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sabato 26 agosto 2023

Cronache dell’altro mondo – marinare (245)

La salsa Rao vale tre miliardi di dollari, secondo Campbell Soup, che l’ha appena comprata – esattamente 2,7 miliardi.
La salsa Rao è la “Marinara Sauce”, messa a punto da uno storico ristorante di Manhattan nel 1992, e venduta a 8 dollari il barattolo. Il ristorante è Rao’s Italian Restaurant, aperto a East Harlem nel 1896.
Rao Sauce era stata comprata dal Sovos Brands nel 2017, per 300 milioni di dollari. Campbell ora ha comprato Sovos per 2,7 miliardi.
Ma nei cinque anni di Sovos la salsa Rao è cresciuta molto: vendeva per 100 milioni di dollari nel 2017, ha venduto per 600 milioni nel 2022. Con un investimento promozionale di 20 miliooni di dollari l’anno – la Rao originaria spendeva poche centinaia di migliaia di dollari.
La “Marinara Sauce” americana è un sugo per la pasta.

L’informazione economica pronta

Non c’è più informazione economica: investigativa, o comunque informata, di giornalisti che sanno di che si tratta. Si fa informazione rituale, ripetitiva, per frasi fatte: la manovra, il bilancio, ora il Pnrr – o Bruxelles che minaccia l’Italia. E si scrive quello che gli addetti stampa dicono .Beyoncé ha fatto l’1 per cento del pil in Svezia, con tanto di panini venduti, notti in tende, notti all’Ymca, viaggi in treno? Bello, amche Max Gazzé, nel suo piccolo, al Sud. I vari specialisti di relazioni pubbliche, all’immagine, alla promozione, alla pubblicità, eccetera, non devono più faticare, nemmeno spremersi troppo le meningi per “vendere” il loro prodotto, artista, evento, azienda.  
L’informazione è finalmente “fatta”, cioè arriva già confezionata. Gratis, si suppone – un tempo gli uffici stampa facevano grossi regali, la Fiat mandava anche un’auto sotto casa. Anche se non ci sono più uffici stampa, costano troppo - e poi gli addetti volevano il contratto giornalistico: ci sono consulenti all’immagine, al brand, alla promozione, etc.Tutto si fa per crescere – per gli affari.

Il diritto al suicidio e all’eutanasia

“Il nobile illuminista che teorizzò il diritto all’eutanasia” è la presentazione. Il “nobile illuminista” è definitivo – trancia la testa al toro, come si dice: obiezioni? Quello che bisogna sapere è che Alberto Radicati, conte di Passerano e Cocconato, nobiluomo piemontese dalla vita travagliata (1698-1737), come spiega Frédéric Ieva nella postfazione, sostiene il diritto al suicidio. Come legge di natura e di libertà.
Pubblicò il suo saggio a Londra. Dove la “Philophical Dissertation upon Death” uscì assortita dal sottotitolo: “Composed for the Consolation of the Unhappy by a friend of  Truth”, scritta da un amico della verità per la consolazione degli afflitti.
Piero Gobetti l’avrebbe proclamato “Primo illuminista della Penisola”. Giorello lo presenta inquadrandolo nel pensiero illuminista europeo. Si ripubblica, dopo tre secoli di trascuranza, in clima di “buona morte” – per la seconda volgta in pochi anni: era già uscito, con la setssa curatela, nel 2011, sotto la sigla editoriale Indiana.
Radicati aveva debuttato, dopo un infelice matrimonio ventenne, con una satira degli ambienti ecclesiatici, che sostenevano la moglie, un racconto della sua “conversione”, pubblicato convenientemente non a Torino ma a Londra, col titolo “A Comical and True Account of the Modern Cannibal’s Religion”. A Londra si era esiliato per paura dell’Inquisizione,  benché protetto dal re Vittorio Amedeo II (che tuttavia impose la confisca dei suoi beni, non avendone autorizzato l’espatrio). Di formazione francese, si fermerà però a Londra. Dove pubblica nel 1732 la “Dissertazione”, tradotta in inglese. Non senza conseguenze: il governo del pur liberale tollerante Walpole lo farà carcerare per apologia di reato.
Il diritto al suicidio e anche all’eutanasia Radicati giustifica su basi filosofiche con riferimento al Deus sive Natura di Spinoza, dell’io-sono-Dio. Contro sant’Agostino, o il suicidio come omicidio di se stessi.
Alberto Radicati di Passerano, Dissertazione filosofica sulla morte
, Il Saggiatore, pp. 120 € 14

venerdì 25 agosto 2023

Sulla pelle dei migranti

“Migranti, scontro Schlein-Meloni. «Disumani»”, titolo del “Corriere della sera” ieri a tutta pagina. Poi, in un mini-catenaccio: “La segretaria a Reggio Emilia, dove i dem hanno lamentato i tanti arrivi di migranti”. A Reggio Emilia, alla Festa dell’Unità.
Oggi “la Repubblica” recupera, Reggio Emilia e Schlein: “No a un’Italia disumana”. Allargando l’obiettivo: “Sindaci del Pd in allarme: «Le città rischiano di esploder»”. Con un catenaccio allarmistico: “Al Nazareno i primi cittadini in sofferenza per l’emergenza sbarchi. Gori, Bergamo: «Basta slogan sull’accoglienza». Biffoni, Prato: «Minniti cercava soluzioni»”. E a seguire la pagina dei sondaggi di Ilvo Diamanti: “Ancora oggi il 40 per cento dei cittadini italiani è preoccupato per i migranti. Torna a crescere la paura dello straniero”.Non è una questione di slogan, di razzismo, ma qualcuno ancora non lo sa.
Si fanno oggi anche i conti di quanto la Ue ha contributo all’accoglienza in Italia: “Roma ha beneficiato di 1,98 miliardi di aiuti negli ultimi otto anni”. Senza dire che Roma che è uno dei maggiori contribuenti del bilancio Ue. E che la Turchia, su decisione della Germania, un paese a minoranza turca, ha beneficiato di 12 miliardi. In aggiunta ai miliardi versati dai migranti per poter salpare da Smirne per Gioiosa e Crotone, dal secondo maggiore porto turco, supercontrollato, non da un oscuro attracco nel deserto.

