sabato 19 aprile 2025
No a Unicredit, Bpm ai francesi – il golden power della Lega
E dunque, come si era detto. Nulla osta con plauso all’acquisto di Mediobanca-Generali da parte di Mps, cioè di Giorgetti e la Lega. Sì ultracondizionato a Unicredit su Bpm. Il fantomatico comitato ministeriale del golden power (ma sono tutti mezze calzette della Lega) ha varato il progetto che si sapeva, del semifallito Mps che si prende per niente (per azioni Mps….) Mediobanca e Generali. Cioè mezza “Milano”, mezzo potere economico. E ha arricchito la corona rendendo Bpm indigesto a Unicredit. Allargando cioè la corona leghista allo stesso Bpm, seppure fuori (per ora) dal perimetro. All’improvviso la Lega ha tre grandi banche e Generali.
Salvini e Giorgetti fanno le scarpe a Meloni
La Lega è approdata all’“abbiamo una banca” in consiglio dei ministri. Nel
luogo più aperto e autorevole. Non fa più scandalo, evidentemente, che un
partito si faccia una banca. E che banca: col semifallito Mps si compra Mediobanca
e Generali, nientedimeno, un quarto o un terzo del risparmio italiano. Un affare
ridicolo, tanto è volgare. Ma è la realtà che qualifica il governo Meloni: arrembaggi
di pirati e quiescenze da incapienti - nel senso di ingenui o ignoranti. Forza
Italia dice che si è opposta. Ma il consiglio è durato pochi minuti: convocato
alle 18, un quarto d’ora “accademico”, quattro o cinque decreti da varare, e
poi, in “varie ed eventuali”, Unicredit-Bpm, alle 19 c’era la notizia.
La Lega può farsi le banche per un problema di equilibri politici? Dei tre
partiti di governo la Lega è quella perdente, alle ultime elezioni (europee e
regionali), nei sondaggi, nel gradimento. Perdente anche nelle scelte politiche:
contro l’Europa (da sola….), la Francia, la Germania, eccetera, contro l’Ucraina,
per la Russia. Imbarazzante in America: Salvini non sapeva nemmeno che il suo referente
Bannon, già suo stipendiato (Europee 2019), è ostracizzato dalla destra al governo - il
vice-presidente Vance, nonché non invitare Salvini a Washington, come Bannon
gli aveva fatto credere, ha evitato anche solo di stringergli la mano a Roma
(Salvini è pur sempre un vice-presidente del consiglio, come Vance). Ma con le
banche alla Lega la storia sarà diversa.
Viene in mente Craxi. Anche Craxi s’intendeva di affari internazionali,
e sapeva muoversi - anche se non parlava inglese, il passepartout di Meloni. Ma finì male e malissimo. Oggi non c’è più il Pci, e neppure il
vendicativo Andreotti, col nefasto Borrelli, che s’inventarono le “Mani Pulite”.
Ma una fine politica s’intravede netta: Meloni, con tre volte i voti di
Salvini, non governerà una sola regione del Triveneto, né la Lombardia, né
Milano – le banche sono solo un appetizer. Dopodiché potrà andarsene
tranquillamente esule da palazzo Chigi: le banche hanno molto potere, possono anche spostare voti.
L’antifascismo e le eccellenze togate
In mancanza di altri argomenti, nella pretesa sinistra si torna a
rinvigorire l’antifascismo. Specialmente contro il governo. Specialmente per la
questione continua dei giudici, a difesa, senza se e senza ma. Senza mai porsi
il problema di un ordine istituzionale – quello giudiziario – che non si è defascittizzato.
La politica ha fatto da tempo ammenda, compresi i neofascisti propriamente
detti. La giustizia no. E non solo per gli ermellini, le inaugurazioni sanzionatorie,
e le eccellenze.
E non solo per il vecchio privilegio di poter passare stagionalmente, umoralmente,
dal ruolo di pubblico accusatore, legibus solutus, a quello di giudice
nel senso proprio, che non necessariamente deve avere una coscienza. Magari
solo per una promozione, o per un aumento. Se con nocumento degli affari
giudiziari non importa.
