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sabato 10 febbraio 2018

Il conformismo dei non-conformisti

“The Hollywood Reporter” e “The Atlantic” fanno le bucce a Amazon per aver prodotto gli ultimi film di Woody Allen, jettatori: Amazon ci ha rimesso, al box-office e nella reputazione, Amazon ci rimetterà.
Che Amazon promuova film non volgari non importa: l’ultimo Spike Lee, l’ultimo Jim Jarmush (l’eccellente “Paterson”). Woody Allen è colpevole di aver violentato la propria figlia Dylan Farrow, anche se non è vero e lo ha provato – senza contare che la figlia forse sua moglie Mia Farrow l’ha fatta con Frank Sinatra. È incredibile il conformismo della stampa americana. È il conformismo dei non-conformist.
Ora a generi rivoltati, non più la donna è l’essere immondo, è l’uomo. Ma con la solita base: il rifiuto del corpo, dei sensi, del piacere. Con la stessa insensibilità. Dirsi martiri di un complimento è una ingiuria alle vittime di stupri, e della pedofilia, ma l’insensibilità non turba il puritano, lui ha il suo Dio.

Non-conformist erano i “puritani”. Che gli Usa fino a ieri hanno eletto a progenitori – mentre sono figli di molti padri. Ma prossimo è il momento, è in corso, in cui gli Usa si diranno figli delle minoranze, indiane, africane, latine. E questo sempre col facile monolitismo “puritano”. Della verità pura e dura. 
Del melting-pot  gli Stati Uniti non hanno preso nulla, solo il colore della pelle. Tutti i neri, i latini, gli africani valgono e si vogliono wasp, white anglo-saxon protestant: “puritano” e il segno della superiorità. Le streghe non sono morte a Salem. 

Ombre - 403

Sinistra lacerata perfino per il corteo antifascista di Macerata. Ma sul “Corriere della sera” questo si dice solo nella vignetta di Giannelli. Il giornale ha invece una pagina sulle “differenze” tra Berlusconi e Salvini. Poi dice che la gente non crede ai giornali.

Prometteva dossier segreti: spie americane raggirate da un russo. Pagati in un hotel 100 mila dollari”, informa sollecito il “New York Times”. Il russo prometteva dossier contro Trump e documenti trafugati alla Nsa, National Security Agency americana.

E chi ha dato lo scoop al “New York Times”? Gente della Nsa. Liti tra burocrati, sgambetti, tradimenti, informazione libera.


Il ricorso di Milano alla Corte europea per l’assegnazione della sede dell’Ema a Amsterdam va a un giudice olandese. Uno al di sopra delle parti.
L’Europa è questa. Ed è un’Europa nordica.

L’assegnazione della sede dell’Ema a Amsterdam è stata disposta, spiega Ivo Caizzi sul “Corriere della sera”, da un estone presidente pro tempore del Consiglio dei governi cui competeva l’assegnazione, e da un danese, segretario del Consiglio, quando le delegazioni governative erano in pausa caffè. Ora, può darsi che l’estone e il danese abbiano deciso in “piena autonomia”, cioè senza essere pagati. Ma la corruzione senza soldi è meglio?

Rai, Sky, Cnn e grandi media Usa ammirati, esilarati, emozionati dalla flotta missilistica esibita da di Kim Jong-un, con “campi” femminili che si rivoltano all’unisono, pervinca, rosso cardinale. La vigilia dell’apertura dell’Olimpiade invernale a Seul.Gli sessi media che irridono Trump, la sua richiesta di una parata analoga negli Usa, per “inorgoglire il popolo americano”. “The New Yorker” è commosso dalle majorettes di Kim, che vanno all’unisono. Spiritus ubi vult spirat? Come vuole l’evangelista Giovanni, anche se non pesnasava ai giornali.

Kim Jong-un con una ridicola lobbia presiede ridicoli generali con la pancia in fuori per minacciare gli Usa e il resto del mondo. Nessun pernacchio, molte analisi

 “Gli ultimi attacchi di Trump all’Fbi fanno il gioco del presidente russo Putin, perché fanno sorgere dubbi sul’equità del nostro sistema giudiziario”, Joe Biden. Il ice di Obama non si chiede se “il sistema giudiziario” è equo.
L’Fbi, una superpolizia, è un sistema giudiziario?

 “Questa busta è piena di suoni, di colori, di luce”. È il solito messaggio apologetico della Lega del Filo d’Oro e altre istituzioni benefiche che cercano contributi. Ma dopo la legge sul fine vita, c’è un aggiunta: “Questa busta è piena di…. vita”. La busta da bianca è divenuta nera. E il suggerimento esplicito: “Un lascito testamentario”. La Lega si adegua al mood mortuario.

La segretaria generale del ministero degli Esteri, Elisabetta Belloni, onora in prima fila, all’università Link Campus di Enzo Scotti, dell’ex ministro che si ricicla coi 5 Stelle e dei professori candidati 5 Stelle, Luigi Di Maio che discetta di politica estera. E le promette che la farà ministro degli Esteri. Lei si schermisce: “Sono qui per Scotti”. Si capisce che la diplomazia italiana sia in bassa fortuna.

Alessia D’Alessandro si candida con i 5 Stelle professandosi di cultura franco-tedesca e anzi assistente al Consiglio Economico della Cdu, la Dc tedesca: “Coordino 22 commissioni della Cdu”. Bella guagliona, ex modella, che però non sa niente della Germania.

Innocent, nomen omen?, il nigeriano che ospitava in casa i vestiti di Pamela e l’attrezzeria per farla a pezzi, ha convinto il gip Giovanni Maria Manzoni che lui non c’entra. Al massimo è reo di occultamento di cadavere, forse.
Si potrebbero mandare i giudici a scuola di linguaggio in Nigeria: si risparmierebbe e forse comincerebbero a capire.

Si indaga sui motivi del crollo di Wall Street lunedì. Ma un fatto è certo. È seguito alla notizia venerdì che i salari tornano a crescere –  che il ciclo dei salari cedenti è chiuso. La finanza è nemica del salario, cioè del reddito, cioè della produzione, cioè dell’economia.

Il ciclo dei salari cedenti era degli anni di Obama. Quello dei salari in crescita, se ci sarà, è di Trump. Cosa è sinistra e cosa è destra? Obama è giovane, nero, atletico e intellettuale, Trump è obeso, ricco e volgare. Ma le politiche salariali?

Crollano le Borse, si teme un crac, i giornali radio Rai aprono con la mancata scarcerazione di Dell’Utri, e a seguire gli arresti disposti a Messina – o è Roma? I tg imperturbabili impongono i soliti primi quindici minuti di Di Maio e Renzi. Non ci vuole molta intelligenza, forse i giornalisti hanno paura. Inconsciamente, certo, ormai è metabolizzata-assimilata. I giornalisti Rai, i figli della politica.

