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sabato 17 maggio 2014

Il piano anti-Italia era di Sarkozy

Due giorni dopo la diffusione del libro di Geithner, con la rivelazione di una richiesta “europea” al vertice di Cannes 2011 di affondare l’Italia, il “Financial Times” aprì una serie di tre lunghi articoli sullo stesso vertice con Angela Merkel in primo piano in lacrime. Messa alle corde, sembra dire l’autore della ricostruzione, Peter Spiegel, lei e non l’Italia. Merkel in lacrime non è possibile e non è vero, ma non è una coincidenza.
Si capisce subito il senso della ricostruzione se la si legge, benché lunga alla fine quindici fitte pagine. È Sarkozy che spinge per mettere l’Italia alle corde. È Christine Lagarde, la sua ex ministra dell’Economia, mandata al Fondo monetario a tamponare la figuraccia di Strauss Kahn, a dire la frase fatidica: “L’Italia non ha credibilità”.
Merkel in lacrime avrebbe detto, rivolta a Sarkozy e Obama: “Siete voi, i vincitori, che sessant’anni fa mi avete imposto la Costituzione”. Sottinteso: col divieto del debito. Debole. La serie si fa forte, invece, di “fonti francesi”. Alle quali, caratteristicamente, la vanagloria è francese, Siegel fa menare vanto della durezza di Sarkozy.
Molte delle quindici pagine sono prese dalla crisi greca. Della quale si sa tutto, ma non questa frase di Venizelos, il ministro greco delle Finanze: “La posizione di Sarkozy fu molto offensiva. Non educata. Molto, molto dura e molto offensiva”.

Provenza canaglia, Europa femminile e barbara

Chiara Rizzo, moglie di Matacena, è stata arrestata in Francia senza che dall’Italia fosse venuto alcun mandato d’arresto, per la sola richiesta della Polizia. Poi, quando il mandato è arrivato, se ne è decisa l’estradizione, anche se il mandato non elenca imputazioni specifiche, solo l’essere moglie di Matacena. Entrambi i provvedimenti sono stati presi da una giudice, Solange Legras, Procuratore Generale di Aix-en-Provence, una che ama esporsi. Che ha ascoltato due volte Chiara Rizzo, dice compiaciuta ai giornali. E ne riferisce le  lamentele sulla prigione di Marsiglia dove è detenuta: gabinetti luridi, senza carta igienica né sapone, per cibo zuppa, pane e acqua, carta igienica, sapone e cibo vanno comprati, ma per questo bisogna avere un conto corrente appoggiato al carcere. Nonché su cellulare con la quale la portano dalla prigione, che le provoca crisi di claustrofobia.
Sembra che ne rida, e in effetti la Procuratrice ne ride: “Ma mi sorprende che si sia preoccupata di dover dormire per terra. Nelle nostre carceri i letti ci sono, esattamente come in quelle italiane”. Per il resto non la smentisce., né ha preso provvedimenti: Chiara Rizzo dice la verità. Chi vuol fare pipì in carcere sì arrangi, sia pure una signora. E se ha crisi di claustrofobia si arrangi lo stesso.
Gli inviati italiani – quasi tutti inviate - che ne riferiscono non se ne scandalizzano. Sarà giusto che nelle carceri francesi i gabinetti siano luridi, la carta igienica assente, si mangi pane e acqua, e si soffra la claustrofobia.
L’Europa è dunque la barbarie, se questo succede a Aix, una cittadina che era gentile, prima che la Provenza incanaglisse. E la barbarie è dunque femminile. Implacabile contro una donna.
Solange Legras, per intendersi, è quella che ha protetto Ablyazov, il miliardario kazako ricercato dal suo Paese. Da ultimo anche con un finto fermo, tipica operazione sbirresca.

Il segreto della parola è l’ascolto

“Il silenzio è l’intorno e l’intervallo”. Non la rete, su cui il linguaggio affiora come un ricamo? O, meglio, un’efflorescenza? Sini porta subito l’esempio della grande Piramide di Whitehead, che sta lì sempre uguale ma oggi non è la stessa di ieri. L’esempio di Whitehead non è una figurazione della tela di fondo, della rete? Si dice “il resto è silenzio” ma per dire “il tutto è silenzio”. Che il suono sovrasta, la voce, il rumore, senza strapparlo o interromperlo. “Non c’è nulla di più rumoroso del silenzio di Dio”, lo stesso Sini conclude. Ognuno lo può “vedere” nel “Grande silenzio” (“Die Große Stille”), il film tedesco del 2005 sulla vita di trappa, di Philip Gröning.
Una rete, una tessitura, che ancora Sini alla fine addita come fine fondo alla parola di verità, quella  del filosofo, quale egli è: “La virtù prima del filosofo non è la parola, ma l’ascolto… è infatti nel silenzio e dal silenzio che l’io, il mondo e la parola emergono, tra loro originariamente uniti”.”. Sulla traccia di Merleau-Ponty, che al filosofo dà il compito di “prendere in considerazione la parola prima che sia pronunciata, sullo sfondo del silenzio che la precede, che non cessa di accompagnarla e senza il quale essa non direbbe nulla” - di “rendersi sensibili a quei fili di silenzio di cui il tessuto della parola è intramato”.
Il saggio si pubblica da parte di un’Accademia del Silenzio, che a Milano dove ha sede ha un certo numero di aderenti e un vasto programma in una dozzina di punti, ideati e animati da Duccio Demetrio e Nicoleta Polla-Mattiot. Ma con o senza smartphone, che per lo più è silenzioso, benché  pullulante di app, o vasti programmi, e quindi ineliminabile? Perché silenzio significa distacco, dalla società “rumorosa” più che dal suono. E forse è definitivamente obliterato dalla moderna società della conoscenza, molto discreta da questo punto di vista. “Il vero segreto di Stato è il silenzio”, dicono le vittime delle stragi, i parenti. Falso: il vero segreto sono le parole, troppe. “In fondo, lo scopo del teatro è un silenzio udibile”, confida a Fazio Albertazzi, che a 90 e passa anni se ne intende, sotto le (tante) parole.
Il testo francese è un lungo sfogo, dettagliato, di uno, come tutti, vittima dei rumori, sempre molesti. Per la vita che da un secolo e mezzo è cambiata, col motore a scoppio, l’elettricità, e l’affluenza generalizzata. Ma forse, più che altro, per la maleducazione che si accompagna alla società dei diritti, nella vita in condominio.
Il vecchio libro di Rovatti, una raccolta di articoli, è da questo punto di vista insorpassato, che il silenzio vorrebbe anche in filosofia. Dopo aver camminato a lungo per le vie, in mezzo alla gente, alle cose e ai segnali, ho voglia di isolarmi dal rumore: cerco un luogo tranquillo per riposare, rilassarmi, pensare; per non pensare a niente, svuotarmi i sensi e la testa; per concentrarmi, smettere di sentire, cominciare ad ascoltare”, etc. etc, molto idilliaco. Il filosofo ama ascoltare, e dunque deve poter sentire: “Questa condizione di silenzio e di solitudine mi permette di ritrovare una percezione di me e del mondo che mi sta attorno, precisamente un ascolto. Il silenzio che mi sono procurato, isolandomi dai rumori normali, mi permette di ascoltare. Ma è piuttosto un pensare, un ascolto pensante. Come se prima fosse stato l’esterno a riempire la mia esperienza, e invece adesso esterno e interno agissero in me corrispondendosi. E forse è proprio questo gioco, grazie al quale interno ed esterno passano l’uno nell’altro senza appiattirsi o riassorbirsi l’uno nell'altro, che mi fa sentire e pensare assieme”. Ma, pur volendo il silenzio un antidoto all’“anomalo gonfiamento dell’Io”  da Jung deprecato, conclude: “Mi accorgo che in questo rilassarmi ho lasciato essere una dimensione di apertura della mia esperienza che di solito è messa a tacere”.
L’Io deprecato è la condizione postmoderna, cioè di molta filosofia. A meno del silenzio esicasta.  
Rovatti esclude dal suo silenzio la contemplazione, l’ignaziano ritiro spirituale, la trappa. Volendosi, qui come in altra sede, uno “per fortuna” immune alla religione. Ma il suo “silenzio” è esicasta, di chi parla di sé (di Dio) a se stesso.
Carlo Sini, Il gioco del silenzio, Mimesis, pp. 41 € 3,90
Jean-Michel Delacomptée, Petit éloge des amoureux du silence, Folio, pp. 134 € 2
Pier Aldo Rovatti, L’esercizio del silenzio, Cortina, pp. 134 € 11