Un ordine avulso dalle leggi - specie la Cassazione è molto “irrituale”.
Ma non è solo questione di forma. Non ha responsabilità per le condanne errate
in punto di diritto. Non materiali, di denaro, a fronte dei risarcimenti che lo
Stato deve ai condannati per errore, e non di qualifica (titoli, anzianità,
carriere). E pretende di governarsi da sé, non solo al Csm, l’organo
costituzionale di autogoverno, ma anche nella funzione amministrativa. In
qualità di dirigenti del ministero della Giustizia. E perfino, in questo
ministero, delle funzioni di ispezione, sulla Procure e sui Tribunali.
Una autoreferenzialità che si direbbe illegale, prima che anticostituzionale.
A opera dei garanti della giustizia.
Diabolico Diabolik
Rivisto, il primo della serie
quattro anni fa, ha tutta l’aria di restare un film di culto. Due ore e più ma
ne vale la pena. Con una regale Miriam Leone “Eva Kant” (quanto rimpicciolita
invece come “Miss Fallaci”), un Luca Marinelli “Diabolik” perfino espressivo,
anche se solo con gli occhi, e una coorte di “caratteristi” di gran nome, Mastandrea,
Serena Rossi, Scalera, Gerini, Daniela Piperno, Roberto Citran.
Manetti Bros, Diabolik,
Rai 2, Raiplay
venerdì 18 aprile 2025
Problemi di base storici - 854
spock
La memoria è
liberazione, o sottomissione?
È incostante?
Si può
azzerare – si può azzerare?
Il passato è
sofferenza?
“I popoli
felici non hanno bisogno di una filosofia della storia”, A. Koyré?
“Non ci sono più
popoli felici: la storia ci incalza da ogni parte”, id.?
spock@antiit.eu
L'Europa rapita a se stessa
“Come reagire all’eclissi
di un’Unione che, di fronte alla guerra in casa, ha preso a camminare rasente
ai muri e quasi vergognandosi di esistere?” Un disastro. “Serviva una storia
fiabesca, capace di toccare l’anima dei semplici”. E Rumiz vi si è avventurato.
Prima un’escursione pratica,
materiale, con un amico “in mare con la vecchia Moya, a vele spiegate
fra Asia e Occidente”, nel Mediterraneo, che dell’Europa è padre e madre. Poi
una lunga peripezia fantastica, una lunga notte, assonante - “sbadatamente
verso mezzanotte,\ un vespaio di versi ho scoperchiato” – un lungo canto “alla
dea madre del nostro continente”. Sulle immagini del cadavere nel sacco bianco sbarcato
a Santa Maria di Leuca una notte di gennaio, e delle donne siriane a luglio a Porto
Empedocle, che fanno ruota, modeste, e un canto intonano, “a bassa voce, un’incantevole
nenia d’Oriente”, che “il dolore” fa emergere “della patria perduta e insieme la
speranza di un mondo nuovo”.
Alla
ricerca-ricostituzione di questo mondo-mito vecchio quattro moderni Argonauti
partono, su un velo di leggenda, alla ricerca della Grande Madre Europa. Nel “mare
di mezzo”, da cui Giove-Toro la rapì. La ritroveranno, come già succedeva in
antico, in una giovane siriana, in fuga dalle guerre fratricide.
Il vecchio mito rigenerato in una favola contemporanea. Di un’Europa smarrita
che vaga come i profughi che disperati l’abbordano – la vecchia Europa bagascia
Rumiz vuole virginale.
Una celebrazione, per
quanto disperata, dell’Europa. Che però, forse, sarà letta in futuro non remoto
come un epicedio, quello dei “figli della guerra” che avevano potuto vivere tutta
la loro vita in pace. Mai successo prima, nella pure lunga storia dell’umanità.
Illudendosi che il mondo fosse cambiato. Salvo scoprire infine che la violenza
resta fra noi? Un grido di dolore.