Il mondo com'è (465)

astolfo

George Bridgetower – George Augustus Polgreen Bridgetower, 1778-1860, polacco-africano, fu un musicista britannico. Compositore, ma soprattutto famoso come violinista. Come tale impressionò molto a Vienna Beethoven, che eseguì con lui la prima della sonata per violino che poi intitolò a Kreutzer – la Sonata per violino n. 9 in la minore. Bridgetower dovette leggere la parte del violino del secondo movimento sulla copia di Beethoven al piano, e cambiò anche una notazione, con soddisfazione di Beethoven, che si sarebbe alzato in piedi a esclamare, “Noch einmal, mein lieber Bursch!”, ancora una volta, caro ragazzo caro. La composizione Beethove intitolò allora al ragazzo: “Sonata mulattica composta per il mulatto Brischdauer, gran pazzo e compositore mulattico”. Poi Bridgetower ebbe un diverbio con una signora amica di Beethoven, e Beethoven gli tolse il saluto e la dedica – la sonata dedicò poi a Kreutzer, che come si sa non la eseguì mai, considerandola “troppo difficile”.

Col mondo asburgico Bridgetower era già in qualche modo legato. Essendo nato a Biala Podlaska, in Polonia, nella tenuta di un principe Radziwill, preso il quale i suoi genitori servivano. Del principe, Hieronim Wincenty, prese un nome al battesimo, registrato come Hieronimo Hippolito de Augusto, di padre “principe africano”. La madre, Maria Anna Ursula Schmidt, era tedesca di Svevia, ma risultava al battesimo del figlio “gentildonna polacca di qualità,”, del “nobile casato polacco degli Schmidt”. Maria Anna era domestica , al seguito di Sophie von Turn und Taxis, sposa del Radziwill. Il padre si supporrà a Londra, dove la coppia di genitori si trasferirà al seguito del figlio, essere stato un West Indian, delle Barbados. L’anno successivo alla nascita di George, passerà al servizio  del principe Esterházy, il patrono di Haydn.

George Augustus fu un bambino prodigio. A dieci anni in tournée a Parigi, Londra, Bath e Bristol. A tredici anni passò sotto la protezione del principe reggente, il futuro re George IV, che ne fece completare l’educazione musicale, con vari maestri, tra essi il dalmata Giovanni Giornovichi.

Sarà attivo, come concertista e come compositore, soprattutto in Gran Bretagna. Dove si sposò, a 48 anni, nel 1816, con una inglese. Riducendosi l’attività concertistica, viaggerà spesso in Italia, dove la sua unica figlia viveva.

Joseph Chevalier – Il “Mozart nero”, vissuto poco, dal Natale del 1745 al 30 giugno 1799, ma abbastanza per esaltarne la fama, come violinista e compositore. Autore di numerose opere, le più note “La Chasse”, eseguita con successo a Parigi al Théatre des Italiens,  e “La Fille Garçon”, un’opera comica, sul personaggio ora politicamente corretto della ragazza-uomo, travestita, a lungo esca di varie peripezie, avventurose, amorose, da ridere – come pure il viceversa, del maschio in abiti femminili: per un paio di secoli dall’avvento del teatro moderno, in molti luoghi (Ginevra, p.es.)  o per alcuni aspetti considerato immorale o blasfemo, i ruoli femminili in scena erano tenuti da uomini. Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges il nome intero. Boulogne da Georges Boulogne, il piantatore francese della Guadalupa che ne fu il padre, o il padrino di battesimo. Figlio di una schiava africana, fu poi condotto dal padre-padrino in Francia a sette anni, e istruito nelle diverse arti. Eccelleva in equitazione, fioretto e danza. Fu a 15 anni, abile nei tornei, Gendarme della Guardia regia, di Luigi XVI. Al violino accompagnava la regina Maria Antonietta al cembalo. Fu nominato a 28 anni, nel 1773, direttore dell’orchestra parigina Le Concert des Amateurs. In predicato per diventare direttore dell’Opéra. E dell’orchestra della Loggia Olimpica – come Mozart, anche Chevalier era massone.

In disgrazia alla rivoluzione, per i precedenti di corte, morirà solo e povero. Ma, a differenza di Mozart, ebbe sepoltura, nella chiesa di Sainte Marguerite.

Donnaiolo, subì un aggressione da ignoti, per conto di un vecchio generale la cui moglie aveva sedotto - ma senza conseguenze. Fu attivista contro la schiavitù e per la riabilitazione della gente di colore.

Guigliottina – Il medico che la propose e da cui prende il nome, Joseph-Ignace Guillotin, lo fece a fini umanitari: essere decapitati era privilegio dell’aristocrazia, invece che impiccati, strangolati, bastonati dentro il sacco, squartati, etc.. Era stato da giovane novizio gesuita, con accesso a quattro ordini minori e alla tonsura. Poi, a 24 anni, massone nella Loggia delle Nove Sorelle, che si pregiava tra i suoi membri di Voltaire, Franklin, i pittori Vernet e Greuze, il duca d’Orléans. Nell’intervallo era stato vincitore di una borsa di studio di 60 mila lire, somma ingente, alla facoltà di Medicina di Parigi, era stato laureato, era stato insignito della cattedra di Anatomia, Patologia e Fisiologia. Aveva fatto parte, tra l’altro, della commissione reale d’indagine sul magnetismo animale, la teoria di Mesmer, insieme con Franklin, ambasciatore americano a Parigi, Lavoisier e l’astronomo Bailly. Deputato di Parigi agli Stati Generali del 1789 che sfoceranno nella rivoluzione, fu lui a suggerire la sala della Pallacorda ai deputati del Terzo Stato che non avevano dove riunirsi – dove poi l’astronomo Bailly propose il. “giuramento della Pallacorda”, che vincolava i deputati del Terzo Stato, maggioranza alla Assemblea Nazionale, a votare insieme – in sostanza a fare dell’Assemblea un organo del Terzo Stato, lasciando in minoranza, esclusi dalle decisioni, clero e nobiltà. Il giuramento è del 20 giugno 1789. Il 6 ottobre il dottor Guillotin presentava la modifica al codice penale in materia di esecuzione della pena capitale: divieto di confisca dei beni del condannato, restituzione del corpo alla famiglia, estraneità della famiglia alle colpe del condannato. E un art. 1, approvato l’1 dicembre, che stabiliva: “I delitti dello stesso genere saranno stabiliti con lo steso genere di pena, quali che siano il rango e lo stato (socio-politico, n.d.r.) del colpevole”. Le esecuzioni erano allora diversificate: impiccagione per  i ladri, rogo per eretici e  falsari, squartamento per i regicidi. La  decapitazione, con l’ascia, era privilegio degli aristocratici, come meno affliggente. In questo senso il dottor Guillotin la raccomandava, su un preambolo che illustrò a voce e che, secondo i trascrittori, sarebbe suonato così: “Con la mia macchina, vi faccio saltare la testa in un batter d’occhio e voi non soffrite”. Ma erano resoconti non benevoli, la proposta del dottore era caduta nel ridicolo, oggetto di ironie e satire, nei giornali e nel pubblico. Seppure con qualche ritardo, però, il 3 giugno 1791 la proposta diventò legge.

