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sabato 18 febbraio 2017

Secondi pensieri - 296

zeulig

Capitalismo - La “nascita” dello “spirito” è altra cosa dal capitalismo. L’accumulo c’è sempre stato, da Crasso e anche da prima, dacché c’è storia. Molto sviluppato poi nella pratica e nella ideologia cristiana, della chiesa di Roma. Lo “spirito” capitalistico può invece ben essere quello d Max Weber: un’etica, esclusivista e non inclusiva, quale è invece del capitalismo come fenomeno, la sua arma vincente, della classe aperta, o classe-non-classe.

Complotto - “Che bella occupazione prepararsi un segreto”, dice Kierkegaard brillo, “che tentazione goderselo”. Il complotto si lega non al sospetto ma all’ermeneutica. La teoria del complotto deve trovare i significati delle espressioni letterali, o delle forme o eventi apparenti. L’ermeneutica è stata a lungo scienza di giurisperiti, oltre che dei teologi lettori della Bib-bia, e ora dei materialisti storici. È la lettura dei significati impliciti. Non necessariamente sospettosa, alla Freud: è esercizio d’intelligenza. La polizia invece è torpida. La polizia è neutra, la polizia non è lo Stato, noi siamo la polizia. Noi siamo lo Stato: la politica vuole cose, tra esse il nemico giusto.
Il segreto fa parte della storia. Della storia di tutti, la polizia arriva seconda in questa corsa, o terza. I questori dell’unità hanno dalla loro Simmel – e la religione. Il segreto, insomma la menzogna, eticamente cattiva, è sociologicamente utile. L’occultamento ricercato è per il  sociologo una delle massime conquista dell’umanità: “Tramite il segreto si ottiene un infinito ampliamento della vita”. La protezione del segreto non dura a lungo. Ma esso “offre, per così dire, l’opportunità di un secondo mondo accanto a quello rivelato, che ne viene influenzato nel modo più intenso”. Il segreto è utile a un gruppo che si forma: “Le società segrete costituiscono un’educazione altamente efficace del nesso morale tra essere umani”. E comunque, “non è il segreto a stare in connessione diretta col male, ma il male col segreto. L’immoralità si nasconde”.
Il segreto dichiarato è bello-e-buono. È il potere. Pericoloso è  il contropotere, segreto vero: il figlio che tradisce il padre, il quale tradisce la moglie, con un’amante che ha un marito, che la tradisce con un agente segreto, una catena

Crisi-critica - La critica non avvince se non da un punto fermo. Se non afferma una cosa: una forza, un partito, un gruppo, un’idea condivisa.
Il discorso sul declino della civiltà genera una reazione conservatrice, di rigetto: la decadenza vuole potersi compiangere, o resistere, sia pure all’ultimo sangue.

Decostruzione - decostruire la decostruzione sarebbe l’esito logico. Anche progettuale:  destabilizzare la destabilizzazione. Disorganizzare la disorganizzazione. Come operazione critica, certo, ricostitutiva. E faziosa: frantumare la frantumazione, dell’io, la società, il mondo.
Resta il problema: per quale legge e quale ordine?

Lieto fine – Non ci sono happy end. Ci sono inizi. E quando è la fine non c’è più nulla di lieto.

Moderno - Categoria moderna, che pretende di fermare la storia - e il moderno, nel senso di nuovo.
Il nuovo e l’ignoto sono la chiave del moderno, direbbe Baudelaire. Cioè di Eva, e di Odisseo, con Gilgamesh e ogni altro che abbia lasciato una traccia? Ma non c’è da ridere, se non del moderno.

Morte – Novalis ha le “Todes Entzuckungen”, i “rapimenti della morte”. Da una radice ent- di cui non c’è l’equivalente in traduzione, “essere” e insieme “contro”. Rapimento però si può intendere abbandono e anche il suo opposto, una violenza.

Dell’uomo l’unica certezza è la morte – chi è nato non può non morire. Che però in questo modo l’eternità realizza nel tempo.
La certezza della morte è fattore di eternità. Non per metempsicosi o eterno ritorno: una sola certezza basta a fondarla.

L’amore si lega alla morte perché si estingue nel momento in cui si realizza, si è innamorati fino a quando il desiderio è vivo, cioè insoddisfatto. Altra apologia, da questa “utilitaristica”,  non è possibile: la cancellazione di sé è un nonsenso.

Natura - Ritornano benedetti gli avvoltoi sulle montagne e nei parchi italiani, per la gioia dei bird-watcher, grazie ai carnai riforniti dai Comuni e i Parchi. Il ritorno della natura è sanguinoso.

Tutto si fa per i predatori, il male è impositivo. Il fascino è dei predatori, non delle loro vittime, spesso neppure compiante, neppure in quest’epoca di vittimismi. Anche nell’ecologia: il ritorno della natura è bestiale.

Pacifismo - Il castoro Leonardo eleva a simbolo di pace perché,quando i cacciatori lo inseguono per impadronirsi delle virtù medicinali dei suoi testicoli, se li stacca con un morso e li abbandona agli inseguitori.
La guerra si impone - ci è sempre imposta dagli altri.

Pentirsi - “Non pentirsi di nulla è la saggezza suprema”, Kierkegaard dopo Spinoza può sostenere con più verità. Pentirsi per deprecare, denunciare, cioè giudicare, la colpa comunque è sempre degli altri, di fatto è non pentirsi.
È operazione reazionaria, su cui si misurano l’Occidente, il papa, Freud, l’imperialismo trionfante. Pentimento è cancellarsi, giusto la metafora della prigione.

Scienza e filosofia – La lista è lunga dei filosofi che sono anche scienziati. Specie in Francia – Henri Bergson ne elenca numerosi in una conferenza alla Sorbona nel 1895: Descartes e Pascal anzitutto, e D’Alembert, Lamarck, Bonnet, Bichat, Laplace, Ampère, Sadi Carnot, Geffroy Saint-Hilare, Cuvier, Claude Bernard, Henri Poincaré. Dimenticando Lavoisier, Curie. Ma la specie non è rara anche in altri mondi. Galileo soprattutto e Newton, Keplero, anche Spinoza nel suo piccolo, Bacone e molti altri nel Seicento, Talete naturalmente e Mach, Popper.

Storia - Le storie nella storia aggiungono e non spiegano. Non fanno da contrappeso, a un’inferenza, a un parere, a un detto o regesto  Né operano algebricamente – un positivo, per esempio, dalla somma di due negativi. Aggiungono indeterminatezza a indeterminatezza.
Saranno inutili, ma quanto il procedimento narrativo classico, della storia con un impianto, un principio, un filo e una fine, è (non è) storia?

Tolleranza – È un forma d’intolleranza nella persuasione occulta (pubblicità) e nel permissivismo, come voleva Marcuse. Il politicamente corretto ne è una forma. E il pensiero unico. E i social, malgrado l’apparente totale egualitarismo. Ma di più nelle situazioni di fatto: le disuguaglianze crescono nella tolleranza, di rango e di censo. Essendo venute a mancare – cassate – le mediazioni politiche e culturali, associative, pedagogiche: chi sa sa, chi ha ha. Lepoca del tutto è possibile a tutti vive nellincertezza e nella paura. 