Un grido lungo diecimila
versi. Di endecasilabi curati – marcianti, assonanti. La carica onirica spesso
sacrificando al grido, alle “tematiche” attuali, polemiche, giornalistiche. Da
cronista emerito di tutte le guerre, avendo vissuto la Bosnia (e la Serbia?)
prima dell’Ucraina – e come dimenticare Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Berlino,
la storia che non si fa?
Paolo Rumiz, Canto per
l’Europa, la Repubblica, pp. 326, il. € 8,90
giovedì 17 aprile 2025
Secondi pensieri - 558
zeulig
Censura – Tradizionale strumento del potere, è
diventata, ormai consolidata, da tempo, strumento ideale. A lungo del
politicamente corretto o cultura dei diritti, o cultura woke – fino a “Biancaneve”
senza i nani. E ora del movimento MAGA , trumpiano, tradizionalista,
gerarchico, nel nome della natura o naturalità.
Felicità – È l’eden. Il mondo fuori dalla storia – gli eventi, anche naturali, i
sensi, i sentimenti, e
quello stranissimo animale del cervello.
Idee – Muovono il mondo. Per evidenza storica, prima che per la nota osservazione
di Lord Keynes, miglior marxiano di Marx, “sono le idee più che gli
interessi a dominare il mondo”. Anche se disinteressate e perfino casuali – incidentali,
banali, balzane.
Ingannare – È delle donne, oltre che degli schiavi? Sembrerebbe l’assunto di Alexandre
Koyré, in una delle prime note al saggio “Sulla menzogna politica”: “Ingannare significa anche umiliare,
ciò spiega la menzogna spesso gratuita delle donne e degli schiavi”. Che non è una
traduzione imperfetta, è scritto così anche nell’originale. Ma in un senso non
può essere che: o mentire è “l’arma
preferita degli inferiori e dei deboli”, come Koyré dice più avanti, oppure è
l’abito mentale di chi è costretto a difendersi. In ogni caso sempre un assunto problematico.
Massa – È un qualificativo – un sostantivo
in posizione attributiva, aggettivale – più che un sostantivo. In termini
sociopolitici il concetto – la nozione, diversificazione – più semplice e più
equivocato, da Ortega y Gasset a Canetti. Per l’uso corrente, nel linguaggio politico,
già prima di Marx. Non è il numero che fa la “massa”. Non è la quantità ma la
qualità: la massa, l’effetto massa, il prodotto di massa. Nella sua epoca
storica d’oro, dei totalitarismi del primo Novecento, chiaramente identificava,
più che il numero, la credulità, la dipendenza mentale, l’incapacità di analisi
singola, comunque personale anche se poi “di massa”, delle parole ascoltate o
lette. Applicabile anche, e forse di più, alle élites sociali – di più
rispetto alla messe di numero, per le quali gi interessi materiali, univocamente
significanti, è da ritenere possano essere esaustivi o prevalenti.
Analoga la confusione nel secondo dopoguerra, per la letteratura di
massa. Per la diffusione della lettura attraverso i tascabili e best-seller. Un
fenomeno non nuovo, per la diffusione già nell’Ottocento della letteratura da feuilleton,
e in precedenza per il colportage, la letteratura frammentata, in fogli
singoli, e diffusa nelle fiere. Qui i due significati peggiorativi venivano sussunti
insieme, della grande diffusione e della scarsa qualità (del prodotto o della
ricezione). Ma, sociologicamente, sempre lasciando prevalere il fattore numero,
invece che la qualità.
Nelle forme di resistenza, mentale o politica più che armata, ai regimi totalitari
del Novecento il gran numero spesso – nel regime sovietico, p.es. – è stato soverchiante
rispetto al regime totalitario “di massa” – per tutti gli anni di Breznev, e poi
con il collasso del regime.
Mentire - “Ingannare
significa anche umiliare, ciò spiega la menzogna spesso gratuita delle donne e
degli schiavi” – A. Koyrè, “Sulla menzogna politica”. Cioè, di chi per
abitudine è, è stato, umiliato.
Può essere una
forma di riconoscimento, fra sodali. Anche in una iniziativa – progetto,
avventura, iniziativa, fino alla cospirazione – pubblica, alla luce del sole.