Il dottore rifiutò l’incarico di approntare la macchina – l’incarico fu affidato allora al primario di chirurgia, Antonin Louis. Furono adattati dei meccanismi già in uso in Italia e in Inghilterra. In particolare se ne occupò, a fini industriali e commerciali, un Tobias Schmidt, un tedesco fabbricante di pianoforti. E la prima  esecuzione con la lama a caduta libera avvenne dopo meno di un anno dalla legge, il 25 aprile 1792, in place de Grèves, poi sinonimo di ghigliottina, vittima un ladro, Pelletier.

L’uso della ghigliottina fu seguito qualche ano dopo da un dibattito. Il 9 novembre 1795 il dottore tedesco Sommering scriveva su “Le Moniteur” che la coscienza del condannato rimane viva dopo la decapitazione, per qualche istante, e che quindi il decapitato non muore senza dolore. Il dottor Cabanis, materialista, rispose sostenendo il contrario, che niente sopravvive alla morte. Ma il tema ebbe ampia discussione. Il dottor Guillotin, imprigionato durante il Terrore, scampò alla ghigliottina perché Robespierre morì prima. Praticherà la medicina, e s’illustrerà in epoca napoleonica come sostenitore del vaccino contro il vaiolo – ci fu allora un vastissimo movimento no wax: il 2 marzo 1805 presentò il vaccino anche al papa, Pio VII, allora esiliato a Parigi, implorandone la benedizione. Morirà nel 1814, di 77 anni.

Italia – Formazione recente, con i  quattro quarti, ma non con un passato. Secondo la catalogazione di Ernst Jünger, “La forbice,” , p.28, che rileva la persistenza di popolazioni da tempo scomparse. I popoli e le civiltà  perdurano. Come ci sono terreni instabili geologicamente, “in maniera simile si comportano, da un punto di vista geomantico, quelle regioni in cui il mito non si è ancora raffreddato…. Se ci recassimo a perlustrare questi luoghi con un apparecchio simile a un contatore Geiger, potremmo rilevare potenti eruzioni. I terreni migliori sono quelli in cui dominarono popoli che, come i Celti, gli Etruschi e gli Aztechi, sono certamente scomparsi da un punto di vista politico, e tuttavia continuano ad abitare quelle terre. E poi ancora l’Asia minore, prima di Alessandro, e addirittura prima di Erodoto. Alicarnasso, il Libano con il sangue di Adone, l’antica Persia”. Non l’Italia, non Roma. 

Maréchal Niehl – Il nome della rosa più famosa è quello del comandante alleato della battaglia di Sebastopoli, un anno di assedio, dall’ottobre del 1854 al settembre del 1855, uno dei macelli bellici più assurdi e sanguinosi che si siano praticati. Nonché promotore di un fucile che avrebbe atto meraviglie, per il quale rischiò la vita, poiché gli esplose in mano. La cosa affliggeva Stevenson, e non senza ragione: il maresciallo beneficia di una biografia molto lusinghiera, ma presiede a molti disastri, come uomo sul campo del Bonaparte poi Napoleone III. A cominciare dall’assedio di Roma nel 1849, e poi di Sebastopoli. È fatto maresciallo “sul campo” a Solferino, nel 1859, nella battaglia vinta dagli italiani e svenduta da Napolone III all’Austria. Dopo la débâcle di Sadowa nel 1866, il suo imperatore lo fece anche ministro della Guerra. Morirà nel 1869, lasciando la Francia impreparata all’invasione di Bismarck.


Raffles – Il centro direzionale con questo nome che da Singapore sta invadendo le grandi città cinesi (un complesso di torri da venti e più piani, a uso abitazione, uffici, negozi, sport, svaghi) sfrutta il nome dell’alter ego – uno dei tanti - di Sherlock Holmes, il bandito gentiluomo A. J. Raffles. Un personaggio da Ernest William Hornung, scrittore ora dimenticato, inglese, ma subito allora famoso, nel 1898, per l’invenzione del personaggio. E per la fortunata serie letteraria che vi imbastì sopra, proseguita fino al 1909, e composta da 26 racconti, 2 commedie teatrali e un romanzo. Raffles, il “ladro gentiluomo”, abile nei travestimenti e nelle tecniche, un po’ dandy, distaccato, di vita lussuosa, non ruba per bontà ma per sé, quando ha definito il denaro del precedente furto. Un tipo si direbbe non simpatico, e invece Hornung lo fa – lo ha fatto, adesso non morde più – popolare.

Hornung era cognato d Conan Doyle, avendone sposato una sorella.

La Raffles City di Pechino è lo spazio più in voga della capitale della Cina. Un complesso di torri, appena  inaugurato, a uso promiscuo, abitazione, lavoro, svago, sport, commercio. A somiglianza della più celebre Raffles’ City di Singapore, già ripresa a Shangai. Sfrutta il nome del personaggio di Hornung, ma anche di un albergo di antica tradizione a Singapore, la “Cina di fuori”.

Hornung aveva derivato il nome del suo ladro gentiluomo dall’albergo allora di lusso di Singapore, il Raffles Hotel - luogo di molte avventure del personaggio: una costruzione neoclassica di fronte al mare, tuttora in attività, realizzata da una società, i Sarkies Broters, e intitolata a sir Stamford Raffles, il fondatore di Singapore.