A Cazzullo

Andrea Riccardi ricorda il suo padre spirituale don Giussani che, in una “discussione” con il capo dell’Azione Cattolica Monticone e il cardinale Martini, “sanguigno”, “col suo bell’accento lombardo” interrompe Monticone: “Come dice san Paolo, il cuore dell’uomo cerca il futuro!”. “E Martini, con la sua voce profonda: «Davvero? In quale passo lo dice?»”. Perfidia di Riccardi – il biblista Martini che non conosce san Paolo (“”Filippesi”, cap. 3°, 12-14)? Perfidia di Martini? La via della santità è piena di trappole.

Il segretario generale della Commissione europea, che ha maneggiato la pratica dell’Ema e l’assegnazione della sede a Amsterdam, è olandese. Ma si chiama Alexander Italianer.  E la sede nuova promessa all’agenzia del farmaco, prima per il 2018, poi per il 2019, ora forse per il 2021, si chiama Vivaldi Building. L’Italia è infettiva?

Machiavelli pagano e fortunato

Machiavelli non si deve giustificare. “Il principio fondamentale della politica di Machiavelli – e a parer nostro di ogni dottrina dello Stato che venga in chiaro con se stessa -  è contenuta nelle seguenti parole: «È necessario a chi dispone una Repubblica (o, in generale, uno Stato), e ordina legge in quella, presupporre tutti gli uomini essere cattivi». Non serve a nulla “dedicarsi a stabilire se gli esseri umani siano effettivamente fatti come dice questo passo. Quello che conta è che lo Stato, in quanto istituto coercitivo, li presupponga necessariamente costituiti come tali. Questo unico presupposto motiva l’esistenza dello Stato”. Col diritto, anche penale: “Lo Stato come istituto coercitivo presuppone la guerra di tutti contro tutti”.
Sono pagine, dice Fichte presentandole, “destinate a contribuire alla riabilitazione di un uomo dabbene”, grande scrittore, patriota fervente, esperto delle arti della politica e delle armi, funzionario integerrimo – aveva lavorato per lo Stato “in incarichi straordinari” ma “morì in quella povertà che egli aveva sempre vantato come il tratto più onorevole di una repubblica”. Fichte, autoesiliato a Königsberg per non sottostare all’occupazione francese dopo Jena nel 1806, rilegge Machiavelli, da buon italianista, per la comune passione per la patria perduta,  ne traduce un’antologia, e la commenta, dopo un ampio saggio introduttivo. Brani di Machiavelli ripubblicherà due anni dopo in cima ai “Discorsi alla nazione tedesca”. Un Machiavelli in chiave antifrancese, il suo, ma pieno di intelligenza.
Non un’agiografia. Machiavelli è un non-filosofo della storia e della politica. Di “limitatezza morale”. E di “conseguente povertà di linguaggio – una colpa che condivide con tutta la sua epoca”. Ma, per “la verità effettuale della cosa” come dice, studioso “aderente alla vita concreta e alla storia”. Il suo scopo è portare stabilità, la spiegazione più plausibile, seppure banale: c’è Cesare Borgia? teniamocelo! Da teorico di prim’ordine della politica e della guerra. Meritevole di attenzioni e di pagine importanti, dapprima sulla “fortuna”..
La fortuna (Glück) è capacità. Machiavelli, dice Fichte, non la intende come caso bensì come capacità di capire il corso degli eventi e possibilmente dominarli, in riguardo alla situazione presente, di sé e degli eventi, e dei contesti storici. Sulla fortuna in Machiavelli Fichte ritorna nel commento al passo specifico del “Principe”, uno di quelli da lui antologizzati. È “agisci come se non esistesse un Dio che possa aiutari, bensì come se dovesi fare tutto da solo”. Fortuna è fede: “Questa fede, e la vita in questa fede, sono la fortuna autentica”. Il contrario ne è la prova: “In linea generale è possibile ammettere come regola, confermata dalla vita stessa e dalla storia, secondo la quale, quanto più indecisa, codarda, neghittosa e debole è l’esistenza di singoli e di intere epoche, quanto più è preda dei suoi sogni e spenta per una vita nuova,, tanto più è portata a credere alla sfortuna e a un fato oscuro”.
Una lettura semplice, eppure introspettiva e armonica col personaggio Machiavelli - Fichte scarta pure la solita citazione d’uso: “La Fortuna è donna, ed è necessario, volendola tener sotto, batterla ed urtarla”. Straordinaria anche la lettura del “paganesimo”, di Machiavelli e del Cinquecento - “allo stesso modo dei papi, dei cardinali e di tutti gli uomini valenti della sua epoca”. Per una ragione che risponde alla situazione personale dello stesso Fichte, compresa la sua militanza massonica, ma sottile: “Il paganesimo nasce dal seno stesso del cristianesimo in quegli uomini a cui questa religione è stata servita dall’esterno”. Noncuranti dell’aldilà, essi foggiano “quella disposizione spirituale prometeica” che è “il paganesimo moderno”. Purché sorretto, beninteso, da “un carattere onesto, retto e rude”, e da una coscienza o cultura “classica”, radicata nella tradizione. Di cui è parte il cristianesimo. “Machiavelli fu un uomo di questo genere. Questa è la causa evidente dei suoi errori, delle sue virtù, della sua limitatezza, così come della sua apertura priva di riguardo”. Volle morire con tuti i sacramenti (“cosa che fu senza dubbio utile sia per i figli, sia per gli scritti che lasciava”), ma “contro il cristianesimo egli manifesta un’indignazione a volte sublime”. Di un “ateismo geniale”: “Nelle commedie, e nella «Vita di Castruccio Castracani», si riscontrano i tratti di un’autentica sfrenatezza pagana e di un ateismo geniale”.
Con Fichte dopo Herder e Federico II di Prussia, e poi con Carl Schmitt, quindi non solo in chiave massonica, Machiavelli ha goduto in Germania di buona fortuna. Senza dirlo, Fichte, rilegge Machiavelli alla luce dell’“Anti-Machiavelli” di Federivo II di Prussia settant’anni prima, della critica del “machiavellismo” da parte di chi lo praticava senza scrupoli - la traccia è la stessa del pamphlet regale e, fino a un certo punto, voltairiano..
Johann Gottlieb Fichte, Machiavelli scrittore, Castelvecchi, remainders, pp. 115 € 6