È anche una
forma di resistenza, accettata. Il coagulante di una fede, religiosa, politica,
esoterica. E un mezzo di proselitismo – della cooptazione come elezione: un
lasciapassare per entrare a far parte di una comunità scelta, eletta, perfetta.
È un’arma, un
mezzo di propaganda e di azione. E testimonianza di fede, fino al martirio – al
sacrificio di sé.
È tema letterario, da Ulisse al “paradosso del mentitore” (di
Epimenide che sostiene “tutti i cretesi sono bugiardi”, essendo egli un cretese),
e a Vargas Llosa, “Mentira de príncipe”, sul “Gattopardo” di Tomasi di
Lampedusa - anzi di una raccolta di saggi,
“La verdad de las mentiras”, la verità delle menzogne.
Parola – Dice ma anche nasconde, si sa. Serve a dire, comunicare, ma anche a eludere e celare. Non necessariamente in senso omissivo, anzi, anche in forma attiva. Se si è parte di una setta, di un gruppo segreto, se si è coinvolti in uno schieramento in guerra, o anche in uno stato sociale diviso, di fatto e di diritto, con padroni e servi. Se è necessario per salvare un innocente minacciato (Kant). Se si vuole minacciare invece che semplicemente comunicare – o anche solo decidere.
Sono più gli esiti negativi che si propongono all’uso della parola di quelli positivi. La parola è un dono? Se addomesticata.
Scienza – Un metodo e una deontologia innaturali – intellettuali. Per approfondire la conoscenza della natura e indirizzarne (modificarne) gli sviluppi.
La matematica non è naturale, il calcolo (Galileo). La sperimentazione pure (Galileo).
Niente scienza moderna senza una precedente “fitta rete di dottrine magiche e mistiche”, A. Koyré, “Studi galileiani”? Lo stesso Koyré che afferma l’assunto lo nega aprendo la accolta, dove sottolinea la sperimentazione: per Galileo non si trattava “di combattere teorie erronee o insufficienti”, ma di rivoluzionare i quadri dell’intelligenza stessa; di sconvolgere un atteggiamento intellettuale, assai naturale in definitiva, sostituendolo con un altro, che naturale non era”.
Scrittura
– Quella d’autore è anche filologia –
anche quella dei “franchi narratori”. È come Mondrian dice: “Nessun pittore
dipinge un albero perché ha visto un albero, ma perché ha visto come altri
pittori hanno dipinti gli alberi”.
Spiritismo. È dottrina e pratica delle epoche razionaliste - propriamente (dichiaratamente) tali: Rinascimento, Illuminismo, Positivismo.
In che misura ne è parte anche Freud, la psicoanalisi nel complesso? Di qualche utilità terapeutica, ma occasionale – autosuggestione?
Storia – “La dimensione tipica della storia non è l’universalità, ma la specificità: essa si occupa di situazioni particolari e le analizza adottando un punto di vista”, Ernesto Gali della Loggia, “Ma che storia racconti?”, “La Lettura” 6 aprile.
La memoria è liberazione o sottomissione – una forma di carcerazione? È un sussidio, un ausilio. Ma non si può azzerare.
Resiste, può resistere, alla menzogna. Solo il tradimento modifica il passato.
Tradimento – È contro di sé (autoaffligente), prima che aggressivo. Viene con piena coscienza, e con piena scienza degli eventi, gli atti, i ruoli, di altri ma in primo luogo dei propri.
Si pratica anche per libertinaggio, a fini cioè di piacere. Un tradimento vicendevole, il tradimento fra traditori. Dalla coppia che fa l’amore pensando ognuno ad altro partner, al doppiogiochista, il traditore che porta qualcuno a tradire, e poi lo tradisce.
zeulig@antiit.eu
La seduta sfuggente
Sette pazienti impazienti ottengono
finalmente l’agognato appuntamento dal luminare con il quale sono in trattamento.
Ma l’illustre psicopompo ha dato loro appuntamento a tutti alla stessa ora.
Quando non si fa vedere. Oguno con la sua sindrome finirà per fare, non
sapendolo, una terapia di gruppo. Senza coordinatore. Oppure sì, è uno di loro.
