitta. Come argomentato da Plutarco (de Beauvoir) in “Pirro e Cinea”.

Allo stesso modo e nello stesso tempo Fermi e Drake lasciano aperto il nodo vita – di vita cosciente, intelligente, comunicativa, creativa: a che punto e come nasce, come si chiedeva della nobiltà. La progressione dalle alghe, spugne e stelle marine si spiega fino a un certo punto, e in termini quantitativi: misura, articolazione, specializzazione…. Molti esseri hanno un cervello, ma uno solo funziona appieno – non sempre.

zeulig@antiit.eu

Un parroco nel bordello, svizzero

Una gag semplice – e già arata: il parroco di una chiesa in rovina riceve una grossa eredità, un bordello di lusso. Ma gestita con altrettanta semplicità, e quindi divertente. Con l’ausilio di molte belle attrici senza spocchia, che si sono piegate all’ingrato ruolo di seminude per lo più taciturne. Compresa Sabrina Ferilli - lei però vestita, in quanto tenutaria – in un ruolo brillante.

Con il solito Ceccherini, e Marcello Fonte. E belle vedute di Lugano e dintorni – un film si direbbe svizzero, simpatico e pulito.

Leonardo Pieraccioni, Il sesso degli angeli, Sky Cinema


lunedì 10 ottobre 2022

Che ce ne facciamo degli slavi

Se al conclave del 1444 fosse stato eletto papa il dotto Bessarione invece del Borgia – il primo dei Borgia? La storia, si sa, non ama le sliding doors: nessuna porta è quello che sembra, o promette, o s’immagina. Ma nel caso sarebbe stato differente: la chiesa latina si sarebbe conciliata con quella ortodossa, Costantinopoli magari non sarebbe caduta dieci anni dopo in mano ai turchi, la questione slava sarebbe stata quanto meno affrontata sei secoli fa, mentre ancora è del tutto irrisolta: che ce ne facciamo, anche se sono più di tutti gli europei latini e germanici (mediterranei e nordici sarebbe meglio) messi issieme. Perché di questo l’Europa ancora soffre, anche a distanza da Hitler, che li odiava quanto gli ebrei, e pur rinnegandolo: che ce ne facciamo degli slavi?

Sonio sempre litigiosi, è vero. Tribali. I russi contro gli ucraini sono una minima parte, per quanto terribile appaia ora, di innumerevoli faide, latenti. I polacchi contro gli ucraini sono in agguato, gli slovacchi contro i cechi, la Serbia contro tutti gli altri slavi viciniori, o tutti, per essere esatti, contro la Serbia, i moldavi checché essi siano, o i bielorussi, contro i russi. E delle enclaves non slave entro il mondo slavo: rumeni contro russi, baltici contro russi e polacchi. E naturalmente c’è una questione polacca, dai tempi remoti del liceo (dall’incubo “la terza guerra, di successione, al trono, di Polonia”): oggi della Germania annessa dalla Polonia nel 1945, e della Polonia annessa dalla Russia (e dall’Ucraina) alla stessa data.

A un ragionamento semplice, la questione non è complessa. Fare la guerra agli slavi non è possibile – una guerra di sterminio? Non sarebbe nemmeno vantaggiosa sotto nessun aspetto. Quindi bisognerebbe conviverci. Resta il problema del tribalismo incomprimibile. Ma non si è sempre detto che in una unione più grande gli scontri interni, civili o tribali, si compenserebbero in qualche modo, o si dissolverebbero – tirolesi contro italiani, fiamminghi contro valloni, bretoni o corsi contro francesi. catalani probabilmente contro spagnoli, etc.? Il problema è se c’è questo involucro europeo o unione, entro il quale dissolvere la questione degli slavi, provarci quantomeno. Se le richieste russe di attenzione fossero state in qualche modo accolte dall’Unione Europea, che pure non è schifiltosa (ha trattato per molti anni perfino con la Turchia - e col turco Erdogan, non un fiore di democrazia), ci sarebbe stata la guerra? E con la guerra dentro casa, seppure guerra tra slavi, l’Unione stessa non rischia di soccombere? Perfino fisicamente, non solo come il progetto politico che ora si svela inconsistente.