venerdì 9 febbraio 2018

La bufala solare

Si sgonfia il boom del solare anche negli Stati Uniti: il fotovoltaico ha ridotto l’occupazione nel 2017 di almeno 10 mila posti. Mentre in Germania è sceso il sipario su tutto il settore, col fallimento di Solarworld, tremila dipendenti. L’ultimo di una dozzina di altri gruppi di medio grandi dimensioni, falliti o in crisi. Un comparto che nel 2010 capitalizzava sui 25 miliardi ora ne vale uno.
La riduzione dei contributi pubblici, sia negli Stati americani del Sud che in Germania, a bilanciamento della riduzone dei costi d’impianto, ha portato a una contrazione radicale dei nuovi impianti. In Germania la potenza addizionale di fotovoltaico nel 2017 è stata inferiore a un gigawatt, a fronte di incrementi annuali di 6-7 gigawatt a cavaliere del 2010. La produzione di pannelli, ridotta, è da tempo fuori mercato per la concorrenza imbattibile della Cina – i pannelli contano per il 60 per cento del costo di una centrale solare.
Si investiva in contributi pubblici? Ma i due fatti sono correlati: il fotovoltaico cinese è doppiamente incentivato, in patria come in Europa e in America. E può contare su costi del lavoro e dell’elettricità molto più bassi – l’elettricità in Cina è per il 90 per cento basata sul carbone.
Contro la concorrenza cinese la Commissione europea ha imposto al 2013 una serie di tariffe. Da applicarsi anche alle centrali assemblate in altri paesi usando celle cinesi. Ma la Cina è più abile: l’80 per cento dei nuovi moduli installati in Germania proviene dall’Asia. 

La Cina è tra noi

La Cina non punta gli Stati Uniti, punta l’Europa. Ovunque compra di tutto, come in Italia dalla Cassa Depositi e Prestiti alle squadre di calcio. Una penetrazione commerciale e finanziaria che ha anche una matrice politica, rientra cioè in un disegno:  gli investimenti esteri vanno tutti autorizzati in Cina dalle autorità politiche, attraverso i controlli sull’esportazione di valuta.
Attraverso il 16+ 1, l’iniziativa diplomatica che collega Pechino agli Stati europei ex sovietici, l’offensiva europea si vuole anche coordinata esplicitamente sul piano politico.
L’attenzione è distratta dai propositi americani di ridurre lo sbilancio commerciale con la Cina, che ogni anno arriva a nuovi record – nel 2017 a 375 miliardi di dollari. Ma maggiore è il peso specifico degli sbilanci europei, e corrispondentemente la dipendenza già acquisita con la Cina.

Il resistente di casa Bertolucci

Un racconto dimenticato di uno scrittore che non è mai stato tale – non aveva l’onore di dirsi scrittore. Il racconto forse più veritiero della Resistenza. Scritto da uno che l’ha fatta senza pensare di farne il racconto – non Fenoglio, non Calvino.
Ubaldo era giornalista al “Giorno” -  cronista in subordine, mai in servizio di “prima”. Famiglio a Roma dei Bertolucci. Ne era familiare per ragioni tribali, e anzi un po’ famulo, ma non  sicuro di esserne ricambiato, i patti agrari erano gonfi di doveri reciproci. Ne parlava con malcelata distrazione. Anche lui aveva partecipato al film dello scannamento del porco. Ne parlava ma non volentieri. Di Attilio aveva rispetto, come padre, sarà stato lui a introdurlo al “Giorno”, benché il giornale fosse pieno di parmigiani, e alla editrice Einaudi. Era del resto per Stalin contro gli americani che impongono le bombe, la droga, la mafia, e lo avrebbe voluto risuscitato in piazza San Pietro, a insegnare la religione, insieme col papa, alla gioventù loffia del movimento.
Ubaldo, la Quarantottesima, è stato veramente in montagna. Ma non ne ha ricordi. Non grati. Da raccontare ha solo il maggiore Stevens, che appariva la notte teatrale nel mantello, dopo i lanci, per dividere le armi, le radio e i soldi, e la voglia d’amare delle donne – se non lo ha modellato sul fantomatico colonnello omonimo di radio Londra. Uno che si commenta senza illusioni: “Più di tutto le eccita il pericolo che l’uomo corre”.
Ubaldo Bertoli, La Quarantottesima

giovedì 8 febbraio 2018

Europa, Europa

Era al punto uno della lunga trattativa per formare il nuovo governo, e c’è rimasto: il rilancio dell’Europa. Il governo Merkel-Schulz nasce con questo obiettivo principale.
Il preambolo dell’accordo enumera punti concreti della iniziativa di rilancio. Il rinnovo del trattatro dell’Eliseo del 1963, o dell’asse franco-tedesco. Che si dovrebbe rafforzare attraverso la Pesco, una politica estera e di difesa comune. Il rafforzamento della solidarietà, con “un contributo maggiore della Germania al bilancio Ue”. La trasformazione dell’Esm, il fondo di salvataggio bancario, in un Fondo monetario europeo, controllato dal Parlamento. Una maggiore “convergenza sociale” attraverso le “rifoeme strutturali” e la “responsabilità di bilancio”, in vista di “un rilancio degli investimenti nell’eurozona”.
Il primo capitolo dell’accordo di governo è intitolato “Europa”: “L’Europa deve prendere più di prima il suo destino nelle sue mani”. A  fronte della revisione in atto delle priorità Usa, e dell’attivismo cinese (economico) e russo (militare).

A Berlino a Berlino

C’è sempre un partito francese al ministero degli Esteri, che Macron all’Eliseo ha rilanciatoi, ma più che altro nostalgico: l’attenzione è puntata su Berlino e le promesse del nuovo governo. Macron è stato a Roma, con una trattato del Quirinale, una intesa franco-italiana che dovrebbe intensificarsi. Ma la sostanza della proiezione e degli interessi italiani si reputa risiedere a Berlino.

L’attivismo di Macron è reputato d’immagine più che di sostanza. Nella sostanza la Francia mantiene nei confrotni dell’Italia l’atteggiamento di sempre: cooperativo quando si tratta di promuovere e proteggere gli interessi francesi in Italia, come oggi avviene (grande distrbuzione, lusso, agroalimentare, comunicazioni), sciovinista quando l’Italia si affaccia in Francia - oggi (Fincantieri) come all’epoca dei “Quattro Condottieri” negli anni 1980, De Benedetti,  Gardini, Berlusconi, Agnelli. Sempre insidiosa e ostile in Libia – la missione militare in Niger, molto rischiosa, è stata decisa come una sfida all’intromissione costante della Francia in Libia – e in Libano, così come in tutto il Nord Africa e mel Medio Oriente, Iran incluso. Non ci sono invece punti di attrito bilaterali con la Germania. L’unico problema con Berlino è la politica economica europea. Che però, col nuovo attivismo socialdemocratico del Merkel IV potrebbe cambiare rotta. 