Su Raffles si sono fatti numerosi film, già a partire dal cinema muto. Tra i primi “Raffles, the Amateur Cracksman”, 1905). In Italia, il personaggio fu adattato per lo schermo a partire dal 1911. Dal regista e attore Ubaldo Maria Del Colle, che lo interpretò in una fortunata serie di pellicole. E da Ernesto Maria Pasquali, che ne produsse vari episodi per la sua Pasquali Film. Sulla scia del successo di pubblico di Arsenio Lupin, altro grande ladro.


astolfo@antiit.eu

Quando Caserta era top player

Quarant’anni fa, grazie anche al vivaio, e alla gestione Maggio, di un imprenditore che riuscì a realizzare un palasport nuovo di zecca in cento giorni, la squadra di basket Juvecaserta divenne protagonista del massimo campionato, vincitrice di una Coppa Italia e del campionato 1990-91, e del basket europeo.
La storia è appassionante. Soprattutto per la parte avuta dagli atleti locali, oltre che per la saggia gestione societaria  e tecnica. Che disegnava un futuro diverso per una città e un ambiente che di lì a poco, anni 1990, saranno già abbandonati e ridotti a periferia criminale di Napoli. Un tempo delle speranze che Antonio Pascale e Francesco Piccolo hano fatto rivivere nei racconti – un tempo, nei lunghi trasferimenti da Roma al Sud, in vetture senza l’aria condizionata, si poteva lasciare la macchina incustodita a Caserta per andare a rinfrescarsi….. anche dentro il parco della Reggia, allora aperto e zampillante, in tutte le fontane.
La Rai la celebra di malavoglia, affidandola a Rai 2, in  seconda serata, d’agosto. Una miniserie di sei episodi. Ma anche gli autori, bisogna dire, si accontentano di poco. Di Piccolo e delle memorie, prolisse ma solo occasionalmente vivaci, in tema. All’ombra, come dice già il titolo, di strapaese. Della “napoletanità” eterna, di una cultura metropolitana assurdamente celebrativa: provincializzata, ripetitiva, inerte.  
Gianni Costantino, Scugnizzi per sempre, Rai 2, Raiplay

giovedì 24 agosto 2023

Problemi di base - di lettura (764)

spock


“Se uno legge troppo, avrà poco tempo per pensare”, R. L. Stevenson?
 
“I  libri sono ben buoni per se stessi, ma sono un potente  pacifico sostituto della vita”, id.?
 
“Leggere i classici è meglio che non leggere i classici”, Italo Calvino?
 
Quanto legge il bibliotecario?
 
E il bibliomane?
 
Chi legge?
 
spock@antiit.eu

Tra i vini alla viola, alla mandorla

Sono solo i capitoli centrali, VI-XXX  del volume di Orioli “In Viaggio”: quelli dedicati alla Calabria - a partire da Noépoli in Basilicata, tale è la sorpresa che il borgo lucano sucita nel viaggiatore: Albidona, Castrovillari, Civita con Spezzano e gli ammiratissimi albanesi di Calabria, Morano, Sibari, Cosenza, San Giovanni in Fiore e la Sila, Longobucco, San Demetrio Corone, Crotone, Catanzaro, Tiriolo, Taverna, Caulonia, Gioiosa Ionica, Mammola,  Reggio, Pentedattilo, Bova.
Un racconto pieno di curiosità. Benché tardivo, nel 1933. Di un viaggio che il libraio–editore fiorentino (a lui si devono le Lungarno Series, degli scrittori angloamericani di Firenze tra le due guerre) intraprese con Norman Douglas, da tempo suo compagno di vita benché vivesse a Capri (si accompagnavano da tempo, dal 1922, “Pino” già di 38 anni, Douglas di 54) e con due redattori della casa editrice londinese Chatto&Windus  che pubblicherà “Moving Along” (“In Viaggio”) nel 1934, Ian Parsons e Charles Prentice.
Con un pizzico del brio e della sintesi di Norman Douglas di “Old Calabria”, un quadro storico di molte realtà viene tratteggiato in breve, per più aspetti e riscontri perspicuo. Al sodale e compagno Douglas Orioli spesso direttamente si si rifà. A nche perché è quello che decide gli spostamenti, e spesso la narrazione, con i ricordi di luloghi, fatti e eprsone, e con le vecchie conoscenze che rintraccia via via. Erano anche anni in cui il Sud finalmente “si muoveva”, benché sotto il fascismo, in fatto di comunicazioni, alfabetizzazione, occasioni di lavoro. Più di un “americano” Orioli e i suoi amici incontrano, ritornato, per avviare un’attività al paese.
Un racconto sempre lusinghiero, ammirato anche – eccetto che per Mattia Preti, che Orioli aborre.  “L’amabile, Caulonia”. I profumi “delle  folgoranti erbe aromatiche” – ma a Mammola, nomen omen?, l’erica è talmente profumata che sa di naftalina.  Molti ragazzi speciali, naturamente, ma solo di garbo e intelligenza. A Crocchi (Gioiosa Jonica) il tabaccaio apre solo di domenica. A Gioiosa Gabriella li serve in tavola, una venere scalza, che al garbo coniuga la bellezza.
Pochi, stranamente, gli uccelli: “Si possono vedere più uccelli in un pomeriggio inglese che in dodici mesi in Calabria”. I vini invece, sono varii, non “standardizzati”,  e apprezzati – il tributo è costante ai vini e alla cucina. Ovunque “stoviglie, di terracotta naturale, di bellissime forme”. Senza mai indulgenza al “colore”, di cui solitamente sono impastati questi racconti di viaggi. I briganti, breve stagione, sono solo mozza teste.
Gli arbëreschë soprattutto piacciono, dopo i ragazzi, gli albanesi di Calabria. A Civita l’orrido del Raganello viene già segnalato, come visto dall’alto. Civita e Tiriolo per i costumi, delle donne e degli uomini. A Tiriolo, da dove si dominano i due mari, lo Jonio e il Tirreno, la bellezza delle donne prende molti sospiri. Erodoto aThurii stimola belle pagine, anche se non si sa dove Thurii fosse. A differenza della narrazione di Horace Rilliet (“Colonna mobile in Calabria”), i calabresi sono tosti a Campo Tenese. Anche se vi beccano, la prima volta nel 1806 a opera dei francesi di Giuseppe Bonaparte e Murat, nel 1848 a opera delle truppe borboniche - le due battaglie sono descritte al dettaglio, su buone letture.
Gli “americani” di ritorno sono importuni, con i loro dollari – la “dollaria” che Ezra Pound contemporaneamente deprecava. Non lo sono i “germanesi”: è qui registrata per la prima volta la dizione e la relativa categoria sociologica di cui scriverà Carmine Abate. Norman Douglas, che aveva percorso la Calabria vent’anni prima, si meraviglia dei tanti uomini che si vedono in giro. Orioli opina che “ora hanno trovato l’America qui, nel costruire le strade, nel rimboschimento”, i futuri famosi Forestali della Calabria, “l’agricoltura intensiva, i lavori idroelettrici e così via”. Ed è vero che negli anni del fascismo l’emigrazione crolla.
L’introduzione di Stefano Manferlotti, l’anglista emerito della Federico II, è un piccolo romanzo del rapporto tra Orioli e Norman Douglas, o meglio del cattivo carattere di quest’ultimo, che le sue opere invece farebbero pensare un simpaticone. Sottolinea anche la “durata” delle cose viste di Orioli, anche se il mondo è cambiato. Apprezzandone soprattutto la cura, molto contemporanea, per i cibi via via odorati o consumati, i vini, i prodotti locali, la cucina. Un viaggio tra i sapori. Tra gli odori anche, dei vini (la viola, la mandorla), delle erbe, in epoca ancora di inesistenti scarichi di automobile, dei boschi. Tre inglesi, quattro con l’anglomane autore, che come solevano se la godevano. 
Giuseppe Orioli, In viaggio, Rubbettino, pp. 153 ril. € 7,90