È un concetto di libertà oppure di realizzazione individuale? È un minimo denominatore comune: non risolve ma consente di costruire.

zeulig@antiit.eu 

Post coitum triste

Nemmeno Talese, colossale inventore di mondi spenti, riesce a rianimare la turpe vicenda. La vicenda è nota: un albergatore spia per anni spia i suoi clienti a letto, e poi incarica Talese di scriverne.
Anzi, poiché l’uomo ha raccontato a Talese un sacco di bugie, come dopo la pubblicazione si è venuto a sapere, la vicenda non è neanche un reality, un’“Isola dei famosi”.
Il voyeurismo è un forte tema. Il suo romanzo resta “L’Enfer” di Henri Barbusse - di un secolo fa, di cui Talese può aver letto poiché costituisce la pietra d’inciampo del best-seller “The Outsider”, del suo quasi coetaneo Colin Wilson. Barbusse risolve la questione in chiave metafisica: il suo protagonista è uno che vive una vita vicaria, emozioni e delusioni comprese, guardando quella degli altri, dal buco nel muro alla folla che gli sfila accanto sul marciapiedi. Uno senza nome. Talese aveva in alternativa la pornografia, ma non gli interessava, ed ha finito per scrivere la storia di un imbroglione, di nessun interesse. 
Gay Talese, Motel Voyeur, Rizzoli, pp. 204, ril. € 19

venerdì 17 febbraio 2017

Problemi di base - 314

spock

Perché dei femminicidi si esibisce la vittima e non il colpevole?

“Nessuno sceglierebbe di vivere con un assassino o in un mondo di assassini potenziali”  (H.Arendt, “Socrate”)?

Si può mentire per necessità (Kant)?

È permesso uccidere in casi particolari, per esempio in guerra?

Le necessità disinnesca la morale?

Se fossi io mi preoccuperei. Siccome non mi preoccupo, non sono io?

Il livello attuale di anidride carbonica sulla terra non si registrava da 400 milioni di anni.  Ma se l’uomo è nato mezzo milione di anni fa, forse solo 250 mila anni fa, come fa a calcolarlo?

Hanno influito sulle elezioni Usa più gli hacker di Putin o più gli spioni Usa?

spock@antiit.eu

Le spie al potere preoccupano gli Usa

I servizi segreti di uno Stato che spiano il presidente eletto dello stesso Stato sono un bene o sono un male? Parliamo di spionaggio, non di indagini giudiziarie, motivate. Che lo spiano continuativamente, anche al bagno, e poi ne diffondono parole e atti tra i media. Tra media di fiducia, giornalisti scelti. Durante la campagna elettorale a più riprese, e ora col presidente letto.
Sono un bene in Italia, e non solo per gli antipatizzanti, di Trump e degli Usa. Sono un pericolo negli Usa, per i trumpiani, pochi, e per gli antipatizzanti, tutti.
Sono due diverse concezioni del diritto. Molto bilanciata quella americana, modellata basicamente sul diritto romano, soprattutto per l’origine popolare del potere – il voto, la rappresentanza. Suprematista quella italiana – oggi giustizialista. Che peraltro non è una concezione del diritto ma una pratica, e una specie di pagliettismo, da Zagrebelsky o Cordero in giù – nemmeno tanto giustizialista, cioè, solo avvocatesca, da manzoniano azzeccagarbugli opportunista, irrispettoso di ogni forma e falso.
Sono il termometro di due diverse culture e assetti sociali. Gli Usa saranno pure in crisi, con Trump, ma hanno ancora forte il rispetto delle regole. Che invece non esiste – non si concepisce più - in un paese come l’Italia.
Le polizie arbitre dello Stato non ha senso in nessuna dottrina del diritto. Né in nessuna situazione di fatto che si conosca, democratica. Sono state pratiche ben italiane – il francese dice “fiorentine”, e sottintende ostili, traditrici – a Venezia, a Firenze, il Consiglio dei Dieci, gli Otto di Guardia e Balia. Senza nessun effetto positivo, nemmeno sulla sicurezza degli Stati, solo negativi: delazioni e disordini. Il segreto non è mai lecito. Non c’è spione innocente.

Miti e magie di Hitler

“Con la Nsdap (il partito nazista, n.d.r.) si crea un partito politico – e un partito politico straordinariamente novecentesco quanto a efficienza logistica, organizzazione interna, sistemi di propaganda, metodi di raccolta  e orientamento del consenso – che affonda gran parte delle sue radici in un circolo e in una cultura di tipo esoterico”, la Società Thule. “Un unicum nella storia dell’Europa moderna”, ma un fatto. Ed è un fatto che Hitler si è “formato”, anche all’antisemitismo, sui testi di noti occultisti, Guido von List, Lanz von Liebenfels, madame Blavatsky.
“Intervista sul Terzo Reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente” è il sottotiolo – Galli risponde a Luigi Sanvito. L’assunto dello storico delle dottrine politiche è quello noto, che Sanvito aiuta a precisarsi: rivedere le fonti storiche. Allargandole, in particolare all’esoterico, e al conflitto di genere, maschile-femminile. Non una storia “selvaggia”, o “alternativa”, o “controstoria”, ma un’attenzione al rimosso, a vaste zone della storia inesplorate. Dai miti classici alle stregonerie medievali e alla caccia alle streghe, fino all’avvento “inspiegato” del nazismo in Germania, da cui lo studioso è partito, dal suo ormai classico “Hitler e il nazismo magico”, 1989 – preceduto dallo studio di Nicholas Goodrick-Clarke, “Le radici occulte del nazismo”, sugli “ario sofisti di Austria e Germania, 1890-1935”.
L’assidua frequentazione, se non l’appartenenza, di Hitler a consorterie esoteriche è ora accertata. Il peso dell’esoterismo in altre congiunture storiche resta da accertare. La questione maschile-femminile si può dire che si apre. È l’approccio più innovativo di Galli. Che però lo lascia qui in nuce, confinato a un ultimo breve capitolo, e poi non lo ha ripreso. La storia di genere, maschile-femminile, lo studioso  propone partendo da un assunto semplice, una rimozione radicale: “Quella sorta di censura operata dalla Cristianità su un aspetto intrinseco e primario alla sua stessa nascita: l’assenza e la scomparsa della figura femminile, della sacerdotessa, dalla scena del sacro”.
Galli e partito trent’anni fa, “Hitler e il nazismo magico”, alla ricerca delle fonti anche misteriche del nazismo partendo dalla constatazione della “forza” culturale del terzo Reich, dopo che Mosse ne ha esplorato le “origini”. Della consistenza e della compattezza, della pervasività, che non si può ridurre alla polizia. Uno sviluppo necessario, dopo la conferma che un pensatore del calibro di Heidegger ne fu parte convinta, dopo le fascinazioni di Jünger e Carl Schmitt.
Qui lo studioso apre anche all’ucronia. Non tanto ai “se” della storia quanto al fatto che la storia non ha nulla di obbligato, e neppure di conseguente, malgrado la storiografia delle origini e dei caratteri, e quello che succede ed è successo va esplorato in tutti gli interstizi. Ipotizzando una “storiografia probabilistica” – in realtà un’evoluzione del “paradigma indiziario”. Di “possibili storie parallele”. In armonia con l’“universo multiverso” : una storia multifattoriale, in armonia cioè con la fisica quanto-probabilistica, così come lo sviluppo unilineare discendeva dalla fisica newtoniana causa-effetto.
Due approcci dunque sicuramente fertili, la storia di genere e quella probabilistica. Con annotazioni a margine non peregrine. La politicizzazione degli italiani - la partecipazione alla politica - aperta dal fascismo, che non  voleva che si parlasse di politica ma ne parlava in continuazione. La caccia alle streghe nel Cinque-Seicento come serrata maschilista contro la diversità: la pretesa femminile a controllare-decidere la procreazione, la libertà e la promiscuità sessuali, la medicina alternativa, del tipo oggi detto omeopatico. La scoperta dell’esoterismo nella politica e la storia con “Il mattino de maghi”, l’opera dimenticata di Louis Pauwels e Jacques Bergier. L’atto resistenziale che Jünger fece nel 1938, scrivendo e pubblicando “Sulle scogliere di marmo”, contro un aggressore “Forestaro” che è Hitler.
La proposta dell’ucronia, o delle sliding doors, Galli fa in polemica-concorso con Franco Cardini – e Trotckij. Sul terreno scivoloso dei “se” della storia. Ma per segni semplici. La Società Thule c’era a Monaco di Baviera, formata sugli scritti ariogermamici, antisemiti, esoterici di Guido von List e Lanz von Liebenfels, altri due austraici di origine. Era molto attiva, ne facevano parte Drexler, Rosenberg, Hans Frank, Hess e il generale Ludendorff e altri nomi importanti. È nel suo ambito che viene costitutiva la Nsdap, il partito nazista, di cui Hitler diventerà in poche settimane il capo. Una società di Stato, con un bilancio rilevante, era l’Ahnenerbe, la società per la ricostituzione della purezza ariana, dalla terra del Fuoco al Tibet. Himmler, che l’aveva costituita e l’animava, si diceva reincarnazione di Enrico I l’Uccellatore.
È un tema però scivoloso. Evola, “Hitler e le società segrete”, già lo notava nel 1971. Basandosi sul “Mattino dei maghi”, poneva la distinzione basilare tra miti – quelli di Hitler gli preesistevano, consolidati – e magie, o pratiche magiche, medianiche, esoteriche.
Giorgio Galli, La svastica e le streghe, Hobby & Work, pp. 191 € 16

