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mercoledì 22 giugno 2011

Letture - 66

letterautore

Camilleri – Esercita, ne ha quasi l’ansia, una curiosa forma di correttezza politica: la sua militanza comunista dai diciotto anni nel 1943. Nella lunga conversazione con Francesco Piccolo, che segue a “La tripla vita di Michele Sparacino”, la esercita in confronto al padre. Che invece era stato fascista, e non se ne pentiva. Nella stessa intervista spiega l’ordine maniacale con cui scrive, ogni “Montalbano” di 180 cartelle word, divise di 118 capitoli di 10 pagine l’uno, e ogni racconto di 24 cartelle, divise in 6 capitoli di 4 pagine. Ma manifesta una paura invincibile, sebbene non “corretta”, della giustizia, specie del giudizio dell’opinione comune.
Anche di De Gasperi ha una visione da compromesso storico. Lo vede che scrive il “discorso splendido” di Parigi alla conferenza di pace (“Sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”) “la notte avanti, con Togliatti, Nenni, Sforza, che gli dicevano: «Leva la virgola, sposta la parola», eccetera”. E fa rivivere al padre in punto di morte la scena in era stato promosso capitano per meriti di guerra: “Era agli ordini di Emilio Lussu. Lui era Lussu, e io ero lui. Urlava: «Tenente Camilleri, non faccia il coglione, si defili!»”. Ma Lussu era tenente (di complemento), sarà promosso capitano al congedo. Ed era inquadrato in una Brigata Sassari, costituita su base regionale, di sardi in prevalenza contadini e pastori.
Nessuna commozione invece quando Alicata, funzionario Pci, “chiude” “il Politecnico”, rivista Einaudi, per ripicca contro Vittorini. Camilleri aspettava la pubblicazione di alcune sue poesie sul “Politecnico”, promessa da Vittorini, e non tenendosi dalla gioia era andato per questo a Milano. Vittorini l’aveva visto volentieri, in quanto siciliano, ed era andato con lui a passeggio e a pranzo. Una giornata insomma memorabile. Al termine della quale Vittorini dà a Camilleri “l’Unità”, con “l’articolo di Alicata”. Ed è tutto.
Un mondo, insomma, di destra. La stessa concezione che Camilleri ha del Pci e del movimento è di destra: del galantomismo, per l’ordine e il coraggio. Il che non vuol dire che lui stesso non possa essere stato del Pci fin da ragazzo, come pretende: il Pci si riconosce anche in Malaparte e Montanelli, perfino in Longanesi. È possibile. Ma, scrivendo, Camilleri privilegia di fatto la verità: la spia è nell’assenza del “tutto mafia”, l’idiozia del Pci che lo ha sradicato presto dalla Sicilia.

Conan Doyle - Ernst Bloch, in “Tracce”, 45 (“Nobile apparenza”), ne fa il testimonial del ruolo scambievole, “con violenza”, tra innocenza e salvezza e i loro opposti - o dell’eterogeneità dei fini nella storia? A proposto di una delle tante cause umanitarie nelle quali C.Doyle s’impegnò, l’affare Slater, per il riconoscimento dell’innocenza del condannato, in quanto scrittore “altrettanto famoso da qualche tempo per la sua nobiltà di giurista al servizio del diritto”. Bloch ne rileva l’impegno disinteressato (“l’umanità tutta nuda, senza alcun secondo fine, senza nemmeno delle ragioni politiche come nell’affare Dreyfus”) e oneroso (“ha consacrato sforzi, sacrifici, appelli, voci fantomatiche di ogni sorta”) per la liberazione di un innocente ai lavori forzati da oltre vent’anni. Il quale però, una volta liberato e risarcito, è irriconoscente, si fa fotografare da ricco uomo soddisfatto sui rotocalchi, e pensa agli affari suoi. Mentre a C. Doyle non resta “che la noia della moralità o il disgusto d’aver lottato per un ecce homo e vinto per un uomo d’affari”. Allora fa il conto di quanto ha speso per la liberazione di Slater e glielo manda. Slater risponde che non gli ha chiesto nulla e quindi non gli deve nulla. “E così Conan Doyle ha denunziato il suo Florestano, trascinando davanti ai tribunali colui che aveva strappato ai tribunali, per mandarlo, invece che ai lavori forzati, alla prigione per debiti”.

Tanto impegnato nella società quanto trascurato nella scrittura. Sempre trasandata, squilibrata, tirata via. Questo c’entra nel successo di S.Holmes? Altiero Spinelli, “La goccia e la roccia”, 97, deriva dall’esperienza una verità utile: “La via «razionale» dell’osservare, astrarre, scoprire concordanze, ecc., è un’ingenua sciocchezza. Il linguaggio mitico è una necessità”.

Il “metodo” di Sherlock Holmes è già in “Tristram Shandy”, VI, 5: “Vi sono mille spiragli attraverso cui l’occhio penetrante può scoprire di primo acchito l’animo di un uomo”.
L’induzione invece Bacone, “Cogitata et visa”, XIV. (p.80), riporta a Platone: “Platone è il Maestro dell’induzione. Ma ha condotto solo indagini vaghe, ricavandone forme astratte”.

