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mercoledì 26 agosto 2020

Questa Francia del ‘18 sembra l’Italia

Un racconto appassionato e spassionato, irridente, sul Nemico Interno, sulle violenze nelle trincee e alla smobilitazione della Grande Guerra – siamo tra il 1918 e il 1920, il romanzo è uscito nel 1914, per il Centenario. Scritto come un trattamentone da film (che è stato realizzato, con lo stesso titolo, premio Cesar 2018 per l’adattamento - e per la regia, di Albert Dupontel - non distribuito in Italia), scena dopo scena. Pieno di bontà e di crudeltà. Concluso con un fuoco d’artificio. Alla vigilia del 14 luglio, festa dei fuochi d’artificio in Francia: gli scandali scoppiano in successione, con morti e resurrezioni.
Storie di avidità e di malizia. Dei pescecani dopo la Grande Guerra, e degli sbandati. Tra Monumenti ai Caduti e grandi Cimiteri Militari, big business. Dopo una guerra in cui i più, i milioni, sono morti senza sapere il perché. E i sopravvissuti, tutti in qualche modo mutilati, non “hanno altra ambizione che morire”. Con una morale sottesa tra pietà e cinismo: anche la vittoria è una sconfitta – i dopoguerra possono essere feroci anche per chi ha vinto.
Una scrittura non accurata, ma redditizia. Lemaître si diverte ad arrotondare di parole lo scheletro del trattamentone, ma lo fa leggero, avendo molto tempo – lo spazio non manca mai allo scrittore.
Sotto il mantello storico, cinematografico, indignato, Lemaître resta scrittore di gialli, anzi di noir – la violenza fa aggio sulla sorpresa, e la fine è più o meno prevedibile. Presentato come un romanzo storico, non lo è – mancano i fatti essenziali di quegli anni, i tedeschi, o per esempio la spagnola.
La lettura in Italia solleva a ondate un senso di già visto o letto. In Monicelli, “La grande guerra”, in Malaparte, “La rivolta dei santi maledetti”, in Hemingway, la terribile “offensiva” di comandi e carabinieri nella terribile ritirata di Caporetto, quanti ne fecero fuori lì per lì dichiarando disertori i soldati semplici delle grandi armate sconfitte. Il figlio geniale rifiutato dall’inflessibile padre, che ha solo criterio gli affari, si chiama Edoardo, come in casa Agnelli. Con molto humour “grasso” gallico, alla Brassens, alla Vian.
Pierre Lemaître, Arrivederci lassù, Oscar, pp. 475 € 17,50

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