venerdì 16 maggio 2014

L’offensiva dello spread

Dal cap. IV di “Gentile Germania”, La colpa è dell’Italia:
“….Prendiamo il caso dell’Italia, dell’offensiva contro i Btp della primavera 2011, i buoni del Tesoro italiano. La Deutsche Bank, subito imitata dalle banche tedesche minori, vendette tutti i suoi Btp, che allora quotavano a valori superiori al nominale. Vendette cioè non per ricoprirsi da perdite ma per guadagnarci. E a luglio ne informò il Financial Times, dopo aver ricomprato Btp a termine, a prezzo prevedibilmente più basso. E aver fatto incetta di credit default swap collegati ai Btp, titoli di controassicurazione sul rischio insolvenza dell’Italia, sui quali intanto lucrava un rendimento elevato. Con una mano. Con l’altra diffuse a fine luglio un rapporto favorevole ai Btp.
“Un modello di speculazione. Fu l’inizio della crisi dell’Italia. Innescata a freddo, non per caso. Era a capo di Deutsche Bank Josef Ackermann, “il più potente banchiere del mondo” per il New York Times. Potente coi politici, in Germania e fuori – in Italia aveva Giuliano Amato a “maggior consulente”. Per Simon Johnson, capo economista al Fondo Monetario, “uno dei banchieri più pericolosi del mondo”. Amministratore delegato dal 2002, aveva impegnato Deutsche Bank nei mutui senza garanzie, la bolla scoppiata nel 2007. Per queste e altre attività arrischiate della sua gestione - la vendita di derivati agli enti locali in Italia e la manipolazione dei tassi interbancari – la banca tedesca è tuttora la più coinvolta in azioni risarcitorie, per fronteggiare le quali accantona in bilancio tre miliardi.
………
 “A maggio 2012 Ackermann sarà in pratica licenziato, dai piccoli azionisti Deutsche, e dai grandi. Ma dodici mesi prima proiettava “una lunga ombra sull’Europa”, notò il New York Times. In precedenza, il 18 ottobre 2010, sul lungomare di Deauville, Angela Merkel aveva imposto a Sarkozy, quindi all’Ue, il principio che “gli Stati possono fallire” - la Grecia, ma non solo. Era la ricetta Ackermann: non ristrutturare il debito (allungare le scadenze, tagliare gli interessi) ma farlo pagare con l’austerità, anche cruenta. A questo fine limitando gli aiuti Ue, al capitale di giro per rifondere le banche creditrici. Il capo della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, francese, reagì furioso: “Non vi rendete conto di cosa provocate”. Ma il suo presidente, lo statista emerito Sarkozy, lo mise a tacere.”
“Al contempo, in una sorta di divisione del lavoro sporco, i consiglieri monetari di Angela Merkel impedivano alla Bce ogni intervento calmieratore, Axel Weber, Jürgen Stark, Jens Weidmann. Tre personaggi influenti, accreditati portavoce della migliore Germania, di saggezza incontestabile e potere decisivo. Anche se il curriculum di Weidmann si limita a una laurea, e ad alcuni anni di servizio nella segreteria di Angela Merkel. 
Alla svendita Btp della primavera 2011 seguì un’estate di comode incursioni sui “latini” sbandati. I fondi hedge favorirono l’offensiva allineandosi pronti. I fondi sovrani, pensione, d’investimento si adeguarono in automatico. Le vendite di Btp non si limitarono al ribasso (short) dei future, il mercato cash fu coinvolto, il giorno per giorno. In pochi mesi il future sul Btp si deprezzò del 22 per cento: da 110 sul nominale all’avvio delle vendite Deutsche, aprile 2011, quotazione sopravvalutata a motivo della solvibilità del debito, crollò a 87,5 a novembre. Mentre il Bund saliva dal 125 al 140 per cento del nominale. Il divario tra le due quotazioni è lo spread.

Stupidario kantiano

“Le fole più miserabili sono i racconti di fate inventati dalla demenza francese” (I.Kant, “Annotazioni alle Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime”).

“È un vizio inglese considerare l’impudicizia un’offesa. Ninon de Lenclos non aveva la minima pretesa all’onore della castità, e un amante l’avrebbe ferita che si fosse ingannato in materia” (I.Kant, “Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime”, cap. 3).

“Una solitudine profonda è sublime, ma di un sublime terribile” (ib., cap. 1)..

“Una statura piccola ispira confidenza. Capelli scuri e occhi neri sono più affini al sublime” (Id., cap. 2).

“Nell’ansietà o nella gioia sembra che il sentimento abbia la sua sede nel cuore. (Ma) molte passioni, anzi la maggior parte di esse, esplicano la loro forza sopratutto nel diaframma. L’amore commuove i visceri”. (I. Kant, “Sogni di un visionario”)

“Quando un vento ipocondriaco rumoreggia negli intestini, tutto sta nella direzione che prende: se va in giù ne viene un peto, se sale allora è una visione, o un’ispirazione santa” (id.. Ma è un citazione, dice Kant, da Samuel Butler, “Hudibras”).

“La donna vuole dominare, l’uomo vuol essere dominato. Da qui la galanteria della cavalleria antica” (I.Kant, “Antropologia dal punto di vista pragmatico”, 306).

“L’uomo non cerca di suscitare nel matrimonio che l’inclinazione della sua donna, mentre la donna cerca quella di tutti gli uomini” (Id., 307).

“Col matrimonio la donna diventa libera, l’uomo perde la sua libertà” (Antropologia, 310)..


“Gli italiani conversano, come dice Rousseau, in saloni d’apparato, e dormono in tane da topi” (I.Kant, id., 317 – Rousseau lo dice nel “Contratto sociale”, III, 8, ma degli spagnoli).

Letture - 172

letterautore

Citazione - “Questa convulsione fisica, alla portata di tutti, è prodotta dalla vista inattesa della nostra superiorità sugli altri”, Hobbes, “La natura umana”, 1650, cap. IX. Di che rivedere tutto Hobbes – tutta la sua saggezza.
Ma la citazione in realtà non è di Hobbes, è della citazione di Hobbes che Stendhal ha letto e ricopiato in Cailhave de l’Estandoux, “Art del la Comédie”, 1777. Ora, pensare ai testi classici passati attraverso decine di copisti.