Letture - 501

letterautore

Albero – “Simbolo fallico evidente” per Annie Ernaux, la premio Nobel, nel diario non tradotto “Se perdre”, lunedì 9 gennaio1989: “Il mio primo romanzo s’intitolava inizialmente “L’albero”. Simbolo fallico evidente. E anche questa canzone di Dario Moreno che adoravo nel ’58, “Storia di un amore”: “Un grande albero che s’innalza\ pieno di forza e tenerezza\ verso il giorno che si apre. … L’albero, l’ossessione”.

Antisemitismo – È comune a Céline come a Proust. Ma in Proust, pure ebreo di nascita, più “antisemita” – in Céline è parte della sua rivalsa contro il “mondo”. È la conclusione convergente di Piperno - già autore, al suo primo libro, di un “Proust anti-ebreo”, 2000, e Magrelli, nell’incontro- dibattito a due su Céline e Proust che apre “La lettura”. “Céline un caso di scuola in cui l’antisemitismo si mescola a risentimenti di varia natura”, dice Piperno. Proust no, è razzista: “Ci tiene a farci sapere che è cattolico, che è stato battezzato… (È) cresciuto in un ambiente ostile agli ebrei, con un desiderio di promuoversi presso l’aristocrazia del Faubourg Saint-Germain, fondamentalmente antisemita… Nella Recherche… gli ebrei vengono descritti con caratteristiche somatiche molto precise… È triste dirlo oggi, ma Proust ha un atteggiamento, probabilmente derivato dal positivismo, dal naturalismo, fortemente razzista. Lui crede nelle razze, crede che gli omosessuali siano fatti in un certo modo…”. Su un substrato di odio: Proust conosce solo l’odio, non ha pietas.

Piperno oppone in questo Céline a Proust – rifacendosi al suo ultimo studio, “Proust senza tempo”: “Céline, o meglio Ferdinand, conosce l’amore. Il narratore di Proust non lo conosce, in lui non c’è pietà.  Gli altri vengono utilizzati come un entomologo utilizza gli insetti. Non ha nessun rispetto nei confronti di Albertine”, che paragona “a un vegetale, un gatto, mai a un essere umano”, e sottopone a ricatto, “o economicamente o moralmente”.

Calvino - Eccita la protagonista di Annie Ernaux, “Se perdre”, in treno da Marsiglia, un invernale venerdì 19 gennaio 1986, col freddo “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, quasi un orgasmo: “Il passaggio del «libro giapponese, su un tappeto di foglie», etc., mi riempie bruscamente d’una fiammata di desiderio, voglia di fare l’amore, inaudita, mentre dalla partenza di S. (l’amante russo, n.d.r.) sono quasi gelata”.

La “favola” di Calvino riporta all’amore come favola? “Questo desiderio”, continua la donna in fregola, “significa anche che sarei pronta a ricadere nella stessa favola (in italiano, n.d.r.), forse per qualcun altro”.

Céline – “Sociopatico” lo dice Piperno su “La Lettura”. Mentre è l’inverso: volontario in guerra, medico “sociale”, prima alla Fondazione Ford, poi alla Società delle Nazioni, nella futura Oms, infine in ambulatorio, di periferia, medico dei poveri. Il suo, tardivo, nichilismo non è la reazione di uno deluso? Lo stesso Piperno lo ipotizza in ultimo, dicendolo “un anarcoide risentito”: “Viene da una certa classe sociale e prova un odio feroce nei confronti di quel privilegio borghese che prende forma nell’ebreo ma che in realtà può essere cattolico, protestate o, diremmo oggi, radical chic”. Odio tardivo, comunque. E di rimessa: prima si è integrato, ha provato  sposando la figlia del grande medico.

Dante – È anche digitale, presso i giovanissimi, spopolando su tiktok, il loro social: come #dantealighieri conta 87 milioni di visualizzazioni, come #divina comedia 56 milioni.