Gelosia – Non c’è nelle scrittrici. Che anzi professano, e fanno professare alle loro personagge si può dire? si dirà), che non solo non praticano questa passione ma ce l’hanno in odio.

Giallo – Ha la forza, in ambiente borghese e razionale, della demiurgia. Ogni vicenda sta in piedi anche senza il detective, Sherlock Holmes, Poirot, Maigret, Marlowe, Montalbano. Ma è un altro romanzo, come ce ne sono tanti, d’amore, d’avventura, di costume, storici. Il demiurgo fa la differenza. Anche se non risolve (non più nel noir): misura gli eventi, li spurga, li devitalizza. È il dentista.

Giallo è anche “Thérèse Desqueyroux”, e “Nodo di vipere”. Perfino “I promessi sposi”: uno aspetta di vedere che fine fanno i cattivi. O “L’uomo e il mare”, o opere altrettanto statiche, liriche. Le poesie delle ninfe, gli inni omerici….La differenza è che nel giallo non c’è altro.

Pound- Kerouac alla prima pagina dei “Sotterranei” inquadra così i suoi amici e se stesso: “Sono hips intellettuali e sanno tutto su Pound”. L’inglese sarà stata nel Novecento la lingua più innovativa e espressiva in letteratura – benché semplificata nel lessico, malgrado l’incredibile innovatività che varia perfino anno per anno – con strategie espressive continuamente rivoluzionate, da Joyce a Beckett, da V. Woolf a Faulkner, da Hemingway a Burroughs e Kerouac, dalla ripresa del monologo sterniano, sia pure nella terza indiretta, (V. Woolf, Faulkner, Carson McCullers, Salinger, Foster Wallace) all’asintatticità di H. Miller, alle innumerevoli variazioni degli scrittori in inglese dei cinque continenti, dagli anglo-indiani al russo Nabokov, grazie a Pound. Prima era la lingua più stabile, perfino addormentata. Anche rispetto alle lingue e letterature ancorate per programma all’accademia, come in Italia o in Spagna. L’impulso al cambiamento fu opera (teoria e pratica) di Pound, con costanza, con sacrificio – Pound ha molto dato a T.S.Eliot, Joyce, Lowell, W.C.Wiliams, gli stessi G. Stein e Hemingway, ma non ha debiti (mentre riconosce nella corrispondenza la generosità di Yeats e Ford Madox Ford).
Pound paga la sua “follia”, come l’ha definita il tribunale Usa, antiamericana e antisemita alla radio di Mussolini dopo il 1943, ma è il rivoluzionario del Novecento, l’unico di successo. La rivoluzione del Novecento, in mezzo a tante catastrofi, la guerra di trincea, l’Olocausto, l’atomica e lo sterminato libro nero del comunismo, è quella che ha rivoluzionato il concetto stesso di catastrofe, e Pound più di altri ne è l’artefice – per “altri” intendendosi Majakovskij genialissimo, Joyce, Beckett e i tanti epigoni americani.

Molti poeti americani furono filofascisti. Oltre T.S.Eliot, Cummings, espulso dalla Francia nel 1940 per disfattismo, Lowell, grande ammiratore di Hitler, Pound, antihitleriano ma fascista.

Edward W. Said, “The Mind of Winter. Reflections on mind in exile” (“Harper’s Magazine”, settembre 1984), un breve saggio di sette pagine sulla “mente in esilio”, ne fa l’“esiliato volontario”. Chi si sradica per una maggiore libertà. Come Joyce, Beckett, Nabokov – o Dante e Petrarca, la tradizione è lunga.

Settecento – Il secolo dei lumi è singolarmente scatologico per voler essere realista (razionale): le lettere di Mozart, quelle di Voltaire, quelle della Isabelle di Borbone-Parma, e perfino del moralista Federico il Grande di Prussia. Oltre alle tante scritture pornografiche. Sade estremizza una realtà.

Versi satanici – Ricorrendo i vent’anni della fatwa di Khomeini contro i “Versi satanici”, Marco Ventura ricorda sul “Corriere della sera” il 15 giugno che per il romanzo di Rushdie fu ucciso il traduttore giapponese e furono feriti il traduttore italiano, Capriolo, e l’editore norvegese, con danni gravi, fisici e psicologici. Che Rushdie non fece nemmeno una telefonata a Capriolo. E che “migliaia di manifestanti” a Bradford e Londra cosparsero di paraffina e incendiarono i libri di Rushdie. Ma l’etnocentrismo e l’imperialismo (il fondamentalismo islamico è una forma di etnocentrismo e imperialismo) Ventura dice sempre europei. Oggi e non cent’anni fa – mondo remotissimo alla velocità attuale della storia. Del cristianesimo e non dell’islam fondamentalista. “Negli stessi anni in cui respingevano i ricorsi contro Rushdie perché offendere l’islam non è reato,”, scrive, “i giudici inglesi condannavano chi offendeva il cristianesimo e vietavano la visione di film blasfemi su santa Teresa d’Avila”. I giudici inglesi forse no. Comunque, non è possibile confondere Khomeini con l’islam.

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