giovedì 16 febbraio 2017

Recessione - 61

“In dieci anni, dal 2005 al 2015, la quota di famiglie in povertà assoluta è raddoppiata” – Tito Boeri, presidente dell’Inps.

Un lavoratore dipendente su dieci ha una retribuzione inferiore al minimo contrattale (Ocse). Del 20 per cento in media.

La disoccupazione tra i giovani, fino a 24 anni, torna a superare il 40 per cento: due su cinque non lavorano.

Nove milioni di “esclusi” (disoccupati, lavoratori in nero, e chi cercherebbe lavoro se ce ne fosse l’occasione) calcola la Fondazione Hume-Il Sole 24 Ore. La “terza società” – accanto a quella del posto fisso, e della micro e piccola imprenditoria: “Questo segmento sociale è composto da chi, pur facendo parte della popolazione attiva in quanto disponibile a lavorare, vive una condizione di radicale esclusione dal circuito del lavoro regolare”.
In prevalenza donne. Molti (45,8 per cento) al Sud,

Si celebra un incremento del pil dello 0,9 per cento, nel 2017 dopo il 2016,  come un robusto segnale di ripresa, “dall’inizio della crisi”. Ma si celebra per coprire il dato Ue, che la ripresa italiana dice la più debole tra i 28 paesi dell’Unione.

Lo splendore della fame

Una prosa scintillante. Su un tema indigesto, la fame, raccontata e forse vissuta in ogni immaginabile declinazione, per duecento fitte pagine. Non c’è sofferenza, o banalità, che Hamsun non sappia animare.
Knut Hamsun, Fame

mercoledì 15 febbraio 2017

Ombre - 354

L’Olimpiade no, che avrebbe portato a Roma miliardi, in infrastrutture. Lo stadio di Parnasi sì, con annessi grattacieli, tre. Per guardare meglio le partite?

Lo stadio di Parnasi-Unicredit comporterà esborsi miliardari per il Comune di Roma, a perdere, per la sola urbanizzazione: strade, trasporti, acqua, luce, scuole, sanità, rifiuti. La differenza tra l’Olimpiade e lo stadio è che Parnasi è liquido, mentre Malagò, il Coni, ha regole di bilancio.

Fervono i dibattiti nei partiti, tra i 5 Stelle, tra i Pd e tra i berlusconiani. Senza niente da dire. Ma una cosa si capisce: che 5 Stelle e Berlusconi menano le danze come in palestra, da pugili non suonati benché in età, ma scoppiettanti perché hanno un comodo punching-ball, il Pd, l’asse intenibile Dc-Pci.

Renzi ha stracciato Bersani. E ora straccerebbe Speranza, o Orlando, che infatti non si candidano. Gli (ex) comunisti sono rimasti in pochi, se li soverchiano gli (ex) democristiani. Ma sono sempre ultimativi – invece di applicarsi, lavorare (“non si sanno cosa vogliono”, come diceva Croce dei liberali radicali, “ma lo vogliono subito”).

Nessun dubbio che Di Maio governa Raggi. Nessun dubbio che Di Maio e Raggi si sono liberati di due assessori titolati, la giudice Raineri e l’economista Minenna, per conto di Marra, cioè di un corrotto. Ma questi governeranno l’Italia, appena si va a votare.

Marra voleva “parlare” coi giudici, indirizzato dagli avvocati. Avviare il patteggiamento. Scaricando i 5 stelle, non potendo scaricare Scarpellini e i suoi doni. Poi ha scartato, non “parla” più. Ha avuto assicurazioni Da chi?

È scomparso l’“innominato”. Quello che fabbricava i dossier per conto dei 5 Stelle. Pista ghiotta per dei giornalisti. Specie quelli italiani, tutti investigativi - tutti “Washington post”. E invece no. L’“innominato” è la fonte anche dei giornalisti investigativi. È una fonte non deviata, evidentemente.  

Va Crozza  a Sanremo, dieci milioni e mezzo di spettatori, la metà della audience, e dice che Renzi in tre anni non ha combinato nulla. Mentre probabilmente ha salvato l’Italia, per antipatico che sia. Satira?

Crozza in realtà non va a Sanremo, parla dagli studi a Milano. Ha il trac del palcoscenico. Un attore che teme il pubblico, un attore comico: satira?