mercoledì 23 agosto 2023

Letture - 529

letterautore

Accabadora - Il personaggio del racconto di Michela Murgia, soprattutto le sue funzioni, sono raccontate da Camus nel suo viaggio in Brasile – come gliele ha raccontate un Machado, interlocutore non altrimenti identificato: è “l’aiuto moribondo”, in uso nello stato di Minas Gerais. “In certo casi, quando l’agonia dura troppo”, così Camus sintetizza la comunicazione, “si convocano questi signori, che sono patentati. Arrivano, vestiti da funzionari, salutano, si levano i guanti e vanno a trovare il moribondo. Gli chiedono di dire “Maria-Gesù” senza interruzione, gli mettono un ginocchio sullo stomaco e le mani sulla bocca, e spingono con impegno finché l’agonizzante non ha fatto il salto”.

Nicola Chiaromonte – Camus lo incontra nel 1946 a New York come fosse un amico di vecchia data. Chiaromonte, in fuga nel 1941 dalla Francia occupata, era passato da Marsiglia a Algeri, dove aveva incontrato Camus. A New York, finita la guerra  lo aveva letto e apprezzato. Due giorni dopo l’arrivo di Camus a New York per una serie di conferenze, Chiaromonte lo va a trovare in albergo, con “Rubé”. – con i quali poi Camus prolungherà la conversazione in un ristorante francese. “Chiaromonte parla dell’America come nessun altro, a mio parere”. In particolare sui “Funeral Homes”: Chiaromonte gliene spiega in dettaglio il funzionamento.

Per “Rubé” Camus intendeva l’autore del romanzo, Giuseppe Antonio Borgese, anche lui da tempo residente negli Stati Uniti.

Fantascienza – “La fantascienza è l’iperrealismo della scienza”, Giorgio Celli, intr. A. Conan Doyle, “Il mondo perduto”, “e sono d’accordo con Carl Sagan quando grida allo scandalo pensando alla cavorite di W ells, un minerale anti-gravità. «Com’è possibile» si domanda l’astrofisico «che un un filone di cavorite possa trovarsi sulla Terra? Non dovrebbe prendere il volo e sparire negli spazi cosmici?». In questo «com’è possibile» di Sagan è racchiuso tutto il gioco concettuale che esige ogni opera di fantascienza, e che consiste nella verifica del suo coefficiente di verosimiglianza scientifica”.

Faust “Un ciarlatano, un millantatore, un giocoliere”, Quirino Principe su “Robinson” sabato. Ma Goethe lo fa kantiano: “Tutta l’impalcatura teoretica del Faust è fornita da Kant. C’è la kantiana tragedia della ragione. Il tormento dell’intelletto per cui, nonostante tesi e antitesi si contraddicano a vicenda, sono perfettamente dimostrabili”.

Lucien Febvre – Lo storico dell’incroyance, co-fondatorre delle “Annales”, con Marc Bloch, appare a Camus, a Rio de Janeiro nel 1949 per una serie di conferenze, “un vegliardo, piuttosto taciturno”. Perché a Rio? Durante la guerra aveva lavorato per far uscire le “Annales” anche sotto l’occupazione, contro il parere di Marc Bloch, con uno pseudonimo, ma col sostegno del ministro collaborazionista Abel Bonnard.

Giuramento fascista – Giuseppe Antonio Borgese fu l’unico, fra io 13 o 14 non firmatari del giuramento fascista e quindi perdenti cattedra, a perdere anche i contributi per la pensione di anzianità. Passato per un anno a insegnare in America nel 1931-21, aveva prolungato il comando di un anno, e poi ancora di un anno – la sua cattedra di Letteratura Tedesca alla  Statale di Milano era affidata al suo conterraneo Vincenzo Errante. Finchè nel 1935 non fu dichiarato dimissionario.

Borgese non rifiutò il giuramento fascista. Aveva però scritto due lettere in proposito a Mussolini, che nello stesso 1935 aveva pubblicato a Parigi, con “Giustizia e Libertà”.

Il calcolo di chi non prestò il giuramento oscilla. Oggi verte su 13 nomi, su 1251 professori ordinari: Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco e Edoardo Ruffini, padre e figlio, Lionello Venturi. Ma anche Borgese dovrebbe essere nella lista. E i tanti professori associati.

Italia – “Più l’aereo va veloce e meno la Francia, la Spagna, l’Italia hanno importanza”, Albert Camus negli appiunti di viaggio negli Stati Uniti, nel 1946: “Erano nazioni, eccole province, e domani villaggi del mondo”.

“C’è un sentimento che la letteratura italiana le ha aggiunto alla sua composizione?”, Marco Missiroli chiede a Jhumpa Lahiri nell’intervista-introdzione alla riedizine dei racconti della scrittrice, “L’interprete dei malanni”. “Direi l’aspetto trasversale”, è la risposta: “Nel senso identitario, linguistico e culturale”.

Liebling – “Liebling, del “New Yorker”, uomo charmant”, è uno dei primi incontri che Camus fa a New York, subito dopo la fine della guerra, dove è invitato per delle conferenze – venuto a trovarlo in albergo portato da Nicola Chiaromonte, e da “Rubé”. A.J.Liebling, saggista di cui il “New Yorker” ha pubblicato alcune raccolte, era specialmente stimato per le corrispondenze dall’Europa, prima e dopo la guerra.

