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sabato 7 febbraio 2009

Letture - 5

letterautore

Citazione. Si parla con la lettura, per non parlarsi da soli. Si moltiplica nell’isolamento, nella decadenza che è sempre triste.

Manzoni - È carnefice o vittima? Non c’è dubbio, è stato lui a improsare gli italiani, con i suoi preti, e non l’Italia lui, il parigino, conte, cosmopolita, che mai dovette faticare tutta la vita. In Italia si pensava e si scriveva liberamente, con forza, con arguzia, fino a Manzoni e alla sua Milano pauperista, antimperialista, furba. Ma è pure vero che Milano è bigotta. Milano è lavorerio, come disse quel tale.

Molière, o della verità doppia e tripla, relativa, elusiva. Umoresca ma malinconica. In personaggi e situazioni in difetto e insieme nel giusto.
Non mette sul palco il male, la stupidità, l’intrigo, ma lo spettatore. Che perciò si spaesa: deve fare uno sforzo per riprendere la sicurezza del giudizio e tirarsi fuori della scena. Con un atto di ipocrisia, o con l’esame di coscienza, sempre penoso. Che si tratti del misantropo, del tariffo, del borghese, e perfino dell’avaro, o del medico per forza.

Pasolini – Rileggendolo di fila, anche nelle memorie di amici, parenti, estimatori, è un piccolo borghese, irrimediabile (naturaliter cioè, e controvoglia naturalmente). Di estrazione e formazione, come lui stesso diceva, ma anche in proprio. In tutto. Nell’abbigliamento, le frequentazioni, il calcolo, non sempre difensivo. Anche quando ha ragione. Abolire la scuola, che è roba di Papini - che due preti, Ivan Illich e don Milani, argomentavano con ben più ragionata sapienza. O salvare Napoli. E quando ha torto, per l’opportunismo, sapendo cioè di avere torto. La negazione di Palach. La lode dello sbirro, figlio del popolo. La militanza di Partito, che in tutte le occasioni lo ha riprovato - ma è poi un Ersatz del padre rifiutato. Dichiarato in tutto, meno che nell’essenziale. L’amore reciproco con la madre, a esclusione del padre e del fratello. Il fascismo a Bologna. Il sadomasochismo, di cui infine è rimasto vittima. Quanto coraggio a infierire contro la Dc – ha scoperto di sapere, anche lui, come l’Idiota del Cusano. I capelloni. L'aborto. Con un direttore di giornale lezioso ipocrita. Mentre scoppiavano migliaia di bombe. O, mentre si dilettava di creara una Academiuta de lenga furlana, il Friuli era sotto il tallone tedesco, e il fratello giovane Guido, combattente generoso della Resistenza, veniva ucciso a tradimento da comunisti impuniti.
Di un maledettismo che si vuole antropologia. Sempre frettoloso e definitivo, molto inferiore alla sua esperienza vissuta. Maestro e profeta, quale si atteggiava, ma nel risentimento. Nella poesia gnomica (civile) e anche nella narrativa, libero e felice solo nei film classici e nella trilogia, in parte, o grazie a Totò. Con l’imbarazzante “discorso libero indiretto”, la lingua “inventata per esprimere la propria particolare concezione del mondo” – così “buona” e povera di fronte a Brecht. È l’italiano indignato (è quello che, con Montanelli, più si è dimesso dall’Italia). Sapendo che “il conformismo si presenta sempre sotto forma di moralismo scandalizzato”. È in tutto, la durezza e l’indulgenza (“la discrezione e il ritegno non mi abbandonano mai”), un po’ Elettra, che “ora è fascista come\si è fascisti nel cupo rimpianto di errate origini”.
Si può leggerlo da adolescenti, da provinciali, da gente di partito, e allora è un’utopia e una bandiera. Oppure si può leggerlo da lettore di libri e del “Corriere della sera” e trovarlo scrittore da “Battibecco”, l’eterno “maledetto italiano” di Malaparte. Che non è poco, ma non ne fa l’Uomo del Secolo. E ancora: Malaparte era anticonformista per carattere, atteggiato ma ironico, in Pasolini il moralismo appare sincero e violento. Nella parte migliore: quando ama le borgate, e quando le disprezza, delle stesse facendone una trasposizione magica - quella che distingueva le narrazioni di Bontempelli e Alvaro, seppure mai citate a suo proposito.
Piccolo borghese non significa nulla. Se non, appunto, la tigna. Piccolo borghese era una categoria nel secondo Ottocento analoga al filisteo, chi non aveva gusto per il bello. Con il Cominform e il Comintern è diventata una cateoria propagandistica. Quando tutto si sarà quietato, Pasolini rimarrà un buon intellettuale di partito - del Partito? O forse un commediante. Solo in maschera si vede felice - Naldini, introducendone la raccolta di lettere, nota della sua scelta di una tesi su Pascoli: “un mondo magico, altamente artificiale, falsamente ingenuo, molto vicino al suo gusto”.

Scrivere - È un atto di “mobilitazione totale”, con la levée en masse, le strategie, le tattiche, le marce, gli schieramenti, i duelli. La mobilitazione dell’uomo pacifico, per immagine.
Insufficiente per i combattenti reali, quelli delle guerre – con l’eccezione di Cesare. Il combattente, quando ha vinto oppure si arrende, perde, con la convinzione, ogni forza. Napoleone, che sempre ordinava “Qu’on se fasse tuer”, fatevi uccidere piuttosto che arrendervi, lo certifica, che non si uccise alla resa e fu scrittore mediocre – quanto a Cesare, non fu quello degli “Astérix”, un farfallone e uno spaccone, non un militare sul campo?

Nella formazione dello scrittore pubblicare viene prima di scrivere: lo scrittore è schiavo dell’editore, e non c’è liberazione possibile. È la cesura nella natura, fisica, della scrittura, fra la scrittura di oggi e quella di cui si legge fino a Proust.Ma già nell’Ottocento la formazione era di tipo nuovo, l’opinione contava più dell’autore, o della scrittura. È lo scrittore-intellettuale rispetto allo scrittore-autore, e il mercato rispetto al diletto. Che anche quando era intellettuale (Leopardi, Manzoni) era sempre molto autoriale.
Invece dell’esercizio e le buone letture, conta la società. Le buone frequentazioni, riviste, circoli, partiti, “caffè”, case editrici, giornali. Anche noiose o indigeste.

Sogni – Narrare i sogni è d’uso dopo Freud, in letteratura dopo “Giardini e strade”, la mobilitazione ambigua di Jünger nella guerra totale e finale. Col trionfo nella “Insostenibile leggerezza dell’essere”. Una coincidenza porta alla lettura contemporanea di tre narrative piene di sogni. Che gli autori esumano e illustrano in funzione non terapeutica ma affabulatoria. Inerte, della stessa natura dei sogni. Sia i sogni che i racconti dei sogni non riescono, malgrado Freud, a prendere vita. O a causa di Freud.

letteautore@antiit.eu

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