Va in palcoscenico, Crozza, solo pochi minuti, per fare il senatore Razzi, che sa a memoria. Un personaggio di cui non sappiamo nulla. Se non che è, evidentemente, spiritoso.

Lamenti e tragedie per il consigliere di Trump Steve Bannon, un cattolico conservatore, di casa in Vaticano, che pare abbia letto perfino Evola. La cosa  è dubbia – che qualcuno legga Evola, in America poi. Ma non dovremmo complimentarci? Di un politico che legge. Filosofia per di più, e mito, filologia.

Il “Guardian” riscopre un anno dopo i fatti che il ministero degli Esteri italiano è stato hackerato. Cosa che il ministero ha saputo subito e a cui ha rimediato. Nessun dubbio che il “Guardian” rilancia una “notizia” dei servizi inglesi, per dirsi più belli degli italiani, e per rilanciare le sanzioni contro la Russia. Alle quali come è noto solo gli altri sono tenuti, non Londra – né Washington: le grandi compagnie inglesi a Mosca e i ricconi russi acquartierati a Londra. Ma non si dice: paura della regina?

Venerdì il “Corriere della sera” fa un inno all’amicizia con la Germania. Sabato registra un attacco “inaspettatamente duro” , “un calcio quasi a freddo negli stinchi dell’Italia”, del presidente della Bundesbank Weidmann contro l’Italia. Il quale in realtà non lascia passare settimana, se non giorno, per attaccare, a freddo, l’Italia.  

In macchina di notte tardi, un po’ alticcio, un po’ fumato, Nainggolan della Roma attacca la Juventus e Totti. Inni.

Un dirigente del Barcellona disse qualche tempo fa che Messi ha vinto con il Barcellona, con gli altri campioni del Barcellona – con l’Argentina in effetti non ha vinto nulla e non ha nemmeno convinto.  Licenziato. E ora che Messi non vince e non convince nemmeno con il Barcellona – perdere 4-0 in Champions riusciva solo alla Roma? 

Il leone libera dal padre

Jachin-Boaz e Boaz-Jachin, padre e figlio, vengono dalla Bibbia, spiega l’autore prima di cominciare: sono i nomi che Salomone diede alle due colonne di bronzo erette davanti al vestibolo del Tempio. Jachin è “il Signore rende stabile”, Boaz “da Lui viene la forza”. Ma è una falsa pista, la Bibbia non c’entra nulla, se non per essere allegramente sovvertita.
Hoban, americano, figlio di ebrei immigrati dall’Ucraina, londinese nella seconda metà della sua vita, è poco biblico: niente profetismi, le cose avvengono. Semplicemente, inaspettatamente, senza consecutio o logica. Con divertimento di Boaz-Jachin, il figlio, e del lettore. Si va dalla liberazione dai genitori: “Non parlatemi di ereditarietà. Darwin andò alle Galapagos per sfuggire alla scarrozzata  domenicale coi genitori. Mendel pisellava”. Alla liberazione dalla domenica: “Perdonaci le nostre domeniche come noi perdoniamo coloro che domenicano contro di noi. Prestatemi un lunedì, per l’amor di dio”. In un mondo già pieno di trans: “Transistor, transfratelli, transpadri, transmadri”. E altri generi ossessivi.
Con questo racconto Hoban, scrittore di libri per bambini, illustrati da lui stesso e dalla moglie Lillian Aberman, avviò una nuova attività di scrittura. Nel 1973, mentre avviava il divorzio da Lillian. Scriverà fantasy, fantascienza e avventura, non più i misfatti dei suoi quattro figli. Ma sempre con un occhio ai giovani – è soggettista di molti film. Questo è un fantasy per ragazzi, ma di gusto anche fuori della fantasia. Una “favola per adulti”, come lo vuole l’editore, sul tema irrisolto padre-figlio. Che la letteratura snobba, ma ancora c’è.
Nulla di trascendentale - filosofico, ma non troppo: il leone è il tempo. Alla fine il figlio capisce: “Quando Boaz-Jachim sentì il ruggito, capì che al mondo c’era soltanto un luogo. Quel luogo era il tempo”.
Russell Hoban, La ricerca del leone, Adelphi, pp. 218 € 13

martedì 14 febbraio 2017

Dc e Pci divisi nel Pd

I Medici a Firenze, le Alpi con le aquile, le ragazze in convento, un don Matteo sicuramente in arrivo, e ora Studio Uno. È arrivato Renzi a Roma e di colpo la programmazione Rai prima serata è diventata Bernabei. Un altro toscano – lui o i suoi figli pari sono: la ricetta è sempre quella, la nuova Rai è la vecchia Rai. In alternativa c’è sé solo “Pizzofalcone”, della Clemart di Gabriella Buontempo, più nota per essere stata la moglie del finiano-belusconiano Bocchino, ma “figlia”, dice su facebook, “di un’importante famiglia di socialisti napoletani”. “Schiavone”, proprietà di Magnolia, dell’oggi sindaco di Bergamo Gori, un renziano anche lui. E “Montalbano” di Carlo Degli Esposti, l’unico salvato dell’ancien régime - troppo bravo, impossibile da sloggiare.
Un successo, per la Rai. Ma la Rai è lo specchio del Pd, che invece ne soffre. Delle due anime del Pd. Del trappolone in cui Berlinguer ha cacciato l’Italia in mancanza di idee – comunisti e democristiani uniti nella lotta, come no: l’ammucchiata. Che dopo quaranta e quasi cinquant’anni ancora si camuffano e si negano. Cacciari a Bianca Berlinguer lo dice: “Ho speso dieci anni per dare vita a questa formazione. Ma dopo mezz’ora di vita era morta”. Ma senza dirlo – non dice perché mezz’ora dopo aveva capito che la cosa non funzionava: è ancora proibito dirlo, anche se uno fa il filosofo.
Si litiga nel Pd a tutto campo. E anche fuori del campo: non c’è il terzo tempo, non c’è centimetro praticabile senza una scazzottatura. Pur sapendosi, gli uni e gli altri, minacciati dallo tsunami, di Grillo o di qualsiasi altro che si trovi a passare, oggi basta dire che non si è del Pd. Con un’animosità insospettabile nei Dc: “Amici” dice Renzi, senza pudore. D’Alema invece non osa, non dice né “compagni” né altro, ancora sta lì a vergognarsi. E questa è tutta la partita.
Si capisce oggi – anche se si continua a non poterlo dire – che Berlusconi abbia vinto a stravinto contro questa falsa accoppiata. E che perfino un Grillo potrebbe stravincere - Grillo?

Appalti, abusi, fisco (99)

Sottovoce, con una lettera circolare simile alle mille altre inutili che affollano ogni invio di fattura, non evidenziata anzi annegata nel plico, Tim ha raddoppiato il canone telefonico del fisso. Semplicemente trasformando il canone in una “offerta”, Tutto Voce, che forfettizza le chiamate. Nel silenzio acquiescente, e anzi compiaciuto, dell’Agcom, l’Autorità per le Telecomunicazioni: il mercato è libero, l’utente può scegliere un altro operatore (che in molti luoghi non c’è), eccetera.