Femminuccia – A lungo si è usato, fino al promo dopoguerra, abbigliare da femminuccia i bambini. O perché la madre voleva una bambina, o perché il bambino era più carino coi boccoli inanellati e i ricami, e anche per ragioni pratiche, il danno dell’incontinenza limitando al pannolino. Ma per gli scrittori non senza conseguenze. Sartre ricorda ne “Le parole” il ritorno dal barbiere che l’aveva trasformato “da bambina in giovanottino”: “Ci furono grida ma non abbracci, e mia madre si chiuse in camera per piangere”. Gide se ne ricorda spesso con fastidio, anche lui tutto boccoli e velluti. Foto graziose di Oscar Wilde e Hemingway vestiti e pettinati da bambine ne adornano gli album d’autore. Raymond Roussel la madre lo vestiva da servetta col piumino. Ma testimonianze di prima del Novecento non se ne trovano, di afflizioni o piaceri – anche se la pratica è antica.

Hobbes - Le vera citazione di Hobbes sul riso è impossibile perché non ne dà una definizione ma fa una panoramica delle sue varie forme e motivazioni – la “nostra superiorità” è una delle tante. Ma pensare a Hobbes come a filosofo faceto, come Cailhave induce, non è un’assurdità, e anzi è filologicamente forse più corretto dell’immagine severa dall’uomo. L’arcigno teorico dell’“homo homini lupus” o della “guerra dei mondi”, fu traduttore a 87 anni di Omero, sia dell’“Iliade” che dell’“Odissea”, benché avesse problemi di cataratta. Dopo un assaggio di quattro libri dell’“Odissea” a 85 anni in rime arcaizzanti. E un anno prima di una “Autobiografia” in versi latini. Nonché autore a 91 anni, uno prima della morte nel 1679, di un “Decameron Physiologicum”. Uno che aveva molto viaggiato in Europa. E prima del “Leviatano”, cioè della guerra civile, sanguinosissima, si diletta di psicologia e facezie: “De humana natura”, “De Corpore”, “De Homine”.
 
Joyce – O del’inutilità del tradurre? La traduzione si riscopre opera servile, al capriccio dell’autore, e tanto più in quanto l’autore è artificioso, balzano, irregolare. Ottavio Fatica, l’ultimo suo traduttore, ne dice molto male – anche se, evidentemente, anche lui s’è divertito, si vede dall’inventiva che vi ha profuso. Tradurre Joyce dev’essere come svuotarsi. Non nel senso zen: è subire un furto e un tracollo..

Micciché – “Micciché” – Palmieri di Micciché – scomparso per la natia Sicilia, è a Parigi compagno di serate e bevute di Stendhal. Che così lo ricorda nel tentativo di saggio “Sul riso. Saggio filosofico su un argomento difficile”, compreso in “Racine e Shakespeare”, compagno di un  fou rire ”a cena  da madame Pasta,  una sera che la tavola si trovò (apparecchiata) nell’anticamera”. Dove i due evidentemente erano stati accomodati. Micciché e Stendhal furono causa del fou rire degli altri commensali, per un quarto d’ora buono, per una storiella di cui loro soli erano rimasti all’oscuro mentre gli altri se l’erano raccontata “sette o otto volte almeno”.

Montanelli – Fu colonialista, non pentito – non volle accettare mai la realtà della guerra d’Abissinia, con l’uso dei. Mentre si proclamò antifascista praticamente da sempre, contro ogni evidenza, del colonialismo non si pentì. Da volontario nella guerra all’Etiopia scrisse tre libri: “XX Battaglione Eritero”, 1936, “Guerra e pace in Africa Orientale”, 1937, e il racconto “Ambesà”, 1938. Assunto infine nel 1938, dopo vari tentativi andati a vuoto, al “Corriere della sera” su pressione di Bottai, venne subito mandato in prova in Albania, a sostegno della politica annessionista di Ciano, dal novembre 1938 al marzo 1939, e mandò molti articoli di colore per la terza pagina. Scrisse anche, su indicazione dell’ambasciatore di Ciano, Francesco Jacomoni, un libro sull’Albania, “Albania una e mille”, a uso interno del Minculpop, nel 1939 pubblicato anche dall’editore Paravia.

Silone – Traditore? Tradì i compagni? Magari solo quanto bastava per alleviare il carcere, al fratello Romolo, ottenerne forse la liberazione. Gli storici che lo denunciano benevolmente glielo concedono. Un povero cristiano dunque, per primo lui. O i compagni, storici compresi, vogliono la sua memoria infangata?Vengono dall’Ovra i documenti che accusano Silone, cioè dalla Polizia. Ogni guscio ne nasconde un altro. Silone l’aveva scritto a proposito di Pietro Tresso, uno dei comunisti uccisi dai comunisti: “Subire per molti anni l’angoscia della diffamazione senza capitolare è la forma più difficile di coraggio”. Non è un paradosso, è un fatto.

Silone disse anche: “Non si deve identificare la causa dei valori morali con quelli dello Stato”.  Se non che i valori sono scivolosi, quelli morali anche tortuosi. Romolo Tranqulli, arrestato il 13 aprile 1928 senza colpe per la strage alla Fiera di Milano, solo per essere il fratello di Secondino-Ignazio, il fratello minore, un figlio, in una famiglia decimata dal terremoto, morì nella prigione di Procida, a fine 1932, per il trattamento subito. Silone dunque non solo tradì i compagni e il partito, del quale era stato fondatore ed era uno dei leader, ma si vendette per niente. Un caso letterario, un giallo, come ora vanno.
C’è naturalmente una prova. Una sola. Una lettera autografa. Per il resto, basta accettare che Silone sia il Silvestri della firma: Silvestri è un collaboratore accertato della Polizia fascista. Anche se forse ha più identità. E chi ha scritto l’autografo? Romanzo per romanzo…

Savinio – Accade d’incontrare il signor Dido, nemico del “profondismo”, dove meno uno se l’aspetta, in Romain Gary qua e là, e soprattutto nel romanzo “Europa”, una trenodia avveniristica malinconica della scomparsa dell’Europa. Anche se la radice, più o meno scoperta, è  comune, Sterne.

Traduzione - Fluente in francese (e in italiano) come in inglese, Douglas Hofstdadter, il fisico teorico professore di scienze cognitive, autore trentacinque anni fa dell’ormai classico “Goedel, Escher, Bach”, spiega a ripetizione, in “Le Ton beau de Marot”, proprio usando alcune composizioni dello stesso poeta, l’impossibilità della traduzione da una lingua alla’altra: della cornice mentale (mentalità), del contesto, dell’epoca. Usa in particolare uno scherzo scritto da Marot per la bambina Jeanne d’Albret, figlia di Margherita di Navarra, convalescente dopo una malattia, “A una signorina malata”. Ma tutte le traduzioni che cita, buona parte delle quali sue, sono migliori della poesiola originaria, meno melense – l’originale è una trenodia di versi trisillabi, una misura cui giusto Palazzeschi ha trovato applicazione leggibile, al di fuori cioè della filastrocca.

