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sabato 13 marzo 2010

Pasolini si documentava con gli spioni

È sconfortante sapere che Pasolini si documentava su robaccia tipo “Questo è Cefis”, di un Corrado Ragozzino, in arte Giorgio Steimetz, un informatore. Anche se il presunto “capitolo Dell’Utri” di “Petrolio” non esistesse. Fa cascare le braccia che uno che voleva scrivere il Romanzo del Secolo dialogasse con simili testimoni. Ancora più sconforta che nessuno dei tanti letterati che seguono la vicenda del capitolo mancante se ne meravigli. L’Eni c’è già, e anche Cefis, nel romanzo qual è stato pubblicato. Con essi lo scrittore è superficialmente negativo, e ora si capisce perché.
Non c’è contenuto in “Questo è Cefis”, solo minacce di contenuti: allusioni, deduzioni, anatemi. L’agenzia Milano Informazioni che “Questo è Cefis” ha editato, spiega Carla Benedetti pubblicando il libro nel suo sito ilprimoamore.com, non ha fatto una tiratura né una distribuzione, ha solo messo in circolazione qualche copia, per condizionare Cefis. Non si dice ricattare per non incorrere in qualche avente causa, ma il senso è quello. Era la prassi allora in gran numero di queste “agenzie” di stampa, alcune delle quali mandavano note in esclusiva agli abbonati, mentre altre ciclostilavano un bollettino, settimanale o bi-trisettimanale, ma sempre per gli abbonati, in circolazione riservata, esclusiva eccetera, e gli abbonati erano i politici più potenti e gli enti economici. Senza che mai nessuno, tra i politici e i manager cui queste veline si indirizzavano, le prendesse mai sul serio. Né nessun giornalista, per quanto portato allo scandalo e al pettegolezzo – Cefis ha avuto ben altri critici, Scalfari, Turani.
Era un piccolo business sicuro. Che “La gioia del giorno”, il primo volume del romanzo del Secolo di Astolfo, rappresenta proliferante a Milano, specie nelle “guerre chimiche”, nella scalata dell’Eni a Montedison, e nella “chimica dei pareri di conformità”, con comitati di piccoli azionisti, avvocaticchi, deleghe alle assemblee, e informative dei servizi segreti, ovviamente sempre “deviati”. Una disinformacija di cui “Non c’è anarchico felice”, il secondo volet del ciclo, di recente pubblicazione (Lampi di Stampa, pp. 676, € 21), reca in più punti traccia, riferendosi a “una ditta Lupo-Pecottini” (quest’ultimo per molti aspetti un calco del seriosissimo Pecorelli, morto poi assassinato, che con i servizi segreti gestiva l’agenzia “O.P.”):
“È la potenza della campagna «Mancini lader», che va ora in autonomia. Il signor Pontedera, personaggio d’autore, è sparito. Lettere anonime affluiscono, affluirebbero, pare, in Procura, dettagliate seppure non documentate, su carta intestata dell’Anas, Lupo ne aveva fotocopia già prima del blocco della collaborazione: l’onorevole socialista ha fatto costruire, quand’era ministro, un’autostrada di quattrocento chilometri in quattro anni, uno scandalo, che il potere dei funzionari dell’Anas, basato sui ritardi, i rinvii, e le revisioni di prezzo, fa svanire…” (p.41)
“A Roma si costituirà il Partito Armato, all’assemblea di Potere Operaio, al Palazzo dei Congressi. Lupo è riapparso per profetizzarlo a Milano: Pesce, Piperno e Scalzone, che per questo ha lasciato Milano per Roma, metteranno in minoranza il moderato Negri e andranno in clandestinità, in attesa del golpe. L’assemblea sarà partecipata, attraverso un innominato sociologo, dal ministero, sempre secondo il famelico Lupo” (pp.127-128)
“Certo, il fatto c’è, c’entri o no la Cia, o il consigliere per la Sicurezza Nazionale dottor Kissinger, accreditato in simultanea da Lupo e dal suo amico Pecottini: i primi visti Usa mai concessi a comunisti italiani, anzi addirittura degli inviti, andranno ai due massimi responsabili militari del Pci (p.302)
“Arriva Lupo con un quadro della sorella, che autentica come Guercino, per il quale chiede esattamente 49 milioni”(p.600).
Le stesse note circolavano nei mattinali dei servizi segreti, a giudicare dalle veline che “L’Espresso” pubblicò nel 1972, o 1973. Che il presidente del consiglio Rumor avrebbe passato a Cefis, o Cefis avrebbe passato a Rumor, non si seppe. E venivano a loro volta utilizzate, a scopi per così dire dissuasivi, da politici e potentati. “Milano Informazioni” era gestita in realtà da Graziano Verzotto, un ex senatore di Palermo, uno dei veneti disinvolti che hanno fatto fortuna nella capitale siciliana, dove come si sa la mafia non c’è, plurinquisito per più magagne, che si è accreditata la fiducia di Mattei e De Mauro, dopo morti, ma che Mattei e Cefis tennero accuratamente lontano e anzi in sospetto.
Alla natura di queste note si rifà d’altra parte tutta la questione del capitolo mancante di “Petrolio”. Se ne parla infatti da un anno e mezzo, da quando il fotografo editore di Pavia Giovanni Giovanetti ha annunciato la ripubblicazione di “Questo è Cefis”. C’è stato poi un libro che ha ripreso la questione, allargandola a ogni possibile piega complottistica: “Profondo nero” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza (ed. Chiarelettere). Che riprende "Il Petrolio delle stragi" di Gianni D'Elia, “inchiesta” pubblicata tre anni prima dallo stesso Giovanetti, e il dossier di Lucarelli e Borgna "Così morì Pasolini", pubblicato quattro anni prima da "Micromega". Una storia, insomma, che non finisce mai. Il 9 aprile ne ha parlato ampiamente Luigi Mascheroni sul “Giornale”, che forse Dell’Utri non legge – o legge.
“Forse Pasolini non è stato ucciso da un ragazzo di vita perché omosessuale, ma da sicari prezzolati dai poteri occulti in quanto oppositore a conoscenza di verità scottanti”, questo è, per intendersi, il pensiero di Giovanetti, che sempre ci promette “Questo è Cefis”. Giovannetti è peraltro di Pavia, la stessa città del procuratore Vincenzo Calia, che, non avendo forse niente da fare, si dedica da una ventina d’anni alla morte di Enrico Mattei. Tra carte di questo tipo: un appunto del Sismi secondo il quale la Loggia P2 è stata fondata da Cefis, che l’ha diretta fino a quando fu presidente della Montedison, e poi l’ha lasciata a Gelli… Che conferma quello che tutti sanno. Eccetto, purtroppo, Pasolini e i suoi esegeti.
La speranza è che “Petrolio”, che a parte la pornografia non è granché, ed è stato pubblicato incompleto postumo, fosse un romanzo accantonato da Pasolini, più che non finito - le allusioni dell’agenzia Milano Informazioni su l’Eni e Cefis non sono la parte peggiore del libro. Ma le tante redazioni letterarie, i critici, gli storici della letteratura e dell’editoria, che su “Questo è Cefis” si esercitano, quelli sono proprio sconfortanti. Anche se c’è il conforto di sapere che il paese è migliore dei suoi letterati, insomma un po’ serio, un pochino.

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