Problemi di base ospedalieri - 397

spock


Perché gli ospedali sono disorganizzati invece che organizzati?

Funzioneranno alla stessa maniera in sala operatoria?

Per fare una analisi in ospedale bisogna godere di ottima salute?

Perché nessuno fa nulla negli ospedali?

Un'azienda che lavorasse come un ospedale sarebbe subito fallita, perché un ospedale no?

Perché un ospedale pubblico costa di più, molto di più, di un ospedale privato?

spock@antiit.eu

Se Milano avesse il mare

Il testo ripete il titolo: è l’elogio di Milano da ogni punto di vista, idrico e perfino geomorfico, religioso, devozionale, bellico e resistenziale, contro invasori e tiranni, demografico, produttivo, consumistico. Otto capitoli in crescendo. È difficile superarsi nell’elogio ma il buon frate laico ci riesce – “ci sono in Italia molte città i cui abitanti non mangiano tanto pane quanto ne divorano da soli i cani dei milanesi”. Milan è Miran – mirabile è l’aggettivo ricorrente, in una con sublime.
Bonvesin inaugura antemarcia la letteratura dei “primati”, che infetterà l’Europa fino a metà Novecento.  Milano è “superiore a ogn città” per sei ragioni: “per l’abbondanza di buone acque”, “per l’abbondanza e l’onestà dei religiosi”, “per l’alto numero dei sapienti nel collegio dei giurisperiti”, “per il particolare rito divino… e anche per il carnevale”, “per la dignità del suo episcopato”, “per la fedeltà incomparabile nei confrotni della Chiesa”. Una conclusione da beghino, che però non riassume il racconto: Milano è un’altra, piena di acque, di una varietà sterminata di ortofrutta, e di costruzioni memorabili, chiese, torri, palazzi, ville, nonché “ricchissima di nobiltà” e forte di un welfare vastissimo – se ci sono poveri non ci sono mendicanti né disperati. Ha due sole mancanze: il mare e la concordia politica.
Si riproduce la vecchia riesumazione di Bonvesin operata da Maria Corti nel 1974, con la traduzione d Giancarlo Pontiggia, e con una prefazione aggiuntiva di Vittorio Sgarbi. Un panegirico. Maria Corti inquadra il terziario degli Umiliati nei contesti: di Milano al suo tempo, del panegirismo, e della composizione latina, nella quale Bonvesin eccelleva, in questa e tante altre trattazioni.
La traduzione di Pontiggia è sempre vivace, seppure sorprendetemene fedele. Soprattutto nel calco linguistico, piano, conversativo, come è nell’originale, e nella ripresa dei canoni compositivi, stilistici (chiasmi, allitterazioni) e perfino fonologici.
Bonvesin de la Riva, Le meraviglie di Milano, Bompiani, pp. 133 € 10 

mercoledì 7 febbraio 2018

Il lavoro c’è, mancano i lavoratori

Il lavoro c’è, ma qualificato. Manca l’offerta. Per buchi considerevoli. In Italia come in Francia e in Germania, dove pure si fa molta formazione lavoro.
Unioncamere calcola che un posto di lavoro specializzato su cinque, il 21,5 per cento della domanda delle imprese, ha avuto problemi di reperimento nel 2017. Più del doppio che nel 2016, quando la difficoltà aveva riguardato il 12 per cento della domanda.  Peggio va per l’industria, dove in un anno il rapporto è anch’esso raddoppiato ma su cifre più alte, il 13,3 nel 2016 e il 26,6, uno su quattro, nel 2027 – in cifra poco meno di 320 mila posizioni di difficile copertura, tra operai, tecnici e ingegneri.
In Germania quasi la metà degli imprenditori, il 45 per cento, dichiara di avere problemi a coprire gli organici qualificati. In Francia la quota è di poco inferiore, il 42 per cento – ma sale al 66 per cento nel comparto automotive, ben due posti di lavoro su tre. A fine 2017 i buchi negli organici di fabbrica in Germania erano superiori al milione, 1,1 milioni. In Francia sui 2-300 mila.   
Si fa risentire la demografia, in calo in Italia ormai da trent’anni – in Francia e in Germania da più tempo.  E la carenza di formazione al lavoro, specialmente acuta in Italia – dove pure i disoccupati sono ora prevalentemete di lunga durata, e tre-quattro ventenni su dieci non trovano occupazione.
L’immigrazione supplisce, ma poco e male. Perché un immigrato, anche se qualificato professionalmente, ha comunque degli handicap, linguistici e di assestamento socio-culturale. E perché l’immigrazione, malgrado sia percepita in aumento, è da qualche anno in forte calo, in Francia, in Germania e anche in Italia. 

Il lavoro elastico

Lavorare di più, fino a 40 ore settimanali senza straordinari, e lavorare di meno, fino a 28 ore settimanali, senza integrazione di salario ma godendo fino a sei giorni di ferie pagate in più. Di meno per esigenze familiari, di più per esigenze produttive. La riduzione è disegnata per trattenere al lavoro le donne, le più esposte alle “esigenze familiari” (accudimento, di minori o anziani, assistenza, etc.), ed è possibile per un periodo minimo di sei mesi – per le esigenze organizzative della produzione. L’aumento dell’orario va su richiesta della produzione.
È un altro aspetto della liberalizzazione del lavoro: si flessibilizza il lavoro stabilizzato a tempo indeterminato. Il sindacato dei metalmeccanici tedeschi, IG Metall, ha accettato la flessibilità del lavoro in fabbrica che in Europa l’industria persegue da molto tempo. In un prospettiva che definisce del “lavoro liberato”, flessibile cioè in base alle esigenze del lavoratore. Di fatto, però, più per esigenze di produzione.
Il patronato tedesco si è anche dato l’obiettivo, per bocca del suo presidente Ingo Kramer, di migliorare fuori azienda l’assistenza ai bambini e agli anziani, per permettere alle donne di lavorare. E pubblicizza molto la scelta lasciata dal Deutsche Bahn, le ferrovie tedesche, ai dipendenti, tra un aumento salariale del 2,6 per cento, la riduzione dell’orario di lavoro, o una settimana (sei giorni) di ferie in più, che avrebbe visto la stragrande maggioranza, il 56 per cento, optare per le ferie. Di fatto, c’è un doppio mercato del lavoro in Germania, che ha da una parte un picco ipergarntito e dall’altra una larga fascia lasciata all’assistenza pubblica.
È il sindacato che è flessibile in Germania – IG Metall è il sindacato più importante. Che accetta anche un aumento salariale irrisorio. Nominalmente del 4,3 per cento, di fatto, per ii prossimi dodici mesi, a marzo 2019, del 3,35 per cento – del 2,2 esteso a tutti i salari coperti da questo tipo di contrattazione. Con un aumento contenuto del costo del lavoro per unità di prodotto, dell’1,5 per cento – meno del 2 per cento che è il target della Bce (un massimo che è anche un minmo, per rivitalizzare l’economia europea).