letterautore@antiit.eu

Il no-where si fa now-here, a Londra

L’anarchista si addormenta, reduce da una delle quotidiane discussioni accaldate tra compagni sul futuro dell’umanità, e vede le due sponde del Tamigi brillare ripulite, siamo nel 1890, sparite le fumose ciminiere, le carpenterie, le ferriere, con le seghe, i martelli e il loro rumore. Con un ponte “uscito da un libro di miniature, più bello del Ponte Vecchio”. Manca il ponte, che avrebbe dovuto essere “inaugurato nel 2003”, ma l’utopia del 1890 è una realtà. Con prefazione di Paolo Portoghesi: che gioca su no-where now-here:  come ciò che sembra impossibile, un’architettura della vita igienica, ecologica, si avvera.
Una delle visioni di Morris, socialista nell’animo. A Oxford avrebbe voluto intraprendere, con Burne-Jones, la carriera ecclesiastica, ma l’immaginazione prese il sopravvento.
William Morris, Notizie da nessun dove, Editori Riuniti, pp. 266 € 19

giovedì 15 maggio 2014

L’Italia era modello virtuoso di bilancio

L’Italia era “paragone della virtù di bilancio” a inizio 2011, a giudizio dell’Ocse. Che nel 2007-2010 ne rilevava un deficit di bilancio più basso rispetto agli altri paesi industriali. E migliorato nel quadriennio di 0,2 punti, dal-l’1,3 all’1,1 del pil, una volta “corretto dagli effetti del ciclo” (cioè dall’aumento dei tassi), rispetto agli Usa (- 4,9), all’Eurozona (- 1,9) e al Giappone (- 1,4).
“Il debito in realtà non condiziona le economie: il Paese che più s’è indebitato nella crisi è quello che ne esce meglio, gli Usa, seguiti dalla Gran Bretagna, entrambi con la politica generosa, benché accorta, di quantitative easing. Il governo italiano aveva scelto la prudenza per non suscitare sospetti nei mercati. Ma ogni virtù fu inutile di fronte all’agguato tedesco. Con le vendite della Deutsche Bank, il blocco delle istituzioni europee, Bce e Consiglio, le periodiche dichiarazioni ostili del presidente della Bundesbank e del ministro del Tesoro. Col sostegno di un’opinione ben oleata dalla stessa Germania, soprattutto i giornali, e poi con la crisi politica che portò al governo succube di Monti. La contabilità non conta, la verità ha sempre un padrone. La cosa è documentabile” (“Gentile Germania”, pp. 101-102).

Prodi protestò subito

Da “Gentile Germania”, ult. pagina:
“Vendere, come Deutsche Bank ha fatto nella primavera del 2011, tutti i titoli italiani di debito pubblico, innescando la speculazione che ha piombato l’Italia nella crisi finanziaria e poi nella recessione, con milioni di licenziamenti, non è stato percepito come un atto ostile. La cancelliera Merkel è probabile fosse realmente stupita, come i suoi consiglieri antitaliani, delle proteste italiane. Protestò pure Prodi, già capo pacato dell’esecutivo europeo: “La scelta di Deutsche Bank? Un suicidio. È la dimostrazione d’una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine d’ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa, sono assolutamente turbato”. La Germania non capì il turbamento".

La falsa Italia di Stendhal

Curioso falso-vero, molto stendhaliano, del conte Robert D’Illiers che lo pubblicò nel 1951 – ma più in questo adattamento italiano della Biblioteca del Vascello vent'anni fa, di Claudio M. Messina e M. Graziella Carbone: un libro-oggetto in miniatura, seppure con note almeno dieci volte il breve testo.  È un promemoria per un viaggio in Italia di Romain Colomb, cugino e poi curatore letterario di Stendhal, nel 1828. Un quaderno di 37 piccole pagine in bella copia (l’edizione del Vascello lo riproduce in facsimile) che qualcuno, forse lo stesso Colomb, ha vergato, come guida suggerita da Stendhal, minutamente, per il viaggio. Un’ottima guida, averla oggi aggiornata!
Ha il garbo, il quadernetto, fra distaccato e curioso, dell’apparentemente distratto Stendhal, e tutto sempre molto preciso, specie le notizie pratiche. Stendhal era molto preciso in fatto di godimento di opere d’arte, con orari minimi di visione per ogni capolavoro, il risvolto pratico della qualità estetica. L’apparato di note non è da meno. Che consente a D’Illiers, Messina e Carbone di opinare che sia di mano dello stesso Stendhal. Ma senza danno – Robert D’Illiers è esistito, anche se il nome sembra un calco proustiano.
Stendhal, Guida ad uso di chi viaggia in Italia

Ombre - 220

S’incontra su tutti i banchi di tutte le librerie “Sei come sei”, il romanzo gay di Melania G. Mazzucco consigliato in lettura al liceo romano Giulio Cesare e contestato da alcuni genitori. È opportuno che gli scandali avvengano, anche per i librai, per vendere qualche copia.

Ma i più scorrono le pagine incriminate, 126-127, leggibili peraltro online, su una svelta iniziazione del protagonista alla prostituzione, e ripongono il libro. Non ci sono scorciatoie.

I ribaltoni sono golpe, dice Berlusconi. Ma allora a opera di Bossi prima e poi di Fini, due colonne dello stesso Berlusconi.
È vero però che Bossi e Fini erano brutte bestie che Berlusconi ha domato. Ma a danno suo, oltre che dell’Italia.

Nella lite con Robledo, Bruti Liberati gli rimprovera di utilizzare carabinieri e finanzieri invece dei poliziotti della Mobile. Alla Mobile, scrive Ferrarella sul “Corriere della sera”, Robledo aveva affidato “una delicata e sfortunata inchiesta su poliziotti che rubavano droga”. Sfortunata perché si ruppero”quattro delle cinque auto sulle quali erano state piazzate microspie”. Quando si dice il caso.

Sappiamo tutto di Frigerio, abbiamo saputo tutto, in poche ore, della moglie di Matacena e della moglie di Scajola, ma non riusciamo a sapere niente, da ventidue anni, di Greganti. Che fa nella vita? O c’è la censura?

Uno apre la radio la mattina e sente di un complotto. “«Questo è il diciassettesimo complotto di Berlusconi dall’inizio dell’anno», ha detto Renzi ieri sera a «Ballarò». La Commissione di Bruxelles respinge le accuse. Nessuno dei partecipanti al vertice di Cannes sa nulla del presunto complotto”. Ma che complotto sarà? Di un certo Geithner, sembra di capire. La radio Rai beninteso.  

Del complotto la Rai parla solo dopo che ne ha parlato Napolitano.
Dobbiamo a Napolitano l’informazione libera e corretta, oppure no?

La  commissaria Ue Cecilia Malmström non si occupa dei morti nel mare di Sicilia, solo di rampognare l’Italia. Perché lei sarà svedese, o di quelle parti lì, dove tutti nascono imparati. Una che, se non fosse vera, sarebbe difficile da inventare – Olli Rehn al confronto sembra un filosofo.

“Io oggi guadagno quanto un magistrato”, si vanta col “Corriere della sera” la ragazza di Como, o Chiasso, che fa la professione in Svizzera. Non Berlusconi né Marchionne, al top della sua visione dei soldi c’è un giudice. “Anzi”, insiste, “forse a un magistrato potrei anche offrire qualcosa da bere”.

Raikkonen doppiato al GP di Spagna, un campione del mondo, e niente, i commentatori lo dicono sbadatamente, tra i tanti altri del terzultimo, o penultimo, giro. Viene doppiata, con Raikkonen, la Ferrari. Ma neanche questo fa più notizia. “La Ferrari raddoppia il distacco”, titola un giornale, senza ironia.

Vasta, lunga, intemerata esecrazione alla “Domenica Sportiva” della non sportività dei romanisti, che hanno fatto lo sciopero del tifo, inalberato cartelli pro tifoso sparatore, cantato cori razzisti. Dopodiché si passa al calcio: 11 minuti, quasi 12, che in tv sono un tempo infinito, per dire che il corpo a corpo di Chiellini con Pjanic è una gomitata e lo juventino andava espulso. È tutto, per una partita che è stata di bellissimo calcio. Poi dice che i tifosi sono bestie.

Otto maggio, san Vittore, si arresta a Milano la “cupola” degli affari sull’Expo. Magari è uno scherzo. O è un destino?