Simone Terreni, un imprenditore che a un certo punto ha provato tiktok per capire il mondo di sua figlia tredicenne, lo ha fatto con un #ladivinacommediasutiktok, cento canti in cento minuti in una settimana, che in breve ha raggiunto i 9 milioni di visualizzazioni. Su tiktok ci sono anche Sara Bucefalo che racconta Dante in 60 secondi, e Melissa Masseti che canta la “Divina commedia” in sei minuti.

Al flash mob di recensioni promosso da “Robinson” nel numero dell’1 ottobre con Zerocalcare che “leggeva” Dante hanno aderito, con testi fino a 600 battute, da inviare in orario ristrettissimo, dieci minuti, “tantissimi lettori”, psicologi, ingegneri, commercialisti.

Islanda – Quella di Szymborska è normanna, colonizzata dai Normanni nel Duecento (Szymborska, 15): “La Saga di Njal (Saga o Njalu) è nata nell’Islanda colonizzata dai Normanni. Questa versione risale alla fine del Duecento, ma riferisce avvenimenti di due secoli prima”. Si discute “se sia eco di eventi storici, oppure opera di fantasia”. Da cattolica, probabilmente a malincuore come tutti i polacchi, cancella i monaci irlandesi di san Brendano?

Helen Keller - È l’eroina o martire del plagio, dell’accusa di frode e furto, in tutto quanto ha scritto, molto, e quindi nei suoi successi, letterari e politici. Difesa da Mark Twain (come “Giovanna d’Arco dell’imbroglio”, nel senso che lo abbatteva….), e da Alexander Graham Bell, quello del telefono, ma dai più criticata e accusata, sul presupposto che essendo di mezzi fisici limitati, aveva perso la vista e l’udito a 19 mesi, non poteva scrivere, come fece tutta la vita, né insegnare.

Quando Helen aveva sei anni, nel 1886, la madre lesse nelle “American Notes” di Dickens di un tentativo riuscito di mandare a scuola una bambina cieca e sorda, di nome Laura Bridgman. Fece ricerche presso vari otorini, finché non fu consigliata di prendere contatto a Baltimora con Bell. Bell si occupava molto dei problemi di linguaggio, per motivi familiari: sia sua madre che sua moglie erano sorde. Mise la famiglia Keller in contatto con la scuola di Laura Bridgman, il Perkins Institute for the Blind, a Boston. Che attraverso un percorso personale per Helen, sotto la guida di Anne Sullivan, la porterà a leggere, attraverso il braille. Col braille s’impadronisce anche di francese, tedesco, greco e latino. A 24 anni si laurea con lode. L’anno prima aveva pubblicato una voluminosa autobiografia, “The Story of My Life”, che l’aveva reso famosa (sarà la traccia del film poi famoso di Arthur Penn nel 1962, Anna dei miracoli  sul rapporto prodigioso con Anne Sullivan) – il primo di undici libri. Scrisse poi molti saggi, tenne conferenze, e soprattutto divenne attivista politica, membro del partito Socialista, per le donne e per i lavoratori – fu la scelta politica a procurarle le peggiori critiche e i sospetti.

In un saggio di vent’anni fa che il “New Yorker” ripubblica, “What Helen Keller saw”, Cynthia Ozick spiega che il blocco fisico di Helen potrebbe averne alimentato e affinato l’immaginazione. Helen Keller ha vissuto fino al 1968. Trascurata dalla critica, ma non più in sospetto di plagio.

Lettura – “Questa libera collaborazione con l’autore che è quasi una creazione” – Simone de Beauvoir, “Malinteso a Mosca”.

1922 – Fu propizio allo spettacolo. Celebrando i 100 anni di Ciccio Ingrassia, Alberto Crespi fa su “la Repubblica” un elenco di tanti nomi di rilievo nati in quell’anno che hanno dato lustro al cinema e al teatro: Pasolini, Gassman, Tognazzi, Lizzani, Salce, Bolognini, Adolfo Celi, Squarzina, Vianello, Damiano Damiani, Franco Brusati.