Come a dire che l’analisi
non serve a niente? No, niente messaggi, è una situazione da film comico. Con un cast di tutto rispetto: Buy, Lodovini, Mascino,
Francesconi, Bisio, Santamaria, Leo Gassmann. Ma non si ride.
Paolo Costella, Una
terapia di gruppo, Sky Cinema, Now
mercoledì 16 aprile 2025
Le banche alla Lega
Nel sommovimento bancario, l’Ops Unicredit su Bpm, avanzata il 24
novembre, e in partenza fra otto giorni, con documentazione approfondita delle
sinergie e la creazione di valore che la fusione consentirebbe, resta soggetta a
lento esame della speciale commissione al Tesoro del golden power, composta
da non si sa chi, ma per conto del ministro Giorgetti della Lega.
Procede più rapidamente, per il sì e per il no, l’Ops Unicredit su
Commerzbank, benché attardata dall’improvvisa crisi politica tedesca: su di
essa si sono presto pronunciati l’Antitrust tedesco, senza porre problemi di golden
power, la Bce, e perfino il governo nuovo in fase di costituzione a Berlino,
non in termini di rigetto a prescindere.
L’Ops Mps su Mediobanca-cum-Generali, lanciata il 24 gennaio, e da
chiudere a settembre, il nulla osta dell’ignoto (ma non tanto, sono tutti “professionisti”
della Lega) comitato ministeriale l’ha ottenuto all'istante. Una offerta di scambio senza nessun piano tecnico-economico che lo giustifichi, solo di
potere politico. È la Lega che si fa una banca. E che banca: col semifallito ex
Monte dei Paschi si prende Mediobanca e Generali. Come dire mezza Milano. Coi soldi
pubblici: quelli residui del salvataggio Mps, e quelli della necessaria
ricapitalizzazione di Mps per poter digerire Mediobanca- Generali.
Le banche, che saranno mai
Si procede sull’operazione Mps-Mediobanca-cum-Generali, che è solo
politica, senza nessuna logica economica senza che nessuno obietti. Senza che
nessuno nemmeno lo dica.
Che la cosa resti ignota alle opposizioni si capisce, per un po’ che si
sappia di Conte o Schlein, o Landini. Ma neanche Meloni, titta presa a trovare
un candidato suo alla Regione Lombardia, sembra capire.
Soprattutto, è assordante il silenzio dei media. Dopo tanto battagliare per
il “mercato”. Che pure hanno specialisti in grado di capire cosa si sta facendo.
Tutti leghisti? Tutti, di nuovo, statalisti?
Contro i dazi europei, non tariffari
Ci vuole
l’autorevolezza di Sabino Cassese, l’esperienza, e la capacità di leggere, a 90
anni, per dire di che si tratta fra Trump e l’Europa, a proposito “dell’azione
degli Stati Uniti, un po’ troppo rapidamente definita sovranista” – degli Stati
Uniti e non di Trump: “Essa è mossa anche dallo scopo di abbattere barriere
non tariffarie (di cui la Ue è maestra, Cassese ha già spiegato, n.d.r.) ed
evitare sanzioni di giudici che incidano sull’azione globale di imprese nate in
territorio americano. Trump alza le barriere tariffarie anche perché l’Unione Europea
abbassi le barriere non tariffarie”.
I “dazi”
europei sono le regolamentazioni. Per lo più bislacche, e sempre punitive –
anti-industriali. Lamentate peraltro, prima che da Trump, da
ogni singolo industriale italiano.
Con allegria - e mini-attori geniali - alla Liberazione
Musiche
allegre e un tenente tedesco finalmente umano – come ogni altro. Non sono le
sole sorprese della miniserie che ci condurrà alla celebrazioe degli ottant’anni
della Liberazione. Di un gruppetto di ragazzini che trafficano con i diversi
gruppi armati della Resistenza durante l’occupazione tedesca, sulle montagne
piemontesi. Una miniserie tratta dal romanzo omonimo di Andrea Bouchard, ma
tagliato e montato con insolita verve. Già la sola distinzione tra Verdi
e Rossi (e mancano i Bianchi) è una curiosità totale per uno sceneggiato che si
vuole celebrazione della Liberazione.