Crozza, nel panegirico di Genny ‘a carogna, dice che “siamo l’Italia dei pregiudicati”. È vero. Crozza allude a Berlusconi, e il compitino lo finisce qui. Ma pregiudicato è pure l’allenatore Conte, pure lui molto popolare. E, secondo i giudici di Palermo, il popolare presidente Napolitano. Mentre non è pregiudicato Genny ‘a carogna, Crozza si sbaglia.

Uno che ferma un treno, anche solo azionando l’allarme, rende pregiudizio a 500 persone, diciamo anche a 1.000, ed è colpevole di interruzione di pubblico servizio. Uno che blocca una partita per 60 mila persone, che l’hanno pagata anche cara, no. Non è condannato e neanche incriminato. Siamo in effetti pre-giudicati.

Il Daspo, godono ministri e questori ad annunciarlo, è misura che piace alla Polizia: è arbitrario, come già il confino. Un calcio nel sedere è sempre meglio che lavorare.

Ciro Esposito, ferito gravemente a Roma prima della partita Napoli-Fiorentina, il giudice ha messo agli arresti. Senza motivo di reato.

La madre di Esposito deve chiedere il permesso al giudice per vedere il figlio in rianimazione. Nella disgrazia sa essere elegante, attraente e intelligente, una che dice “vengo da Scampia”. Non sarà che il giudice gli ha arrestato il figlio per avere questi incontri ravvicinati? Meglio, certo, che aver a che fare con Jenny ‘a carogna.

mercoledì 14 maggio 2014

Un paese del Terzo mondo indebitato in valuta estera

Sullo stato dell’euro e dell’Europa, i timori di Soros sono così sintetizzati in “Gentile Germania”, nel capitolo sulla crisi:
L’esito l’ha scritto meglio di tutti George Soros, il 10 aprile 2013 sul Corriere della sera: “La crisi dell’euro ha trasformato l’Ue. Quella che doveva essere un’associazione democratica di Stati alla pari s’è trasformata in una prigione per debitori, con la Germania e altri creditori al comando per perseguire politiche che prolungano la crisi e perpetuano la subordinazione dei Paesi debitori”. Di peggio c’è solo una guerra d’aggressione.
“La Germania forse non ha la colpa dell’euro, dice il finanziere, ma ne ha tratto ogni profitto possibile. L’euro non è una moneta unica, benché disponga d’una Banca centrale. Liberi i paesi europei d’indebitarsi in euro, sul presupposto della garanzia Bce. Ma quando la Germania s’è smarcata “i mercati hanno reagito relegando i paesi dell’eurozona più indebitati allo status di paesi del Terzo mondo indebitati in valuta estera”. Dopodiché “sono stati trattati come se fossero gli unici responsabili delle loro sventure, e il difetto strutturale dell’euro non fu corretto”. La crisi può dissolvere l’Ue, “una tragedia di proporzioni storiche”. E allora? “Questo (la distruzione della Ue, n.d. r.) può essere evitato solo con la leadership della Germania””. 

L’Italia fallirà a dicembre

Su questo sito l’accorato e profetico monito di Soros si poteva leggere il 29 giugno 2012
dopo il 16 novembre 2011
e l’annuncio dell’agosto 2011

Soros il complotto l’aveva detto

Soros l’aveva già detto, il “complotto” speculativo sull’euro, a causa dell’errore di certi governi. Che la crisi greca era un falso scopo per colpire l’Italia. In una serie di articoli e dichiarazioni, tempestivamente. Qui delinea, in conversazione con un giornalista dello “Spiegel”, con la stessa chiaroveggenza che ha mostrato nella crisi dell’euro, la via d’uscita dagli errori, per la stabilizzazione dell’euro e un ritorno politico dell’Europa. A cui il finanziare, nato in Ungheria e costretto all’emigrazione dalla persecuzione razziale, resta legato.
George Soros-Gregor P. Schmitz, Salviamo l’Europa. Scommettere sull’euro per creare l’Europa, Hoepli, pp. 200 € 18

L’Ue ha aggravato il debito italiano

Ogni mese un nuovo record, a marzo il debito è dunque a 2.120 miliardi. E il solito sermone: l’Italia non fa le riforme. Mentre l’Italia le riforme le ha fatte, e il debito cresce da tre anni ormai solo per effetto delle “aspettative negative” – la crisi dello spread – che l’Europa ha imposto a carico dell’Italia. Che ha avuto anche l’effetto, per tutti gli aspetti deleterio, di bloccare l’economia.ia della Repubblica, per effetto delle “aspettative negative” imposte dall’Europa.
Il debito pubblico italiano era a fine 2010 a 1.850 miliardi. Da allora è aumentato di 60 miliardi per finanziare le banche fallite in Spagna e Irlanda, e in Grecia, Portogallo, Cipro. Cioè le banche tedesche, francesi e inglesi loro creditrici. E di ben 210 miliardi per il solo effetto del maggior costo del debito. La spesa pubblica infatti è diminuita, col blocco delle retribuzioni e del turnover, dei pagamenti ai fornitori, degli investimenti, e con la riduzione della spesa sanitaria e sociale. Ma il debito è aumentato del 12 per cento. Mentre il mercato del lavoro, l’altra riforma che l’Italia ritarderebbe, è di fatto il più precario della Ue, non da ora, dal 1992, e in tutti i settori, compresa la Pubblica Amministrazione (scuola, poste, Comuni, Regioni, e anche lo Stato). .
Si discute se ci fu complotto o meno contro l’Italia nel 2011, ma i numeri sono evidenti. L’Italia ha subito e subisce la recessione, la più grave della storia della Repubblica, e ha visto il suo debito aumentare per la crisi indotta dall’Unione Europea. Con le critiche costanti, quotidiane, di Berlino e Bruxelles, che hanno alimentato le “aspettative negative “ – anche in Italia.

I due Pd

Floris incalza il presidente del consiglio Renzi, che è pure segretario del suo partito, come se facesse giornalismo d’inchiesta, o d’assalto. In realtà vuole impedirgli di parlare, accumulando le domande, anche sei-sette di seguito. Per lasciare allo spettatore l’impressione che il presidente del consiglio non ha risposto. È solo un duello – una faida – tra due correnti dello stesso partito.
Attaccare il reprobo – bastava non essere in linea – con una serie di contestazioni senza lasciargli la possibilità di rispondere era un trucco in uso nelle cellule del Pci. E più tra gli adolescenti e i giovani, che andavano a quel partito come a una scuola di politica. In questo senso si può dire il Pci intramontabile.
Renzi, che pure è padrone dei talk-show, è sembrato a disagio a “Ballarò” da subito. Come uno che non si fidava pur giocando in casa. Floris è un ex Fgci, Renzi un ex scout: il compromesso Guareschi qui non aiuta.

Il mondo com'è (173)

astolfo

Egemonia – La carta da visita di Gramsci rischia di appiattirlo là dove, tra Londra e gli Usa, e in Francia, è diventato riferimento comune, giornalistico. A Parigi un dossier di venti pagine del “Magazine Littéraire” ne fa la diga contro il “populismo”, con insistenza, ripetutamente, contro il populismo “di destra e di sinistra”, senza mai avvedersi che l’egemonia culturale è ora della rivolta antiliberale. Non illiberale: è la rivolta delle vittime del “mercatone”, che sono i più.
C’è stata, c’è, la recessione del secolo, la peggiore crisi che si ricordi, anche peggio del 1929, ma  i curiali del rito egemonico non se ne rendono conto.