Pavese-Primo Levi – “Se vogliamo leggere Primo Levi o Pavese dobbiamo leggere bene Melville, perché Levi e Pavese amavano Moby Dick”, Jhumpa Lahiri, ib.

Primo Levi – Lahiri lo apprezza per “la doppia identità, di scrittore e anche di chimico, l’origine ebraica e l’identità italiana”. Un doppio non scisso o antitetico ma complementare: “La scoperta di Primo Levi per me è stata una rivelazione perché ho iniziato anche a capire figure come quella del Centauro – una figura magica, ibrida, anche mostruosa – e i collegamenti con il mondo antico, la Grecia”. In realtà Lahiri lo apprezza come autore “classico”, che vive la classicità nel presente: “I tasselli si univano. Grazie a Levi riesco a collegare l’universo latino e greco antico che mi circondava da sempre”, ib.

Stupidità – “L’intelligenza ha i suoi limiti, la stupidità è illimitata”, Giuseppe Pontiggia “Il giardino delle esperidi”.

“Tratta” musicale – “Tutto avviene in un ottagono tra Lagos, Londra, Atlanta, Houston, Kingston, Montego Bay e Port of Spain”, Paul Gilroy – la rivoluzione musicale pop: “Le nuove creatività musicali continuano a germogliare lungo le rotte della diaspora africana, dal golfo di Guinea ai Caraibi e al Golfo del Messico.

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Il dandy Oppenheimer e il sigillo atomico sul dopoguerra

Ben costruito e “recitato”, ma tre ore per un film documentario sono lunghe. Volutamente rassicurante, sui toni del grigio e del bruno. Anche se riguarda il “padre della bomba atomica” – che è vero e non lo è, i padri sono molti. Lo straordinario successo di pubblico negli Stati Uniti nasce dalla voglia americana di innocentarsi, probabilmente: Oppenheimer offre colpa e discolpa, col pentimento – forse, e successivo.
Un “romanzo” in realtà. Con una strana incongruità. Oppenheimer era un dandy , uno che si guardava allo specchio. Pentirsi della bomba era per lui come averla fatta, due non verità che però aggiungevano al personaggio. L’incongruità è che Cillian Murphy nel ruolo del fisico lo mostra, nei tempi, lo sguardo, i gesti, nel solo modo di tenere il cappello in testa e la sigaretta in bocca, ma il film non lo dice – bisogna saperlo.
È un film, anche, che si vuole storico ma senza la storia. Senza la fondamentale novità della scienza che rompe il suo giuramento di Ippocrate, che crea violenza e morte. E la storia politica della chimica-fisica tedesca che poteva arrivare all’atomica prima, ma non lo ha fatto. Mentre l’America lo ha fatto, con concentrazione di mezzi. Lo ha fatto non senza ragione - in guerra bisogna sperimentare tutte le armi possibili, per ogni evenienza. Ma poi la bomba l’ha usata, mettendo assieme ambienti, forze, interessi molto più ampi del singolo scienziato – sia il Progetto Manhattan sia Hiroshima e Nagasaki sono fatti molto più ampi di un personaggio, per quanto accattivante o “decisivo”. L’ha usata quando ormai la guerra era a tutti gli effetti finita – metteva il sigillo sul dopoguerra:
l’armamento nucleare fu realizzato e adoperato in America, non nei paesi europei dove pure era stato pensato come possibile. Con lo spinoso problema corollario dei fisici ebrei, qualcuno emigrato a causa del nazismo, Teller, Szilárd, che non si fecero scrupoli a creare il nuovo strumento di morte - curiosa, a questo proposito, la totale assenza di Fermi, il quale era parte importante di Los Alamos, e della teoria e pratica della fissione nucleare, ma era emigrato solo per antifascismo.
Il film si apre con Prometeo, “che donò il fuoco agli uomini”-  e per questo fu punito dalla divinità. Si può ricordare che Prometeo aveva un fratello, Epimeteo, che non sapeva prevedere. E Prometeo sì? Ma Oppenheimer è al di fuori del mito, lui sapeva bene di che si trattava.
Christopher Nolan, Oppenheimer

martedì 22 agosto 2023

La nuova tratta degli schiavi, a pagamento, benedetta

1.900 bambini africani sbarcati o salvati in mare nel week-end – 22.000 nei primi sette mesi – non sono un caso. Confermano che in questa pesudoimmigrazione di massa per motivi umanitari c’è una tratta organizzata: non sono bambini fuggiti (1.900 in un giorno), e comunque sono bambini trasportati, a un costo. Per duemila e anche tremila km., prima del barchino. Sono parte di una organizzazione, di un business.
Questo business, altra evidenza, fa affidamento sulle ong. Punta sull’Italia perché le ong ci puntano, E perché l’Italia è l’unico Paese dove l’accoglienza è indiscriminata. A differenza diMalta perché Malta non ha confini terrestri con resto d’Europa, della Grecia, che è governata da destra, ma anche della Spagna, che è governata da sinistra. Business di cui nessuno conosce le mafie, non le vittime, non le pregiate intelligence nostrane. Trasbordatori (scafisti) che nessuno riconosce in tribunale, non le ong salvatrici, non chi ha perduto, presuntamente, la moglie o il figlio.
Basta conoscere anche poco l’Africa per saperlo. Ora l’Italia purtroppo la ignora, soprattutto i giornali. Ma la chiesa, la chiesa italiana, degli ex missionari, ora cooperanti, con ong e altre organizzazioni a scopo benefico, la conosce bene. E non dice né fa nulla, salvo sedersi sul sacro diritto dei naviganti e naufraghi a un porto sicuro, che mille leggi da secoli hanno stauito. Dove sono i comboniani, di tante battaglie per l’Africa delle indipendenze? E viene da dubitare anche del papa: come è possibile che non sappia? Un bimbo solo su un barcone a mano di un anno? Ma non una parola di condanna. Siamo sempre alla tratta degli schiavi benedetta?