La verità per gioco

Alla sua prima apparizione padre Brwn è molto innocente. Al punto da potersi permettere qualche eresia. Converte Flambeau, il ladro più famoso d’Europa, nel senso che lo convince a cambiare vita, e anzi a dare lui la caccia ai ladri e ai malviventi. Ma gli ammannisce anche insegnamenti azzardati. I liberi pensatori “rendono la misericordia ancora più fredda della giustizia”. “Tutte le religioni possiedono una caratteristica: materialismo”. “Abbiamo scoperto la verità: e la verità non ha alcun senso”.
È tuttavia già il prete bonario quale diventerà famoso. Non eccentrico, come si penserebbe di un prete-detective: uno che guarda “dal rovescio dell’arazzo”. Forte della sua esperienza al confessionale: “La gente viene e ci racconta tutto”. Anche se vive nel mondo, e anzi tra le esperienze più strane: un sacerdote neo-pagano, devoto ad Apollo, un saltimbanco che ha fatto fortuna costruendo maggiordomi meccanici, uno scrittore che vive con un santone indiano in una casa-serra, un principe in ritiro su una piccola isola sul Tamigi, un conte scozzese che non ha accettato la rivoluzione francese e vive – è morto – come nel Settecento.
Avendo presente le regola del gioco, anzi la regola del giallo all’inglese: dare verità all’inverosimile.
L’edizione Lindau si avvale della traduzione di Gian Dàuli, che dà unaria stagionata al reverendo. Ma il personaggio si rilegge piuttosto contemporaneo, perfino malizioso. 
Gilbert K. Chesterston, L’innocenza di padre Brown, San Paolo, pp. 320 € 8,90
Lindau pp. 320 € 24

martedì 6 febbraio 2018

Vero o falso – 19

In Spagna al tempo dell’Inquisizione lavarsi spesso era considerato segno di eresia, da mussulmani marrani? Vero

La doccia è diventata popolare in Europa tardi, più o meno allo stesso tempo della televisione? Vero

A Parigi e Londra ancora dopo? Vero

Era Garibaldi alto quanto Napoleone? Vero

Erano Garibaldi e Napoleone considerati all’epoca alti, in rapporto all’altezza media? Vero (1,70)

Gli Stati Uniti creano ogni anno 500 mila posti di lavoro nell’informatica, ma solo 43 mila americani si laureano ogni anno in informatica? Vero

Cera in Grecia, al tempo di Pericle, un tribunale che giudicava le cose – il coltello, il bastone? Vero

San Francesco è morto di 44 anni, santa Caterina da Siena e santa Teresa d’Avila di soli 33? Vero

Scomunicato e felice

“De summo bene è “speculatio veritatis et delectatio in illa”: sommo bene è attingere la verità, “insieme alla sua contemplazione e al piacere che l’accompagna”. Il piacere è sempre intellettuale. Scomunicato Boezio, Boezio di Dacia, quasi scomunicato, e felice – scomunicato per essere felice.
È in questo trattatello che sono soprattutto le proposizioni condannate dal vescovo di Parigi e rettore della Sorbona Étienne Tempier nel 1277. Sulla superiorità della filosofia su ogni altra attività, sui filosofi promossi a sapienti del mondo, e sul “tutto il bene, che agli uomini è possibile, consiste nelle virtù intellettuali”.
Tempier proibì nel 1277 di isnegnare alla Sorbona oltre duecento “tesi” in quanto in odore di eresia. Molte tratte da Boezio, “Sul sommo bene” e “Sull’eternità del mondo”. Il filosofo danese non fu per questo dichiarato eretico, ma scomparve, con la sua opera, per sei secoli e mezzo, fino al primo dopoguerra. Autore peraltro prodigale di filosofia morale, filosofia naturale e grammatica speculativa. Luca Bianchi riunisce a “Sull’eternità del mondo”, il trattato di filosofia anturale, i due opuscoli “Sui sogni”, se la divinazione è possibile in sogno, e “Sul sommo bene”, il piacere intellettuale.
Boezio di Dacia, Sull’eternità del mondo-Sui sogni-Sul sommo bene, La vita felice, pp. 274 € 16,50

lunedì 5 febbraio 2018

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (353)

Giuseppe Leuzzi

Domenico Fioravanti, la cui bio-wikipedia registra ancora “originario di Roseto Capo Spulico, il primo italiano a divenir e campione olimpico nel nuoto in corsia”, ora che è candidato in Piemonte dai 5 Stelle con l’elezione assicurata si proclama fiero piemontese: “Dove correrà?” “In Piemonte, la mia regione. Anche per riconoscenza nei confronti del territorio dove sono nato e cresciuto”.
Le radici ci sono e non ci sono: possono essere una forza come un fardello.
Si può fare del fardello una forza, ma ci vuole impegno – la testardaggine, che non è più evidentemente una dote calabrese.

“Esiste un luogo dove il Nord e il Sud del mondo si fronteggiano in condizioni  di eguaglianza: è un campo da gioco del Brasile, alla foce del Rìo delle Amazzoni. La linea equatoriale taglia a metà lo stadio Zerão, nell’Amapà, in modo tale che ogni squadra gioca un tempo al Sud e l’altro tempo al Nord” - Eduardo Galeano, “A testa in giù”, 25.

All’improvviso, fatta la legge che la legalizza per alcuni consumi, si scopre che la canapa indiana è coltivata da migliaia di aziende in Italia, in piantagioni milionarie (“L’Espresso” di una settimana fa), non solo dai ragazzi calabresi negli anfratti delle fiumare. Che erano i soli a cui i Carabinieri davano la caccia. Con l’elicottero. Per il monte ore di volo – cumulabile anche per la pensione.
  
Prospettive
È più pittoresco il turista oppure l’autoctono, sia pure povero?

Per il gufo e il pipistrello, anche per il ladro, il giorno non viene con la sera?