In alternativa Tim offre la vecchia soluzione, canone più chiamate, a 19 euro. Al mese. Con un aumento di poco meno del venti per cento del canone. E le chiamate tariffate a dieci centesimi al minuto, più Iva, un euro una breve conversazione. Il doppio di prima. Tutto lecito: è il mercato libero.

Il costo raddoppiato del telefono fisso è generalizzato, Infostrada e gli altri operatori si sono adeguati, inutile cercare un altro operatore. Ma non ne abbiamo avuto notizia: non è un aumento tariffario, è il mercato, è l’offerta.

Si paga anche, senza che ne sa stata data notizia, un canone sulla visibilità delle chiamate. Modesto, di 2 euro a bimestre. Ma è la regola del “pizzo”: fottere il prossimo.
Nessun servizio è fornito per questo “servizio”, la visibilità è data dall’apparecchi fisso che l’utente deve procurarsi a sue spese - se ne trovano anche a 24 euro, ma a tempo indefinito, non annualmente.

Cumuli di carta e tre firme, per ogni pratica, all’assicurazione, in banca, alla posta, ovunque. Per garantire la privacy. Cumuli di carta che nessuno legge, ma tutti devono archiviare. Per un bene che non esiste nemmeno, non in italiano, non c’è la parola. E negli Usa esiste solo per gli avvocati a percentuale, quelli che prosperano sfidando le assicurazioni, le banche, le poste e ogni altro dante causa. Il mondo lavora per gli avvocati a percentuale americani.
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Le domande necessitate dalla privacy per l’apertura di una carta di credito Cartasì sono del genere: dove lavora o ha lavorato, in quale provincia, da cosa tra i suoi redditi, usa la carte più per acquisti in negozi commerciali oppure online oppure per anticipo contante? Cosa c’entra con la privacy? Cartasì potrebbe risparmiarsi un apposito call center.

L’aumento di capitale Unicredit costa mezzo miliardo di consulenze.

La differenziata costa a Roma 250 milioni l’anno. E ne comporta in entrata solo 8. Un “sacrificio” ai riciclatori, nel nome dell’Ecologia.

Si porta testimone d’accusa a Mafia Capitale, dopo l’arresto, l’imprenditore Cristiano Guarnera che ha costruito a Roma l’incostruibile. Sempre sopravanzando le leggi, i regolamenti comunali, e le denunce, civili e penali. E ora che ha tutto sotto sequestro continua a costruire e a vendere. In combutta, almeno in un paio di cantieri, col Vicariato, che assiste e gestisce a Roma le proprietà dei religiosi. 

La resistenza è conservatrice

Nel 1991, andando verso i cento anni, Jünger rievoca linfanzia e la scuola, materna, elementare, media. Che tutte richiedevano l’attraversamento del parco comunale, ma con tre diversi itinerari, lungo i quali il piccolo Wolfram ogni mattina si perde, dietro alle pietre, le piante, gli uccelli acquatici del laghetto. Da qui il titolo. Un’occasione per ricordare le vecchie scuole, di maestri barbuti, dal colletto rigido. Il nonno, lui stesso maestro, col quale spesso si accompagna. Il medico che lo salva dalle apprensioni sbagliate di maestri e genitori. E le letture inesauribili di Karl May, il Salgari tedesco. Un’esperienza conclusa in una scuola privata, da ritardato.
“Vendetta tardiva” è il sottotitolo (solo siglato in originale, Sp.R., cioè Späte Rache, vendetta tardiva), ma il ricordo è amabile. Di aneddotica pacata, tanto quanto è asciutta. La vecchia domestica, che ha già vuoti di memoria – come il ragazzo Wolfram. Il “panorama” costruito sul terrazzo di casa, con rifiuti e altri oggetti di scarto. La collezione di sassi. I maestri, i “maestri ginnasiali” delle elementari, i professori alle medie. La lettura assidua, anche di notte. Con la predilezione per Karl May e l’avventura. Il padre e la madre, assenti – il padre è raffigurato come ufficiale dell’esercito, in missione all’estero, mentre era un farmacista. Le fantasticherie.
Un’evocazione non infedele. L’eremita di Wilflingen nell’Alta Svevia, la mitica Burgundia, dove ha eletto dimora in un castello degli Stauffenberg, si rivede fanciullo. Sui toni dell’elegia anche quando è critico. Anche su temi irti, come l’antisemitismo – e l’acuto germanesimo ebraico. Per lo speciale dono della narrazione che lo distingue – qui agevolato dalla traduzione scorrevole di Alessandra Iadicicco. È “dopo” che lo scrittore si manifesta, attento e acuto. Finito il liceo fugge, a diciott’anni, nella Legione Straniera. Rimpatriato in tempo per lì arruolamento volontario della Grande Guerra, vi maturerà d’un tratto la capacità di analisi e la voglia di raccontare. Dando ragione al medico neurologo, il dottor “Edelstein” – ebreo? – che lo hanno tenuto al riparo dalle incomprensioni familiari. E al nipote del dottore, Siegfried “Krome” Cohn, alla sua semplice lezione che “non vi è nulla, alla lunga, di cui non si finisca per riderci sopra”.

L’adolescente fu frustrato ma non domo, e anzi in qualche modo stimolato, dalle sue stesse  debolezze oltre che dalle rigidità della scuola. Il racconto è più che una nostalgia: sottotraccia corre il filo jüngeriano della resistenza. Dell’individualità che in qualche modo va riconosciuta se non protetta, contro le istituzioni o potere, tanto più se sordo e cieco. Che ha segnato Jünger nei racconti, i diari e le analisi della guerra. Di un ribellismo bene indirizzato, produttivo -  politicamente conservatore e non eversivo.
Ernst Jünger, Tre strade per la scuola, Guanda, pp. 74 € 10

lunedì 13 febbraio 2017

Letture - 292

letterautore

Autore - Si voleva spia Kierkegaard, in quanto scrittore: “Ingannato dalla vita per non essere stato che un osservatore, il poeta è diventato, nonché l’ingannatore, l’inganno stesso”. La “negazione pura”, aggiunge - o non della negazione l’interprete? l’autore, sia pure spia, è moltiplicatore delle realtà.
Spinoza sigillava le lettere col motto latino “Caute” sull’abbozzo di un fiore, un invito alla dissimulazione. Uno che gli ebrei dissero eretico a vent’anni, e in sospetto ai gentili in quanto ebreo - ma non segnato: dell’isolamento fece il presupposto della libertà. Spinoza ripeteva il “Larvatus prodeo” di Cartesio, che anche lui pubblicava in Olanda.

Citazione - Alfonso Reyes, citato da Borges, che lo riteneva un suo maestro, ha difeso le citazioni e anche i plagi e le allusioni, come “una strizzata d’occhio al lettore”.