Un viaggio in Calabria col re Borbone, nella miseria, in allegria

Un racconto sull’impossibilità, insomma le difficoltà, di muoversi in Calabria, a partire da Maratea e Lauria, nel 1852. Una spedizione militare che si penserebbe temibile, del re delle Due Sicilie Ferdinando II nell’ottobre 1852, trasformata in un racconto vivace e semiserio dal medico svizzero aggregato al Tredicesimo Battaglione Cacciatori. Uno di tre fratelli al servizio del re di Napoli: “Siamo tre fratelli che facciamo questo viaggio delle Calabrie e per la disposizione della marcia succede raramente che c’incontriamo; uno fa parte della 1ma compagnia dei granatieri, uno comanda la 2da Compagnia”, e Horace fa il chirurgo, “che raccoglie gli infortunati che restano sulla strada”.
Un racconto sulle difficoltà materiali, di ogni tipo, le pulci, il nulla o quasi da mangiare, gli alloggi inesistenti, tra maiali e galline, il coprifuoco al tramonto, giacchè non c’è illuminazione di nessun tipo, trasposto in un’aneddotica lieve: il farmacista che sopravvive vendendo il Diavolone, un amaro di sua invenzione, l’arciprete di buone ganasce, il sindaco che monta festoni per il re ma non ha dove ospitarlo. Una narrazione sul tipo di quella impressa alle stesse esperienze, con più ritmo e qualità, da Edward Lear, che fece il viaggio in Calabria nel 1847 ma pubblicava il suo “Journal” in contemporanea con Rilliet, nel 1852.
La spedizione era composta da soldati di tutte le lingue - per lo più tedesca, di svizzeri, austriaci e bavaresi: il re parla il tedesco svizzero. Il Regno si avviava alla fine in allegria. In un paio di posti, Maida e Curinga, la colonna non è bene accolta: nascondono il cibo. Si marcia ancora sui resti del terremoto del 1783.
Il dottor Rilliet morirà poco tempo dopo la spedizione, nel 1854, ma ebbe il tempo di vedere il suo diario di campagna pubblicato, con una miriade di disegni dal vivo, da lui stesso approntati – anche qui al modo di Lear, ma più numerosi e meno curati, meno “quadri”. Giustamente Tonino Ceravolo, che ha curato la riedizione, ci vede un documento visivo, oltre che scritto.
A tratti l’osserrvazione è seria. A Taverna la scoperta di Mattia Preti. A Catanzaro quella della seta, con una disamina breve e acuta dell’economia della seta, e delle cattive politiche fiscali. C’è anche l’economia dell’olio, col dettaglio dei sistemi di produzione. E un po’ di sociologia: le donne “qualche volta hanno le scarpe ma si accontentano di portarle a mano attaccate alla cintura”. Più volentieri èil racconto dei minuti non eventi che hanno contrasegnato la spedizione: la fucileria per errore, le lunghe scarpinate, gli sforzi dei piccoli borghi per offrire accoglienza al re, molta povertà, anzi miseria, l’impossibilità di accantonamento per mancanza di alloggi, la curiosità dei paesani, le lunghe serate degli ufficiali senza luce, passate a giocare a sette e mezzo. E le storie di alcune battaglie: dei calabresi per il re Borbone, al tempo della Repubblica Partenopea, vinta; dei calabresi contro i francesi, vinte (Maida) e perse (Campotenese); della monarchia contro gli insorti liberali nel 1848 (Castrovillari), persa.
In modo lieve, senza mai una critica al re di cui pure era uno stipendiato, indirettamente, è un documento che suffraga la condanna del Regno da parte di Gladstone: la spedizione è di ordinaria aministrazione, il re ne faceva spesso, per scoprire le condizioni del suo regno, ma solo per assicurarsene le dedizione, poi non faceva nulla: non ordinava una strada, una chiesa, una regalia, meno che mai una scuola, oppure il telegrafo. Spesso deve procedere a dorso di mulo, neanche il,cavallo ce la fa. Tre spedizioni sono documentate di Ferdinando II in Calabria, e una in Sicilia Orientale, nel 1833, nel 1844, e nel 1852. Senza mai un esito positivo. Il curatore riporta una pagina del De Cesare, lo storico della “Fine di un Regno”, specialmente cattiva nei confronti di Ferdinando II.
Rari i malumori. A Morano, che sarà illustrata da Escher per le sue geometrie, assegna”la palma della bruttezza” - per lo stesso motivo che entusiasmerà Escher, “la struttura inconcepibile, e assurda”. Le città gli piacciono molto, Castrovillari e Cosenza – di Cosenza fa in breve tutta la storia. Commovente la ricerca di Erodoto a Thurium – anche perché non si sa dove Thurium era. Con un’efficace sintesi storica dei ritardi della Calabria: “In ogni tempo ci sono stati banditi”, briganti, concussori. E “mentre questi briganti saccheggiavano l’interno del paese, i corsari turchi e i barbareschi depredavano le coste… È difficile farsi un’idea della desolazione e dello stato miserevole di questo infelice paese”. Alla vigilia dell’unità d’Italia.
Horace Rilliet, Colonna mobile in Calabria Rubbettino, pp. 325, ril. ill. € 7,90

lunedì 21 agosto 2023

Ombre - 681

L’imposta sugli extraprofitti delle banche è specialmente salata, calcola il “Corriere della sera”, per Intesa San Paolo, fino a 975 milioni, e per Unicredit, fino a 857 milioni. Ma si tratta per un rientro a rate – la sovrattassa andrà fra un anno a credito d’imposta. Il fisco è brutale solo col reddito fisso.
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“Eurozona in autunno a rischio recessione”, azzarda “Il Sole 24 Ore” per non deprimere gli animi nella vacanza d’agosto. No, la recessione c’è già: non solo la Germania, vanno male molte delle economie a essa collegate, l’Olanda, l’Ungheria e in generale l’Est europeo, con dati del pil sotto lo zero. Fa bene nasconderlo, essere ottimisti, o non bisogna  invece dirlo, tanto è semplice e chiaro: se va male mezza Europa andrà male tutto il resto?
 
Isabella Bufacchi riesce nel “Sole” di questo rientro dalle ferie a documentare in due densissime pagine più di quanto tutto l’“Economist” ha fatto nell’ultimo numero, venerdì: fa spiegare dagli economisti tedeschi la crisi tedesca e di mezza Europa. Ma nessuno dice il motivo più evidente: la politica assassina della Banca centrale europea di Lagarde, controllata dalla  Bundesbank, cioè dal governo tedesco.
È che la Germania è un po’ lenta: dopo un secolo e con un mondo rivoluzionato ha ancora paura dell’inflazione anni 1920.
 
