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sabato 27 febbraio 2010

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (54)

Giuseppe Leuzzi

Chi è onesto e rispetta le leggi al Sud è “incensurato”, nella sociologia da caserma. In attesa cioè di essere “censurato”.

In Sicilia il 92 per cento della popolazione vive a rischio terremoto, in Calabria il 61 per cento, a Napoli-Caserta il 60. Che le origini della mafia siano geologiche?

Milano
“Quel signore piccolo piccolo” dice l’allenatore Mourinho del presidente del Napoli De Laurentiis, senza nominarlo, con disprezzo. Chissà, forse si parla così in portoghese. Ma a Londra Mourinho non avrebbe potuto dirlo di un qualsiasi presidente. A Milano invece sì, nessuno glielo rimprovera. Perché De Laurentiis è napoletano.

Nel giorno della rivolta degli immigrati di Milano contro Milano, Sveva Casati Modigliani è angosciata perché sul suo tram l’annuncio registrato della fermata suona “Padova-Loredo”A un giornalista spiega: “Proprio così, «Loredo». S’immagini per un milanese sentire storpiare il nome di piazzale Loreto!”. Il nome della scrittrice è pseudonimo. Ma Milano si nasconde male.

Le riforme in successione dell’università e della scuola. Con cinque o sei statuti diversi in vigore. Un segno di profonda insipienza. E di menefreghismo: dove non ci sono soldi il lombardo non è più efficiente.

Dove comincia la ricchezza dei Lombardi? Erano i longobardi mercanti più che guerrieri?
Erano Terragni al Sud, a Benevento, nel salernitano.
Dopo la guerra per molti anni si vedevano nei mercati con la cassetta a tracolla, longobardi di Germania per lo più, con mutilazioni vere o presunte, che vendevano la buona sorte col pappagallino, o unguenti miracolosi e lame di Solingen.

Aveva Spadolini, aveva Craxi. L’uno l’ha abbandonato, l’altro l’ha distrutto, con ferocia, se avesse potuto l’avrebbe appeso a piazzale Loreto. E ci ha dato Bossi e Berlusconi. E Borrelli.
Che male abbiamo fatto? Mai la Repubblica è stata spinta tanto indietro, tanto fuori dalla modernità e dal mondo, dal passo europeo.

Da Manzoni alla letteratura Feltrinelli e agli alternativi surgelati Einaudi, solo frasi costruite: forme vuote, niente storie, niente personaggi, niente sentimenti. Le ire di Gadda si devono camuffare di convolvoli. Con un piacere del testo ridotto all’ammicco al critico formalista, unico lettore, alla classificazione delle storie letterarie.
È la letteratura di una borghesia cava, vuota, che ritiene di avere qualche principio da sostenere ma non mette forza nelle mani, nessuna energia, nessun sudore. Dalla maggioranza silenziosa, ultimamente, al leghismo e a Berlusconi. Dice: questa è la letteratura industriale, mass market. No, anche i prosciutti sono industriali, anche i vini, ma sono saporiti. È il conformismo del denaro, del potere.

Come si può credere a Bossi stando a Varese, Brescia, a Milano Uno? Alla spacconeria, l’insensatezza, l’aggressività? È la sagra della piccola borghesia, quella che una volta definiva la stupidità sociale. L’equivalente ha prodotto a Reggio Calabria una rivolta di cui la città porta ancora i segni, tanti schiaffoni ha ricevuto. Tra Lombardia e Venezie ha ricavato il dieci per cento del voto alle elezioni europee, il terzo partito nazionale.

Mafia
Massimo Ciancimino non si pente perché è in attesa di rientrare nell'immenso patrimonio paterno, tutto mafioso, quando fra pochi mesi avrà finito la condanna in cui è incappato con i commercialisti. Ma si diverte a fare il pentito, contro i carabinieri, contro ex gentiluomini Dc, e contro Berlusconi e Dell’Utri. Nei tribunali, nei migliori giornali, e alla Rai. È la terza via dell’antimafia, tra i pentiti pensionati e i mafiosi confiscati: non pentirsi ma professare “profonda fiducia” nei giudici. Avremo anche i “giudici della mafia”, oltre che l’immondo raiume, il pattume dell’informazione.

Tutto quello che questo Ciancimino dice da due anni a questa parte – senza essere un pentito – dovrebbe essere usato contro di lui, per mafia, in associazione con Provenzano, Riina, eccetera. Per delitto di mafia personale, non quale tramite del padre. Ciò è più che evidente: è provato dallo stesso Ciancimino. E invece no, quest’uomo è un pubblico ministero.
Non è un errore, e non è un’irritualità, come dicono i giudici-sceriffi. Non è nemmeno l’incapacità di un singolo giudice, Ingroia o chi per lui. È mafia, nel senso pieno del termine. Protetta dalla struttura, la Procura, dal sindacato dei giudici, e dal Csm. Di cui è presidente Napolitano.