Marc’Antonio Flaminio – Detto Marcus Antonius Flaminius, dato che poetava in latino, prima metà del Cinquecento, umanista e poeta, dimenticato, è autore per Poe di versi insuperati (“l’accordo di suono e senso non fu mai meglio esemplificato che in questi versi): “Est amans charae thalamum puellae\ Deserit flens, et tibi verba dicit\ Aspera amplexu tenerae cupito avulsus amicae”. (“Marginalia”, CXIII)

Flaubert - Proust di Flaubert: “L’Educazione sentimentale” è un lungo rapporto di tutta una vita, senza che i personaggi prendano per così dire parte all’azione”. L’autore, come i i personaggi, non si educò mai all’amore.

Leone – Sergio Leone di persona era grande, grosso, e ondeggiava come un bucintoro, carico di falpali e anelli. Parlava con forte accento romano, anche in inglese, e aveva un eloquio limitato, pratico. Ma era quello che sa dire l’ineffabile, narrare il noto, e neppure il suo, la Roma di Trastevere, ma le praterie Usa, città incluse, e i rinnegati d’ogni razza, messicani, ebrei, irlandesi, con la credibilità del romanzone russo, con calore, beandosi nel melodramma, l’inverosimile vero, a tinte forti, specialità italiana. Pure la musica avendo rivoltato: invece dell’hilly-billy l’urlo del coyote, i tempi dotti di Morricone.
È dura sottrarre qualcosa al Nord, il Messico del western è solo un fondale. Leone è però strutturalista prima dello strutturalismo, o post-strutturalista, genio dell’ipertesto, e di ogni teoria dei giochi, illetterato. Creatore senza saperlo di quest’altro postmoderno, di un’età che non ha nulla da dire se non ridire il già detto, specie se estraneo. L’arte che rifà l’arte, l’artista falsario o il falsario artista, lo scrittore della riscrittura, il trascrittore in musica, l’editore nell’editoria, con prologhi, prefazioni, risvolti, note, segnalibri, schede di vendita, e con ogni materiale di scarto, varianti, cancellazioni, rifacimenti. Ecco perché Leone è sempre pronto, in vestito di scena: a film su film, il genere è anche americano, del remake, rifare il già fatto.

Poeta – Kierkegaard lo vuole scapolo. Come la carne di tartaruga sa di ogni tipo di carne, dice, così il matrimonio - Kierkegaard si mangiava le tartarughe? Kierkegaard non si sposò per diventare poeta: “Si è mai sentito di uno che sia diventato poeta a fianco di sua moglie?”. E si consolava: “È comico che l’alto volo dell’amore finisca sempre, come le conserve di frutta, alla dispensa; ma è anche più comico che questa conclusione ne sia la suprema espressione”.

Prefazione – Le prefazioni non piacevano a Kierkegaard, come ora non piacciono a Sorrentino. Che ne fa una per  il suo ultimo libro, “Il peso di Dio”, per dirla “scoraggiante”, “più compiuta del libro stesso”, o “faticosa e complessa”, “sfoggio di osservazioni e di vertigini culturali”, “rischiosa” e magari estranea e fuorviante, col rischio di “essere noiosa”.
Più di Sorrentino, Kierkegaard si è avventurato in una bizzarra raccolta di prefazioni, un intero libro, a libri che non ha scritto. Giustificandosi col dire che la giovane moglie non voleva che scrivesse, che si sentiva tradita dai suoi progetti di libri peggio che da un’amante - Kierkegaard non aveva moglie.

Borges, “L’idioma degli argentini”, va più in là: “Il prologo vuole essere un passaggio dal silenzio alla voce, una mediazione fra i due, un crepuscolo; ma è altrettanto verbale, e altrettanto limitato dal verbale, di quello che introduce”. Cioè inutile - l’autore avendo appena finito di parlare, per tutto il libro che il prologo introduce.
Anche Borges, come Kierkegaard, ne è specialista, solo che le chiama prologhi. Ne ha scritto uno per ogni suo libro. E li ha anche riuniti insieme in un libro, “Prologhi”, con un prologo.

Proust – Questa si dimentica, di R. Barthes, che invece è freccetta al cuore, “Il brusio del linguaggio”, 30 , al cap. “Scrivere, verbo intransitivo”: “Caso esemplare (è) il narratore proustiano, che non esiste che scrivendo, malgrado il riferimento a uno pseudo-ricordo”.

Repertori – Le “liste” di cui Eco era goloso, i “repertori” e gli accumuli, di detti, frasi fatte, citazioni, critiche, Petrarca ne era maestro e scienziato. Della realtà come lettura. L’accumulo di sapere attraverso i libri e le letture. Per es. sulla morte. Lo studioso di Petrarca Francisco Rico, “Gabbiani”, p. 96: “Sono innumerevoli, e ci sarà chi dice la maggioranza, le pagine latine di Petrarca fabbricate secondo queste ricette”. E p. 97: “Non è che Petrarca non abbia posizioni proprie e altre idee interessanti. Affatto. È che la expositio, nella dizione e nei contenuti, è diventata un habitus mentis personale e intellettuale. Per l’uomo medievale sapere equivale a estrarre da un deposito chiuso, la Bibbia o Aristotele”. Medievale, dunque…. Ma senza l’ironia.

Riscrivere - Di Petrarca anche la mania di riscrivere. Id., p. 98: Petrarca si identificava esplicitamente con Fidia, il quale continuava a ritoccare le sue opere quando erano già scolpite “usque in miraculum” (“Res Memorandae, III, XVI).

Selfie – Uno che presto, a 28 anni, sente vivissimo il “desiderio di scrivere un’autobiografia”, Kafka, la vive come una condanna, l’autosservazone e l’autorappresentazione – “Il primo presupposto della scrittura non è l’essere desti, ma l’oblio di se stessi”, scrive a Max Brod il 5 luglio 1922.

Sonetto – “Uno stampo per budino”: Borges ne dà la paternità a Ricardo Güiraldes. Canzonando “la deplorevolissima abitudine di imporre la misura del sonetto a ogni emozione”. Nel caso che esamina, un sonetto dell’amato Quevedo, censura la fabbrica di metafore “pudiche e vili” per non dire la morte – sonetto con metafore, due bestie nere.

Turchia È un calco dell’Italia nel poema eroico di Byron, uno dei suoi primi, “La sposa di Abydos”. Un calco dell’Italia di Goethe nel “Wilhelm Meister. Gli anni di apprendistato”. Il poema Byron apre col remake: “Conosci tu il paese dove il cipresso e il mirto…”.