“Nell’ufficio del dottor Slovo, che ha un ufficio, la fascia eurafricana è raffigurata con una proiezione gnomonica rovesciata: grandissimo il Sud Africa, grande l’Africa, cacchette deformi l’Italia e il Mediterraneo, piatta l’Europa, gli scandinavi boriosi e gli inglesi ridotti a un punto. Basta rigirare la carta”.
In questo racconto della rappresentanza dell’African National Congress a Algeri, il movimento di Nelson Mandela, al tempo della guerra in Sud Africa contro l’apartheid (Slovo era il rappresentante dell’Anc) in “La gioia del giorno”, Astolfo trascura che la diversa prospettiva era già stata adottata da El-Idrisi, il geografo arabo di Ruggero II di Sicilia. Che la pratica, anzi, era corrente a quel tempo. Un tempo in cui c’era un Sud, da tempo e fiorente, mentre ancora non c’era un Nord, terra più o meno incognita – chiusa, ignorante, primitiva.
La “Tabula Rogeriana” però, la tavola di Idrisi, operava un semplice rovesciamento, non una proiezione, ogni parte manteneva la sua grandezza: il Sud era equo e non supponente.


A proposito dell’equatore, va notato che esso non segna un’equa divisione tra Nord e Sud. Due terzi buoni delle terre emerse e abitate, forse tre quarti, sono a Nord dell’equatore, il Sud è piccola cosa: il Sud America, un po’ di Africa e l’Australia con l’Indonesia.

La mafia spettacolo
Caselli e Lo Forte pubblicano un pamphlet per dire che Andreotti non fu assolto ma prescritto nel loro processo. Ma non sono loro che lo hanno “assolto”, con l’enorme lunghezza delle indagini, quattro rinvii dei termini, con 120 mila pagine di “prove”, e col dibattimento monstre, per lo show, invece che accelerato?
La giustizia italiana è lenta, si dice. È vero ma non salva: è lenta perché i giudici la vogliono lenta, quando i giudici vogliono è invece normale – accelerata. La verità è che Caselli ha assolto il suo incarico non come Caponnetto, non come Falcone, per perseguire i delinquenti, ma per lo show-off: per esibire la lotta alla mafia. Che per essere esibita deve essere tardiva e inconcludente.
Questo tipo di giustizia ha prodotto e produce guasti terrificanti nelle istituzioni. E nel contrasto alla mafia, che prospera incontrastata. Il mandato di Caselli si è distinto per disintegrare l’apparato repressivo, con una serie di processi spettacolo - dopo Andreotti - alla Polizia e ai Carabinieri, che ancora dominano l’attività giudiziaria. A Palermo, dove le maggiori forze antimafia sono dispiegate, ma sono inibite.
Ammessa la buona fede dei due ex giudici (Chinnici, che pagò l’intransigenza con la vita, dubitava di Lo Forte), se ne inferisce l’incapacità dei giudici stessi a lottare contro la mafia. A combatterla sul terreno: a fare non processi spettacolo, di quelli di cui ai mafiosi non frega nulla, ma di contrastare atto per atto, come avviene per ogni altro delitto, sopraffazione per sopraffazione.
Per esibirla peraltro a uso dei media. Ai quali non frega nulla che i mafiosi siano carcerati, basta che si possano montare belle pagine. E più ce ne sono, e sono “imprendibili”, “primule rosse”, “nija”, “poteri occulti”, meglio i giornalisti si sentono.
Una gestione dell’antimafia che raffredda molto gli entusiasmi. Una celebrazione si ricorda a Catania, in onore di Caponnetto, in cui lo slargo sotto la Prefettura e l’adiacente via Etnea erano piene di macchine blu e marcantoni con le basette lunghe  le scarpe a punta, senza una sola anima di catanese partecipe. Un’assurdità e un’imbecillità, un’antimafia che non riesce a capitalizzare in nulla, solo auto celebrativa - nessuno in Sicilia avrebbe votato Caselli: Bianco, che era l’ospite, ed è maestro di autopromozione, non fu rieletto, battuto da Scapagnini, il medico di Berlusconi… (la prima volta, non potendosi ricandidare, ebbe battuto il suo candidato, la seconda fu sconfitto lui stesso).  
Questo tipo di giustizia – il mandato di Caselli a Palermo – ha prodotto e produce guasti terrificati nelle istituzioni. E nel contrasto alla mafia, che prospera incontrastata.
Un pirata della strada viene cercato, identificato e arrestato subito, al più poche ore, un mafioso di cui tutto si sa in partenza, identità e entità del delitto, viene beccato, quando capita, dopo venti o trent’anni, quando ha distrutto il suo pezzo di società civile.
Viene beccato, quando capita, in troppi casi a opera delle nuove leve – il mafioso è cannibale.

 Apartheid giudiziaria
“Nel 1997 un’automobile con targa diplomatica circolava a velocità normale in un viale di San Paolo (in Brasile). Nell’automobile, nuova, costosa, viaggiavano tre uomini. A un incrocio li fermò un poliziotto. Il poliziotto li fece scendere e per circa un’ora li fece restare con le mani in alto e girati di schiena, mentre continuava a domandargli dove avessero rubato quell’automobile.
“I tre uomini erano neri. Uno di loro, Edivaldo Brito, era il Segretario (ministro) alla Giustizia del governo di San Paolo. Gli altri due erano funzionari della Segreteria. Per Brito non era una novità. In meno di un anno gli era successo cinque volte.
“Il poliziotto che li aveva fermati era anche lui nero”.
L’aneddoto di Eduardo Galeano (“A testa i giù”) sa di già visto. Forse perché al nero si sovrappone il meridionale.

La vita all’aperto
“Con un clima caldo e soleggiato, come nei giorni di bel tempo, la vita cambia all’istante” rispetto a quella del Nord, “dell’umidità e le fitte nebbie umide”. La vita “si sposta fuori dalle abitazioni. Con il risultato, noto a chiunque visita l’Italia, che i piccoli fatti di ogni giorno vengono discussi in strada, piuttosto che in salotto, e diventano teatrali; le persone sono loquaci; si foggiano quel tono irrisorio, quella giovialità, quella scioltezza di spirito e di lingua peculiari alle razze del Sud, che nulla hanno in comune con il lento riserbo, i mezzi toni smorzati,  la malinconia meditabonda e introspettiva della gente abituata a trascorrere più della metà dell’anno al chiuso”. Ciò vale tra il Nord e il Sud e all’interno del Sud, evidentemente, tra un Nord e un Sud.