Esilio –È, seppure non volendo, l’incubatore di ogni nazionalismo: un senso di deprivazione. Edward W. Said, “The Mind of Winter”, dice il rapporto della stessa natura della dialettica hegeliana tra servo e padrone, degli “opposti che si formano e si costituiscono l’un l’altro”. Ma tutti i nazionalismi nascono come reazione a una forma – reale o solo sentita – di deprivazione: dal passato, dal territorio, dall’etnia, dalla lingua, oggi dalla mentalità.


Femminismo – C’è già tutto nei Vangeli, in effetti. Il problema residuo è fare Cristo donna – ma forse non interessa: è uno che si sacrifica.
 
Giornalista – Come investigatore non dà fiducia. È “viveur, superuomo, professionista incorruttibile, ma non detective”, secondo una breve indagine di “Inpgi Comunicazione”, il periodico della previdenza dei giornalisti. Anche se “incorruttibile” sembra esagerato. Su ottantadue giallisti che hanno utilizzato un detective per una produzione seriale, a partire dal Dupin di Poe, 1841, fino al Blomkvist di Stieg Larsson, 2007, solo due lo hanno fatto giornalista, Larsson e Leroux, quello del “Fantasma dell’opera”.  

Guerra mondiale – Se ne celebra il centenario con velature nostalgiche: fu la “guerra di troia” dell’Europa. Di tutti combattenti (di massa), di tutti morti, vinti e vincitori, di distruzioni ilimitate.
L’Italia l’ha combattuta per Trento e Trieste, con un sacrifico, in vite umane e in materiali, probabilmente non minore delle potenze che invece si combattevano per l’egemonia continentale, su tutta l’Europa. Si fanno le guerre per molti motivi. La stessa guerra può essere combattuta dai belligeranti per motivazioni diverse. Così la prima guerra mondiale. Che forse fu voluta dal kaiser per bucare l’“accerchiamento”, a suo modo i vedere, della Gran Bretagna con la flotta. Oppure – ma meno persuasivamente - al contrario: la guerra la Gran Bretagna combatté volentieri per prevenire  la potenza tedesca sui mari. Resta il fatto che fu la Germania ad occupare la Francia e non viceversa: aveva dei piani in tal senso e li ha messi in opera. Insomma, si discute – seppure non ci siano molti bianchi da riempire. Dell’Italia invece no: si sa che combatté la guerra per irredentismo, per riportare nei confini città e luoghi di lingua e storia italiane. Per questo spendendo tante vite quante probabilmente andarono perse nella gara per la potenza continentale tra Germania, Francia e Gran Bretagna.
Il fatto appare abnorme oggi che l’unità del paese non è più un gran bene, ma lo era anche prima.

Indocibility – Anglicismo, si dice, ma ineducabilità ne rende pieno il senso. L’amathia greca, l’impossibilità di imparare. È caratteriale naturalmente (individuale), ma anche etnica e storica: ci sono popolazioni più o meno refrattarie a imparare, e il fenomeno varia con le epoche.

Italiano – La mamma, la pastasciutta, la pennichella, l’espresso, il cappuccino, il catenaccio in campo (primo: non prenderle), il pane a tavola, la frutta a tavola, il contatto fisico (la fisicità), l’amore dei bambini, la libertà (il rispetto) dei bambini, la cura di sé, la casa, la famiglia, la moderazione del bere, il bere buono (il buon bicchiere), l’estetismo, l’università, la pedagogia, l’alimentazione, il modo di vita, la sociopsicologia fanno trendy l’Italia nel mondo. Anche la corruzione, è molto imitata. Non in Italia, però, non per i media italiani, che si danno il compito di demolire il paese. E anzi lamentano che non si pieghi, che si attaccia a questi “passatismi”. Tutti moderni nei media italiani: fanno vacanza ne resort, mangiano vegano, e nelle pause del jogging guardano il monto con l’occhiale virtuale.
L’unico bene italiano per i media è il sistema giudiziario, dai Carabinieri alla Cassazione. Che è anche l’unica cosa italiana che non trova estimatori.

LibertàNegli Usa, che ne sono la patria, è possibile acquistare liberamente un mitra a ogni angolo di strada. Ma fumare no, neppure una sola sigaretta.

Pugnalata alla schiena - Nelle celebrazioni della Grande Guerra ricorre – in omaggio alla rinnovata egemonia tedesca? – la vecchia teoria che la Germania non perse la guerra sul campo di battaglia ma sul “fronte” interno, politico, sindacale. La teoria, già ampiamente squalificata, dei reduci e dei mestatori che prepararono Hitler, della “pugnalata alla schiena”. Le protesta ci furono, ma in altre occasioni erano state represse senza conseguenze. Quelle del novembre 1918 andarono a effetto perché lo Stato Maggiore tedesco era già da mesi per l’armistizio, se non per la resa, non avendo più la capacità di vincere la guerra.
Gli Usa in Vietnam si sono arresi al fronte interno o ai Vietcong? La guerra del Vietnam fu contestata fin dal primo minuto sul fronte interno. Con diserzioni di massa – uno dei disertori fu il futuro presidente Clinton. E tuttavia la guerra durò dodici anni. Kissinger si risolse a ritirarsi nel 1973, avviando negoziati a Ginevra, perché, come lo Stato Maggiore tedesco, aveva concluso, lui con tutti i generaloni americani, che la guerra gli Usa non potevano vincerla.

Rete – È una rete, giusto il nome, una veronica invisibile stesa davanti alle frogi eccitate di pesci e pesciolini, benché in forma umana. Yahoo promette “la foto di Rihanna nuda che Instagram ha censurato”, e invece la mostra vestita. E forse voleva solo fare pubblicità a Instagram. Che è concorrente di Facebook. Dove tutte le foto sono ritoccate o false. La rete è, giusto il nome, una gigantesco trappolone, per quanto lasco, oceanico, dove prendere tutti i pesciolini. Ignari anche se non innocenti – basta leggere le sciocchezze di cui riempiono le “nuvolette” che il gestore apre per loro, per vendere loro qualcosa.
Perché alla rete viene dato credito? Perché è il veicolo più sopraffino di pubblicità, dichiarata e occulta. Ma perché le viene dato credito politico? Per la depressione, che porta all’isolamento, e quindi al frazionamento dell’informazione, all’atomizzazione sociale.
Obama ha la rete con sé, come ce l’aveva prima, ma adesso non funziona, e allora? O si pensa che Grillo prenda tanti voti per il suo blog, e non per quello che dice, accuse e promesse? In politica la rete è un diversivo, il mezzo resta sempre il messaggio – “il mezzo è il messaggio” di McLuhan é vero in realtà all’inverso, un “mezzo” senza un messaggio valido (utile, tempestivo, stimolatore, solleticatore… ) è inerte.
Occupa il privato, e lo oblitera, sotto la pretese di moltiplicarlo e affrancarlo. In realtà assottiglia l’individuo, lavorandolo  carezzevolmente, di cui elimina il riserbo, la sfera personale, e ogni altra difesa – la sensibilità, l’idealità, gli affetti perfino.

astolfo@antiit.eu

Le toghe agli stracci

Giudici contro giudici, sbirri contro sbirri, la lite alla Procura di Milano e al Csm prende il suo vero contorno di troiaio: siamo agli stracci in faccia. Non ci risparmiano nulla, i giudici come gli sbirri. Anche la mozione degli affetti – il vicequestore Giuliano, capo della Mobile a Milano, ci sbattono in faccia come figlio di Boris Giuliano.
Bruti Liberati dice che Robledo si opponeva agli arresti di Frigerio & co. Cioè non lo dice, ma il senso è questo. E fa uno scandalo di un poliziotto che trova il suo pedinato seguito anche da un carabiniere, una volta, un’altra da un finanziere - un classico, c’è in tutti i film americani. Uno scandalo di destra contro sinistra? Di opposte burocrazie? Di concorrenti nella stessa forza di polizia? E il tutto infine impone a un Csm che sembra il posto delle lavandaie. Che non obietta e non richiama all’ordine, ognuno dica la sua.
Bruti Liberati, furbo tra i furbi evidentemente se è a capo di una Procura, “la” Procura d’Italia, invece di testimoniare al Csm, scrive una lettera aperta lunga sette pagine. Spendendo Giuliano figlio, l’unico poliziotto integerrimo a Milano. Come fare un’intervistona nello stesso giorno a tutti i giornali. Senza contestazioni degli intervistatori. E nemmeno del Csm. Che, nonché un tribunale supremo, sembra non essere nemmeno un lavatoio, Piuttosto un posto dove mettersi in vetrina, per palati facili a “consumare” – un bordello?