La Germania non è un paese di esploratori e scopritori. Humboldt si limitò a repertoriare, così come gli storici e i filologi – in questo certo inarrivabili. Bisognerebbe andare in Germania solo a cose fatte –farsi spiegare cosa uno ha fatto: l’ermeneutica è l’ingegno tedesco, l’analisi del già fatto, del passato. Per procedere bisognerebbe regolarsi da soli. E questo l’Europa non sa farlo – in omaggio alla Germania? Siamo sempre qui coi limiti alla spesa e l’inflazione, anche se creiamo carodenaro, rincari salariali, inoccupazione, pochi consumi, e recessione – o pil in crescita di pochi decimali. L’Europa “tedesca” non è più da tempo la seconda potenza economica mondiale, e presto non sarà nemmeno la terza.   
 
La benzina costa caro perché così ha deciso l’Arabia Saudita, restringendo la produzione di petrolio. A beneficio della Russia – come arma contrattuale nel rapporto non più buono, dopo un secolo, con gli Stati Uniti. E dei progetti faraonici di modernizzazione, dal supercampionato di calcio al “corvialone” di 260 km. nel deserto . Ma l’opposizione, spinta da una paio di giornali, che forse non sanno dov’è l’Arabia Saudita, dice che è colpa di Meloni. Vuole sempre farle un favore?
 
Si celebra in morte Mazzone, l’allenatore all’italiana , quello dei salvataggi e del primo non prenderle - celebrò un pareggio come una coppa Champions. E si scopre invece che allevò gli ultimi geni del calcio bello, Totti, Pirlo, Baggio, Antognoni. Anche le redazioni sportive s’informano dagli uffici stampa dei vincitori?
 
Un generale De Meo, già comandante Nato a Verona, specialista di controinformazione e intelligence, si fa truffare 200 mila euro da una donna (sarà donna?) conosciuta sui social. L’esercito dovrebbe farsi rimborsare, non sarà stato un falso generale? E chi l’ha nominato all’ intelligence?
 
Un altro generale, questo in spe, servizio permanente effettivo, scrive e pubblicizza un libro per ingiuriare i gay, le femministe, i migranti, e gli ambientalisti. È un militare che s’intende di tattiche (è stato molto operativo) e strategie. Ma che strategia è quella d’inimicarsi il mondo? 
 
Gran baccano fanno i media su Meloni che paga il conto degli italiani in Albania: “Come, coi soldi pubblici?”, eccetera. Mentre si tratta di 80 euro, che lei può pagare di tasca propria, giusto “to kill the news”, come vuole il giornalismo anglosassone, la notizia che faceva le prime pagine albanesi. Semplice, perfino banale, da parte di Meloni o dei suoi consigliori – dire che gli italiani non sono ladri, agli albanesi…. E torna il dubbio che questi media non facciano veramente opposizione, ma siano quinte colonne di Meloni.
Naturalmente non è così, ma allora? Stupidi non possono essere.
 
I sindaci Dem che non hanno bisogno della piccola economia detta dell’accoglienza non vogliono i migranti e accusano il governo di mandarceli. Perché il governo è di destra, e la destra, si sa, è anti-migranti. E loro?
C’è un difetto di comunicazione nel Pd, o il Pd è questo?
 
Cala il pil, ma l’agenzia di rating Fitch promuove l’Italia  e migliora le previsioni: l’agenzia vede buoni risultati negli investimenti, sia delle imprese sia del Pnrr. Mentre l’opposizione e i media continuano la campagna sul Pnrr – soldi persi, Comuni incapaci, governi inadempienti, eccetera. Se la cantano e se la suonano. A che pro?
 
Continua, anche dopo la sagra Pnrr (scadenze, rate, eccetera), l’Europa come maestra di scuola e anzi spauracchio. Non è così nei media di altri Paesi: l’Europa non è un muso duro, i regolamenti Ue si leggono e si interpretano, le decisioni Ue si concordano sempre con i governi. Non è nemmeno vero che l’Europa è sempre d’accordo con il Pd e contro i governi di altro genere. Ma in Italia l’argomento si può “vendere”, evidentemente. Vige l’ideologia nefasta del “vincolo esterno”:  saremo buoni se saranno inflessibili con noi. Che risale purtroppo al Presidente Ciampi e a Draghi.
 
Continua la difesa a sinistra, nei media e nei partiti, delle banche contro la sovrattassa del governo Meloni. Non tecnicamente, sul merito, ma ideologicamente, come tassa sugli extraprofitti. E uno non si capacita: che ci hanno fatto le banche per difenderle - pare, pure, contro i loro interessi (tra banche e governo non è una partita tra vergini)?
 
Ultimo barrito contro la sovrattassa sugli extraprofitti delle banche: un richiamo della Banca centrale europea al governo che l’ha imposta. Ma non si sa bene su che cosa: il merito? l’entità? la modalità? Salvo che la Bce non ha detto nulla sulla sovrattassa – nulla aveva da dire: l’avrebbe fatto sapere. E allora, sono media e partiti all’orecchio degli uffici stampa delle banche?    

The Mississippi Question

Otto giorno fa il “Financial Times” pubblicava un’analisi con questo titolo: “Is Britain really as poor as the Mississippi?”. È la Gran Bretagna povera come il Mississippi? Sottintendendo arretrata, deep South,squallida, il solito corredo di valutazioni che accompagna uno Stato del Sud. La domanda nasceva dalla constatazione celebre che nove anni fa fece il direttore dello “Spectator” britannico, Fraser Nelson, che la Gran Bretagma era più povera, pro capite, di ognuno dei cinquanta Stati americani, eccetto il Mississippi.
La verità è, lamenta Carswell, che il Mississippi è in poeno sviluppo, mentre la Gran Bretagna è in declino. Carswell viene presentato come presidente e Ceo del Mississipi Center for Public Policy, ma lui si dice soprattutto un inglese trapiantato nel Mississippi. Un inglese di primo piano. Appena cinquantenne, è stato parlamentare conservatore ai Comuni, cofondatore diVote Leave nel referendum per la Brexit, nonché scienziato politico - “Tne End of Politics and the Birth of iDemocracy”, “Rebel: How to overthrow the Emerging Oligarchy”.
Douglas Carswell, Is Britain really as poor as the Mississippi?
, “The Atlantic”,