letterautore@antiit.eu 

Riecco il sacro, in Vaticano

“Il Vaticano sopravvive grazie alle iperboli. Noi daremo l’iperbole, ma rovesciata”. Col sottotitolo “Il Vangelo di Lenny Belardo”, Sorrentino pubblica i dialoghi del suo seriale tv “The Young Pope”. Del papa giovane e americano, il papa a sorpresa, che rovescia il cerimoniale e la retorica del papato: il papa è Dio. Il sacro che si manifesta in Vaticano non è una facezia, un tabù viene infranto – e non alla maniera di papa Francesco.
Sorrentino scrive i suoi film: è romanziere, finalista al premio Strega, e cineasta. Un susseguirsi pirotecnico di battute. Con tante frasi nate famose: “L’assenza è la presenza”, “La bravura è un affare da arroganti”, e perché prete? “la vita è così breve, ho optato per l’eternità”. etc. Ma anche una concezione – e un rispetto – sorprendente del sacerdozio. Nella speciale veste della curia, e non della cura d’anime. Di una condizione solitaria, cioè, del sacerdozio, che Sorrentino ha vissuto da vicino a scuola dai Salesiani. Di cui dà il senso nella prefazione: l’incapacità, dei preti e delle suore, di amarsi e di amare, se non Dio.
Senza le ridondanze pittoriche del film - e gli effetti da romanzo di appendice che la tv seriale probabilmente richiede - il testo è una concezione severa del sacerdozio, malgrado le sigarette e l’eloquio libero. E una celebrazione del sacro – una rivisitazione, una riscoperta. Non anacronistica, Sorrentino è scrittore convincente. Di un mito greco modernamente. Il sacro che investe cieco – nel prete americano e giovane. Il sacro che si sottrae, che vuole essere pregato. Il sacro che si manifesta e si festeggia con gli eletti. Lo sguardo di Sorrentino è quello di un osservatore laico che non rifiuta (dileggia, nega), ma osserva e mette sul tavolo. Curato: i dialoghi sono come le immagini, pieni, sostanziosi, elaborati e insieme acuminati, con la grazia frequente dell’epigramma.
Ma è anche una concezione meno sacerdotale del sacerdozio, che la chiesa mantiene ieratico e separato senza alcuna ragione. Del sacerdozio cattolico, che l’abito talare, il celibato e il linguaggio separano. Soprattutto il linguaggio, dalle forme alle formalità, le tonalità, il modo di porgere, atteggiarsi, guardare, che perfino nei giovani preti e più moderni, perfino nei talk-show a cui pure ambiscono, è sempre stranamente tartufesco. Un reintegro del sacerdozio nella vita comune. Uomini e donne che s’incontrano naturalmente. Potenti e non. Laici e religiosi. Preti e madri, o donne in carriera. Come è nella realtà nella vita di ognuno, compresi i preti.
Alla lettura è anche un manifesto involontario contro papa Francesco, di cui Lenny-Pio XIII è all’opposto, che al primo ingresso in Vaticano censura il gossip, l’invadenza, e subito poi impone il riserbo e il colloquio con Dio, la preghiera.  Lenny è un papa che si rifiuta di “fare il papa”: dare carezze e benedizioni – sono “esibizionismo”. E ha un Dio, quello che sorride: dai fedeli vuole che sorridano, e ne è felice, certo che un giorno sarà in grado di abbracciarli “a uno a uno”.
Il progetto del “papa giovane” viene da lontano, dice Sorrentino, come tutti i suoi progetti. Ma, evidentemente, è ora che l’urgenza prorompe, la realizzazione matura. Nel telefilm la censura si annacquava nella rapidità dei dialoghi, sulla carta è netta: “Quanto piccolo è diventato il nostro Stato e la nostra influenza quando abbiamo deciso di cedere, di soccombere, di ritirarci, di diventare accoglienti e rassicuranti?” Dopo cioè la “chiesa trionfante”, testimoniata da Giovanni Paolo II.
Un racconto, anche senza le sontuose imagini, avvincente.
Paolo Sorrentino, Il peso di Dio, Einaudi, pp. 133 € 13

domenica 12 febbraio 2017

Il mondo com'è (294)

astolfo

Assiri – Non è più tempo di cristiani nel Medio Oriente, l’islam che difendiamo li ha scacciati a uno a uno – non trascurando i genocidi - da un secolo abbondante. La cosa non è riuscita con gli armeni, che si sono protetti nella nascente Unione Sovietica. All’opposto, è riuscita integralmente con gli assiri. Questo un estratto di Astolfo, “La morte è giovane”, in via di pubblicazione, pp. 393-395..
“I caldei sarebbero gli assiri: gli antichi nestoriani che portarono Cristo dalla Siria all’India, e fino alla Cina, qualche famiglia di siriaci ancora vi resiste. E se si riprendono Ninive farebbero il primo stato petrolifero cristiano. Semita cattolico. Ninive è l’odierna Mossul, la prima città del petrolio. Se se la riprendono saranno una potenza, in attesa magari di costituire un Assiristan, quando il prossimo conflitto dislocherà Iraq, Iran e Turchia, prendendosi la rivincita sui curdi che li hanno massacrati.
“La storia è lunga, l’impero ebbe 116 re, più di quello romano, e viene per questo divisa in tre parti, paleoassira, medioassira e neoassira, ma finisce nel 612. Avanti Cristo. Resterà nella Bibbia, per avere conquistato il regno di Israele. Nonché poi - con l’eversore Nabuccodonosor II, re di Babilonia - Gerusalemme e il regno di Giuda. Avevano la passione delle biblioteche, con centinaia di migliaia di esemplari. La biblioteca di Assurbanipal a Ninive ebbe per l’antichità il valore mitico della biblioteca di Alessandria oggi. Ma erano dei duri. Nei palazzi di Khorsabad, Babilonia, Susa scolpivano scene di guerra, sfilate di prigionieri, corpi fatti a pezzi, città distrutte. Il mondo di Assur, riemerso a metà Ottocento, fu innanzitutto una civiltà militare. A Tell Asmar, non lontano da Bagdad, è immortalato un gigante tagliatore di teste. Erano uomini che non sorridevano. E c’è questa coincidenza, forse fortuita: gli animali gli assiri raffiguravano a cinque zampe, come il cane dell’Eni – o il cane ne ha sei?
“Il primo impero semita si allargò a Babilonia, Urartu, Fenicia, Palestina, Egitto, dove Assurbanipal conquistò nel 643 Tebe. E fu la fine: medi e babilonesi invasero l’Assiria e distrussero Ninive. Come l’Europa, correvano troppo. Poi i curdi li cacciarono. Sklovskij li ritrova quando non ebbero altra scelta che mettersi coi bolscevichi. Dimenticati dai turchi tra i monti attorno al lago di Urmia, in lite coi curdi, seppure muti, sono appoggiati dagli americani, oltre che dai bolscevichi, e armati di vecchie carabine senza otturatore. Così “marciano le truppe locali degli assiri” davanti al giovane commissario politico russo. Il lago, “più salato delle lacrime”, è per questo motivo privo di pesci, ma è allietato dai flamingo, che fanno il cielo rosato quando volano. Attorno “i torrenti sfrigolano sulle pietre, come fornelli a petrolio, di notte splende una pazza luna”, tra “le ombre degli archi scoscesi di ponti distrutti mille anni fa”.
“Gli ultimi assiri si vedono a Persepoli: tributari, soldati, funzionari ascendono i bassorilievi dello scalone che la follia di Alessandro non riuscì a distruggere. Altri, dispersi tra l’Europa e le Americhe, si riconoscono, simili ai copti che si negano, dai nomi, i suoni, le fisionomie, e grazie ai possenti archivi Usa dello stato civile. Si danno nomi diversi, siriaci, aramaici, caldei, othoraici, e sono di religione ortodossa, nestoriani, giacobini, o cattolica, caldei, melchiti, maroniti. I cattolici si sono spinti fino in Cina in epoca remota, per la via del Pamir o dell’Indocina. Possono essere pure protestanti, si sono aggiornati. E si organizzano in tre chiese, Madinha, Siriana e Caldea, oltre alle piccole chiese riformate. Ma non sono padroni neppure dove sono più numerosi, attorno a Ninive.
“Nulla muore, si sa, nella storia. La storia è incancellabile, sia pure labile. O gli assiri un buon caso fanno d’invenzione della tradizione: ricostituirsi a nazione basandosi sulla storia antica, e sulle risoluzioni del-’Onu che proteggono le minoranze. Ma sono, benché pochi, divisi. Sono nestoriani, questo il loro nome nell’impero ottomano, e quindi in fuga, confondendosi con gli armeni. Per ultimo i turchi li cacciarono dal ventilato altopiano verso le paludi malariche dell’Eufrate, dove furono di nuovo massacrati nel 1933, dal capo iracheno Bakr Sedqi, e le sabbie roventi della Siria e della penisola arabica. Nell’Alta Mesopotamia se ne contavano, alla vigilia del 1914, oltre un milione. Uno dei due o tremila che sopravvivono nella Bassa Mesopotamia fa il volto buono di Saddam, che lo manda nelle capitali a parlare con gli altri ministri degli Esteri” – è il famoso Tareq Aziz.