Massimo Ciancimino, il mafioso playboy, è esibito in tribunale contro il governo che fa gli arresti che per decenni sono stati omessi. E confisca - non più si sequestrano, lasciandoli in gestione ai criminali, si confiscano definitivamente - patrimoni miliardari, in euro. Dunque, la mafia si può battere. Ma questo non ci libera: con i Ciancimino, e con i giudici palermitani che li esibiscono, ci ritroveremo per l’eternità, all'inferno.

Ciancimino jr. non si nasconde, il suo ricatto è scoperto – un vero giudice, un vero carabiniere si sarebbe prima fatto dire dov’è il tesoro del padre, della mafia, che lui si vuole far riconoscere col “pentimento”. Ma a quale scopo dare ragione a Riina? È qui il vero “papello”.

- Mafioso? Che vuol dire mafioso? – Tutti i mafiosi lo dicono: si negano, e ha un senso.
Per il mafioso la mafia è arricchimento. È elevarsi, in genere, da una condizione umile. Contro chi ha già – i “poteri forti” di altra terminologia. Con l’unico mezzo che l’incultura, e talvolta la stupidità, lasciano, la violenza.
Nulla di diverso da ciò che tutti gli altri fanno, chi con più chi con minore fortuna. Non c’entrano le cupole e le alleanze, un mafioso difende il suo bene soprattutto dagli altri mafiosi. Nemmeno c’entra l’omertà, il mafioso più di tutti denuncia, calunnia, confida, anche contro i parenti stretti.

Un mafioso è essenzialmente un usuraio, senza capitale. È il tipico succiasangue, il mestiere da sempre più odiato. La favole dell’uomo d’onore e dell’onorata società è il tipico abbellimento che sempre l’usuraio ricco o potente, anche soltanto per la fama di cattivo, costruisce attorno ala sua infamante attività.

Provenzano, il capo dei capi, con un patrimonio di seicento milioni, o seicento miliardi, di euro, più tutti i cespiti segreti, se è vero che era confidente dei carabinieri, vive da bracciante. È un bracciante.

Bisognerebbe criticare e anzi abbattere – figurativamente certo - quelli che si approfittano della mafia. O creare un trademark: un’apposita Autorità del Sud sarebbe da creare, per monitorarne l’uso e tassarne con apposita royalty ogni uso improprio, a fini pubblicitari.
Per le elezioni del 2008 c’erano sui banchi della libreria Feltrinelli di Largo Argentina a Roma 57, o 59, libri contro Berlusconi. Una diecina li ho sfogliati. Nove di essi collegano Berlusconi alla mafia: si è arricchito, affermano citando innominabili pentiti, col riciclaggio dei soldi della mafia. Un pentito, un Di Carlo che ha avuto per questo l’ambita estradizione da Londra, afferma anche con i soldi della cocaina. C’è dunque chi crede che Berlusconi sia ricco, potente, e maggioritario perché spaccia cocaina. Tutto perché ha impiegato due siciliani, uno stalliere e Marcello Dell’Utri, abile venditore di pubblicità. A cui i loro compatrioti siciliani, giudici, giornalisti, scrittori, banchieri, non cesseranno di fargliela pagare – nessun siciliano è mai andato indenne alla vendetta. L’Autorità del Sud dovrebbe tassare Berlusconi. O gli editori dei libri contro Berlusconi.

La verità è che mafia gli fa un baffo, a Berlusconi, che non per nulla i mafiosi li mette dentro, al carcere duro, e gli confisca i patrimoni. Se ne fa tanto spreco solo per insultare il Sud, visto che le elezioni Berlusconi poi le vince.

La mafia come genere letterario è come i lazzari, che la storia di Napoli hanno infestato per un paio di secoli. Quante scemenze non sono state raccontate, a fini commerciali, da viaggiatori presunti, presunti testimoni. Croce, “Un paradiso abitato da diavoli”, alle pp. 93 segg. Ne dà ineffabili esempi.

La mafia che l’antimafia idealizza è la borghesia, in tutti i sensi. La borghesia italiana. In senso economico – alla pari di quella che vota Prodi per riavere i sussidi pubblici, sotto forma di tasse e contributi sociali. Sociale, alla pari della “società civile”, che esclude, la società chiusa. Culturale: è comune la mancanza d’idee, solo il padrinaggio conta. Legale: comune è la violenza, e perfino la criminalità, in tutte la manifestazioni della società, dal negoziante al presidente di Cassazione.

leuzzi@antiit.eu

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