Resilienza – André-Sartre, nel racconto di Simone de Beauvoir “Malinteso a Mosca”, a un certo punto si rende conto “che ha perduto qualcosa: quella fiamma, quella linfa che gli Italiani chiamano con un così bel nome, la stamina”. Che l’edizione francese traduce come endurance, resistenza (resilienza). Niente resistenza, niente stamina, ma resilienza - dalla metallurgia? dall’inglese?

letterautore@antiit.eu

Ragionando della vita (e della morte) tra contrabbandieri

Romanzo d’avventure tra le foreste e gli acquitrini dell’Indocina francese, un secolo fa, di tre contrabbandieri di reperti archeologici e trafficanti di armi. Costruito, anche troppo, contro le regole del genere – l’illusione del selvaggio primitivo, l’ossessione della morte (che è l’ultima cosa cui pensa l’esploratore – che si addebita al tipo), in idea, i discorsi delle iniziazioni, d’obbligo nelle narrazioni coloniali, il brutto del bello, etc.: molte parole e poca azione. Nel quadro di un progetto di carriera “letteraria” del futuro ministro di De Gaulle, anche se farà sempre i conti con l’attualità, la politica.

È il terzo romanzo del giovane Malraux, quattro anni dopo il primo, “I conquistatori”, del 1926. E dopo una condanna due anni prima, nel luglio 1924, a tre anni di carcere per traffico di reperti archeologici in Indocina, con la moglie Clara Goldschimdt – una ereditiera di ricca famiglia ebraica tedesca, sposata a vent’anni, nel 1921, di quattro anni più grande, le cui fortune erano precipitate dopo il matrimonio. Clara riuscì a rientrare in Francia, e a Parigi, mobilitando gli intellettuali, a far scarcerare il marito già a novembre dello stesso anno. André avvia al ritorno un’attività diversa, la scrittura, e nel 1930 romanza la sua avventura. Col quarto libro tre anni dopo, nel 1933, “La condizione umana”, sarà scrittore premiato e affermato.

Come romanzo d’avventure non funziona – la storia vera dietro il romanzo è più vivace nel racconto autobiografico della (ex) moglie Clara, “I nostri vent’anni”. Riacquista fascino come avventura cieca, di uomini che vagano, anche nel tanto argomentare, in dialoghi e riflessioni.

André Malraux, La via dei re, Adelphi, pp. 207 € 18

domenica 9 ottobre 2022

Ombre - 636

Ingrugnito più che indignato, il papa lancia invettive contro chi non accoglie i migranti: “Chiudere le porte ai migranti è schifoso e criminale”. Ma dov’era lui, dov’era la chiesa trent’anni fa, quando il traffico di esseri umani è cominciato. E dov’è adesso, dove e quando denuncia lo sfruttamento di africani e asiatici, e non lo documenta, come potrebbe con le sue tante antenne locali, alla partenza e all’arrivo?

 

“Appalti, corruzione e bonus”, la Guardia di Finanza ha accertato frodi per 34 miliardi in cinque anni. Ma “le Procure sono riuscite a sequestrare soltanto due miliardi sul totale delle frodi accertate”. Accertate, a prova contestazione, oppure soltanto annunciate, per occupare le cronache? Dormono di più i giudici o i finanzieri?

 

Via Nazionale, lunga arteria al centro di Roma, già centro dello shopping cittadino, è chiusa o abbandonata. Ufficialmente sono chiusi 45 negozi, un terzo del totale. L’impressione in città è che un negozio su due è chiuso e abbandonato – polveroso, scrostato. Da quindici anni ormai. L’Europa, o comunque l’Italia, Roma, cambia pelle. Nell’indifferenza.

 

Marcello Minenna costruisce sul “Sole” un grafico semplice in cui si vede il dollaro crescere in un anno, dal 30 settembre 2021, del 22 per cento, a fonte di sei divise di riferimento internazionale, tutte “occidentali”, che sono invece tutte nella parte sotto della tabella: yen (- 25 per cento), sterlina (- 20), euro (-19), dollaro australiano (- 16), dollaro canadese (- 9 per cento). È l’equivalente di una guerra, “civile”. Ma non si rimedia. Non se ne parla nemmeno.

 

Biden evoca l’armageddon nucleare così, per una delle sue gaffes? O è per la guerra nucleare? Qualcuno dice che è per il no. Non ha fatto nulla, però, per prevenire la guerra della Russia all’Ucraina, anzi l’ha facilitata, portando la Nato sotto il muso di Putin.