Due puntate – e probabilmente
la serie – sulle spalle della piccola Anna Losano, espressiva il giusto in ogni
situazione, la dizione distinta e piana, i tempi perfetti. Ma tutto il cast è
di prim’ordine, David Paryla soprattutto, il tenente buono. Il fratello minore
della protagonista, ingegnoso e chiacchierone, Luca Charles Brucini, l’amica del
cuore Carlotta Dosi, i nonni Carla Signoris e Bebo Storti.
La Rai moltiplica le produzioni per Millennials, per entrare nelle abitudini mentali delle ultime generazioni - adattando anche programmi vetusti, tipo “Dio ce la mandi buona”. Ma dalle 22 alle 24 – per lasciare più posto possibile allo sconcio “Affari tuoi”? Come a dire: per pensionati mezzo addormentati? E senza nemmeno un briciolo di promozione: tre milioni di spettatori sono niente per un programma di così alta qualità.
Susanna Nicchiarelli, Fuochi d’artificio, Rai 1, Raiplay
martedì 15 aprile 2025
Zelensky come i dazi, l’obiettivo è la Cina
Consegnare Zelensky alla storia (eletto il 21 aprile 2019, è già in
proroga da un anno), e ottenere dalla nuova presidenza un’accettazione degli
accordi di pace con Mosca – sia pure con riserva, con tutte le riserve
possibili. È questo l’obiettivo, secondo la Farnesina, di Trump, che manda
avanti da un lato la mediazione con Putin, senza gli ucraini, e dell’Ucraina fa
menzione solo per criticare il presidente Zelensky.
Nella prima presidenza Trump aveva aiutato l’Ucraina. Avviando le forniture
militari. Sconfitto da Biden, questa l’analisi molto semplice che se ne fa, ha legato
l’Ucraina tutta a Biden, l’arcinemico. Per i fatti di corruzione con la “famiglia
Biden” (il figlio Hunter), e per il coinvolgimento di Biden, e quindi degli Stati
Uniti, nella sfida alla Russia. In un ruolo del tutto passivo.
Procedere a un’elezione presidenziale è complicato. E in tempo di guerra
proibitivo – chi si candiderebbe a fare il Pétain, il Quisling? Da qui le pressioni
su Zelensky per un “bel gesto”, da statista, con le dimissioni - avendo già
capitalizzato ampiamente, in tutte le cancellerie del mondo, il ruolo di eroe e
di martire.
In tutte le cancellerie del mondo eccetto Pechino, si fa osservare. Ma
per questo tanto più necessaria apparirebbe a Washington una sostituzione rapida
di Zelensky, e comunque una pace – o un armistizio, o una tregua: imperativo è
slegare la Russia dalla Cina. Che resta l’unico bersaglio di questa presidenza –
dazi, cambio, attivi commerciale e dei pagamenti. Obiettivo un nuovo accordo del Plaza, 1985, quando il Nemico (commerciale, monetario) era il Giappone.
Cronache dell’altro mondo – abortive (33)
Nei primi due anni dopo che la Corte Suprema ha cancellato il diritto
costituzionale all’aborto il numero di aborti praticato annualmente negli Stati
Uniti è aumentato. Molti Stati hanno imposto restrizioni dopo la sentenza della
Corte Suprema: dodici hano adottato divieti quasi totali, e quattro hanno
imposto il limite delle sei settimane. E tuttavia si è registrato un aumento
degli aborti: da 930 mila nel 2020 a oltre un milione nel 2023.
La sola spiegazione che si dà è che gli attivisti pro-aborto hanno intensificato
l’attività negli Stati dove l’aborto è accessibile. In particolare, sono aumentati
gli aborti farmacologici. Autorizzabili ora via telesalute. A dicembre del 2021
la Federal Drug Administration ha eliminato l’obbligo di prescrivere il
mifeprestone di persona. Il numero degli studi medici che stabiliscono l’idoneità
della paziente online o al telefono, e mandano per email la prescrizione, è
proliferato.