Democrazia – Nasce dalla religione, riflette Octavio Paz, il poeta diplomatico messicano, negli Usa. Dove il rapporto, ogni rapporto, è sentito fondamentalmente eguale: “Forse è per via delle origini religiose della democrazia americana, che altro non era se non una trasposizione dalla comunità religiosa alla sfera politica e dallo spazio chiuso del tempio a quello aperto della pubblica piazza. La democrazia religiosa protestante precedette quella politica. L’esatto opposto che da noi”,  nel Messico, nell’America latina, nella latinità, “dove la democrazia, antireligiosa in origine, fin dall’inizio non tese a rafforzare la società di fronte al governo ma piuttosto il governo di fronte alal chiesa”.

Normanni – Ritornano”agenti del papa”, per la latinizzazione dell’Italia meridionale, nella polemica ortodossa. Non senza fondamento. La bolla “Quia propter prudentiam tuam” di papa Urbano II, 1097, faceva di Ruggero il Normanno, fratello e, in un primo momento, vassallo di Roberto il Guiscardo, e dei suoi successori un “Legato Apostolico”. Un inviato cioè del papa. In un Sud che, non si diceva, ma in sostanza era da considerarsi terra infidelium. La conquista normanna sarà l’ultimo atto della guerra tra impero d’Oriente e impero d’Occidente – una coda, in due imperi esistendo solo di nome.

Usa – A lungo non hanno saputo come chiamarsi. Fu controversia di oltre mezzo secolo. Poe nel 1848 argomentava a favore di Appalachia – meglio, diceva, di Alleghenia.
In realtà, la costituzione parla di Stati Uniti d’America già dal preambolo. Ma la federazione avrebbe voluto distinguersi dal resto dellAmerica, sulla quale non aveva ancora un ruolo preminente. 

astolfo@antiit.eu

Lo Stato-Mafia parte dall'unità

Il mafia-Stato parte in Sicilia da lontano. “I mafiosi”, che se ne fa il nucleo drammatico, risale al 1964 o 1965. Ed è, dice Sciascia, “un rifacimento” – ancorché “radicale… e, in quella che si suol dire la morale della favola, un rovesciamento” – dei “Mafiusi della Vicaria”, del carcere palermitano, di Rizzotto e Mosca, “rappresentata a Palermo nel 1863 e da allora nel repertorio di tutte le compagnie dialettali siciliane”.
Anche le tasse della chiesa, che la chiesa non vuole pagare, sono argomento vecchio. La “controversia liparitana” fu sette anni di liti, scomuniche e interdetti in Sicilia tra la chiesa e il governo spagnolo prima, poi sabaudo, poi di nuovo spagnolo, a partire dal 1711, sul pagamento della tasse. E una sorta di anticipazione del conflitto poi sanguinoso, un secolo dopo, tra sanfedisti e borghesi.
Parte da lontano pure la politica: la politica “siciliana”, corruttrice e corrotta. “L’onorevole” è un bravo professore di latino e greco che cede alla lusinga della Dc nel 1948 e cambia natura.
Il teatro di Sciascia, che non si mette in scena e di cui non si pubblica più la vecchia (1976) raccolta Einaudi, l’unica parte di Sciascia fuori catalogo, è un teatro del pessimismo. Che, come tutto in Sciascia, si presenta come una ricerca della ragione, un’evidenza della ragione, l’amore della ragione. Ma senza fede. Per un atto di orgoglio più che ragionato.
La pièce più complessa, la “Recitazione della controversia liparitana”, del1969, è dedicata a A.D., Alexandr Dubcek, come un atto di rassegnazione. Dubcek è da tempo sconfitto, l’invasione della Cecoslovacchia c’è già stata da un anno. Sciascia apre con una citazione di san Luca, di Pascal che cita san Luca: “Voi non siate come loro”. Ma i “borghesi” o illuminati la concludono dicendosi sconfitti “a opera di aristocrazia, plebe e uomini di lettere”. Che non sembrano pochi. Dopo aver condotto una “battaglia di libertà” piuttosto che di giustizia, volendosi intromettere nella gestione ecclesiastica, sull’onda dell’ultramontanismo laico, piuttosto che di giustizia fiscale e sociale. Effetto forse non voluto della “Recitazione” – o allora pietra d’inciampo per una sua diversa lettura  – è la rappresentazione, nel finale, della fede che supera ogni razioncinio. Ridotta in superficie a mero esercizio anticlericale, di una fede cioè ridotta a superstizione e scongiuto. Di fatto professata dagli stessi grandi futuri borghesi.
Due aneddoti, due articoli di giornale, la prima e l’ultima pièce, anzi due note a margine, fatta la tara dello sdegno. La “Recitazione” ha lo spessore della storia negletta, del recupero. Sciascia la correda della cronaca contemporanea ai fatti del canonico Antonino Mungitore, uno storico che si era schierato con i “curialisti”, i fautori dei vescovi e del papa, ma più che altro sembra sorpreso dal rigonfiamento smisurato della questione. E così è, anche la “controversia liparitana” è paradigmatica, della “sicilitudine”: dove altro poteva montare, fino alla violenza, se non in Sicilia?
“I mafiosi” ha avuto una rappresentazione, al Piccolo di Milano, nel 1965, come contributo allo spostamento della questione meridionale dall’economia al crimine. Una motivazione oggi scontata. È vero che giudici siciliani oggi vedono la mafia dappertutto, in Calabria, a Roma e a Milano, in Sicilia ne trovano poca. E che la questione meridionale è la questione dei Carabinieri. Ma i cronisti giudiziari lo dicono meglio.
Leonardo Sciascia, L’onorevole. Recitazione della controversia liparitana. I mafiosi