 

Ci si interroga molto in America su dove e come Biden vorrà contrastare la Russia in Ucraina. Dopo il suo accenno alla guerra nucleare. L’Europa invece non se ne occupa, è presa dal prezzo del gas. L’Europa, dove la guerra nucleare sarebbe combattuta. Con armi nucleari tattiche, naturalmente, bombette, quanto basta per annientare l’Europa anche fisicamente.

 

Potrebbe essere una vigilia di ecatombe nucleare. Ma se ne discute così, tanto per parlare, seppure se ne parla, come ogni giorno si parla di tante cose. Sembra inverosimile.

Oppure: non c’è una minaccia, nemmeno una qualche avvisaglia, di guerra nucleare. Se ne parla come di una tra le tante false notizie di guerra che ci bombardano ogni girono. Ma non è la stessa cosa: una bella modella in mimetica con le mostrine ucraine è una cosa, la bomba, seppure tattica, un’altra. 

 

A due settimane dal voto una decina di seggi parlamentari devono ancora essere assegnati. Cioè, sono stati assegnati il giorno dopo il voto, ma non si sa ancora a favore di quale candidato: sono stati assegnati ai partiti. Con un sistema per cui uno che si è candidato a Monza verrà eletto magari in Sicilia. Per chi abbiamo votato? Poi si dice l’assenteismo. Il voto è un atto di fede.

 

Il discusso Kissinger centenario ammonisce a tenere la Cina separata dalla Russia di Putin. Elementare. E allora perché aprire contenziosi con la Cina, perfino sul delicato problema di Taiwan, proprio in questo momento? Vogliamo una guerra mondiale – “tattica”, europea?

 

Si gioca a Roma la partita Roma-Betis Siviglia, sentitissima nella capitale, stadio pieno, cori eccetera. La Roma perde, ma non è questo il punto. Il giorno dopo “la “Repubblica”, primo giornale romano, non ne fa cenno, né nello sport né nella cronaca di Roma – ha mezza pagina su una partita grigia della Lazio in qualche cittadina sperduta oltralpe ma nemmeno una riga sull’evento romano. Informazione?

Non c’è trucco in tribunale, o forse sì

Jon O. Newman, ex Procuratore generale americano per il distretto del Connecticut, oggi novantenne, aveva scritto questo breve testo per testimoniare uno scambio epistolare a suo tempo con Le Carré, dopo l’uscita di “La spia che venne dal freddo”. Il giudice voleva sapere se Le Carré si era rifatto, per la scena madre che decide il destino dei protagonisti, il processo, al racconto di Agatha Christie “Witness”, testimone (in realtà intitolato “La mano traditrice”) scritto nel 1924, poi ampliato, infine portato dalla stessa Christie in teatro, col titolo “Testimone d’accusa”, nel 1953, e con lo stesso titolo al cinema da Billy Wilder, con Marlene Dietrich. Le Carrè cerimoniosamente risponde che ha visto “Testimone d’accusa”, ma non ricorda se prima o dopo aver scritto “La spia”, e che comnque non aveva bisogno di scoprire questo trucco, ne aveva subiti tanti, “per un breve periodo nella mia vita”, prima di scrivere.

L’interesse della breve nota è nell’annotazione del giudice, in calce alla richiesta d’informazione a Le Carré, sul trucco sui cui A .Christie basa il racconto e la pièce. Il “trucco” è creare un falso testimone d’accusa per poi sbugiardarlo al confronto in dibattimento, così orientando la giuria, “inevitabilmente”, contro l’accusa. Il giudice Newman assicura che non funziona così: “Avendo presieduto molti processi penali per otto anni come giudice d’assise, e letto molte trascrizioni di dibattimenti in trentadue anni come giudice d’appello, ho visto molte accuse attaccate ma mai con l’uso di un piano preliminare per discreditare l’accusa, col risultato che la giuria finisca per credere il contrario dell’accusa”. La giuria forse no, ma i giudici?

Jon O. Newman, The Deadly Art of Double Deception. Agatha Christie and John Le Carré, “The New York Review of Books”, 7 maggio 2015, free online