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domenica 19 giugno 2011

Il complotto perfetto di Baldini

Il penultimo atto, previsto, calato a freddo come una mannaia, senza preavviso e senza nemmeno “ah” “oh!” o altri segni di meraviglia, è l’assunzione da parte di Franco Baldini in persona, questa volta, della direzione generale dell’As Roma. L’ultimo sarà tra quindici giorni (ma già si dice tra un mese e mezzo), il passaggio dell’As Roma al Baldini medesimo, tramite DiBenedetto o altra fantomatica cordata di copertura. Con la copertura, questa non fantomatica, di Unicredit, dove sanno che i banchieri non possono osare, rischiano una brutta fine. Sempre a opera dei soliti noti, la congrega magari non qualificata ma potente, almeno nella stampa italiana, che in passato aveva fatto balenare altre cordate di innominati russi, svizzeri o arabi. Sempre nello studio esclusivo Tonucci ai Parioli.
Con che soldi Baldini si prende la Roma è irrilevante. Già non ce ne sono molti in ballo, se non i crediti di Unicredit. E poi è certo che alla penutima o ultima ora gli appigli non mancheranno per non pagare niente: perdite e debiti sopravvenuti, patrimonio sopravvalutato, etc.: le vie sono infinite per prendersi l’As Roma, una società quotata in Borsa e già amòiamente svalutata dal suo possessore Unicredit, senza sborsare un euro.
Si conclude come previsto una delle tante operazione di destabilizzazione dell’Italia operate da Londra – la prima fu Calvi, l’ultima è ancora in corso, l’attacco alla Libia. La teoria del complotto è vera e falsa, come la teoria contraria al complotto, e dunque seguiamola fino in fondo. Londra punta sull’Italia al solito come churchilliano “membro flaccido” dell’Europa pendulo nel Mediterraneo, nella sua costante guerra di posizione per l’indebolimento della “fortezza Europa” e per l’arricchimento della City. Le cui prospettive si sono moltiplicate a dismisura con Maastricht, con l’adozione cioè di cambi fissi e immutabili nell’euro, assortiti da “criteri di adeguamento” che consentono le più sfrenate incursioni. Ciò è solo evidente per chi legge l’“Economist” e il “Financial Times”, che peraltro non dissimulano di lavorare per la City e le banche.
Come c’entra Baldini in questo complotto? Tutto c’entra, gli spioni non vanno per il sottile. E la Toscana ha molti precedenti di quinte colonne delle osservanze londinesi. Che altro titolo ha Baldini di fare il direttore generale della Nazionale inglese di calcio, la gloria della nazione? Uno che non sa nemmeno l’inglese. Prima. E dopo il disastro l’anno scorso al Mondiale del Sud Africa? Capello ci ha titolo, poiché è l’allenatore che ha vinto di più, ma Baldini? Perché Baldini è quello che ha disastrato il calcio italiano, lui e non l’arbitro fallito Nucini, e forse invidioso (testimone inattendibile al processo a Napoli): l’ha fatto con perizia, e con alleanze forti con gli ambienti più corrotti (e per questo ricattabili) del calcio. Fino a mettere fuori corso la Juventus e il Milan, che davano fastidio ai club inglesi nelle coppe – è nelle coppe che c’è il business, nei premi e le scommesse.
Di Unicredit dice tutto, della pusillanimità se non della complicità, una vendita che è stata imposta ai Sensi per fare cassa e si conclude invece senza alcun introito e anzi con un credito ulteriore a questo fantomatico DiBenedetto (cioè a Baldini?). Ribattezzato pomposamente “credito al compratore”, come se fosse gergo tecnico della grande finanza Usa – come se le banche americane prestassero soldi a chi non ne ha, ma nella colonia Italia tutto si beve.
Baldini ha lavorato da sempre alla destabilizzazione del calcio, dapprima come una talpa poi come un bulldozer. E dal 2006 si è applicato con costanza a una serie inverosimile di attacchi all’As Roma, sulle quotazioni della società in Borsa, e sulla gestione della famiglia Sensi. Con un’antenna certa, almeno una, all’interno di UniCredit, che gli teneva bordone per la inverosimili cordate – tutte comunque certificate, anche quelle senza nome, dalla fratellanza della City. E con l’ausilio determinante di quattro-giornalisti a Roma, che l’hanno sostenuto a occhi chiusi e contro ogni evidenza – il segno più certo della loro non astratta militanza: un giornalista vero si pregia di avere, ogni tanto, dei dubbi.

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