L’Europa dei giudici

La giudice francese Solange Legras ha fatto arrestare la moglie di Matacena, dice, anche se “non è arrivata da Reggio Calabria neanche l’ordinanza di carcerazione”. Poi dice che l’Europa non esiste: la giudice aveva saputo tutto via internet.
La stessa giudice ci tiene a far sapere che, poverina, lei la moglie di Matacena non l’avrebbe arrestata. Ha per la sua carcerata solo parole di comprensione. In certi ambienti è sempre bene non fidarsi – con la giustizia italiana mutande di latta.
Ma, a parte la lingua, non sembra differenziarsene. “Ha detto di aver rifiutato il cibo perché disgustata dalla mancanza di pulizia” - il soggetto è la moglie di Matacena. E “le toilette, diceva, erano terribilmente sporche”. Sempre poverina lei, alla giudice Legras questo non interessa.
Questa donna è Procuratore generale a Aix-en-Provence, città pure di grande civiltà. È l’Europa della barbarie.

martedì 13 maggio 2014

Fu una guerra, altro che complotto

Alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere”, scrive Geithner. Ma questo è un fatto, non un complotto. Non qualcosa di oscuro, ma di certo. Come è un fatto che altri “funzionari” sono oggi all’opera per rimediare, con la tesi che al ministro Usa del Tesoro era stata proposta la caduta del governo Berlusconi per avere un’Italia meglio governata. Una stupidaggine: la crisi di governo peggiora e non migliora le aspettative per i mercati. E poi: una crisi di governo agita da potenze straniere?
Il debito pubblico è aumentato dai 1.850 miliardi di fine 2010 a 2.100 miliardi tre anni dopo, e questo per il solo effetto della crisi indotta dalla Ue a danno dell’Italia. Che ha avuto anche l’altro effetto, per tutti gli aspetti deleterio, di bloccare l’economia. La spesa pubblica infatti è diminuita, col blocco delle retribuzioni e del turnover, dei pagamenti ai fornitori, degli investimenti, e con la riduzione della spesa sanitaria e sociale. Ma il debito è aumentato del 12 per cento.
Il complotto c’è, oppure non c’è, e magari fu di Berlusconi, i mestatori si agitano perché coi complotti non si può sapere. Ma qui s’imbrogliano le carte per non ammettere l’evidenza – già raccontata peraltro con tutti i particolari - pubblici! - in “Gentile Germania”. E cioè: 1) l’attacco all’Italia era annunciato, Soros e altri ne scrissero in anticipo; 2) la Germania ne fu parte attiva. Questo lo stesso Geithner dice, indirettamente, parlando dei suoi rapporti con Draghi nell’estate del 2012: “Quel luglio, io e lui avemmo molte conversazioni. Gli dissi che non esisteva un piano capace di funzionare, che potesse ricevere il supporto della Bundesbank”.
Il “Financial Times” vuole Angela Merkel in lacrime al G 20 di Cannes il 3 novembre 2011 (“l’autunno” di Geithner), dopo aver giurato che lei non ci può fare nulla che la Bundesbank non voglia. Come se la Bundesbank non dipendesse da lei. Il suo presidente è nominato dal governo. Il presidente Weidmann è un giovanotto senza titoli e una sola credenziale, aver lavorato nella segretaria di Angela Merkel.
Recensendo Geithner, nello stesso giorno che la serie FT “Come l’euro fu salvato” dedicava a Cannes e alle lacrime, il giornale della City evita di menzionarne il pezzo forte, il complotto dei funzionari” - per un americano i commissari e presidenti di Bruxelles, nessuno eletto e tutti nominati, sono di diritto e di fatto funzionari. Nemmeno come curiosità. Del resto il “Financial Times” ha scelto da una dozzina d’anni di militare per un “asse” Berlino-Londra.
Di scorta il ruolo di Sarkozy, un cretino politico, e della sua ex ministra Lagarde, messa a capo del Fmi in sostituzione dell’intemperante Strauss Kahn. E in questo senso forse non ci fu complotto: forse non ci fu coordinamento politico. Ma era la vigilia della conferenza stampa di Stanlio e Olio, Sarkozy e Merkel, con risatine e lazzi sull’Italia. E, forse, Geithner non dice l’essenziale: che fu Lagarde a portagli il complotto.

Problemi di base - 182

spock

“Non ci sono valori non negoziabili”, assicura il papa: fa il mercante in fiera?

Si pubblica un libro per candidarsi alle elezioni, o ci si candida per promuovere il libro?

Tutti i parlamentari sono autori, i parlamentari sono analfabeti di ritorno, gli autori sono analfabeti?

Ci sono 20 mila prostitute nigeriane in Italia. Sono arrivate a piedi? Vivono all’aperto? Sono residenti?

Un centinaio di giudici costano due e tre volte il presidente della Repubblica: sono anche migliori?

Perché non c’è un tetto alle retribuzioni dei giudici: non sono pubblici dipendenti?

Renzi teme i giudici? È della stessa loggia?

E noi, con chi dobbiamo stare: Cafiero De Raho o Chiara Rizzo? Anche Rosa Criscuolo, non è meglio?

spock@antiit.eu

Coppa dei Campioni

Agnelli Alberto
Ha preso e decretato:
Fuori il vincente
Dentro il licenziato
Per fare la Champion
Basta un coglion

Il postumano è molto umano

Giovanni Leghissa, “Ospiti di un mondo di cose. Per un rapporto postumano con la materialità”, pone la prospettiva giusta: il mondo è diverso per ogni suo soggetto, come lo vedono gli altri, i non umani? È impossibile, ma sapere che ci sono altri sguardi è un passo avanti. Non “un antiumanismo”, anzi, una “rivisitazione” dell’umanismo - Roberto Marchesini. In questo contesto, però, la transumanistica ha altre ambizioni. Che Marina Maestrutti rappresenta favorevolmente, ma introducendo incertezza: l’ingegnerizzazione del sociale. Un dibattito nel contesto delle “democrazie liberali occidentali” - cioè del big business? Sulle “frontiere cognitive e giuridiche tra umano e animale,… le differenze di genere, e i rapporti tra naturale, artificiale e tecnologie”. Troppo poco, ma anche troppo – l’eugenetica ne è la parte principale. È come giocare una partita al subbuteo invece che sul campo, correndo, sudando e urtandosi.  A opera peraltro di “un nuovo clero”, giusto la premonizione di Ivan Illich su cui Davide Tarizzo si diffonde,  “un clero manageriale, pianificatore, dittatoriale”.
Konrad Lorenz, nume tutelare di questi studi, non si sarebbe sorpreso, benché sottilmente antioccidentale – antiumanista per essere antioccidentale. E questo è forse è tutto il senso della crisi: siamo scontenti e quindi nervosi. Molto umani.
La condizione postumana, “Aut-Aut”, n. 361\ 2014, pp. 208 € 19