(“The New Yorker”)
Il lolitismo al tempo delle serie tv
Un, sano? vecchio, film
sul lolitismo, senza mascherature: le ragazzette al liceo si litigano e si
accaparrano gli insegnanti. Salvo poi farli penare, per avere ciò che pensavano
di avere avuto – per di più sentimentali. Nei due tempi, della seduzione, e poi,
ritrovandosi in età matura, dell’ancora vana rincorsa.
Si direbbe un film sul
desiderio. Ma solo maschile? O fatto per esaltare – sfruttare – la popolarità
di due personaggi di grandi serie tv, Jenna Ortega e Martin Freeman.
Jade Halley Bartlett, Miller’s
Girl, Sky Cinema, Now
lunedì 14 aprile 2025
Letture - 575
letterautore
Cacciari – “Verrà ricordato
come l’abate Parini istitutore dele nuove dinastie milanesi”, Michele Masneri
sul “Foglio quotidiano” – avendo “laureato in filosofia Lorenzo Prada (figlio di
Miuccia, n,.d.), come del resto Barbara Berlusconi”.
Cani – Nel 1958,
quando ancora non usavano in Italia, i cani portati a passeggio per New York per
fare i bisogni sul marciapiedi indignavano Lucia Berlin – “poveri cani”. Tutto
bene, scriveva ai suoi amici di sempre, Edward e Helene Dorns, “eccetto che per
i cani da compagnia (toy dogs) – barboncini e chihuahua e grossi
weimaraner, terribile terribile. Fanno lo schifo per strada, mentre il loro proprietario,
non padrone, aspetta. Poveri cani, che umiliazione defecare per strada”.
Firenze – “Nei palazzi di
Firenze, di tutta la Toscana, percepiamo l’aspetto esteriore come l’espressione
esatta del loro senso interiore: alteri, fortificati, essi sono manifestazione
altera e sontuosa di un potere che può essere per così dire sentito in ogni
singola pietra, ciascuno di essi è rappresentazione di una personalità sicura
di sé e responsabile per se stessa” (G. Simmel, “Roma, Firenze, Venezia”, p. 63).
Gattopardo – L’ultimo, recente,
è stato Berlusconi? Il “gattopardismo” presume “grandi promesse politiche e
grandi speranze, da ingannare”, Gabriele Pedullà con Luca Mastrantonio su “7”,
“per chi ha sognato la ‘rivoluzione liberalista’ (non io), ed è stato così
ingenuo da credere che Berlusconi volesse davvero realizzarla, lui è stato
probabilmente l’ultimo leader degno di questo epiteto”.
Al famigerato “perché tutto
rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, l’attore Kim Rossi Stuart, che ha interpretato
il “Gattopardo” nella riedizione seriale Netflix, dichiara di preferire, come
meno cinica e anzi positiva, un’altra citazione famosa: “Noi fummo i
Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le
iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci
il sale della terra”.
Una dichiarazione anarchica, contro il “ceto dirigente”? o semplicemente
qualunquista?
Francesco Piccolo, che sul romanzo ha costruito uno spettacolo teatrale, “Il
Gattopardo. Una storia incredibile”, ora in tournée, ricorda un aspetto
trascurato della storia, a proposito di Giorgio Bassani, l’unico direttore
editoriale a credere dopo vari giri nel romanzo: “Bassani aveva conosciuto
Tomasi: pensava fosse un pazzo, perché lo aveva visto a un convegno a luglio dentro
a un cappotto, a un paltò per l’esattezza, perché aveva la giacca lisa e non
voleva farla vedere. Tanti anni dopo Bassani riceve un manoscritto che nessuno
voleva pubblicare: comincia a leggerlo, pensa sia bellissimo, solo che non sa
chi lo abbia scritto. Scopre solo dopo che l’autore è quel matto che ha
conosciuto anni prima e che non c’è più”.
Italia – “”Gi attori
comici da noi vanno presi molto sul serio, vincono i Nobel, fondano partiti di maggioranza
relativa”, Aldo Cazzullo, la posta del “Corriere della sera”.