Virginia Woolf fa queste considerazioni per spiegarsi l’attrattiva incoercibile del greco antico, di cui non sappiamo quasi nulla (“Non sapere il greco”). “Questa è la qualità che per prima ci colpisce nella letteratura greca: il piglio fulmineo, beffardo, di strada”. Di tutti: “Regine e principesse discutono sulla soglia come donne del villaggio, con una propensione, peraltro prevedibile, a godere del linguaggio, ad affettare le frasi, a perseguire l’affermazione verbale”. Con “in sé qualcosa di feroce e al tempo stesso arguto”.

leuzzi@antiit.eu

L’America è un altro mondo - due

Annegato nella polemica anti-Trump, il memorandum della Commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti Usa è effettivamente scandaloso. Per almeno tre motivi – più uno:
1) l’Fbi e i servizi segreti indagano senza motivo un candidato alle elezioni presidenziali – è Trump ma questo non esime;
2) lo fanno sulla scorta di un personaggio la cui professione è “vendere rivelazioni”, una spia dei servizi segreti britannici;
3) la spia su cui fa affidamento l’Fbi è forse pagata per le sue “rivelazioni” dall’Fbi stessa, ma sicuramente è pagata, moltissimo, dal partito Democratico e da Hillary Clinton, la candidata presidenziale concorrente di Clinton;
4) i media non mettono in dubbio le verità del memorandum, ma concordi lo annegano nella polemica su Trump.
Non è un problema di capacità. La National Security Agency americana sa tutto di tutto il mondo e di ognuno. È in grado di monitorare due milioni di comunicazioni – telefoniche, digitali – al minuto, e lo ha fatto. Ha controllato Merkel e Hollande, ha fatto vincere alla At&t un appalto miliardario in Malesia in concorrenza con la giapponese Hitachi – non il solo affare – e suscita paure a Strasburgo e a Bruxelles almeno da venti anni. È un fatto politico.
È dubbio a questo punto di che democrazia si stia parlando. E qual è il reale processo democratico negli Usa, in campagna elettorale e nella vita delle istituzioni. In una democrazia reale, avrebbero dovuto essere i media anti-Trump (cioè tutti i media), l’opinione pubblica liberal, il partito Democratico, il ministero della Giustizia a interrogarsi sul comportamento dell’Fbi e delle agenzie di intelligence.
Un sistema istituzionale basato su una spia di professione e mercante di notizie, senza checks-and-balances, di nessun tipo, sa di oligarchia. Nemmeno tanto segreta, se può esporsi impune.

Che Trump non ne faccia parte è, a questo punto, titolo di merito. Come dire che il sistema di potere Usa è forte, evidentemente, ma non intelligente - più brutale per essere stupido? Del resto, Trump non può uscire dal nulla.

L’industria della paura

“La pubblicità ordina di comprare e l’economia invece lo impedisce”. Un libro vecchio di vent’anni che potrebbe essere stato scritto oggi, nulla è cambiato. Già allora il mondo era in preda alla paura. Il mondo libero e felice di esserlo, pieno di sé. Che però moltiplica l’insicurezza: la globalizzazione si può dire dell’insicurezza (c’è anche una “industria della paura”). Col lavoro precario, a paghe decrescenti. E un’ecologia beniamina delle industrie dell’inquinamento - Westinghouse vende centrali nucelari e dispositivi per il trattamento delle scorie, chi vende mine vende anche i dispositivi per la bonifica. “Gli Stati Uniti e il Canada avevano nel 1995 più veicoli a quattro ruote della somma di tutto il resto del mondo, eccezion fatta per l’Europa. La Germania quell’anno aveva tante automobili, camion, furgoni, roulotte e motociclette  quanti erano i veicoli di tutti quanti i paesi dell’America Latina e dell’Africa”.
C’è anche in anteprima la guerra all’Irak, che si farà quattro anni dopo con la scusa dll’11 settembre. Nel 1991 ci fu la guerra del Golfo. “Pochi anni dopo, nel 1998, gli Stati Uniti volevano ripetere l’impresa. L’immensa macchina della comunicazione si mise di nuovo al servizio dell’immensa macchina militare, per convincere il mondo che l’Irak stesse minacciando l’umanità Questa volta toccò alle armi chimiche. Anni prima, Saddam Hussein aveva usato gas mortali nordamericani  contro l’Iran, e con quesi gas aveva distrutto i curdi senza che nessuno si alterasse” – l’opinione pubblica è catatonica. “Ma imediatamnete il panico dilagò quado fu diffusa la notizia che l’Irak possedeva un arsenale batteriolgioco, antrace, peste bubbonica, botulismo, cellule cancerogene e altri letali agenti patogeni che negli Stati Uniti qualsiasi laboratorio può comprare, per telefono o per posta, dall’American Type Cuture Collection (Atcc), sita nelle vicinanze di Washington”.
Un bilancio e un check-up da Fine Secolo. Concluso con Woody Allen: “Dio è morto, Marx è morto, e anch’io non mi sento bene”: “Il Ventesimo secolo è nato sotto il segno della rivoluzione e muore nello sconforto” – il Millennio seguita. Radicale: un’abominazione dell’esistente, o ordine del mondo. Eccessivo – “nel mondo più morti di fame ogni giorno che in guerra”. Ma non senza pezze: la storia dell’Ambrosiano, il “il più grande crac  bancario” del secondo Novecento, messa a nudo e nel conetsto mondiale, è incredibilmente vera, ruotando sul Vaticano, di cui Calvi e Sindona erano le pedine. La frattura è sempre più ampia e profonda tra ricchi e poveri – il terzomondismo è declassato, di cui lo scrittore uruguaiano morto quattro anni fa era animatore, ma il Terzo mondo cresce e impoverisce.
Con “punti di vista” paradossali, ma non del tutto. “Dal punto di vita di Ippocrate, Galeno, Maimonide e Paracelso, esisteva una malattia chiamata indigestione ma non esisteva una malattia chiamata fame”. O per gli indios che scopriva, Colombo drappeggiato “era un pappagallo di dimensioni mai viste” – e parlava pure.
Il mondo sottosopra, alla Alice. Tristemente divertente. Sotto un esergo mozzafiato, di Al Capone  che predica contro i corrotti. Animato da miriadi di diavoletti di José Guadalupe Posada, l’incisore messicano del secondo Ottocento. Dedicato a santa Rita, “patrona delle cose impossibili”.

Eduardo Galeano, A testa in giù, Sperling & Kupfer, pp. 384, ill. € 14,50


domenica 4 febbraio 2018

Stupidario classifiche

“Donne parlamentari e parità di genere: le scandinave all’avanguardia con le ruandesi” (“La lettura”, Unione Interparlamentare). Ruandesi del Ruanda.

L’Italia è al 25mo posto, su 28, nell’Unione Europea per informatizzazione (Desi, Digital Economy and Society Index - Desi è un programma organizzato e finanziato dalla Commissione di Bruxelles). 

“Turismo sessuale? Italiani al primo posto” (Ecpat, End Child Prostitution in Asia Tourism). Più dei cinesi. Anche dei tedeschi.

L’Italia è all’ultimo posto in Europa per la libertà di stampa, dietro Malta. E al 52 posto nel mondo (Reporters sans frontières).


Un milione e mezzo di minori in Italia soffre di patologie mentali (“L’Espresso”). 