Pianse il papa sul divorzio – tra Moro e Andreotti

Sul fallito referendum contro il divorzio, e le tante asimmetrie politiche che quarant’anni fa emersero nella consultazione, una pagina interessante è in Astolfo, “La morte è giovane”, romanzo in via di pubblicazione:
“…..A Roma il Messaggero fa campagna per il divorzio: i redattori, che non vogliono Brusconi, il nuovo padrone, hanno scioperato a oltranza, non hanno permesso al suo direttore di entrare al giornale, Luigi Barzini jr., il patrigno di Feltrinelli, e tornano al lavoro per il divorzio. Il Pci invece è contro, per l’onore delle donne. Per la tradizione. Bukharin, l’ultimo dei primi bolscevichi, era impegnato a estirpare il fox trot, “ballo d’impotenti”, l’anno che Stalin lo fece arrestare e fucilare – il ballo aveva conquistato l’Europa al tempo della battaglia della Somme, la prima battaglia di popolo, che vi morì in massa. Il Partito vuole le donne, alle quali il segretario Longo dava del voi, madri opime di famiglia. Crede cioè al “mammismo” di Corrado Alvaro, creatore ironico di pathos mediterraneo, autore già condannato, Togliatti lo fece dire fascista a cadenza biennale, da Giacomo Debenedetti (1953), Salinari (1955), Angioletti (1957), Trombatore (1959), reo di avere scritto “L’uomo è forte”, il romanzo dell’orrore del totalitarismo. Mentre Berlinguer e la moglie, pur venendo da eminenti famiglie laiche, lei va a messa la domenica e lui l’aspetta fuori, e entrambi sono devoti di santa Maria Goretti, un sinistra-destra nel campo della fede. Anche Pasolini è contro, naturalmente. Ma perderanno 6 a 4, la scommessa è vinta in partenza.
“Solo al compagno Wang la scommessa non è proposta, per stanchezza. Fanfani, che finirà col referendum, è il cavallo anti-Pci dei cinesi. Nei momenti di esaltazione Wang, che apre a Roma l’ufficio dell’agenzia Nuova Cina, vorrebbe farsi convalidare un asse Fanfani-Strauss, contro il Partito. Wang non può che essere un agente segreto: ha i soldi, e una moglie, dottore, ostaggio a Pechino. Ma non è del tutto in errore. Ci sono cristiani e cristiani: Strauss sarà il fascista bavarese che Der Spiegel vuole, giornale di Amburgo, però di un altro mondo. Un Land sonnolento ha convertito nel più ricco della Germania, la terra mescolando alla fabbrica. Ai laghi ha ridato trasparenza, e ai fiumi. La Baviera legando al Lombardo-Veneto ha costruito, su aree sfavorite dalla natura, tra ghiacci, nebbie e zanzare, la regione più ricca del mondo, tutta cattolica. Il problema di Wang è che, se Berlinguer perde il referendum, lo perde pure Fanfani. Né capisce la finezza di Berlinguer, che vuole perdere il referendum per ingraziarsi il Vaticano – se il divorzio fosse abolito, il Pci sarebbe abolito con esso. Ma il progetto italo-bavarese lo fa sognare: Berlinguer perde comunque col referendum, e Fanfani, comunque vittorioso, erige il muro con Strauss. Non ci sono comunisti in Italia ma servi di Mosca, così parla Wang, ubiquo – i giornalisti sovietici devono dire alla polizia dove vanno, se escono dall’ufficio, quelli cinesi sono liberi di muoversi:
“- «Un legame di ferro» – Wang ripete Togliatti annuendo. È questa indicazione bibliografica che fonda la sua stima. E non sa che la Dc cementa col voto il compromesso, quale passaporto al potere eterno. Che dopo questa prova non ci sarà più la Repubblica, con tutta la Resistenza. Ma, con la Costituzione e tutto, l’anomala mezzadria Dc-Pci nel loro reciproco opporsi-tenersi, la Repubblica di Guareschi. Che i partiti di massa, i rappresentanti del settanta per cento degli italiani, non abbiano capito l’Italia, il movimento, l’etica, le donne, la libertà, in fondo dà ragione a Wang, sono figli degenerati di preti dissoluti e del Batrace alcolizzato.
“La chiesa, che le cose le sa, con la confessione e la sacrestia avendo migliore nozione dell’animo femminile, ce l’ha col senatore Fanfani, per esserne stata indotta a mali passi. Toccherà al povero Paolo VI, che più d’ogni altro papa ama la politica italiana, gli Andreotti, i Moro, cui ha sacrificato la gioventù, seppellirsi sotto il divorzio, cui seguirà l’aborto. A opera di Fanfani che non fu suo allievo, mentre i pupilli si fanno la guerra.
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“Furioso è invece Paolo VI per la grigia del divorzio. E Andreotti assolutamente vuole al governo con Moro, di essi si fida, vecchia Fuci e Azione Cattolica, benché facciano più solo la politica della non politica, dossier, Prefetti, sogghigni. Fa penare il papa pure Kerouac, buon credente, che ne ha lasciato un ritratto eseguito a mente, miglior pittore che scrittore. Dopo trent’anni di governo dei cattolici il popolo ha liberato la sua storia. A opera delle donne, devote sincere di tutti i santi. La chiesa sempre s’è mutilata, un tempo bruciava i suoi fautori ardenti, Girolamo da Praga, Girolamo Savonarola……
“Ha l’aspetto del resuscitato, il papa, di uno fuori dal mondo. E vuole mettere il coperchio, ma a che cosa? Non fu la religiosità di Simmaco, né la romana virtù di sant’Ambrogio, fu la bora, levatasi di colpo  nella valle del Frigido presso Gorizia, a segnare nel 394 la sconfitta del paganesimo, del Summus Deus di tutti, in favore del cristianesimo. Nugoli di polvere accecarono i legionari, impegnati controvento, schiacciandoli quasi sugli scudi, e l’imperatore Eugenio, buon retore, il valente ge-nerale franco Arbogaste e lo storico Flaviano, specialista in divinazioni, furono sconfitti dall’imperatore Teodosio, che, seppure a malincuore, si piegò poi all’intollerante vescovo di Milano. Senza la bora sarebbe stata un’altra storia, tutti gli oracoli e gli dei consultati avevano previsto la vittoria dell’humanitas pagana sulla superstitio cristiana tanti anni dopo gli inizi del cristianesimo quanti sono i giorni dell’anno, quindi 365 più 29, l’anno in cui Gesù fu crocifisso. A meno che la vittoria al Frigido non fosse la fine del cristianesimo, se Dio dei cristiani è diventato il dio della bora capricciosa. Il Frigido, affluente dell’Isonzo, è l’odierno Vipacco…..
 “Il referendum è finito 6 a 4, come doveva. In Abruzzo, Calabria e Sicilia, dove i no all’abolizione del divorzio sono stati la metà, sono tutti di donne. La scommessa era facile, perché, se la storia non c’è, c’è la letteratura delle vedove, anche in quelle regioni. E dunque tanto sottomessa la donna non vi dev’essere, quando può badare a sé – come l’uomo. A Benevento il no ha avuto il voto più basso, appena un terzo, ma lì sono tedeschi, si vede all’aspetto, sono rubizzi contadini sassoni, le donne minute e pallide fanno mogli obbedienti. Ma è dura aver ragione. Berlinguer, che fa la politica delle masse, ha perso contro Pannella, che è un gigione solitario. E la sconfitta dice, per ripicca, della rivoluzione”.