Montaigne, che viaggiando non sprecava complimenti, ricorda con ammirazione,
del suo viaggio nel 1580: “Ho visto contadini col liuto in mano e persino le
pastorelle con l’Ariosto in bocca”. E:
“È curioso vedere come lasciano sul campo dieci e quindici e più giorni il gran
segato, senza paura del vicino”.
Napoli – Ricordando
Roberto De Simone e la “La gatta cenerentola”, Peppe Barra spiega: “È stata una
rivoluzione. Gli spettatori non avevano visto fino allora allegorie e culture
popolari rese in quel modo, ma negli anni Settanta non si erano nemmeno mai
ascoltate villanelle, strambotti, tammurriate”.
Miuccia Prada – Ha rasentato
anch’essa la filosofia, come poi il figlio Lorenzo (laureato con Cacciari). Lo
ricorda Masneri sul “Foglio” celebrando l’acquisizione Prada di Versace. Specialista
di Dottrine Politiche alla Statale, si può aggiungere, con un dottorato di ricerca,
supervisore Giorgio Galli, sul Pci. Di
cui era militante, animatrice della cellula “Carlo Marx” di Porta Romana, sotto
il palazzo di famiglia, rappresentante di zona dell’Unione Donne Italiane”: uno
dei suoi primi fashion show, quando cambiò settore d’interesse, lo ha tenuto
a Parigi nella sede del Pcf, il partito Comunista francese, un edificio anni
1970 di Oscar Niemeyer - lo stesso architetto, curiosamente, del palazzo Mondadori
a Segrate, che poi sarà di Berlusconi (due carriere in parallelo su tutto,
Prada e Berlusconi - eccetto la politica, di sinistra e di destra?).
Roma – Si protesta in
vati quartieri, San Saba, Prati-Delle Vittorie, Ponte Milvio , per “torri” telefoniche
di venti e più metri che s’innalzano su alcuni palazzi. Per salvaguardare il decoro
e la veduta, le “terrazze di Roma”.
Le antenne sono l’aspetto di Roma che più colpiva Antonio Calbi, futuro
direttore del teatro Argentina, l’ex Stabile di Roma, quando ci arrivava da
Milano per gestire il teatro Eliseo: “Prendevo il Pendolino e prima di entrare
a Termini vedevo i palazzi con una selva di antenne, come capelli sulla testa,
una per ogni appartamento, e mi chiedevo come mai l’idea milanese di condominio
non avesse attecchito”. Le famose “terrazze di Roma” son infrequentabili, e
irte di paraboliche – salvo nei (pochi)palazzi di famiglia.
Ma non è detto che “l’idea di condominio” non ha attecchito: sono condominii che fanno innalzare le “torri”
telefoniche, per farsi pagare la “servitù”.
Toscana – Evoca Puccini
nel 1922, dopo la gloria, scrivendo al direttore del “Corriere della sera” (tutti
i materiali, recensioni, presentazioni, interviste, lettere etc, concernenti il
rapporto del compositore col giornale sono ora raccolti dalla Fondazione
Corriere della sera in “Puccini e il Corriere della sera”) con nostalgia gli
anni dello sbarco a Milano da Lucca, col fratello Michele, ospiti fissi
dell’Osteria dell’Aida, per musicisti squattrinati gestita da un fiorentino
Gigi. Che dava da mangiare a sazietà a “poeti e musicisti senza editore,
cantanti in attesa di scrittura”, corredando il cibo da “fiaschi su fiaschi del
leggero e frizzante vino di Toscana”.
Il “vino di Toscana” non era il Chianti, sangiovese, ma un lambrusco non
zuccherino, secco.
Venezia – “I palazzi
veneziani sono un gioco elegante, essi mascherano i caratteri individuali dei
loro abitanti attraverso la loro uniformità, un velo le cui pieghe seguono
soltanto le leggi della bellezza lasciando intravedere la vita dietro di esse
nella misura in cui la nascondono”.
Venezia in maschera anche nella vita domestica? O si proiettano su Venezia
e i veneziani le loro famose maschere, dei balli, dei carnevali, dei melodrammi?
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