Brexit a Roma

Sfilano a centinaia, a migliaia, nel primo pomeriggio, su per viale Tiziano, per il lungotevere Flaminio, verso lo stadio Olimpico dove si giocherà il Sei Nazioni di rugby Italia-Inghilterra. Sono tifosi  inglesi, maschi e femmine ugualmente. Quaranta, cinquantenni per lo più, con la maglia bianca O2 della Nazionale, robusti, non belli, non curati. Nemmeno entusiasti o curiosi. I musei di Roma sono aperti oggi gratis anche prr loro, ma non si sono per questo riempiti. È una bellissima giornata, anche tiepida, ma non sembrano avere occhi per il sole. È un tranquillo week-end, uno come un altro, per le strade di Roma invece che nel cortile di casa.  Da middle-class suburbana, le masse anonime rassegnate, tra la vecchia Inghilterra agreste di Barnaby e il postmodernismo metropolitano.
Niente di bellicoso, nemmeno. Sono a Roma come fossero a Newcastle, o a Bournemouth. Nemmeno di altero: sciamano tranquilli, a piedi – risparmiano pure l’euro  mezzo dell’ottimo tram n. 2, che li condurebbe in pochi minuti con poche fermate allo stadio. Vanno senza eccitazione forse perché la partita è scontata, Italia-Inghilterra di rugby è un po’ Benevento-Napoli, l’Italia non ha mai vinto e non se lo sogna nemmeno.
Niente di metropolitano: si vede in questi venticinque-trentamila inglesi in gita a Roma il nerbo della grande provincia. Sono loro, viene da pensare, il nerbo della Brexit. Che ha vinto per il 52 per cento, praticate uno su due. Ma grazie al due su tre, e forse tre quattro della provincia, l’Inghilterra “profonda”. Gente pacifica, il tipo anzi si direbbe romanesco, non fosse per la lingua si direbbero famiglie romane della domenica postprandiali, un po’ grevi ma niente di più, e bonari. Non hanno votato contro per malanimo, non mostrano in nessun senso corruccio. Si saranno stancati. Ma chi non si direbbe stanco, potendo dire sì o no, dell’Europa, di Schaüble, di Weidmann, arcigna, quando non è cattiva?

Chi pensa crede

“Si può fare a meno della metafisica o della fede in una realtà divina, per avere una vita spirituale”? Benedetta Selene Zorzi, benedettina, lascia al lettore di Plotino la ricerca di una risposta, dopo la sua distesa eloquentissima introduzione. Pliotino direbbe di no. Cioè di sì, la vita spirituale è in sé metafisica, e fede.
“Come non si potrebbe parlare della bellezza sensibile se non la si fosse mai vista e percepita in quanto tale – come nel caso di chi è cieco dalla nascita – così non si potrebbe parlare della bellezza dei costumi, delle scienze e di altre cose simili, se tale bellezza non fosse già intimamente presente in noi. Né dello splendore della virtù, se non si cogliesse la bellezza della giustizia e della temperanza”. La bellezza non è fisica: “Ma dobbiamo guardare queste cose con un animo che sia in grado di vederle: chi le contempla prova gioia, è percosso dallo stupore e commosso, ben più che nel guardare le bellezze corporee, poiché esse toccano la verità stessa. Sono queste le emozioni che nascono solo a contatto con ciò che è bello: stupore, scossa gioiosa, eros e piacevole fremito”.
Zorzi mette insieme il breve trattato “Sula bellezza”, uno dei più antichi tra  i ventuno che Porfirio ascrive a Plotino, con passi delle “Enneadi” – “itinerari tematici”, ancora sula bellezza, e su “bene”, “cosmo”, “eros”, etc. La bellezza come via maestra verso l’anima sarà tema anche di Basilio, Gregorio di Nissa e sant’Agostino. E in aspetti particolari della saggezza comune – fino a Michelangelo, che la scultura dirà arte “per via di levare”, riprendendo quasi alla lettera analoga definizione di Plotino.
Il bello è il bene, il bene è bello. Con terminologia adattata dal “Simposio”, che il bello identifica come scopo della filosofia. La belleza, e soprattutto il “desiderio di bellezza”, l’eros, cone via al bene: “La bellezza è inferiore al bene e ne discende, come la luce del giorno proviene dal sole”. Un bene che si attinge nella contemplazione, o estasi. Nell’immedesimazione, “come l’amante nell’amato” – nella “inabitazone” e nella “coappartenenza” (Benedetta Selene Zorzi). L’eros è il punto di unione con dio: l’anima nell’estasi, come una baccante, si fa tutta amore”.
Sul male propone la risposta che consegnerà ad Agostino,: è una diminuzione del bene, non il suo opposto. (“Enneadi” I, 8; V, 9, 10). Non è rarro che l’esperienza del male conduca a una conoscenza più precisa del bene (IV, 3,16). “La stonatura di un attore non può mutare il valore del dramma nel suo insieme” (III, 2,7): “Anche la malvagità, l’ingiustizia e l’empietà  trovano un senso finale: l’ingiustizia conduce al bene, se chi la subisce è buono” (IV, 3,16).
 “Dovevano essere gli dei ad andare da lui, non lui dagli dei”, dice Porfirio nella “Vita di Plotino”. Ispirato è, in effetti. Innovatore e sistematore, il configuratore o costruttore di tutti i concetti, le problematiche e la terminologia che hanno dominato la teologia fino a ieri, la conoscenza, e il dialogo sula conoscenza.
Dio è l’uno, primo principio, causa di tutto, causa di se stesso, assolutamente semplice, privo di parti, assolutamente autosufficiente – essere anche non-essere o nulla, in quanto superiore all’essere, e quindi incomparable. Dio è tutto nelle “Enneadi”. È il luogo di tutte le cose. E il sommo bene - non tende a nulla, non ha nulla da desiderare. A lui “non si addice alcun nome”. Parlandone, dovremmo uscire dal rigore logico del pensiero: è a-razionale, solo l’“intuizione critica” lo coglie. L’intuizione critica, la conoscenza. La “conoscenza” avviene per abbandono, estasi, intuito. Di chi sa: ha gli strumenti e l’abiità di usarli. Lo stupore erotico spiega la struttura stessa della realtà, che esiste metafisicamente, al di fuori dell’animo umano. Nell’anima mundi, la coscienza cosmica.
Essere è einai, che driva da hen, uno. Luogo dell’essere è la mente, di cui è ipostasi l’anima universale, anima mundi. Seconda ipostasi è quella del pensiero. Il pensiero implica  dualità, alterità: il pensante dovrà dializzarsi – ri-flettere. Una vindicatio radicale, senza dirlo, dello scetticismo.
Plotino, La bellezza, Garzanti, pp.156 € 14